p- iiqif- GIORNALE ARCADICO DI SCIENZE , LETTERE , ED ARTI TOMO XLIIL LUGLIO , AGOSTO , E SETTEMBRE MDCGCXXIX. ROMA NELLA STAMPERIA DEL GIORIVALE PRESSO ANTONIO B O U L Z A L K 11 Con licenza de Superiori. 1829. 5!S:25S;ESWr SCIENZE Esame chimico del tasso baccato. Memoria I di Pietro Peretti professore di farmacia pratica nelf archiginnasio romano^ H .0 preso varie foglie di Tasso baccalo, Taxus lac- cata ( Z/. fani. nat. delle conifere) , le ho falle dissec- care e polverizzare , le ho messe coli' etere solforico in una fiala di vetro ii) infusione in luogo tiepido per Io spazii) di a j ore. Ilo colalo il liquido, e pre- muto il residuo , sopra del fjuale ho aggiiinlo nuo- vo etere ripetendo l'infusione, e così ho fallo per la terza volta. Ho riunito le tinture eteree, le quali ave- vano un color verde intenso ; quindi le ho versate dentro una storta, a cui rio adattato il suo recipiente: e posta sopra un La^no d'arena con fuoco mode- rato , ho distillato i due terzi dell' etere. Questo etere distillato non aveva portato seco verun odore della pianta. Il residuo risiiisto nella storta l'ho versato in una capsula'di porcellana: ed espostala all'aria, ho lasciato svaporare spontaneamente quasi tutto Teie- re. Nella capsula sono rimaste due sostanze , l'una densa d'un color verde cupo , che ho riconosciuto es?er clorofdla ^ l'altra liquida di un color giallo in- tenso torbido. H') separato questa seconda , ed ho lavato con acqua distillata calda la clorofilla , e que- 1* 4 ^ Sci e n z k .sic livaiifle le ho riunite al sopraddetto liquido e;ia]- lo. Quantunque il liquido fosse diluito , rimaneva ancora torbido : l'ho fatto riscaldare, ed è divenuto diafano di color giallo. Esso tingeva in rosso la carta tinta di torna- sole , era anuris.sirao , formava un precipitato ver- de nero col doutosolfato di ferro , ed intorbidava for- temente una soluzione di gelatina animale , che poi si separava a £^;uit)Ì. Dopo questa separazione il li- quido prendeva un color, giallo più vivace; ha forma- to anche un precipitato abbondante coli' acetato di piombo. Sopra il residuo già infuso nell' etere ho ver- sato deli' alcool a gradi 35 , ed ho fatto ripetute infusioni ajutate dal calore come in avanti. Ho riunito le tinture alcooliche : esse avevano un color verde : le ho distillate sino ad ottenere i nove decimi d'alcool , quindi ho versato il residuo dentro una capsula. Anche in questa circonstanza si era separata nuova porzione di clorodlla , in unio- ne del liquido giallo. Ho separato il secondo dal primo , ho lavato la clorofilla con acqua distillata calda , ed ho ^riunito le lavande col liquido ante- cedente , e con fuoco leggero ho fatto svaporare l'al- cool. Il liquido era anch' esso giallo , ma meno in- tenso , tingeva la carta di tornasole , e dava gli stessi precipitati come quello separato dall' etere. K residuo l'ho trattato in seguito coli' acqua distillata , e i'Ì)o fatto bollire : ho separato il liqui- do , e premuto il magma , quindi l'ho fatto svapo- rare sino a consistenza d'un denso estratto , poi l'ho lavato coir alcool bollente. L'alcool ha disciolto un jioco di cloroulla ed un poco di sostanza amara, li residuo aveva un color gvi;;ia stro , era insipido, non tingeva [liù la caria di toriiasole , ora viscoso , Sul tasso bìccato '5 ed aveva tutu {'apparenza eli mia densa mnciila^i- ne. Questa è stata disseccata , ed ha somministrato il peso del quinto della pianta adoperata. Ritorniamo ora ai liquidi gialli ottenuti coli' ^tere r coir alcool. Essi , come si è detto , erano acidi , forte- mente amari , formavano un precipitato coriaceo colla gelatina animale , un precipitato verde nero col deu- tosolfato di ferro , ed un precipitato gi'igio giallo coir acetato di piombo ; essi erano diafani quando era- no caldi, e torbidi quando raffreddavano. Questi li- ffuidi potranno contenere del tannino , dell' acido gallico , forse un poco d'acido malico , ed uà prin- cipio amaro ; gli acidi potranno ancora essere com- binali , o con uu alcaloide , o con un ossido metal- lico della seconda sezione. Sopra porzione dei liqui- di riuniti e concentrati ho versato dell' anunonia- ca : essa ha prodotto un precipitato bianco , che ho separato per mezzo d'un filtro , e lavalo con acqua distillala : questa ha quasi del tutto disciolto il pre- cipitato , e le acque erano amare. Sembra che l'am- moniaca si sia combinata cogli acidi contenuti nel liquido amaro, e che abbia cagionato la separazio- ne di una sostanza solubile in maggiore quantità di liquido. Ho ripetuto la sperienza , e non ho la- vato il precipitato , ma invece l'ho trattato con l'aci- do solforico allungato : questo invece di discioglie- re il precipitato , ne ha accresciuta la quantità , e però ho creduto che il precipitato non fosse della natura degli alcaloidi , ma piuttosto fosse calcareo. Generalmente i chimici dicono che l'ammoniaca non precipita la calce combinata cogli acidi che formano sali solubili colla medesima: vogno supporre che esclu- deranno gli acidi vegetali , giacche l'ammoniaca preci- pita la calce combinata con l'acido malico , e con l'acido acetico. Sopra altra porzione di liquido gial- G Scienze lo amaro !io versato dell' ossalato d'ammoniaca, e bèrt tosto ho veduto formarsi un precipitato abljoadante d'ossalalo di calce. In r[uesto caso sembra che la calce possa esser tenuta in soluzione dall' acido malico , formante utt malato di calce. Una cosa degna di qualche osservazione h stata quella , che quando sul liquido giallo amaro si ver- sava un eccesso d'ammoniaca o di potassa, detto li- quido prendeva una tinta giallo-rossa, eguale a quel- la d'una decozione di rabarbaro avvalorala da uno tii questi alcali; e non solo assomigliava nella tinta, ma ancora nell' odore e sapore. Supponendo che la parte colorante gialla aves- se potuto impedire la separazione di qualche sostan- za particolare esistente nel tasso baccato , ho procu- rato di decolorare perfettamente il liquido, dopo pe- rò aver separato il tannino colla gelatina animale ; ed anche in questa circostanza ho avuto luogo di osservare lo stesso fenomeno che suole accadere nel rabarbaro, vale a dire rhe il carbone animale ha li- tenuto con se , oltre la parte colorante , anche altri componenti del tasso baccato , e particolarmente la sostanza amara. In fatti il liquido decolorato non pre- sentava pili che una leggera amarezza ^ anzi aveva acquistato un sapore decisamente dolce^ accompagnato da un poco d'acidita ; esso ancora tingeva iu rosso la carta tinta di tornasole, formava precipitato coli' acetato di piombo , e coli' ossalato d'ammoniaca. Det- to liquido l'ho fatto condensare per mezzo del fuo- co , quindi Ilio trattato coli' acido nitrico : e questo nii ha procurato dell'acido ossalico. Una porzione di quf'st' acido ossalico può essere provenuto dall' aci- do malico. Sul tas-so iuccàto >7 Ora avendo veduto che il carbone animale si era tmpadronilo della sostanza amara , ho voluto cercare se da esso si poteva avere di nuovo. Ho preso det- to carbone , l'ho fatto bollire con acqua distillala ; il liquido ottenuto l'ho fatto svaporare , ed ho os- servato che l'acqua poca sostanza amara aveva potu- to togliere al carbone. Ho ripetuto l'operazione coli' alcool , esso ha discioUo in maggior copia la so- stanza amara medesima. Ho opinato in seguito che mi sarei potuto pro- curare maggior quantità di sostanza amara , serven* tlomi del sottoacetalo di piombo per precipitarla. Per- ciò sopra il liquido giallo amaro ho versato dell' acetato di piombo li(juido , sitio a tanto lÌìc non si formava più precipitato. Ho separato questo per mezzo d'un filtro , quindi sopra il medesimo ho versalo un poco d'ac(]ua distillata ; poi Tho (atto Lene sgoccio- lare, in seguito l'ho fatto bollire coli' alcool, e Iho fil- trato di nuovo ; il liquore alcoolico aveva jireso un color di paglia , ed era amaro. Ho distillato a B. M. lutto l'alcool , ed ho disciolto il residuo nell' acqua distillata ; questa ha disciolto la parte amara colo- rante gialla , ed ha lasciato una sostanza che si era attaccata alle pareti del vase ; essa aveva tutte le proprietà d'una resina : una cui porzione si è po- sta sopra una lamina metallica, ed esposta al fuo« co si è fusa , rigonfiata , poi ha brucciato con fiam- ma gialliccia spandendo un fumo nerastro con odore aromatico analogo a quello del ginepro. La soluzio- ne acquea è stata fatta con diligenza svaporare e disseccare. La materia era d'un bel color giallo ros- so , friabile, trasparente , amarissiraa , solubile nell' acqua , nell' alcool , e nelT etere : esposta al fuoco si è fusa facilmente , ha sparso un odore grato , ed ha brucialo con fiamma bianca senza quasi produr 8 Scienze fumo. La sua soluzionR però tingeva ancor in rosso alcun poco la carta tinta di tornasole : e stata di- sciolta nell'acido solforico concentrato, e la soluzio- ne è divenuta più oscura. Porzione di questa sostanza disciolta nelT acqua è stata assoggettata ali' azione d'un apparato elet- tromotore. Dopo breve tempo d'azione si è veduto comparire dalla parte del polo positivo dei grumi , e dalla parte del polo negativo svilupparsi una quan- tità d'aria, la quale portava alla superficie una spuma. Cessata l'azione della pila , ho separato que' grumi polverulenti per mezzo d'un filtro , ed ho immerso nei liquido filtrato la carta tinta di tornasole : essa non si tingeva più in rosso. Dopo aver separato i grumi polverulenti , gli ho posti nel!' acqua distil- lata : e fatta bollire questa , essi si sono mostrati insolubili nella medesima. Gli ho separati dall' acqua , e gli ho posti neir alcool bollente , e parimenti non si sono disciolti. Gli ho trattali con acido solforico allungatissi- mo : quesi' acido gli ha disciolti perfettamente , e la soluzione era priva di colore. Ho fatto lentamente svaporare il li(|uido , quindi l'ho lasciato esposto ali* aria : il giorno appresso ho trovato che si erano sepa- rati alcuni piccioli granellini lucidi. Ho disciollo il tutto neir acqua , poi vi ho versato sopra un poco d'ammoniaca , e questa ha prodotto un intorbidamento nel liquido. Si fatta combinazione mi ha chiamato a memoria essere questa sostanza l'acido ellagico, aven- do esso la proprietà di formare coli' ammoniaca un sale insolubile. Sopra altra porzione ho versato un poco di potassa : essa si è disciolla nella medesima: fu quindi lasciata la soluzione per qualche tempo al contatto dell' aria : il liquido quasi lutto andò in vapore , e lasciò separare alcuni prismi acicolari. Sul tasso baccato 9 Forse saranno elagato di potassa. Furono di nuovo disciolti neir acqua , e sopra la soluzione si è ver- sato dell' acido idroclorico : questo ha cagionato un intorbidamento. Finalmente parzione della medesima si è posta sopra una lamina di platino : all' azione del fuoco essa si è rigonfiata, e poi ha bruciato scintillando. Se n' è posta porzione in uria piccola storta , ed esposta al fuoco , dopo d'essersi rigonfia- ta , ha lasciato sviluppare dei vapori gialli. Il liquido giallo , che ha lasciato separare quasi' acido per l'azione voltaica, era amaro, e sembra che questa sostanza amara sia indecomponibile dall' elet- tricità galvanica. Si è fatto svaporare , ed a nor- ma che svaporava lasciava deporre dei fiocchi, i qua- li erano amari. Sono stati disciolti nclT alcool , e lasciato svaporare lentamente il medesimo. Si sono separali dei fiocchi senza veruna apparenza cristalli- na. Questa sostanza in tal modo preparata deve essere nello statù di sua purezza (i). Una certa quantità di lasso baccato è slata po- sta in un lambicco con acqua comune : questa è sta- (1) Siccome quexlo metodo non potrebbe servire per ottenere quantità sufficienti per sottommettere questa su'- stanza ad esami pratici ^ perciò in altra mia memoria sarà descritto un metodo , col quale si potrà ottenere la sostanza amara del tasso in quantità considerevoli .: il qual metodo è stato immaginato , dopo daver avu- to la cognizione di separare remetina dalV ìpecaquana per mezzo del carbone animale. fedi la - Memoria sopra un metodo di separare la so- stanza amara dei vegetali^ ed alcuni altri principi con- tenuti nei medesimi , di Pietro Peretti professore di far- macia , e collaboratore di chimica nelC archiginnasio ru- Jo Sc/enze la dislillal.ì. Essa aveva uu odore aromatico , ana- logo a quello della pianta. Versalo del nitrato d'ar- gento in delta ac(|ua , essa diveniva un poco tor- bida i agitata con un poeo d'olio di ricino , l'acqua diveniva inodorosa, e l'olio fisso acquistava tutto l'aroma. Queste prove confermano, ciie il tasso bac- cato contiene un olio essenziale. Altra porzione di tasso baccato l'ho fatta incenerire; la cenere l'Iio messa neir acqua distillata, e lasciata in infusione per qualche tempo , ho filtrato il liquido, e fatto svaporare sino a siccità : il prodotto l'ho messo a contatto con l'alcool , e portato questo all' ebol- lizione , ho separato l'alcool , e fatto svaporare ; il residuo l'ho disciolto nel!' acqua distillata , e sopra vi ho affuso del nitrato d'argento : questo ha pro- dotto un precipitato a coagulo. La sostanza non at- taccala dall' alcool , l'ho parimenti disciolta nclT ac- qua distillata : la sua soluzione cambiava in rosso la carta tinta di curcuma, e faceva effervescenza cogli acidi : l'ho saturata con l'acido acetico , quindi so- pra una porzione della medesima' ho versato dell' idro- clorato di platino , il quale ha prodotto un preci- pitato. Sopra altra porzione ho versato dell' idroclo- rato di barite; questo egualmente ha forn)alo uà precipitato , il quale si è mostrata insolubile in uU eccesso d'acido idroclorico. Sopra la soluzione del sale dlscioìla dall' alcool ho versato, oltre il nitrato d'aigento per riconoscere l'acido idroclorico , anche dell' idroclorato di plati- no per riconoscere la potassa ; e questo vi ha pro- dotto anc!ie un intorbidamento. Sopra la cenere, stata già a contatto coli' alcool e coir acqua, ho versato dell' acido idroclorico allun- gato , che ha prodotto una considerevole effervescen- za. L'ho fallo bollire per qualche istante , quindi Sul tasso baccato ir i-afTieclcìato Ilo versato tìelT ammoniaca sopra porzione tlc'l liquido : essa ha fatto precipitare il protossido di ferro. Sopra aitra porzione ho versato dell' idro- fprrocianato di potassa , e questo ha procurato utx abbondante precipitato d'idroferrocianato di protos- sido di ferro , che al contatto dell' aria è passato in perossido. Sopra il liquido trattato coli' ammoniaca ho aggiunto doli' ossalato d'ammoniaca , il quale ha prodotto un abbondante precipitato dell' ossalato di calceli residuo, già trattato coli' acido idroclorico, e stato messo a bollire col detto carbonato di po- tassa , poi ho separato il liquido , e l'ho saturato coir acido idroclorico : quindi vi ho versato dell* idroclorato di barite, il quale ha formato un pre- cipitato di solfato di baiite. Sopra il rimanente non disciolto , e rimasto so- pra il filtro , ho versato dell' acido idroclorico ; es- so ha prodotto un' effervescenza. Ho esaminato il li- quido passato , ed ho trovato contenere dell' idro- clorato di calce. Una piccola quantità di sostanza è rimasta so-t pra il filtro : essa era composta d'un poco di carbo- ne sfuggito alla combustione, e d'un poco di silice. .Conclusione. Dalle precedenti osservazioni fatte mi sembra che si possa conchiudere , che il tasso bac- cato è composto delle seguenti sostanze , cioè : Della clorofilla. Del tannino. Dell'acido gallico- Del malato di calce. Della resina. Di un olio essenziale. Della mucilagine. Dello zuccaro. Dell' acido ellagico. 12 S C I jr N r a Di una sostanza colorante gialla ed amara , die forse costilLiu-a la parte attiva della pianta. Dalle ceneri poi , Dell' idroclorato di potassa. Del sottocarbonato di potassa. Del solfato di calce. Dell' ossido di ferro. Del carbonato di calce. Della silice. Esposizione di alcune iiuo^>e esperienze sul magnetismo della luce. JLia scienza della luce , cosi feconda di novità e di maraviglie, seguita tuttora a formare l'of^getto dello studio e delle ricerche del fisico , e sembra elle le recenti osservazioni ed indagini sempre più concorrano a dimostrare, essere il sole la fonte pe- renne dell' elettricità e del magnetismo , come lo è della luce e del calore. Sono già abbastanza note le sperienze del eh. sig. cav. Morichini sulla forza ma- enetizzante del lembo estremo del rasijio violaceo dello spettro solare , e quelle da me istituite nelì' anno scorso nel gabinetto fisico di questa nostra università , per esplorare coli' elettrometro il pii!i sensibile che possa aversi in natura , cioè cogli or- gani della rana , la elettricità della luce , che ripe- tuto pure nella scorsa estate ottennero un felice ri- sultamento. Ora, in quanto al magnetismo della lu- ce solare , nuovi fatti abbiamo a produrre , in con- ferma di si importante scoperta. Quantunque sul bel principio gli esperienti istituiti da alcuni fisici ita- liani a quest' oggetto non corrispondessero concor- MiGNErisno della luce )3 deineiile agli effetti che se n'erano riportati in Roma ed in Firenze, come anche in Monaco dal professo- re Yelin (a) ; devesi piuttosto ciò attribuire al non essersi usate in allora tutte quelle cautele che esigo- no sì delicate ricerche , ne prevedute tutte le cau- se che possono influire ad alterarne il buon' esito. Eb- hero però nel i83() luminosa conferma dalla nobil signora de Sommerville, che s'accinse a ripeterle avan- ti la società reale di Londra (b) ; e possiamo ora an- che annunziare più recenti prove di fatto sulla mira- bile influenza della luce nei fenomeni magnetici. Il professor Cristie ci die parte delle sue osser- vazioni fatte nella scorsa primavera (e) sull' azione magnetica che i raggi solari esercitano sugli aghi oscillanti, avendo sperimentato, che le oscillazioni si rallentano e diminuiscono nel loro numero esponen- do gli aghi al sole, e che sono più durevoli all' om- Lra. Rilevò che questa differenza è più sensibile ne- gli aghi calamitati , che in quelli non calamitati , e minore negli aghi di altre sostanze , come di vetro e di rame che parimenti sottopose al cimento. Sembra , secondo i divisamenti dell'autore, che non possa quest' effetto attribuirsi a variazione di temperatura , per- chè lo verificò anzi maggiore in primavera che in estate ; ma ci lascia nel desiderio di una più veri- dica e plausibile spiegazione del fenomeno. Or dobbiamo aggiungere agli enunciati fatti le esperienze non ha guari istituite in Pavia dal prof. Zantedeschi sullo stesso argomento. Essendosi egli ser- vilo nelle sue indagini di un eliostata per niante- (a) JSiJd. univ. Dicembre 182.3. {\)) Ann. de chimie et de pliyt. Avvìi. i8i3. (e) Bìbl. iiiiiv. Maggio 1829. i4 Scienze nere imniolnle Timmagine del sole , ne progettò orij> zontalmeiite lo spettro ; ed ebbe cosi il beli' agio di sperimentare , che i sottili fili di ferro dolce si ca- lamitavano esponendo una loro estremila all'influen- za del raggio violetto, acquistando questa estremità il polo noT'd nel tempo di 8;>. Negli aghi di acoia- jo temperato non seguiva lo stesso effelto. Esposto uno di delti fili alla luce bianca indecomposla , acqui- stò qualche indizio di polarità magnetica alle sue estremità. La polarità di un filo di ferro dolce fu rovescia- ta esponendolo alT azione del ra^-Mo violetto. Questi effetti non si osservano sottoponendo i fili all' azione degli altri raggi dello spettro. Un filo di ferro ossidato e fortemente calamitato,, esposto come sopra al raggio violetto , cambiò il polo sud in polo nord. Sperimentò inoltre , che i fili di ferro provenienti da una miniera solforosa non possono calamitarsi. Operando a temperature basse, non s'ottiene che una magnetizzazione equivoca, ne può aversi la con- versione dei poli di un filo già calamitato. Gli ef- fetti poi sono imponenti e decisivi sotto alle tempe- rature, come verificò la sig. de Sommerville in cir- costanze con simili , avendo fatte le sue sperieuze alla temperatura >f 26° del ter. di R:^aumur. Operando su fili di un grosso diametro , ^ più difficile ottenerne magnetizzazione sensibile. Verificò che gli stessi efìetti di magnetica pola- rizzazione s'ottengono anche dalla luce dei combusti- bili terrestri , ciob di una face o candela ardente , come aveva già sperimentato ancora il profes. Yelin nella memoria citata di sopra. Non ebbe traccie di magnetizzazione dall' azioa della luce riflessa dal desco lunare. M A a ^ K r 1 5 vi i) I) K r. r. v l u c k i 5 Dono avere esposto i principali risultarai^nli tlellrt suo sperioiize, l'aature inclina a credere, che '^\ì enun- ciati efFetli provengono da una azione chimica , non potendo attribuirli ad una azione termo-elettrica, poi- ché i fili esposti interamente all'influenza del raggio acquistaron pure il magnetismo. Rileva in proposito che i carburi di ferro sono più facilmente magaetizafa- ti , che i fili artificialm(U)te ossidati più facilmente si calamitano , e che l'azione magnetizzante del raggio violetto si modifica, e varia sensibilmente in intensi- tà al variar di temperatura. Seiiza nulla detrarre al merito delle ingegnose .sperienze con tanta sagacita e diligenza praticate dal dotto sperimentatore , noi esitiamo ancora a conve- nire con esso lui sulle conclusioni che ne deduce , VÌconosc Letteratura to pontefice nel i534, e che il concilio di Trento fu nel dcciniuscsto secolo? Ai)bianio pensato, c!ie que- sto piccolo saggio della dottrina del N. A. basta.sse a ben chiarire il lettore , che le nostre critiche sa- ranno forse sempre meno severe di quello , che fa- rebbe di bisojjno, ! orniamo all'esame dell'opera. Avendo dunque osservato , che il primo scopo del N. A. è di mostrare gli errori scritti dal p. ab. Morando mila vita dello Steuco , e avvezzi a co- noscere ab un^fie leonem , abbiamo detto fra noi stessi : Subto costume di chi disiiuno di tutto merito vuole acquistarsi fama di letterato è il vestirsi delle altrui penne, e il mordere it)£;ratamente il derubalo autore. Se dunque l'A. N. s\ aspramente mena la frusta addosso al Morando , da questo solo egli ha tolto tutta la sua erudizione e il suo compendio : e smiile all'arpia , egli dappoi insozza e ammorba quel- la mensa, che gli prestò il cibo. E di fatto confron- tato il compendio del N. A. con la vita scritta dal Morando parola per parola , abbiamo trovato che l'autor nostro chiarissimo nulla dice , che non sia nel Morando; una sillaba neppure di più vi aggiun- ge , e ciò che non potea togliere morde e scherni- sce. Vediamo con quanta ragione. Il p. ab. D. Ambrogio Morando bolognese vesti l'abito di canonico renano il d\ i5 aprile i SSg, vale a dire circa .iG o ly mesi dopo la promozione del- lo Steuco al vescovado di Kisanio; che accadde ver- so la fine del oSy , o il principio del i538. Lo Steuco visse da poi undici anni ancora , e di que- sti parte in Roma , parte in Gubbio, parte in Ve- nezia , e parte in Bologna : sicché o il p. Moran- do ha conosciuto lo Steuco personalmente , o ha co- nosciuto tutti gli amici e compagni suoi , e piti an- cora tulli i suoi discepoli. Il perchè se alcuno ine- NoTiaiE DELLO Sl'EUCO 4? vita fede , questi è il Morando come scrittor con- temporaneo , e come testimone oculare e di fatto : e ciò almeno insegna la scelta ragione e la sana cri- tica. Più ancora. Il Morando 28 anni dopo la mor- te dello Steuco era nella canonica di s. Secondo di Gubbio , e per due anni vi dimorò tutto avido di raccogliere le piti minute cose del suo Steuco , la cui dottrina e il cui nome egli volea a tutto il mondo far conoscere. Euf^ubii per biennium vixeriin (scri- ve il Morando nella prefazione alle opere dello Steu- co ) a civibus eugubinis omnibus {qui eorum mas est ) ita benigne exceptus fuerim ■, ut non sine ma- ximo scelere quaecumque ad ejus ( Steucbi ) civita- tis ornamentuni a me pro/ìsci possunt , omlttenda mihi esse judicein. Dunque non solo il Morando vo- lea tutto raccogliere , ma volea ancbe lodare ; ciò po- sto, è pure altra regola di sana critica, che deesi pre- star fede all' amico e al panegirista in ciò che bia- sima. E che male poi ne veniva alla repubblica let- teraria , se lo Steuco ci era dipinto un pò bruttarel- lo anzi che no ? Non sembra poi , a bene intende- re, che il N. A. debba farsi a spada tntta sì nemi- co del brutto , senza incorrere in contraddizioni enor- missime. Fu inoltre la vita scritta dall' ab. Morando premessa alle opere dello Steuco, che egli fece stam- pare in Venezia non pii!i tardi del i5()i divise in tre tomi , e dedicate alla santità di Gregorio XIV , il cui ]).jdre cardinal Francesco Sfrondati era pur familiarissimo del nostro Steuco. Ne alcuno mai si le- vò contrr. Un secolo dopo l'Armanni , e sulla fede di lui più tardi il Tiraboschi, la tacciarono d'inesattez- za. Ma tutte le accuse si limitarono a dire , non trar- re origine lo Steuco da poveri genitori , e non es- siu- brutto della persona. E che in ciò valga Topinio- ììii di chi scrive cento e duecento anni dopo a iion- 4 3 I-I E T T £ R A T U K A te di dii è stato testimone di vista, e di c!ii lia discorso con la famiglia , coi parenti , e con gli ami- ci stessi d;:llo Steuco nella sua patria medesima , credo sol senta anche colui, che toste negava a!!' uo- mo la ragione. E senza andare in più parole , queste poche considerazioni soltanto bastano a mostrare , cho lo scriltor nostro ( dico scrittore , e non più autore^ perchè autore mai non fu chi le altrui pa- role copiò ) non potea dire alcun che di nuovo in- torno lo Steuco , mostrar non potea alcun errore del Morando , ne potea riméttere in luce ciò che oscurato non era. Mena vanto lo scriuore del compendio perche n'alia vita del Morando si legge , aver Io Steuco ve- stito l'abito leligioso ad (Inos et vigiliti aetatis an- no.4 Letteratuha Cratetis in grammatica , Ciceronis in rhetorica <, jéristotelis in dialectica et philosophia , Archime- dis in geometrìa et arithmetica , A pollini s in mu- sica , et Ptolomaei in astrologia auditorem fuisse dixisses. Deride egli, io dico, ed a ragione, quesl' elogio , e a pagine 53 del suo compendio cosi si esprime nel paragrafo 32 : Fu compianta universal- mente la morte di Steuco come uno dei pia ce- lebrati filosofi e letterati di queir età , e come in esso tutte ravvisavansi unite le virtù , ed i pregi degli antichi fdosofi della Grecia e della romana repubblica. Tutti sì tutti sensibilmente dolevansi della sua perdita , come di un Prisciano in gram- matica; di un Quintiliano e di un Demostene neW arte oratoria ; di un Socrate nella grande persua- siva ; di un Senofonte nella soavità del suo dire ; di un Garrone Gemino nella declamazione ; di un /Ipuleio nella perizia della greca e latina lingua ; di un Archita ed Un Platone neW eloquenza ; di un Aristotele in filosofia ; di un Tucidide nella sto- ria, e di un Empedocle finalmente nel cumulo delle scienze; onde ben a ragione gli stessi cretesi emu- lar si viddero nella venerazione del nome di Steu- co , come gV isolani di Metoponto verso il nome di Pittagora , ed i popoli della Grecia in quello di Gorgia. Si possono dire maggiore stoltezze ? E che ha che fare il Morando con questo ? Ma non più ; che anche di troppo ci siamo intertenuli nell' esa- minare una sì misera copia. Sarà inutile il dire , che mille altri errori , e non lievi , abbiamo omesso: il lettore da questo sag- gio facilmente se ne persuade Osserveremo soltan- to, che il Morando ha pur qualche errore, ma non intorno lo Steuco. Gli errori del Morando sono er- rori di dizione , e di un gusto un poco affettato e Notizie »ei.i-o Stetjco 55 concettoso, e quasi direi del suo tempo: i quali pe- rò non tolgono la verità e l'esattezza slorica. E certo non chiedevano , che un copista mal trascri- vesse la vita dello Steuco scritta dal Morando nelU sostanza dei fatti , e poi la deturpasse a suo modo , e l'accurato autore ingratamente mordesse e lacerasse. Un cakonico regolare renamo. Sulle notizie o relazioni concernenti la Cina. Jn sequela di quanto succintamente già si disse in altro volume del giornale arcadico sulla cognizione o sulla opinione che gli europei generalmente han- no della Cina , volendo qui trattare l'istesso sogget- to alquanto più difì'usamente onde meglio farne qual- che generale deduzione , ora si aggiunge , che , le più antiche notizie, o relazioni esterne, che l'Euro- pa possiede concernenti la Cina sono quelle degli arabi e bramini ; in seguito , quelle dei due viag- giatori maomettani nel nono secolo , i quali nar- rano in un passo , che i cinesi sono barbari e can- nibali. Que.-iti maomettani , amanti delle favole co- me sono tutti gli arabi , s'ingannarono verosimil- mente, perchè da niun altro mai s'intese a dire es- sere i cinesi barbari o cannibali. Dall' epoca di questi due viaggiatori maomet- tani fino al declinare del tredicesimo secolo , quando Marco Polo, prigioniere a Genova, scrisse de' suoi viaggi , nuli' altro erasi sapulo della Cina. Nel quattordicesimo secolo , meno perfette re- lazioni di quelle che si ebbero da Marco Polo , fa- 56 Letteb.a.tl'i\a rono date dai viaggiatori Pegoletti, Haithon , Porte- nau , e Mandeville ; e da Niccolò Conti nel iS° se- colo : dopo della qual epoca , raggi di piiì genui- no sapere sulla Cina gradualmente emersero dalla scoperta del capo di Buonasperanza , e dalle susse- guenti intraprese de' portoghesi. Fra quelli che hanno scritto della Cina, dicono gli uni , elle i cinesi sono di razza originale del paese che essi abitano. Altri asseriscono , esser essi originalmente tartari discesi dal monte Imaus. Alcu- ni altri li fanno nascere dagli ebrei o dagli arabi. E finalmente una quarta opinione vuole che pro- venissero dalla classe de' militari dell' Indostan. Tut- te queste opinioni sono state avanzate perentoria- mente , piuttosto che sostenute da evidenza , o da argomenti validi. Molto di ciò che è stato narrato della Cina , sì negli antichi come nei moderni tem- pi , sembra essere stato detto pii!i per viste parti- colari, o per piacere , che per interessare o istrui- re. Certo si è per lo meno , che il carattere fisico de' cinesi è tale , che non rassomiglia punto ne a quello degl' indostani , ne a quello degli arabi , ebrei , o egiziani. Solo i tartari , si nel fisico co- me nel morale, sembrano essere dell' istessa famiglia de' cinesi. Ma quel che più dimostra i cinesi es- ser gente unica ed originale si è , che nemmeno il più distantissimo grado di affinità si discopre fra la loro lingua e quella di tutti gli altri popoli della terra , sia per la forma de' loro caratteri , sia pel sistema della loro costruiione. E opinione di alcuni altri scrittori , che i ma- lesi , i cingalesi , gli ottentoti , ed anco gli abitanti della costa occidentale dell' America meridionale , originar possano dai cinesi : e ciò solo arguiscono da una qualche rassomiglianza che sembra esistere NOTIIIE DELLA CjKA 5'] nel carattere fisico fra quei diversi popoli ed i ci- nesi. Ma un'opinione appoggiata a si pochi argomenti rimane sempre come in se stessa è , vale a dire una imperfetta persuasione della mente , stabilita dalla immaginazione. Di tutti gli europei che hanno visitata la Ci- na , ad eccezione di Marco Polo , nessun' altro po- teva , conforme alle leggi di quel paese verso de' forestieri ( da' cinesi tenuti indistintamente per gen- te di nazioni barbare ) penetrare , o essere ammes- so neir interno di quelle assemblee, radunanze, so- cietà , ridotti , e simili luoghi. Imperocché solamente dalle conversazioni e deliberazioni di gente di clas- sica erudizione , dai discorsi familiari ed amiche- voli coii meno erudita classe , e dalla lettura de' li- bri di generale istruzione , si poteva , da chi cono- sciuto bene avesse quella lingua e fosse stato pro- fondo nel morale e naturai sapere, conoscere ogni vicenda della vita , e tuli' altro che istericamente , filosoficamente , e matematicamente può interessare la nazione cinese. Le leggi della Cina proibiscono ai sudditi l'im- parare cosa qualsiasi da chi non e cinese. Come egualmente proibiscono ai medesimi d'insegnare le cose della Cina ai forestieri. Era bensì permesso ai forestieri, una volta, di andare alla Cina niedianle la licenza dell'imperatore per istruire nelle scienze ma- tematiche i cinesi : ma ora questo non piiì si accorda. E ai cinesi inibito il viaggiar fuori dell' impe- ro , ad eccezione di quei mercanti e marinaj che coi loro bastimenti , con licenza speciale dell'imperatore, vanno a tradlcare al Giappone , alle isole filippine, alle isole della Soda , a Siam , a Camboja , alla Coc- cincina, al Tonchin , e ad altri convicini stati. A' fo- restieri però , di tutto il vasto impero cinese , non 53 Letteratura. è permesso di visitare altro che il porto di Cantoa esclusivamente , in qualità di commercianti , ed ivi abitare unicamente un piccol tratto di non più che 5oo passi, chiamato le fattorie degli europei , e. frequentare le adiacenti strade tutto al difuori del- la citta , ove sono le botteghe e i magazzini pel commercio coi forestieri : a' quali è rigorosamente vietato , coni' è generalmente noto , di penetrare ia qualunque siasi altra parte dell' impero. In quanto agli ambasciatori europei che sono stati in Cina contro l'usanza di quel paese ( perchè i cinesi non riconoscono , anzi sdegnano ogni sorte di relazione o intercorso politico colle nazioni este- re, e con quelli dell'Europa particolarmente) non po- terono esi'i e il loro seguito esser considerati da' cinesi che come gente sospetta. Quindi furono sem- pre ricevuti come si ricevono i prigionieri di guer- ra , e rimandati indietro con non men cauto trat- tamento ; ragion per cui le relazioni di questi in verun conto possono esser considerate tali da potersene uno rendere pienamente sodisfatto. Con ostacoli ed impedimenti di s\ seria natura, come ho teste accennato , e senza la traduzione del- le opere cinesi , non si potrà considerare che co- me imperfetto o dubbioso lutto ciò che ci vien dal- la Cina per mezzo di relazioni esterne , senza inter- corso sociale , ed alla distanza nella quale siamo ( circa 16 mila miglia di navigazione ) da quel re- moto impero. Solo coli' aver ricorso ai registri ed alle opere di quella nazione si potrà ottenere di es- sere genuinamente istruiti delle tante e diverse co- se che riguardano una massa di i5o milioni di abi- tanti , che la Cina contiene. Per curiosità veggansi le diSerenti ed opposte idee di Vossio , e dell'abate Reaaudot sulla Cina ; e quel che ne hanno detto Notizie dklla Cina Sq Sonnerat nella relazione del suo ultimo viaggio al- le Indie, e Paw nelle ricerche filosofiche sugli egi- ziani ed i cinesi. / Rispetto alle moltiplici e varie cose che ri- guardono lo stato sociale dei cinesi , non sarà qui riputato intieramente superfluo l'enumerarne alquan- te , solo per aver sotto Tocchio qualche cosa di ciò che si tratta , o piace sapersi : per rsera- pio , il loro carattere , genio , usi , costumi , e sin- golari cerimonie nei loro doveri d'infinita civiltà ; lusso nei loro conviti , festini , matrimonj , viaggi , e funerali ; visite all' anno nuovo , e regali che re- ciprocamente si fanno; magnificenza degli edifizii pub- blici ; industriosa coltivazione , e fertilità delle loro terre ; rarità de' loro fiori , piante , alberi , fruiti , granaglie, e prodigiosa produzione del tè; mine d'ogni sorte di metalli , pietre preziose , e varietà di belli marmi ; comunicazione interna mediante il numero prodigioso di comodi e sorprendenti canali , fiumi e laghi; quantità e varietà di pesci, e cacciagione; attività incredibile nelle loro fabbriche, per le belle manifatture di seta , di cottone , di porcellana , di vernice ed altre ingegnosissime produzioni dell' ar- te ; sorprendente numero di grandi e popolatissi- me citta, e abbondanza che vi regna; saggezza del- le leggi e regolamenti del governo civile e militare; funzioni dei mandarini (impiegati qualunque del go- verno ) , loro potere , loro oneri ; truppe di terra , marina, armi, e fortezze; autorità dell'imperatore, magnificenza de' suoi palazzi , giardini e suo corteg- gio ; buon'ordine che la polizia mantiene nelle cit-* ta , e sulle strade pubbliche , per la quiete e la pa- ce del popolo , e per la sicurezza e comodila de* viaggiatori; finanza, magistrati, corte di giustizia, pene , castighi ; ordine che si osserva nelle prigio- 6o LSTTERATtRA ni ; nobiltà , come si acquista senza verun rlgaar- do a distinzione di nascita , ma bensì al solo talen- to e a' lunghi stuclj : e come questa h difTerenle da quella d'iìuropa ; commercio immenso che si fa al didentro dell'impero, quello coli* estero , e nume-r ro incredibile di battelli , barche, e bastimenti; ac- cademie, società di sapienti, numerose scuole, per cui non v'è cinese che poco o molto non* sappia leggere e scrivere , collegi , e studj per la laurea dottorale ; dottori di medicina , malattie , e medi- camenti ; teatri , musica , e poesia ; ministri di sla- to , governatori di provincia , uomini e donne il- lustri , filosofi , religione , differenti sette , e tuttociò che ha rapporto colla virtù , e col corso di azio- ni opposte alla medesima. Finalmente , le differenti dinastie che hanno governato la Gina , e tant' altro elle concerne la cronologia, la politica, la fìsica, la geografia , l'istoria , la mitologia. Tutti questi soggetti presso a poco , e tanti al- tri » furono accennati da diversi che sono stati in Cina , solo per poterne dare una qualche idea ; ma non narrati e descritti con sufficienti dettagli, e cir- costanziate relazioni , onde se ne intendano bene le , ragioni che da ogni lato si diffondono, e con im- I parzial confronto si rilevino i difetti , se ne distin- i gua la necessità assoluta, e se ne apprezzi l'utile ed I il vantaggio. Esiste una tal differenza , in tutto e per tut- to , fra i cinesi e gli altri popoli della terra , che quasi si estende al favoloso. La conformazione del- la testa , gli occhi , il naso , e la lìsonomia tutta , o carattere fisico de' cinesi , non ha rassembranza con altri popoli , se si escludano i tartari loro vi- cini e loro conquistatori. La bellezza d'una donna cinese consiste nell' esser magra generalmente, e nell' Notizie delia Cina Gì avere i piedi incredibilmente piccoli , vale a dire storpiati raedianle continua e stretta fasciatura eoa due fascette di tela, alquanti palmi lunghe, e noa da scarpa di ferro o di legno, come vien generalmente creduto. Ciò si opera per acquistare al piede un certo garbo, che fa credere ai cinesi di rassomigliare alla for- ma della luna allorquando è nel suo primo quarto. In- torno alla lunghezza del piede, quello di squisita bel- lezza non deve eccedere i tre o i tre polici e mezzo , ed è allora dagli amanti chiamato il giglio d'oro , cioè la ninfea rossa. Nel giornale arcadico , volu- me di settembre 1827, si fa menzione del piccol pie- de cinese. Un beli' uomo dev' essere assai grosso. Un fan- ciullo è grazioso quando ha i capelli tosati , con due o tre ciufFetti che tengan luogo di corna. Un beli' occhio deve esser piccolo , in.nrcato alla radice pres- so il naso , e ben coperto dalle palpebre. Le unghie lunghe costituiscono la bellezza della mano , e dan- no un' aria di signorìa. Lo scrivere ed il leggere de' cinesi incomincia dal lato dritto da capo a fondo ver- ticalmente, e continuando a sinistra. È lo sposo in Cina che da la dote al padre della sposa. Per il lut- to si usa il bianco. Il posto d'onore è la sinistra. L'ago della bussola da navigare , punta il sud. Il giuoco del volante , il quale in Cina si fa in piiì di due persone , ordinariamente in quattro , non si balte colla racchetta , ma Colla punta del piede. Il riso , fra il basso popolo , fa le veci del pane : fra la classe superiore, si mangia alla fine del pasto come ultimo piatto. I cinesi delle provincie meridio- nali non bevono mai acqua pura , o fredda : bevo- no il tè a tutte le ore , e sempre caldo , come caldo si beve anche il loro vino. Il parlare a un superio- re a testa nuda , è un mancar di rispetto. I ci- 6a Letteratura nesi non Inghiottiscono l'oppio come gli altri popoli dell' Asia fanno , ma lo fumano. In vece della for- chetta fanno essi uso di due zeppi hinglii un pie- de circa , e grossi come una penna da scrivere ; e con facilissima abitudine presto si arriva a raccoglie- re coi medesimi , grano per grano , tutto un piatto di riso. Per istra vagante clie sembri ([uest' ultimo come il resto degli usi de' cinesi , pure uno non si punge la lingua con quei zeppi , come colb pun- tute forchette inglesi; ne si guasta la bocca dall'os- sidazione del ferro. È una moda barbara quella delle cinesi stor- piandosi i piedi. Ma le europee non mostian punto più senno col loro busto , e colle j:tecche di ferro stringendosi la parte più delicata del corpo. E con quel mostruoso cappello una moderna europea non si direbbe che più oggi rassomigli ad una martigana col vento in poppa , che alla figura umana ? Tali ed altre incredibili follie distinguono la stravaganza della moda delle diverse na/Joni. Ma la singolarità ed originalità delle cose di più so- bria natura de' cinesi , come la rarità , varietà , ed abbondanza de' loro prodotti naturali , e quell'alto grado di attiva industria produttiva di tante belle manifatture che li rende totalmente indipendenti da tutte le altre nazioni del mondo, sembra che avrebbero dovuto inspirare alle nazioni le più incivilite dell' Europa )1 desiderio di ben conoscere la Cina. Ed è sorprendente in modo meritevole di censura , che , "vista la impossibilita di aprire un intercorso poli- tico o liberamente commerciale colla Cina , veruna di dette nazioni non abbia fin'ad ora intrapreso almeno di tradurre le più scelte opere cinesi , per la istru- zione e la conoscenza di ciò che non può essere che interessante ed utile a sapersi, a favore del progres- Notizie della Cima. 63 so e noiglioramento dei differenti dipartimenti di uma- na società , politica , commercio , arti , [e scienze ; come anco dei tre grandi dipartimenti di governo , il legislativo , Tesecutivo , ed il gindiziario. L'Europa abbonda di sistemi di politico potere in materia di governo , fra' quali distintamente quelli della Grecia e dell' Italia: ma riguardo alla Cina as- sai poche informazioni possiede di questa prima parte dell'etica. E pure tutto ciò che ha riguardo al bfjn re- golare e governare lo stato, e quindi al mantenimen- to di pubblica sicurezza , ordine , e tranquillila , in nessuna parte del mondo è meglio conosciuto che in Cina , ove i pubblici ed i privati delitti ( i più se- veramente puniti sono quelli che pregiudicano gl'in- teressi del popolo ) sono assaissimo meno frequenti che altrove ; ed ove il basso popolo è nudrito , calzato e vestito in modo, da convincerci ch'esso, comparativamente, di nulla abbisogna. Il commercio, tanto esterno quanto interno, pra- ticato dalle antiche nazioni , egizii , fenicii , carta- ginesi etc. , è alla cognizione di tutti i popoli dell' Europa , ai quali , dopo la scoperta del Capo di buona speranza, è ancor noto il commercio del por- to di Canton , cioè quello che i cinesi fanno coli» Indie orientali , coli' Europa , e coli' America. Ma dell'interno commercio e traffico de' cinesi, o di i5o milioni d'individui fra essi stessi, e di quello che fanno coi loro proprj bastimenti mediante la licen» za speciale dell'imperatore col Giappone, etc, co- me già ho ripetuto , non si conosce da noi in Eu- ropa che la mera esistenza. Gii europei sono ignari di tutto ciò eh' è utilissimo a sapersi intorno a quel paese : perchè moltissimo di ciò che e viaggiatori ed altri hanno fin ora scritto della Gina , allo scrittore di queste righe, il quale ha ivi dimorato più di tre 64 Lktteratuiia anni, sembra essere di non ben chiara cognizione, anzi imperfetto , incompleto , o poco vero. L'ambasciata inglese alla Cina , quella di lord Macartnoy nelT anno 1797. , falli per la mancanza delle cognizioni più facili a possedersi in ogn' al- tro paese, ed essenziali all'ambasciata. Ma in Cina, malgrado del gran commercio che gl'inglesi fanno coi cinesi , queir ambasciata non le possedeva , e mancò completamente nel suo oggetto. Ignorava essa la ma- niera di procedere , i costumi e l'etichetta della corte cinese; ed in aggiunta a questo fallo, portò seco un'interprete cinese ancor meno informato di essa slessa. La conseguenza di ciò fu , che in primo luo- go l'ambasciata andò in Cina senza alcuna sorte di regali pel ministro di stato , e pe' figli dell' im- peratore. Secondo , che dal bel principio si ricusò essa di eseguire le indispensabili cerimonie d'uso nel salutare l'imperatore , senza addurre alcuna soddi- sfacente ragione per tal ricusa ; ma poi ciò ebbe luogo coir eseguire uno dei ministri cinesi l'istessa cerimonia davanti al ritratto del re d'Inghilterra. Ter- zo ) essa si presentò a corte in abito troppo sem- plice , e troppo comune. Quarto, non usò essa la precauzione di riconoscere ( unger la ruota ) i di- versi individui destinati alla soprintendenza de' suoi affari. Quinto, le sue domande furono falle nel tuono e stile inglese , e non alla cinese. E finalmente essa avrà probabilmente ignorato anche certo intrigo di un europeo a quella corte, il quale, giudicando che quell' ambasciata potesse recar pregiudizio agi' in- teressi del suo proprio paese , non mancò d'eccitare svantaggiose impressioni contro la nazione inglese. L'ultima ambasciata inglese di lord Amherst , nell'anno 181G, fu anche più sfortunata della prima. Leggasi la lettera dell' imperator della Cina al re NOTIZIK DKM.À Ci;*v C)S d'Inghiltorra scritta per mozzo del medesinio amba- sciatore. Vt?cli giornale arcadico tomo X.XXIIT, 1827. L'inciviimento e i benefìzii infiniti che indi- sputabilmente le mzioiii deir Europa hanno in co- mune ricevuto dall' Italia , come la scienza delle leggi , la scoperta nelle scienze fisiche ed astrono- miche , gli avanzamenti nelle materaaliche, il rav- vivamento di tante altro scienze e di tante arti , il miglioramento d(,'lle lingue, ed altre utilità e conve- nienze pel progresso e coltura della mente umana , si devono , in grandissima parte , alla traduzione di quei tanti monumenti di letteratura , e libri in lingue orientali (esclusi i libri cinesi) raccolti e con- servati nei conventi , e con diligenza , industria , pazienza , e perseveranza tradotti dai monaci e ro- ligiosi dell' Italia e di altri paesi cattolici nel silen- zio delle loro celle. Alla prima legge generale che il fine della uma- na società, ci discopre , cioè quello di prestarsi re- ciproca assistenza per la propria perfezione e per promuovere la propria felicità , i5o milioni di ci- nesi non potranno moi contribuire ( parlo soltanto in riguardo di nazione e nazione ) , fin a tanto che non avranno luogo le traduzioni disile loro opere t le quali , considerato che quella nazione è fin dai più remoti tempi che scrive, non può essere a meno che non contengano cose di somma utilità a tutto l'umau genere. Basterà per convincerci di ciò l'esa- minare la non indifferente varietà de prodotti della sua industria a noi recati da quelli, che per la pro- pria istruziiotte , o per altri non men plau'^ibili mo- tivi , ebbero a percorrere fino a quella regione. La traduzione de' codici cinesi mentre diverreb- be il mezzo di molte interessatiti iuioimazioni ri- spetto alla letteratura , all' istoria etc della nazio- G.A.T.XLIII. 5 66 Lette tt ATURA ne la più graude e la più singolare della terra, po- trebbe nel tempo stesso servire anche di canale co- mune per soggetti della più alta importanza , quali sono quelli iinincdiafamente connessi colla religione. Nonostante il molto che possa ess(?re di già stato detto e scritto sullo slato naturale , ijulle istituzioni civili , e sulla moral condizione de' cinesi da varj reverendi padri della missione , con varj gradi di merito ; pure rimangono ancora molte e molte ro- se a bpn conoscersi, che innividualmenle passate ui rivista potrebbero sembrare di non molta vaglia , ma collettivamente considerate possono possedere un sommo grado d'interesse. Imperocché in miglior mo- do mostrerebbero a qne' degni individui della mis- sione come profittarne più estesamente , come po- trebbero essi , col più buon successo , ragionare ed opporsi ai pregiudixj delle idolatriche adorazioni de' cine-ii , ed ai sofismi de' loro filosofi ; abbattere l Con maggiore scienza la vasta mole dell' idolatria ; comunicare con maggiore effetto il salutar sapere dei vero Dio e dell' eterna vita , onde cosi svelata a quei popoli la divina verità, meglio riuscire nell' adempimento dei doveri del loro sacro officio , per- chè Iddio ne sia glorifiesto, esteso il vangelo, l'in- | lellettnale e moral carattere della società mi",liora- to, il trionfo della chipsa accresciuto, e la generale salvezza dell' uman gei. ere promossa. E^\ì e o«£ff'tto di non poca ammirazione in Cina fra tutte le classi di persone , malgrado dell' esclusione de' forestieri in quel paese, il vedere no- mini animati da motivi assai dilferenti da quelli della maggior parte delle umane azioni, lasciare per sempre il loro paese , i loro parenti ed amiri , de- dicare tutta la loro vita al disegno di cambiare i principi di religione dua popolo , che essi non ave- Notizie della Cina 6j vano mai vf^tluto : e nel proseguimento di lai og- getto , correre ogni rischio, soffrire ogni persecuzione, e sacrificare ogni piacere. Indi per essere essi co- nosciuti ed ottener prolezione , insinuarsi per ogni dove con ingegno , talento , perseveranza , e umil- tà ; applicarsi allo studiare costumi stranieri alla loro originale educazione , ed a coltivare quelle arti alle quali essi non erano stati destinati ; vin- cere i pregiudizi dell' esser' essi stessi stranieri in uu paese ove agli stranieri è inibito di entrare , e do- ve era delitto avere abbandonate le tombe de' pro- prj antenati ; ed ottenere in fine di formare stabili- menti necessari , di erigere conventi e chiese per la propagazione della fede cristiana , punto non curan- do che la loro influenza ridondar nou potesse in al- cun loro personale vantaggio. Onorato ìMartucci. Delle s^sta de^ romani di L> Anneo Floro. Tra- dazione di Celestino Mussiicco. .iJelano per Gio- vanni Sihestri 1828. Un i'ol. in iG** grande di pag. 343. JL ra i henemeriti della studiosa gioventi!i è da por- re in degno luogo il p. Celestino Massucco , la cui versione di Floro ha scelta ultimamente il Silvestri per farne bella la sua nuova biblioteca di tradu- zioni. E comunque dello avere preferita questa ad ogni altra non dica bene il motivo: si vuol pensa- re che sia , di tenerla esso per la migliore da usar- si almeno nelle scuole piime ^ siccome quella che luila 5^ 6S L E T T E U A T U B A appunto per questo, porta le date cronologiche, ed avvisa le mende dello scrittore: onde i giovani, che facilmente credono e facilmente si piegano , non par- tano dalla lettura di Floro con falso il giudizio e lo stile. Gioverà intanto levare un saggio della ver- sione : non de' migliori : per aver occasione di dire se qualche cosa ancora possa desiderarsi nella mede- sima fc onde tocchi la perfezione : gioverà poi far- ne il confronto colla versione del signor Carlo di^ Lignì principe di Capirsele , la quale uscì in Mi- lano pel Bettoni nel i8a3: o dare piuttosto ai let- tori eccitamento a giudicare in tutto da se medj;- simi : che è migliore consiglio , quando essi siano savi e cortesi siccome i nostri. Riferiremo aduncjue la narrazione della batta- glia farsalica : di quella terribile giornata , in cui la gloriosissima delle repubbliche, dalle proprie for- ze combattuta e vinta miseramente , col magno Pom- peo seii i.*adde , e quasi spirò ( Lib. 1 1^ 2 ). „ I sol- „ (iati rampognavano l'ozio e il iitardo dell'alleato, „ i più riguardevoli rimproveravano l'ambizione del „ generale. Cosi , precipitandosi i fati , fu scelta „ alla pugna la Tessaglia , ed ai filippici campi ,, furono commessi i destini di Roma, dell'impero, „ di tutto il genere umano. Il popoU romano non „ vide altrove giammai tante forze, ne tanta di- „ gnitk la fortuna. Eraiivi dall' una parte e dall' al- „ tra trecento e più mila combattenti , oltre gli aiu- ,, ti dei re e del senato. Non furono mai più ma- „ nifesti i prodigi dell' imminente rovina : la fuga „ delle vittime, gli sciami nelle insegne, le tenebre ,, in mezzo al giorno ; il duce istesso pur anche , „ che in notturna visione udì suonare d'intorno, ,, in modo di pianto , l'applauso del suo teatro , e „ la mattina ( cosa da non dirsi ) lu oscura ve- Floro tradotto Qn „ ste comparve nelin ^ piazze de' piplori. L'esercito „ di Cesare non fti mai ne più fiero , nh più al- „ legro ; di la suonarono le prime trombe , di la 1, scagliati furono i primi dardi. Fu notata altresì „ l'asta di Crastino , mentre ordinava le schiere , il „ quale poscia essendo stato ritrovato fra' cadaveri coti „ una spada in bocca , con la stessa novità di sua „ ferita dimostrava il trasporto e la rabbia , con la „ quale avea combattuto. Ma non fu meno ammirabile „ l'esito di quella battaglia. Perciocché, abbondan- „ do Pompeo di cavalleria per modo che sembrasse „ che fosse per circondare agevolmente Cesare , ne „ fu circondato egli stesso. Giacché combattuto es- „ sendosi lungamente con eguali forze, e pnr cn^ „ mando di Pompeo staccata essendosi dal fianco la „ cavalleria , di repente , dato essendone loro il se- 1, gno , le coorti de' germani fecero un si grand' im- „ pelo nei disordinati cavalieri , che sembrasse esser „ questi pedoni , e venirne quelle a cavallo. Questa „ strage della cavalleria fuggitiva accompagnata fu „ dalla rovina delle truppe leggiere. Sparsosi allora „ più ampiarapnte il terrore, scompigliandosi vicen- „ devolmente l'una l'altra le schiera , fatta ne fu qua- „ SI da una sola mano la strage di tutto il re- „ sto , ne alcuna cosa gli fu più di eccidio , che la „ grandezza medesima dell' esercito. Molto si adoprò „ in quella battaglia Cesare, e fu un non so che „ di mezzo fra il generale e il soldato. Uditi fu- „ rouo anche i di lui detti , mentre su e giù ca- „ valcava , l'uno sanguinoso , ma da uomo esperto „ ed alla vittoria efficace : Fer/sci alla faccia , o „ soldato; l'altro fin ad ostentazione simulato: Per- ♦, dona a' cittadini j mentr* egli intanto inseguivali. „ Felice nuUadimeno nei suoi mali Pompeo , se tra- „ scinato lo avesse seco quella medesima fortuna che 70 Letteratura „ tratto aveane l'esercito ! „ Nel principio della nar- razione leggiamo : / soldati rampognavano Vozio e il ritardo delV alleato , / pia riguardevoli rimpro- veravano Vamhizione del generale. Se questo tratto si confronti col testo , che dice : milites ocium^ so- di moram , principes ambitnni diicis iiicrepabant ; chiaro si vede , che male essendosi preso per geni- tivo quel sodi , che è nominativo plurale egual- mente che milites e principes^ riesce infedele la ver- sione : nella quale potevasi ancora con un sol ver- bo rendere il latino increpahant per servire a bre- vità troppo necessaria , massime in un compendio d'istoria siccome questo. Più sotto parlando di quel Crastino il testo dice : committéntis adem ; e la versione : mentre ordinava le schiere : e doveva di- re più veramente : che dava principio aW azione. Ancora il testo dice: libidinem ac rabiem , qua pu' gnaverat ; e la versione : il trasporto e la rabbia, con la qnale avea combattuto : lasciando forse de- siderare , iti vece di trasporto , parola più propria a bene esprimere la matta voglia di quello sciaurato. Indi abbiamo in latino: cnm . . .fasiis a corna eru- pisset equitatus : ed in volgare : staccata essendosi dal JJanco la cavalleria ; onde manca il corrispon- dente al fusus , ne reso "k con forza che basti \aru- pissef. Ma questp , se pur sono mende , hanno a tenersi in conto di nulla ; pensando che , usandosi la versione del Massucco particolarmente nelle scuo- le,! diligenti maestri sapranno notarle a lume de'gio- vani : i quali è bello condurre per la via della ri- flessione a conoscere ciò che convenga, e ciò che no. Vediamo ora lo squarcio medesimo volgarizzalo pel signor di Lignì. „ I soldati rimproveravanlo di „ ozio , gli alleati dell' indugio , di ambizione i ca- „ pi dell'armata. Quindi, come per volere de' fa- Floro tiiadotto '^t ,, ti , la Tessaglia f» scelta per darsi battfiglia ; « „ ne'filippici campi il destino di Roma , dello stn- „ to , e del genere umano fu posto a cimento. Non „ mai in alcun altro luogo vide la sorte radunarsi „ cotante forze e cotante dignità, firan più di tre- „ cento mila in ambo i lati , oltre le ansiliaiie trup- „ pe dei re e degli alleati. Né mai si osservarono „ più manifesti presagi di mina imminente: fuga di „ vittime : sciami di api sulle bandiere : ottenebrato „ giorno : lo stesso generale sognarsi nella notte di „ udire nel suo teatro applausi in tuono lugubre, ,, e di presentarsi infaustamente la mattina in gra- ,, maglie nel quartier generale. Non mai come in „ questo istante fu l'esercito di Cesare si coni^gioso „ e pronto. Fu il primo a dar fiato alle trombe, „ a scagliare dardi. E degtio di osservazione cbe „ Gratino diede cominciamento alla pugna scoccan- „ do un giavelolto contrassegnato , e che egli poco „ dopo fu rinvenuto fra' cadaveri colla bocca tra- „ fitta da spada : la qual novità di ferita manife- „ stava con quanto furore, ed accanimento corabat- „ tuto avesse. Ne l'esito di quella giornata fu me- „ no maraviglioso. Credendo Pompeo di aver ca- „ valleria soprabbondante da potere con facilita cir- „ condar Cesare , rimase egli avviluppato ; giacche „ essendosi combattuto lungampnte con ugual suc- „ cesso , la cavalleria , per comando di Pompeo , „ uscita dalla sua ala per dar la carica dalla par- „ te opposta , ad un istantaneo comando le coor- „ ti germane urtarono in guisa i diradati cavalli , ,, che i fanti sembravano cavalieri , e questi fanti. ,, La rovina della cavalleria posta in rotta tirò seco „ quella delle truppe leggiere Sparsosi allora lo „ spavento , e ponendosi scaftibievolmente in disor- „ dine le schiere , la restante strage fu come prò- ji Letteratuha „ dotta da uti solo bracxio. Ma la causa del mag- „ gior eccidio fu la stessa immensità dell'esercito. ,, Cesare ritrovossi in molti attacchi facendo da ge- ,, nerale e da soldato. Egli scorrendo a cavallo due ,, cose ordinava ; l'una feroce , ma maestrevole ed „ eliicace ad ottener vittoria „ Snidati ^ferite sul vol- „ to : „ l'ajlra di ostentazione „ Pdsparmiate i citta- „ (lini-„ Ed intanto egli medesimo gì' inseguiva. Ep- ,, pur felice nella disgrazia sarebbe stato Pompeo , „ se corso avesse il fato stesso dell' esercito ! „ È reso bene sul principio della narrazione quel mi- lites ociurn , sodi inoram , principes ambitiim da- cis increpahant ; se non che , siccome è detto di ozio d\i/nbizione : così doveva dirsi d'in- du<^io e non deW indui^io ; stantechè una certa simmetria come nelle cose attinenti alle arti beile vuoisi osservare eziandio nello stile , ed è già, os- servata nel testo , a cui dee sempre conformarsi do- ve può la versione. In seguito il nuni/natn ullo loco tantain viriuin pupnlus romaiius , tantuin dignità- fis /ina> Risorge accanita guerra civile fra gli accumolesi ed i norcini. Poggio d'Apio villa di Accumoli^ saccheggiata dai fuorusciti. Corag- gioso valore dei contadini accumolesi ed arqua- tani contro i medesimi. Ultima procura in va- rianti modi degli accumolesi pel parlamento del i636. Dubbi se pia voci avessero i deputati accumolesi nei parlamenti generali. 83 Lette» A TURA k^e il il peggiore di tutti i secoli chiaraossi quello del quale abbiamo favellalo (i) ; puossi francamen- te asserire che il secolo l'j'^ fu per noi calamitoso di gran lunga maggiore del precedente. Tasse nuo- ve in ogni dì , e vie sempre , più incoraportevoli , sregolati ordinamenti di alcuni governanti , il (drit- to delle genti conculcato da chi doveva anzi esser- ne l'integerrimo conservatore , i mali umori dege- nerati in sedizione , e talora in ribellione aperta , i fuorusciti , le incursioni solite dei musulmani , la carestia, il desolantissimo flagello della peste, e tan- te altre calamità sono i lagrimevoli fatti , che a ma- lincuore dovrem noi a volo di penna ricordare. Ne avvi ombra di abbaglio , se osiamo dire , che pel regno di Napoli non fuvvi , ne saravvi per avven- tura secolo pili rovinoso di questo. Opera in vero infaustissima di scomposto ed orgoglioso procedere di chi dirigeva il gabinetto di Madrid , dove abusan- dosi dell' eccessiva bontà de' suoi re , precipilava- si il glorioso e floridissimo regno delle Spagne ; ed a maggior conquasso mandavasi il regno di Napoli, e l'infelice patria nostra. I turchi nei primi anni del secolo e consecuti- vamente guasti grandissimi recavano alle marittime terre, in ispezie di Calabria e di Puglia, (a) In Un- gheria, e piiì nelle Fiandre proseguiva a scorrere ita- liano sangue , e molto oro d'Italia , precipuamente del regno di Napoli. Narrasi che il solo assedio di (i) Marat, ann. torti. X. pag. *i^. {%) Stor. civ, pag. 3o9 tom. 19 tom. IV. Memokie di Accumuli 8j) *, Osleuda costasse loo mila teste (i). Il posto ili ge- neralissimo era stato quivi rimpiazzato da uno Spi- nola , il quale , se non superava , eguagliava l'alto sapere del suo predecessore (2). L'alterigia degli spa- glinoli , lungi dal fiaccarsi , gonfìavasi talmente , che inlendevasi da essi dettar legge a tutta Italia. Il die non comportandosi dal valoroso reggitore del Piemonte , slurbavasi , dopo qualche anno di quie- te interna , la pace in Italia , e fatalmente da ita- liani eziandio guerreggiavasi contro italiani per so- stenere l'orgoglioso capriccio straniero. (3) Non era decorso il primo lustro del secolo, che era di mestieri accrescere nel regno le tasse. La qual cosa neppure essendo bastevole , tornavano a prati- carsi violenti modi. La morte aveva rapito nel i6ot il conte di Lemos : Francesco di Castro suo figlio teneva le redini del governo sino al i6o3 , in cui succedeva il conte di Benavente. Questo viceré non solo rinveniva esausto di denaro il regno , ma immer- so trovava il regal patrimonio in piìi milioni di de- bito. Prima sua cura volgevasi a torre il medesimo ; e co' fondi comunali ne conseguiva l'intento. (4) Questa straordinaria misura dava maggior crol- lo all' università di Accumoli , e danno nori piccolo arrecava ai discendenti del quarto di s. Lorenzo. Se non che , a lode di questo viceré , dee dirsi che vi provvedeva in modo che la maggiorità del territo- rio comunale ripartito , rimanesse in proprietà dei rispettivi villaggi, che fossero in istalo di acquistar- (i) Marat, id. toni. XL pag. i3. (a) Id. Id. (3) Id. ih. pag. ^j. (4} Sior. ciy. tom. 4« /'«S- 3i4« Qo Lettckàtura. lo dentro lo spazio di uti anao , diversamente s'im- pegnasse ( cosa che in seguito vedesi sovente prati- cata ) , o vendesse a particolari dopo un anno quel- la quantità di terre invendute. Ordinavasi con ispe- cial decreto , che nella vendita si contemplassero i consueti diritti ( formaggio e lana ) dei discenden- ti dei fondatori di Accumoli , concedendosi però ai compratori di redimerli dentro i cinque anni. Che per la perdita di proprietà da essi fatta , ed in con- servazione del loro quarto di s. Lorenzo, si godesse l'utile dominio della quarta parte della montagna di Sassa con tal condizione venduta , esclusivamente per se , alla terra d'Accumoli. Che infine di concerto col regio capitano , col regio tavolario ( agrimensore ) , e col magistrato si passassero in assoluta proprie- tà degli uomini del quarto di s. Lorenzo tanti fon- di comunali di loro soddisfazione, quanti presso a poco si stimassero capaci per indennizzarli in parte delle lo- ro perdite. L'utile dominio suddetto coi fondi medesi- mi pertenessero in perpetuo ai loro discendenti maschi, nel modo come erasi praticato del quarto di tutti i fondi comunali prima che fossero alienati , o che ora si venderebhero pel regio servizio, (i) JNel numero di nove sono i fondi assegnati , dei quali dovendo parlare in appresso , per non fare inutile ripetizione , taceremo i vocaboli. Nel 1609 (1) Mem. cit. è meni, del quarto di s. Lorenzo. Sem- bra che da quest'epoca i villaggi Jormassero unif^ersi- tà per loro stessi in ciò che risguardava V amministra- zione, comunale , e le regie tasse ; disegnate prima , ed in seguito , come lo fu fino al 1807 , a capriccio degli aceumolesi : di che meglio diremo in appresso. Memorie di Accumuli 91 «lecretavasi quanto segue dagli uomini del quarto di s. Lorenzo. In dei nomine amen. Anno domini iGof) die vero 5 mensis aprilis. D'ordine et commissione di Saliistio Campa- no , Amico Titoloni » Mercurio Pasqiialoni luris utriusque doctores , e Gio. Paolo F'irgilj della re- gin terra di Accumuli snidici del quarto di s, Lo- renzo. Congregati gV homini di detto quarto , e la magior parte di essi nel palazzo del quarto di s. Lo- renzo di detta terra more solito più volte chiamati , Jìi resoluto , et concluso. 1° Che dopo lo progredimento del iGo5 delo ter- ritorio destinato d''ordine de lo Illustrissimo conte di Benavente viceré per la reparatione delle perdi- te de^r homini del quarto di s. Lorenzo ^ se n^è avu- ta poca cura , sia a Vavenire tutto pensiero d•?'• »1 31 iS ò j. „ »» 6' 3 /«■i. n „ S 3 ó''« , »' 7 22 8 i. » 5 '7 3 ma. 0 18 4 6'i- 1» 1 23 Ma. ,• 3 iB „ 0 '9 5 s. ,, t' 22 i8 5 ma. ^, 0 'i 18 6' r'. 5» H 4 li 3 ó. « '7 6 ma. ìB 0 4 *7 y s-'- .' 1 0 23 18 <; ■ «a. ^^ 0 q ti A''. »» »> 11 ■li i5 b s. »' t» (j 9 ma. 0 18 y A-'- 27 11 ;' 22 4 f. 1, '» 3 •7 m,a. ,. 10 ò" »8 0 S'' ij 1 1 2 21 2 s. ,, »» 7 '7 18 ma. 28 0 0 1 .?'• ,, „ 11 20 i. ^, 16 5 — — _ — ma. 27 11 7 16 ■2 «•'• •> •» 21 .f. 2B 0 3 '7 i3 ma. 1» „ 5 16 5 6''- „ 5» 8 22 i. ,> I 3 »9 ma. 51 ,^ 9 i8 3 '4 i''* ,1 ,, 1» 24 ^. • t 2 0 »9 ma. „ 5 'f) 3 i5 i''- „ 3> X 25 fi ^. ,, ,. (ì IO 6 Igro, a cap. Vento IN. q. o S.O.m. S.S.O. 49 36 3i 33 25 '4 40 _9_ 47 ) 2 \n. 3. 6 4, 7 3, 9 3. 4 4, 6 4, 6 St.dfl Cielo se.iiu, sfjar nui'oloso ser.iiuv'.spa chiarissimo ser. x/ap chiarissimo ser. vapo chiarissimo liU gioioso rischiaralo ser.nuf.spa chiarissimo scr.nu.spar Coperto chiarissimo nin'oloso chiarissimo ser, l'ap, » »? hiarissimo 20 ■24 -5 Ore ina ser. in, S' s. m. S' s. m. S- s. m. S' s, III. s- s. ni. à'* s. m. §■ s. in. S'- s. m. Si- s. m. S- s. in. S- s. in. s- s. ni. fiaromet. Term, Igro. a cap Vento j Pioggia Kva por. St. del Cielo »t 1) •, 1 11 11 a., 5 2 0 5 x8" 20 20 .3 y io 20 22 3 18 .8° 55 23 nr. d. S.O.q. 0 0 0 5, 8 chiarissinto 20 35 1 0 s»o. d. „ q. 0 4. 7 sertìiuf.spu. i'elaio " 5» 4 5 i3 33 5 N. <,. 0 3, 7 ser. vaporo nuvoloso chiarissimo ser. vaporo- '1 »» 51 6 3 i8 32 5 18 '9 32 ly 6 i6 5 22 ^9 4 is ì3 3 i8 5 3^ I 0 0 0 0 0 S, d. ì.O. m. S. d. 3. 6 11 0 >l >1 >• 1 9 0 1 0 32 16 9 3o 22 38 55 12 5, 0 ehiarissimo • 1 0 1> I 9 1 4 IV. „ O.S.O. „ IV.O. m. y. d. SO. m. ó. y. 0 ^. rf. 0 0 3i 9 ser. vapor. „ nuv. spa. chiarissimo 11 2 8 5i 3 11 »> 4 »5 22 i8 2 '9 33 26 4, 4, 5, 6 7 0 11 11 •1 11 >■ 8 9 23 6 18 6 ,3 12 S.O. rn. 0 0 0. d. S . e/. 0 IV. d. s.o. „ 0 0 IV. d. s.o. „ 0 0 11 1» iv. d. 11 1» 0 0 O.S 0. d. 1» ao 3 11 51 1 3 4 24 i8 5 i5 19 6 16 24 y = 9 9 49 • 4 51 i6 '11 11 5 4 2 7 56 35 '7 5o 22 5, 5 9) 1» '7 „ 1 ò 11 1» 51 5, 11 7 5, 3 nuvoloso cliiarissiau. l'à „ 0 1» 11 9 8 7 18 -4 «9 io 23 5 23 24 24 3, 2 ser.nu.spar. coperto chiarissimo i'I ,1 11 5 24 3. 4i 3 ser.iiu, spa. s. in. s- •1. ni. ,1 „ 6- 18 9 0 0 y. q. 0 S. q. 0 chiarissime io ,1 ,1 5 16 6 23 18 16 32 3 >4 5i 18 3, 8 11 51 1 i« ' 3 i5 34 0 0 O.S.O. m. 9. d. 4. ' NIHIL OBSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Cciis. Tlieol, NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Cotleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Dani. Buttaoni Ord. Praed. Rev. Mag. S. P, A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Consiantinop^ yìcesgercns. 129 SCIENZE Esercitazioni delV accademia agraria di Pesaro . Jnno /, semestre I. - Pesaro pei tipi di Annesio Nobili 1829. Un volume di pag. g^. I sapienti di tutti i secoli han sempre predicato , che l'agricoltura era la piìi degna occupazione de- gli uomini. E perciò forse gli antichi favoleggiarono l'elk dell' oro , per innamorarli della vita innocen- te de' pastori : ed infiammar tacitamente il lor cuo- re por la primogenita figlia dille arti della natu- ra , la coltivazione de' campi. Tutti sanno quai do- ni facesse Cerere agli attici in ricompensa delle lie- te accoglienze che le fecero , cioè i misteri e le bia- r/e, per cui più non condussero vita selvaggia e bru- ta. Osiride parimente ritrasse gli egiziani dalla loro vita indigente e vagabonda insegnando loro a se- minare e a piantare- I greci non sapevano onorar meglio i re , che chiamandoli pastori de* popoli : e Catone ci narra , che i saggi romani volendo ono- rare un uomo distinto per virtù domestiche e cit- tadine, in altra guisa non lo nominavano, che buon lavoratore di campi. Io però son di parere che niu- na fuvvi mai che più di Marco Tullio l'agricoltu- ra magnificasse. Difatti egli, che tutte le umane co- se profondamente vide ed osservò , non facea che G.A.T.XLUI. 9 i3o ' Scienze consigliare gli uomini con dolci parole ad attende- re alla cultura delle torre , per essere ella a tutti salutare ; e dicea nessuna vita più di questa bea- ta , che dava diletto , ed offriva dovizia di tutto ciò che al vitto e al decoro appartiene : quindi la chiamò maestra di parsimonia , di diligenza , di giu- stizia. Io credo die la maggiore o minore civiltà di un popolo possa conoscersi alla sola vista delle sue terre : poiché dove queste sono fiorenti , la fiorente debb' essere la civiltà , mentre pare diflicile che que' popoli , i quali trascurano di coltivare il suolo che li vide nascere , possano distinguersi per civili dot- trine. Difatti rivolgi lo sguardo alle regioni otto- mane : ivi r indolente musulmano abbandona agli schiavi la fortunata terra che abita , ed ivi tu sai come allignino la povertà e la barbarie. Per lo con- trario l'imperador della Cina si accomuna coi con- tadini, e da egli stesso alle genti l'esempio sublime di lavorare e di seminare la terra : e tu lo vedi nella festività dell' agricoltura , che cola fassi a bel- la posta verso il cominciar della primavera , gui- dare i buoi , e fare i solchi sul terreno , e quin- di seminarlo di frumento , di riso , di miglio , e di un' altra specie di miglio cinese , che da loro som- mamente si apprezza. Tu vedi parimente i princi- pi della corte , e i grandi dell' impero accompagnar- lo , e lavorar tutti dopo di lui : tu vedi nel me- desimo tempo assistere a quella solenne festività cin- quanta contadini venerabili per vecchiezza, ed al- tri quaranta più giovani , che hanno , presente il loro sovrano , messo in ordine l'aratro , e preparati tutti que' grani che doveano essere seminati. To cre- do che non si possa dare spettacolo più tenero e più bello di questo • e veggendo uà impcraclore ])o- Esercitazioni AcnAniE i3i lentissimo co' più grandi dello stato divenire lavo- ratore di campi , ed essere circondato dagli umili pastori animando gli uomini col suo esempio a col- tivare la terra , non può l'animo nostro non subli- marsi. La conseguenza poi di queste cerimonie , die racchiudono un concetto di mente profonda , si è che nella Cina non vi ha un jugero di terreno in- colto , e sembi'a quali' immenso impero un giardino perpetuo : ed e da riflettere , che senza grandi rela- zioni commerciali basta a se solo , ed e fiorente per ricchezza e per forza. I quali beni preziosi , co- me ognun vede , debbonsi alla protezione che go- dono ivi gli agronomi, e all'onore segnalato in che l'agricoltura è tenuta. Bene e sapientemente dun- que intesero i più profondi economisti , che l'in- dustria agraria è la prima produttrice della ric- chezza , e che poi vengono le manifatture , poi il commercio ; e che queste tre industrie unite insie- me sono le vere fonti della grandezza delle nazio- ni. Anzi il celebre Mengotti , esaminando nella sua dottissima memoria suU' Amministrazione del gran Colbert la quistione se torni meglio proteggere l'a- gricoltura o il commercio , sentenzia in favore del- la prima con un corredo di classiche dottrine. Quan- to giovino quindi le accademie agrarie , tendenti ad inserire ne' petti degli uomini l'amore dell' agricol- tura y a spandere i precetti di questa scienza , e a distruggere i pregiudizi che ne impediscono il per- fezionamento , ogni uomo di senno per se medesimo lo conosce. In Europa non vi ha illustre contrada , che non vanti un' accademia di agricoltura; ed in Ita- lia , eh' è il bel paese che ci appartiene » celebri sono state le agrarie società di Milano, di Torino, di Bo- logna , di Venezia, e de' georgofili di Firenze , aven- do negli andati e ne' presenti tempi molto contribui- 9^ i32 Scienze to a promuovere le scienze economiche , e a miglio- rare i progressi agrarj di varie provincie italiane. Per le quali cose abbiara veduto col massimo com- piacimento dell' animo nostro , che alcuni eletti in- gegni in una delle più nobili cittk del Piceno , in Pesaro , si sieno uniti , sotto i favorevoli auspicj del romano governo , a fondare una società che tende al medesimo fine, il primo volume delle loro agrarie esercitazioni , che abbiamo oggi sotto gli occhi , è pieno di tanti utili ammaestramenti e di tanto belle notizie , che abbiamo sicura speranza , eh' essi grandissimo bene sieno per arrecare all' agricoltura del loro paese , e quindi alla loro mag- giore civiltà. Difatti nella prefazione ai loro discor- si dicono modestamente , che non fu matta presun- zione di antecedere alle altre insigni accademie agra- rie , che li mosse ad instituirne una in Pesaro : ma l'amore bensì delle loro terre , e un ajuto che vol- le prestarsi alla prosperità loro domestica. Vi si ag- giunse il conoscere , che l'agricoltuia è in questa specialissima condizione , di patire più che altra di- sciplina gli errori del volgo : perciò necessario ren- desi l'estirparli dovunque essi rampollino. E volendo noi dare alcun cenno dei discorsi , che compongono questo aureo volume, principieremo da quello del sig. prof. Mauri,4Ìo Brighenti , cbe si aggira sulle comunicazioni per acqua e per terra del- la provincia metaurense e del distretto di Rimini. E sebbene questo lavoro sia preceduto dal ragionamen- to del signor conte Filippo Battaglini sopra l'influen- za che ha il pubblico censimento sulla prosperila o rovina dell' agricoltura , noi tuttavia non ne fare- mo parola , essendoci riserbati di parlarne , allorché sarà compiuto. Esercitazioni agrarie i33 Il discorso del signor Briglienti è scritto con uno spirilo tutto occupato doli' amore della sua pa- tria , e del desiderio di vederla sorj^ere a nuova prosperità. Ei parla con molto senno del primo ele- mento commercidle , eh' è la facilita delle comunica- zioni per acqua e per terra t e siccome tutti gli an- ni piovono nella sua provincia aioo milioni di me- tri cubi d'acqua , un terzo della quale viene , se- condo mostrano i fisici , assorbito dal suolo , ed un terzo si perde in evaporazioni , e l'altro , eh' è di loo milioni , si smarrisce nel mare ; cosi vorrebbe che quest' uitima parte di acque si riducesse in forza mo- trice, equivalendo a quella di quattro milioni di la- voranti , secondochè sì è praticato nelle più civili na- zioni di Europa. Egli però , dopo di aver nume- rato i canali navigabili della sua provincia , ed in- dicato i mezzi come migliorare si potrebbero , non vuole , con savio consiglio , che quella enorme mas- sa di acqua sia impiegata in opere grandi , e per- ciò insegnibili ne' tenui stati , ma bensì che si fac- cia tendere a moltiplicare i piccoli serbatoi delle ac- que pluviali in montagna per l'uso de' molini , co- me il Bottaccione a Gubbio , e a praticare general- mente le chiuse o restaje dei borri , siccome il Vi- viani raccomandava , e a dirigere le acque che pre- cipitano per la forte caduta di essi in fossati di dolce pendio , cavati attorno al dosso dei monti , per servigio dell' agricoltura , conforme vedesi pra- ticato ne' colli di Valdagno e nelle alpi tirolesi. I quali voti sono degni veramente di un' anima gene- rosa , eh' è tutta presa dal forte sentimento della pro- sperità, nazionale. E poiché le facili comunicazioni per terra sono di uguale , e forse anche di maggior van- taggio che quelle per acqua , il valente accademico spinge il suo desiderio a voler che sieno finite le i34 Scienze vie comunali e provinciali , che furono decretate in quest* anno , onde ricevesse l'agricoltura della sua provincia un sollecito accrescimento da pareggiare e vincere quello , che per la stessa cagione si è veri- ficato nel distretto di Rimini. Ora una delle parti, che più importano non so- lo a questa scienza , ma ben anche agli uomini co- stituiti in società , si è certamente la coltivazione dei prati , che molto influiscono a rendere migliori e più copiosi gli armenti e le gi'cgge che vi si gui- dano a pascolare , e che servono per l'agricoltura e per gli uomini. Laonde saviamente pensò il signor march. Pietro Petrucci nello scrivere una memo- ria sulla necessita di migliorare i prati stabili dell' agro pesarese, e le piante graminacee che vi germo- gliano spontanee. Noi quanto bello altrettanto utile stimiamo il suo lavoro , e lacciam voti , perdi' egli lo continui e lo finisca col medesimo intendimento con cui l'ha principiato. Imperciocché in esso rende accorti i villici con somma chiarezza , che il terri- torio pesarese non è povero di quelle piante , che servono al pascolo del bestiame , e li consiglia a svellere, con opportuni lavori, quelle eh' ei fa loro note, e che sono o nocive o inutili , ed a moltipli- care invece le altre graminacee o leguminose, di cui tanto e fecondo il loro suolo. Quindi parla del ca- rattere di ognuna di queste piante , e degli animali che le hanno più grate, senza negligere l'opinione che intorno ad essa tennero i più bravi naturalisti. Le quali cose non possono non fruttare grandissimo be- ne agli agricoltori , che eoa tai lumi potranno spi- gnere sicuramente le loro fatiche a migliorare i pra- ti , che debbono nutrire le loro gregge. Mentre queste considerazioni io faceva meco stes- so , mi cadde nell' intelletto l'idea ^ che la classe de- *?,' Esercitazioni agu/Vrik i35 £;li agricoltori è appo noi goneralmente ignara delle cose che spettano all' agronomica scienza , essendo stra- scinata da una cieca pratica , piena di pregiudizi da padre in figlio perpetuati. Laonde desiderava che alcun forte ingegno scrivesse so{)ra questo argomen- to , ed in questi uomini l'istruzione promovesse. Ma il mio desiderio fu prevenuto , e quindi pienamen- te appagato, dal chiarissimo signor conte Domenico Paoli , che si diede a scrivere un discorso intorno alla necessita di promuovere l'istruzione nella clas- se degli agricoltori. Questo valente scrittore, già no- to all' Italia per la beli' opera sul moto molecolare de' solidi , in cui a sommo giudizio somma dottri- na congiunse , non potea , scrivendo in questo agra- rio volume , scegliere argomento pii!i lieto e più im- portante. Perlochè ci congratuliamo veramente con noi medesimi , che abbia in poche pagine , da quelT uomo eh' egli è , discorso di un' infinita di cose tut- te utili , le quali a maraviglia cospirano per indurre all' istruzione quella classe di persone , nelle cui mani e deposta la prosperità delle terre italiane. Ora leggendo questo libro ne sembra di spas- seggiare in un giardino , fiorente per ogni manie- ra di piante, che tutte a sé del pari traggono la nostra attenzione. Così non sapendo noi trascurar veruno di questi discorsi , proseguiremo ad accen- nar di tutti rapidamente il contenuto. Quello che prendiamo ad esaminare e del signor Gio. Battista Spina , e tratta della diminuzione degli efìctti dan- nosi delle lotterie da procurarsi col mezzo delle cas- se di risparmio. Argomento degno della considera- zione del filosofo , e di chiunque ama gli uomini , o ne regge i destini. L'autore spande nel bel prin- cipio del suo ragionamento alcuni pensieri filantro- pici : pei quali si fa strada a deplorare i funesti i3G Scienze danai , che recano agli uomini i giuochi così det- ti di sorte da alcuni goveini non che permessi , ma protetti. Noi aggiugniamo le nostre alle sue paro- le nel deplorare questa cecità contraria agi' interes- si dei sovrani e dei popoli , perchè distrugge la mo- rale , corrompe i costumi , incita alle colpe , ed im- poverisce le famiglie. E a che vale , esclameremo coli' autore medesimo , che in Francia per esempio il tentato e non accaduto suicidio sia gravemente pu- nito , quando i trecento cinquanta e più suicidj » che si contano ogni anno nel solo circondario di Parigi , traggono la loro primaria origine dalle ca- se di giuoco , nelle quali i8 in iq milioni di fran- chi si perdono annualmente dai giuocatori ? Le leg- gi mancano al loro fine, quando non si prefiggono di prevenire le colpe t e sono fatali alle società , se proteggono quelle istituzioni , che fomentano o producono i delitti. Queste idee fondate sulla espe- rienza e sulla ragione , e ornai sanzionate dall' au- torità de' piiÀ gravi pensatori , ne dicono chiaramen- te , che ove non si riconoscono o riconoscer non si voglioao , non si tende per certo al segno glorio- so della pubblica felicità. In molte contrade del- la nostra penisola questo vero si è riconosciuto , mercè della provvidenza che sentì compassione delle tante nostre miserie , non permettendosi ora altro giuoco che quello del lotto. Ora però a noi sem- bra che l'egregio signor Spina promuova cosa ot- tima per se stessa , e degna veramente di bellissi- mo ingegno. Imperocché conoscendo la difficoltà di distruggere un uso inveterato e generale , ha pen- sato di temperarne qualunque nociva influenza : e siccome i bisogni sono quelli che guidano gli uo- mini a tentare la fortuna del giuoco , così vorreb- be che questi si alleviassero col mezzo delle cas- Esercitazioni agrarie 187 se (li risparmio >, annesse agli uffici delle medesime lotterie. Saggissimo pensiero ! Colui che ne negasse l'utilità , non conoscerebbe per certo l'umana natu- ra. Il popolo, cominciando a gustare gl'immensi e reali vantaggi che ritrae da queste nuove istitu- zioni , quando , tentato di avventurare nna mone- ta al giuoco , entra negli uffici della lotteria , si scuote dal suo letargo , veggendo ivi la cassa , che lo invita ad un sicuro guadagno : ed in tal gui- sa il prestigio va mano mano cadendo , per mez- zo di coloro che lo sostenevano. Quindi lo Spina , penetrato di queste verità , vorrebbe che nella isti- tuzione di tali fondi si prendesse di miia la cassa che oggi fiorisce in Milano , e molto prima in In- ghilterra , in Francia , in Germania : poicliè il suo scopo primario , come saggiamente egli avvisa , è quello di porgere a chiunque , e segnatamente agli artigiani , ai giornalieri , e ai meno agiati cittadi- ni , pronto e sicuro mezzo di procurarsi , mediante termi ripetuti depositi fruttiferi , aumentati dai le- gali interessi al Unir d'ogni semestre cumulabili , un capitale di cui giovarsi ne' vari bisogni della vi- ta a semplice richiesta dei deponenti. Questa chia- ra esposizione del fine cui tende la cassa di rispar- mio , o fruttuaria , come altri la chiamarono, mo- stra a chicchessia di quali beni è feconda. Difatti quella di Milano , fondata nel 1823 per le provic- cie lombarde , ha fatto nel breve corso di pochi anni rapidi progressi , ed ha offerto vantaggi di ogni specie a tutte le classi de' cittadini. Ella non si li- mita ad alleviare le miserie del popolo ( il che sa- rebbe già per se solo grandissimo bene ) , ma ad ali- mentare il commercio , e a migliorare l'agricoltura : poiché i possessori delle terre, ritraendone denaro a mite interesse , hanno mezzi di far prosperare i i33 Scienze loro fondi , siccome è avvenuto nella medesima Lom- hardia , ove la suddetta cassa nel i82cS impiegò pres- so i proprietari tre milioni e mezzo di lire. Ecco quali sono le cose , di che l'autore dottamente di- scoi re ; e noi Io lodiamo con lutto l'animo pel suo zeìo e per la sua filantropia. Il Vida , coni' è a tutti manifesto , ci diede un poema sopra i filugelli : che sono quegli animaletti , che giunti alla loro maturità , costituiscono i ba- chi da seta. Questo poema , volgarizzato a' nostri giorni da Benedetto Del Bene, si aggira sulla na- tura di tai bozzoli , e sul metodo di educazione a cui dovrebbero andare soggetti : ma ridondando di poetiche immagini e di episodi , e descrivendo le co- se in istile che non è certo il didattico , non ap- paga affatto la curiosila dei coltivatori dell' econo- mia rurale , e non serve allo scopo che si prefìggo- no. Peilocchè il conte Vincenzo Dandolo non po- tea render loro più grato servigio , clie pubblican- do la sua beli' opera sul governo dei bachi da'se- la , e soddisfacendo al bisogno , che il Vida col suo poema aveva in certo modo creato. L'argomento che ha attirato le sue meditazioni non è certo di lie- ve peso; che una branca della ricchezza del com- mercio d'Italia è fondata sulla bontà delle sue se- terie. Laonde tutti coloro che nel governo di que- sti insetti avessero innanzi agli occhi i precetti del suddetto scrittore, non potrebbero non giugnere al- la meta desiderata. Le quali cose furono acutamente vedute dal signor conte Pietro Belmonte Cima , che avendo parecchi fondi sull' agro riminese di gelsi ab- bondantissimi , si diede a seguire gli ammaestramen- ti del Dandolo : ed in una Memoria., in questo vo- lume inserita , ci da contezza delle osservazioni e delle esperienze , che ha eseguite egli stesso , onde Esercitazioni agrakie iSg far sorgere negli altri proprietari il desiderio di mi- gliorare la coltivazione dei preziosi bachi. Noi quin- di invitiamo i nostri leggitori a valersi di queste nuove osservazioni , e a seguire l'intendimento dell' ornatissimo accademico nel conoscere tutta l'impor- tanza dell' opera che gli fu di guida. Eccoci ornai al fine della breve rivista , che abbiara fatto dei discorsi in questo volume conte- nuti ; ed altro non ci rimane a dire , se non un motto sopra una lettera del marchese Antaldo An- taldi intorno l'idrofobia. Questo dottissimo pesarese volendo parlare di cosa , che fosse , coni' egli dice , congiunta agli studi agrarj , pensò di dare in una lettera indirizzata al marchese Baldassini un estrat- to dell' opera di Delabere Blaine intitolata Patolo- gia canina^ in cui il celebre veterinario fa la descri- zione di tutte le malattie , alle quali va soggetto il cane, e prescrive i metodi delle varie cure, che deb- bonsi tenere, acciocché si prolunghi la vita a quesl* animale carissimo. Certamente il pensiero del pesarese accademico non potea essere più gentile e più uma- no : poiché i cani recano diletto ed utilità sia che seguano gli uomini , che van cacciando per le cam- pagne ; sia che restino alla loro difesa o nelle cit- tà , o, nelle case rurali ; sia insomma che custodi- scano gli armenti o le giegge. E siccome il lavo- ro dell' inglese professore non è in Italia molto no- to , cosi l'Antaldi nel darne un estratto compiuto non potea meglio satisfare e all' obbligo suo , e al fine dell' accademia. Noi poscia lo preghiamo a non dimenticare la promessa di tradurlo per intero : che farà cosa quanto grata altrettanto utile , sia che si riguardi la celebrità dell' originale , sia che vo- glia porsi mente al nome chiarissimo di colui che lo volge in idioma italiano. 10 SCIENXS Per le quali cose tutte noi veianiente abbiamo sicura speranza , che qurst' accademia sia segnata fra i monumenti felici dell' italiano sapere : ed in (juesta fiducia ne conferma eziandio la dotta prolu- sione , non è guari pubblicata , che il signor march. Francesco Baldassini , qual segretario, lesse alla sua prima adunanza- Ivi egli fa vedere i rapporti che hanno le scienze naturali coli' agricoltura , ed ani- ma i valorosi accademici a congiugnere insieme i loro sforzi , onde togliere , ci serviamo delle sue parole , i mali principi ^'^^ tanto danno recano al progresso della scienza noi solo, ma, quello che più interessa , al bene degli uomini , alla felicita dello stato. Ed in questo dire vieppiù s'infiamma , pensando , che siccome l'accademia sorse sotto gli auspicj del governo, cos\ il principe, penetrato dell' importanza della istituzione , non tralascerà d'inco- raggiare la prima fra le arti con le ricompense , con le distinzioni, con gli stabilimenti. Oh certo Egli, sapientissimo coni' è , non trascurerà di coronare i loro voti , e di recar loro novella vita nella ge- nerosa impresa ! Or finalmente ci vogliara congratulare coli' Ita- lia , che vede fondare nel suo seno s\ nobili so- cietà , intente a migliorare l'agriooltura di questo bellissimo suolo. Molto però ne duole che la Sici- lia , che forma dell' Italia s\ bella parte , e che sem- bra prediletta dal cielo pei rari prodotti che in essa potrebbero allignare , sia fra tutte le provi n- cie del continente quella che abbia il più neglet- to questo importantissimo ramo di pubblica felicita : e noi visitando quelle sublimi contrade siara presi da disperato dolore , veggendo lo stato deplorabile in che si ritrovano. Quando poi ci ricordiamo che queir isola , per la prodigiosa feracità del suo ter- EsEROiTArioiri agrarie i/\i reno , fu riputala il granajo di Roma , allorcliè Ro- ma dominava il mondo , quasi creder non [lessiamo a noi stessi. Paolo Balsamo , splendido lume della scienza agronomica , verso il cominciare del presen- te secolo , scosse dalla cattedra dell' università di Palermo gì' ingegni siciliani , onde conoscessero il vilipendio in che giaceva il beato suolo che abi- tavano : e certo questo egregio uomo contribuì pos- sentemente , perchè fosse in Sicilia un avvenire mi- gliore I ed i principi filosofici , eh' ei sparse ne' suoi scritti, ne sono i garanti più sicuri. E se tuttora ab- biam noi vÌ7e le nostre piaghe, ne riconosciamo la colpa dalle passate istituzioni della Sicilia, che og- gi , mercè dell' illuminato governo , sono slate di- strutte : poiché ivi le proprietà eran divise fra po- chi cittadini, che, per la loro opulenza e per la mancanza di eccitamenti , ignoravano il mezzo co- me aumentar si potessero : quindi l'avvilimento dell' agricoltura , e la miseria del popolo. L'esperienzai però ha fatto vedere , che questo stato di cose è contrario alla prosperità delle nazioni, cioè al prin- cipio dell'utilità sociale. Imperocché gli uomini, quan- do non sono eccitati dal bisogno di migliorare o di accrescere le proprie sostanze , vivono nella igno- ranza e nella indolenza; ed è muto in essi il de- siderio , che gli spigne a cercar nuovi modi , per l'avanzamento de' loro patrimonj : ond' è mestieri che le terre non sieno ritenute in poche mani e nelle stesse famiglie , ma sibbene che sieno divise fra tut- te le classi del popolo, per potersi la ricchezza span- dere ed accrescere. Queste sono massime di piena e indubitata ragione: e se non si adottano almeno da que' popoli , che non hanno altri mezzi d'in- dustria , ne nasce , come nascer vergiamo , che ogni aumento di popolazione è morte ad uno stato , poi- i43 S e I E N z a che non fa che raddoppiare le sue calaraitadi , non avendo maniere d'impiegare e di alimentare i cit- tadini. Oh infelice condizione di quelle genti , cui reca danno TaGcrescimento dei figli ! Laonde si do- vrebbe sapere, che la terra e una madre che rispon- de generosa a coloro i quali l'amano e l'accarez- zano : eh' ella non abbandona nessuno di que* che la coltivano : e che non fa mai buttare invano le cure che le si prestano. Dalle quali cose dee sor- ger poscia il bisogno di una società agronomica , che discutendo sullo stato dei terreni , sulle dot- trine che regnano , e su i pregiudizi che guidano gli uomini in obbietto sì grande, indirizzi le menti alla vera filosofia della scienza , e facendo rifiorire l'agricoltura sollevi le comuni miserie. Oh possano dunque i siciliani imitare i bravi uomini , che han mosso le nostre parole , e che intendendo con tanta sapienza e con tanto zelo a migliorare le loro terre, ed a promuovere l'agraria industria, non hanno in mira che il bene pubblico e la civiltà italiana ! Ferdinando MALVicAr Della clorosi. Commentario di Carlo Speranza , già J. li. medico provinciale nel regno lombardo-ve- neto , professore di terapia 'speciale e di clinica interna nella ducale università di Parma , me- dico consulente di corte , socio ec ec. ec. Mi' lano , 1828. J À egregio clinico di Parma , che per la retta or- dinanza, per la somma perspicacia e per la profonda Della clorosi i43 dottrina con cui è uso a maneggiare i mftlici ar- gomenti , Ila dischiuso a se stesso una via alla di- stinzione , imprende nel presente opuscolo a trat- tare della clorosi. Nello investigare ch'egli fa le ca- gioni di questa forma moibosa , nel cavarne le illa- zioni per istatuirne la pii!i verisimigliante condizio- ne patologica , nella disquisizione accurata erudita e rispettosa degli altrui divisaraentl , e nella parte terapeutica infine che rettificata ci viene , troviamo per verità una congerie di speculazioni utilissime a chiunque andar non voglia digiuno di ciò che co- stituisce il pregio dei sodi incrementi della medica scienza. L'imperfezione , in cui si era l'argomento per l'opera non compiuta dei medici delle età fug- gite, trasse il N. A. ad assumere si prezioso lavoro in cui confortossi specialmeale per la brama di cor- rispondere air onorevole invito dei benemeriti edi- tori milanesi , i quali nel riprodurre un' opera de- stinata a rappresentare lo stato delle mediche scien- ze compilato da uno scelto numero d'illustri me- dici francesi, ebbero in pensiero di arricchirla di un italiano appendice. Neil' accennare per lo pili a ragion di brevità i soli, titoli discussi neir operetta, trasceglier' mo alcuni articoli a compendiare. Si occupa primamen- te il N. A. della denominazione della malattia^ in- cominciando dal divin vecchio di Coo fino ai nostri giorni , e rintraccia le notizie storiche della cloroù fin nei greci monumenti ed in tutt'i secoli da quell' epoca decorsi : nella quale istorica descrizione chia- ro apparisce l'erramento degli scrittori nel non aver penetrato la vera condizione patologica di essa, neU' averne confuso i fenomeni essenziali coi sintomati- ci , nel non aver distinto gli organi primitivamente interessali , e neli' aver omesso di separare gli ef-? i44 Scienze fetti immediati delle cagioni morbose. Esposta dap- poi la divisione della clorosi ritenuta dai varj scrit- tori, s'inoltra nella descrizione della medesima, alla genesi della quale ( siccome addiviene presso che in tutte le malattie croniche ) diversi elementi concor- rono : donde sorge una marcata varietà di sintomi , quantunque una gran parte di essi , lungi dell' ap- partenere alla vera forma morbosa , o effetto sono di simpatica relazione, ovvero immediata conseguen- za del morbo. Nello sconcerto di qualche funzione o parte organica (a) ragion vuole che si rintracci la prima manifestazione della clorosi , in onta alle somme difTicoltà , che in ciò pur ofFie la malattia al pari di tutte le altre croniche affezioni. A tal nopo , premessi i fenomeni portali dal temperamento lin- fanco, melanconico, e dalla individuale disposizione, per cui sorge nelle vergini minacciate all'epocE^ del- (a) Trascrii^eremo (jui con piacere una nota , che il prof. Speranza in tale incori ti'o ne a^s;iiinge {pag. 19). „ Deve riuscire soddisfacente ai medici italiani, e spe- „ cialniente ai seguaci del particolarismo , in sentire che „ la dotti ina hiifaliniana ha già oltrepassato i mari , „ e piantata sede in Dublino col mezzo di Wallace. Que- ,, sti dichiara , che tutte le infermità sono subordinate „ ad un alteramento nel misto organico ; che non è pos- „ sd)ile alcun cangiamento di funzione non preceduto da „ un corrispondente alteramento nelV organismo; che non „ si può dare modificazione di tessuto , cui non debba „ necessariamente seguire qualche mutamento di funzio- „ ne ; e chh essendo la funzione un risultato delV or- ^, ganizzazione y tutte le malattie delle funzioni devono ,, scaturire da alteramento delV organismo, „ ( Pathol. inquir. Wdl. TVallace. ) Della cLonosi i/|5 la pubertà dalla clorosi una particolare irritabilità, lina iriespriniibile ripiii^iianza al moto, uua (leJ)olez- za universale, ci fa conoscere l'A., che se ne a])pa- lesano negli organi gastrici le prime traccie mor- bose , siccome ne fan fede i fenomeni di viziato ap- petito distinto col nome di malacia , e gli sconcerti del canale enterico che a quelli del ventricolo sus- sieguono. Neil' anda^iento istorico della morbosa fe- nomenologia ci descrivo l'altoata colorazion» della cute in vario aspetto, ma por Io più in pallido-ver- dastro ; lo stato d'inerzia del sistema muscolare e del vascolare, coi varj eìletli clie ne promanano ; la parte che in mezzo a tali disordini vi prende an- cor l'utero , e quindi l'organo del respiro , non che il centrale della circolazione , siccome col perverti- mento delle funzioni loro ci viene annunziata. Sta- bilitasi per lai modo la vera forma della clorosi ,, progredisce questa lentamente turbando ed alteran- do le funzioni di pressoché tutt'i sistemi ; con mar- calissime anomalie si presenta pure il carattere mo- rale ; la febbre da principio o nulla o raitissima : fattasi incessante com|ir\gna del morbo , diviene una lenta consuntiva; destansi negli organi e nei tessuti flogofli risipelatose parziali e prossime a passare in gangrena ; prevalendo la sierosità, e tolto l'equili- brio fra il sistema esatlante ed assorbente , si forma- no effusioni sierose nelle cavità del capo, del petto, nel sacco del cuore , nel ventre , che pongono un diverso ma egualmente tragico fine a sj penosa esi- stenza. Analoghe altresì alle finqui esposte sono le conseguenze , che nella clorosi secondaria si determi- nano , in quella cioè , che prodotta dall' amenorrea , senza esserne sintoma , come pretende Pine! , mani- festasi in qualunque epoca e .stato della donna non ancor giunta all'età critica, ma più comunemente nella G.à.TXLIlI. 10 i4^ Scienze gioventù e nello slato adulto , e presso le donne an- cora, che per lo innanzi godevano di florida salute, robuste e ben nutrite , siccome non isfnggì $lla pe- netrazione del vecchio di Coo. Non è infrequente ( ed eccoci ad un cenno del- le sezioni cadaveriche ) di rilevare in questa specie di clorosi dopo la morte tracce di lenta flogosi nel!' utero, dipendente da un preceduto stato d'irritazio- ne destatasi sul medesimo , d'onde venne l'amenor- rea e la clorosi. Che se progredisca sotto lento cor- so il morbo , riscontransi pressoché le stesse altera- zioni patologiche quali morbose successioni nello sta- to di morte siccome nella idiopatica. Pii^i comune- mente osservansi ostruzioni nei visceri addominali , con alterazione ed ingrandimento specialmente della milza ; effusioni sierose nella cavita del cranio , nel sacco del cuore , e nel ventre. Pocliissimo . a dir ve- ro , sonosi occupali i medici delle sezioni cadaveri- che di femmine morte per clorosi , specialmente idio- patica. Spiegato con sagace intendimento il modo d'in- fluenza delle varie cogio/ii per le quali si svilup- pa la clorosi , rivolge le sue profonde meditazio- ni il N. A. alla condizione patologica , in cui deb- Le riporsi l'essenza moibosa di essa. Dopo un ra- pido sguardo istorico alle promulgate opinioni dei diversi scrittori , ne accenna in pari tempo le ine- sattezze , non escluso il divisamento dei bruno-ri- formati , ed invita a partire dalla contemplazione del disequilibrio di vitalità , in cui trovasi l'utero re- lativamente agli altri organi , e dalla contemplazio- ne degli effetti che ne risultano sul generale sistema , .se penetrar vogliasi la condizion patologica di tal morbosa afìfezione. Tenendo perciò egli ai cangiamen- ti che avvengono ali' epoca della pu})crtk iislessa su- / Della clorosi 1/^7 gli organi della generazione e specialmente snll' ute- ro , trovasi guidato a pronunziare con molta veri- simiglianza , che la condizion patologica della clorosi consista nel disequilibrio ora indicato, e nella innal- zata venosita in relazione all' arleriosità depressa , da cui sorge nel primo caso un antagonismo di azio- ne fra l'utero istesso ed il ventricolo e la circola- zione , e nel secondo un desequiliLrio fra il sangue venoso ed arterioso , con prevalente antagonismo di quello sopra questo. A luminosa conferma dell' asserto istituisce il N. A. un acutissimo esame dei cangiamenti che av- vengono neir epoca della pubertà , degli effetti che ne risultano , e dei poteri della pubertà medesima. E qui, a scanzo di prolissità, osserveremo unicamen- te , che all' epoca indicata la concentrazione dei po- teri vitali suir utero della giovane donzella si ^a a spese dell' organo gastrico e del sistema vascolare sanguigno : e che per questa prevalente concentra- zione sviluppasi neir organo gastrico una maggior sen- sibilità con difetto di riazione, per cui, a giudizio di Testa, si rende più atto a sentire le simpatiche ir- ritazioni , che l'utero, quand'anche passivo, eserci- ta sul medesimo sino al punto di costituire in esso una specie di centro morboso. Nel sistema vascolare poi languendo la circolazione, prevale il sistema ve- noso sopra l'arterioso , per cui si elabora un san- gue meno attivo , meno nutriente , scarso di ossige- no. In tal m.odo al disequilibrio di vitalità nell' ute- ro , in rapporto agli altri organi , unendosi la in- nalzata venosita , sorgono gli elementi della condi- zione patologica della clorosi. Che poi in modo an- cor significante influir debba sugli altri organi e fun- zioni colesta innalzata veoosila , lx!n può ravvisar- si in quanto che occupa un sistema sparso nell' or- i48 Scienze gaaismo intero e posto a contatto con ciascun orga-» no e con ogni funzione. Dipende però dai contatti pili o meno mediati che legano gli organi , e dall' at- titudine o suscettività morbosa propria a ciaschedu- na di essi, il vedere che tale azione si esercita piutto- sto sovra di uno che sovra un altro dei medesimi. Or da queste e da altre per noi ommesse consi- derazioni sembrerebbe discendere l'argomentazione di far consistere la clorosi , specialmente idiopatica, in una lenta flebite; ma il N. A. non vi consente, si per-, che questa non basterebbe per se sola a costituire l'essenza di quella , sì ancora perche le necroscopie non presentano alterazioni morbose consenzienti coi fe-i nomeni della pregressa malattia , ed esclusive alla idea di complicazione o di effetto : lo che suole con tan- ta facilita avvenire nelle croniche morbosità. Nella clorosi secondaria altresì , prodotta cioè da mestrua soppressione , giustamente rileva , che uguale risultar ne debba la condizione patologica ; che non è già la stessa essenza morbosa dell' amenorreo , che genera la clorosi secondaria; e clie molto meno incolpar si dove lo stato originariamente morboso dell' utero, ma bensì gli effetti della mestrua soppressione in con- corso ancora del temperamento e di tante altre po^ tenze nocive, che alla genesi della malattia contribui- scono. Ascoltiamone TA. medesimo. „ Egli ^ innega- „ bile , che anche in questo caso si concentrano i „ poteri vitali sull' utero all' oggelto di determinar- „ vi una maggiore quantità di sangue , e di promuo- „ vere la salutare evacuazione: come rendesi altretlan- „ lo certo , che dalla mancanza di questa soffrono „ per anlagoni'>no il ventricolo e la circolazione. Da „ simile principio nato il disequilibrio di vitalità fra „ l'utero in rapporto agli altri organi o sintomi , ,^ 0 ris^^ntito specialmente sul vascolare sanguigno e Deìla clorosi i^h V» sul gastro-enterico , sor^e uno rlr-gli elomcnli dol- „ la patologica condizione. E siccome il primo eflfet- ,,, to della menstruazione soppressa consiste , a giu- „ dizio di Pucheìt , nelT innalzare la venosita , i cui „ risultati chiaramente riscontransi nell'alterato pro- „ cesso della sanguificazione , cosi risulta da quello ^, e da questa la condizione patologica della clorosi „ secondaria interessante essa pure il sistema veno- „ so. Solo elle in dipendenza della qualità del teni- „ peramento individuale delle cagioni più o meno „ determinate ed agenti sulT utero , della irritazio- „ ne su questo hiantenutà e proseguita , malgrado ,, ancora il difetto di riazioiìe in cui ritrovasi , ve- „ diamo associarsi una morbosa condizione , cioè ^, una lenta irritazione sull'utero stesso, eraprire di „ passare allo stato di cronica flogosi , ed a lungo „ ancora sostenersi senza costituire per altro , come „ taluni hanno preteso , la vera essenza morbosa. „ La considerazione istessa delle cause e dei feno- meni principali , legati colla forma e colla condizione Jìatologica dtflla clorosi, conduce a risguardare sotto duplice aspetto la natura di questa , cioè locale e d'ir- ritaziorie in quanto agli effetti della pubertà sugli or- gani sessuali ed alla relazione simpatica sul ventri- dolo; generale poi ed astenica in rapporto all' uni- versale. Quindi sotto qualsiasi forma risguardar vo- gliasi la clorosi , è dessa un' affezione orpanico-di- namica-materiale composta da lesione del solido con vizio dei fluidi , o sia con ])articolare mutamento del- lo stato materiale del corpo vivo. Siccome però nel!' azione reciproca dei solidi e dei fluidi consiste il se- gi'eto della vita , cosi rimane sempre incerto in qua- le dei sistemi si effettui il primitivo processo mor- boso. In mezzo per altro alle ragioni , per le quali sorge non ispregevole argomento di riporre la cloro* i5o Scienze si fra le afTezioni del sistema venoso , lungi per le cose abbondevolmente notate dal rìsguardare la clo- rosi per un' arlerite diffusa , confessa il N. A. non avere ancora bastanti prove onde collocarla nella clas- se delle flemmasie del sistema venoso. Poiché molto manca al patologo per assicurare , che nella flogosi soltanto consista l'essenza del morbo, e per dedurre da essa il vero posto nosologico^ In grazia della esterna" forma della clorosi idio- patica , non che dei fenomeni interessanti i diversi oigani e tessuti, non è possibile confondere la mede- sima colle analoghe affezioni. Viene tuttociò discusso con sommo accorgimento onde istituire una retta dia' gnosi , ed eguale impegno usa il N. A. nel discorrer- la intorno alla prognosi. Discende quindi alla cura , con cui pon termine al prezioso commentario , del quale favelliamo. Costituisce questo paragrafo la par- te più interessante del lavoro , ed in esso si spie- gano tulle le vedute relative alle idee superiormen- te i7Ìluppate intorno alla condizione patologica. Qui si e'araina il duplice aspetto che offre la cura della clorosi , il preservativo cioè ed il radicativo ; qui rammentasi la felicita maggiore della medicina si nel prevenire s\ nel curare i morbi: qui e dove discus- si vengono i principi tutti d'igiene che rapporto ser- bano coir argomento ; qui e dove , allorché manife- stata siasi la forma clorotica , richiamaiisi a mente le principali indicazioni dei morbi cronici , che si deb- bono scrupolosamente soddisfare; qui è dove colle ba- si di queste pratiche e savie regole avvertesi alla dif- ficolta di ben riuscire nella cura delle croniche alFe- zioni , mentre è quasi impossibile conseguirne buon esito per la sola azione di riraedj stimolanti o con- trostimolanti ; qui e dove in vece s'invita a prende- re di mira le veraci indicazioui per una vasta e bea Della clorosi ì5i ordinata terapia , cioè „ di scemare , quando re.il- „ mente esita , la reazione arteriosa , di toj^Iicre la „ irritazione esistente sull' organo gastrico , col ri- „ stabilire la di lui funzione: di sciogliere gì' ingor- „ ghi , le congestioni abdominali e le morbose succes- „ sioni ; di rimettere l'equilibrio di vitalità frJi l'ute- „ ro e gli altri organi : di rendere al sangue quel „ principio e queir attivila d'i cui è mancante , e di „ riparare finalmente alia debolezza assoluta di tut- „ to il sistema : „ qui è dove con robuste ragioni , autorità , ed esperienze di pratici insigni si riprova il salasso , o se ne limita l'esecuzione in donne ro- buste e ben nutrite , e sotto una condizione mor- bosa ipcrstenica ; s'insegna con buon senno a diri- gere all'organo gastrico i primi mezzi terapeutici da scegliersi a norma dello stato in cui si presentano i fenomeni o di simpatica o di reale irritazione , o di lenta condizione flogistica del ventricolo ( sebbene as- sai rara ) o di aspetto decisamente nervoso ; s'incul- ca a rivolgersi dopo questo primo pas>?o allo stato de- gli organi addominali , a corabattertie specialmente le congestioni e gì' ingorghi con la scelta dei più ac- conci rimedj , e col precetto salutevole di cangiar- li secondo che le circostanze lo esigano ; qui è do- ve s'insiste , perchè abbiasi peculiare considerazione al ferro onde rimuovere i cronici infarcimenti lieno- si ed epatici , e perchè in esso farmaco ripongasi tut- ta la piena fiducia di vedere ripristinato l'equilibrio di vitalità fra l'utero e gli altri organi , migliorato ad un tempo il processo della chilosi e della ema- tosi , donde recasi al balsamo vitale l'energia e la densità di cui è mancante , e ne conseguita l'attitu- dine dell'utero medesimo e l'esercizio della propria funzione. L'azione salutare di quel farmaco venne dai pratici di tutte l'età dipinta con vario teoretico di- visamento : ma il N. A. nella erudizione isterica se* condo il solito dimostrala ritiene vanissima con Bu- falini , e superiore affatto alle nostre facoltà, la ricer- ca di spiegare il modo di agire del ferro suU' oiga- nismo. Uiconosce egli nel medesimo un'azione propria e specifica che consiste nel cangiare a poco a poco la tensione e la elastici tk delle parti solide , e nell' accrescere la densitk e l'energia del sangue. Avverte per altro , che a conseguire per esso un salutare e costante efietto , conviensi adoperarlo dopo aver com- piuta la cura preparatoria verso il ventricolo e i vi*- sceri addominali , di amministrarlo con moderazione ed a lungo , e di presceglierne quella forma che dal- la circostanza verrà suggerita piiì tollerabile e proli*- cua. Varie altre preziose avvertenze sono ivi aggiun- te a compimento della terapia della clorosi , che per brevità omettiamo, rimettendo i nostri lettori alla ori- ginale lettura di questo aureo commentario s\ dovi- zioso di sode dottrine e di pratici precetti. TONELLI. Osservazioni sulla preparazione della pomata (Cidrojodato di potassa. XSl vendo avuto occasione piiì volte di preparare la pomata d'idrojodato di potassa , e non avendola ot- tenuta ogni volta del suo colore giallo, benché ado- perato abbia sempre i'istesso idrojodato neutro , mi fece sospettare , che dallo stato in cui si trovano i grassi , potesse dipendere un tale fenomeno , e non già dallo stalo neutro o alcalino doli' idrojodato » eome comunemente si crede, h. tale effetto ho àit Pomata d'idrojodato di potassa i53 téttamente fatto delle miscele d'idrojodato neutro , :col grasso più o meno recente , sempre nelle mede- sime proporzioni : e costantemente ho osservato , che col grasso, che chiaro faceva sentire l'odore che di- cosi rancido , si sviluppava al momento il colore giallo , quandoché col grasso recentemente preparato non appariva afflitto un tale cambiamento. Lasciala però questa miscela al contatto dell'aria, cominciò a prendere , dopo qualche tempo, un colore che ap- pena tendeva al giallo , nia che si fece più carico di giorno in giorno. Ho voluto provare se coli' idro- jodalo alcalino il grasso si comportasse diversamen- te : ma mi ha presentato effetti eguali all'idrojoda- •to neutro. Sembra per conseguenica , che da questi fatti si possa concludere , che il color giallo , che acquistano i grassi allorché vengono uniti alFidro- jodato di potassa, non dipenda dal diverso stato neu- tro o alcalino di questo , ma bensì dallo slato in cai si trovano i grassi, vale a dire, pii!i o meno os- sigenati. E tanto ciò h vero , in quanto che il co- lore giallo si vede farsi sernpre più intenso , allor- ché la miscela si lascia al contatto dell' aria. Non sarebbe probabile che l'ossigeno , che il grasso, assorbe dall' atmosfera , reagisse suH' idro- geno dell' idrojodato , e cosi restasse a nudo un po- co di jodo ? Qualche avvalora quest' ipotesi è, che mescolata al grasso la più piccola quantità di jodo , acquista al momento un colore giallo più o meno intenso , in ragioue della quantità di jodo adoperato. Vmctwzo Latim. i5i Sassio dell' istituto clinico romano di medicina estcr- na , esposto da Giuseppe Sisco p. prof, ec XII XIII XI F anno scolastico : 182-7-28-39. lìoma nella stamperia di Simone Mercuri e/iglio 1829. K el triennio clinico , di cui passiamo a far men- 2Ìone , si limita il celebratissimo professor Sisco a ri- ferire alcune malattie non molto comuni , fra le qua- li singolarmente meritano venir ricordate l'estirpazio- ne di un voluminoso lipon)a : l'abuso che si fa della castrazione in alcune morbosità che mentiscono un carcinoma del testicolo ; e la sanazione di un aneu- risma spurio in virttì della compressione alla parte su- periore dell' arteria ad oggetto di moderare l'impul- so del sangue nella lesione del vase. E per dire al- cun che della prima operazione , il lipoma dell' in- fermo ricevuto in clinica , e clie scorgesi nell' an- nessa tavola delinealo , presentò un volume realmen- te considerevole , occupando tutta la regione iliaca sinistra , l'ipocondrio , e porzione della regione om- Lellicale e della lombare. Venne il tumore felicemen- te estirpato , e la sostanza che in essa contenevasi era in parte dura come scirrosa , in parte come adi- posa , ed entro vi erano delle glandole di un colo- re biancastro simile alla intera sostanza. La massa com- ponente la materia ascendeva al peso di 18 libbre. Taceremo poi l'osservazione di un meliceride so- pra la rotola del ginocchio destro , che si trattò col taglio longitudinale in tutta la sua estensione , don- de usci gran copia di sostanza pel colore e per la fluidità simile al mele. Taceremo le sei osservazio- Istituto clinico romano i55 ni di litotomia coi metodo laterale eseguita , e tut- te coronate da esilo felice nell' uno e nell' altro sesso. Taceremo l'osservazione di un muratore rista- hìlito in salute nel periodo di un mese per due feri- to , una neir occipite, larga cinque dita traverse eoa iscopertura dell'osso; l'altra nel parietale sinistro, la- cerata con frattura e depressione del sottoposto osso. A confermare d'altronde l'abuso della castazione si riportano alcune osservazioni , por le quali emer- ge , che alcune malattie credute cancerose e giudica- te degne di castrazione si sanano in oggi dalla chi- rurgia senza la dolorosa demolizione. GÌ' individui , che vengono il più delle volte impropriamente con- sigliati a siffatta operazione, portano sopra il testico- lo una sostanza carcinomatosa della grossezza di una noce , dolente , ineguale , esulcerata , gemente una materia non molto lodevole , ed alla sua Lase ha una durezza , che mentisce essere il testicolo la sede del- la malattia. IVlentre però con questi segni caratteristi- ci solevasi per lo passato intraprendere la castrazio- ne, il eh. prof. Sisco è di parere che questa morbosi- tà accada per una lenta infiammazione nella vagina- le del testicolo , che suppura , passa al dartosr , ed al tegumento dello scroto , donde nasce una esube- ranza , come fungosa, senza lesione del testicolo, il quale credesi offeso attesa la distensione e durezza del- la vaginale. Fiancheggiano le annesse osservazioni il divisamento dell'espertissimo A., poiché la recisione o la distruzione della escrescenza carcinamatosa preservò gì' infermi dalla demolizione del testicolo. Presentato- si infatti nella sala clinica per assoggettarsi alla ca- strazione il soggetto della prima istoria, venne la so- stanza carcinomatosa recisa nella sua base, si medicò la ferita con fili e compresse, e dappoi col nitrato di argento. Dopo i5 giorni parli sanato rinfcnno. Yen- l5G S e l E JC K E ne ristesso processo con egual evento praticato noli* individuo della seconda osservazione. Il soggetto del- la terza offriva una dura sostanza carcinomatosa con lutto il lato dello scroto duro e bernoccoluto. Atte- so il dolore , di cui querela vasi il paziente , si dovet- te primamente dirigere Ja cura a calmarlo mercè dell' applicazione dei cataplasmi ammollienti. Ridotta così la parte a minor sensibilità, gli si propose di reci- derla : al che non prestò il suo consenso. In luogo quindi del taglio si ebbe ricorso al caustico , appli- cando sulla parte il nitrato di argento ogni due gior- ni : e videsi dopo tre mési distrutta la sostanza , e guarito il paziente con la conservazione del testico- lo. Anche il soggetto della quarta osservazione avreb- be incontrato la medesima fortuna , se dopo la gua- rigione riportata, mercè della recisione della sostan- za carcinomatosa , sopraggiunta non fosse una grave infiammazione che rese inevitabile la perdita del te- sticolo. Giova altresì conoscere , come si conseguisse la sanazione dell'aneurisma spurio mercè della compres- sione. Comparve nell'individuo, òhe ne costituisce l'os- servazione , il tumore aneurismatico nel dì seguente alla incisione praticata da un flebotomo nell' arteria sottoposta alla vena basilica del braccio sinistro nel- la circostanza di eseguire un salasso. Ravvisatosi dal N. A. la presenza di un tumore aneurismatico spu- rio , si applicò una stecca con dei piumacciuoli , con- tenuta da una fasciatura discretamente compressiva , che comprendeva tutta la mano , fasciando anche le dita con piccole fascette per impedire il gonfiore ede* niatoso. Premessa così la fasciatura , qual si trova de- scritta dal Genga „ fu fatta utì.' emissione di sangue, „ gli fu data la digitale giornalmente , e posto in „ rigida dieta. Dopo alcuni giorni si applicò nelU Istituto clinico romano 137 „ parte superiore del braccio un compressore arcua- „ to per maggiormente frenare l'impulso del sangue ,, alia parte lesa , ed anche il penticello di J^ourde- „ lai sopra il tumore. Si rinnovava la fasciatura a „ misura che sj rallentava. Ad onta di questo rego- „ lamento, il tumore era sempre stazionario: se non „ che si apri la cute nel sito della incisione della ve- „ na , e per qualche giorno gemè un poco di siero „ sanguigno. Vedendosi clie la compressione non ap- „ portava alcun vantaggio , si opinava per l'allaccia- „ tura , se una febbre periodica che sopravvenne non „ l'avesse impedita. Gli accessi furono molti , al ter- „ minar dei quali , tenendo sempre la medesima fa- „ sciatura , il tumore sanguigno incominciò a dimi- „ nuire a gradi a gradi , finche si dissipò del tutto ; ,,, gli restò per qualche eiorno un poco d'impedimen- „ to nel moto che ritornò al suo pristino stato , e „ partì perfettamente sanato. ,, Leggesi in appresso l'operjizione felice di un labbro leporino causato da un' ulcera cancerosa, del che non faremo menzione : ed egualmente di volo accenneremo altre osservazioni che conseguitano di amputazioni dell' omero , dell' avantibraccio , della gamba , del dito pollice di un piede , e del mem- bro yirile. Notevole è il caiso che vi sussiegue di un* ernia congenita incarcerata da oltre cinque gior- ni in un uomo di 54 anni. In esso l'apertura de] tumore ernioso , che si tentò con la indicazione di fare un ano artificiale nel caso iii cui la cangrena fosse limitata all' intestino incarcerato , non fu co- ronata da prospero risultamento. Poiché si rinvenne cangrenato l'omento che involgeva l'intestino, e cau- grenato l'intestino non solo nella parte incarcerati^ , ma bensì in tutta la lungliezza del tubo ; cosicché dovette l'infermo soccombere. Parlasi dappoi della i58 Scienze cateratta : ed undici sono gì' individui , che vi si leggono operati con buon successo mercè del meto- do della estrazione già ampiamente esposto ne' pre- cedenti saggi clinici, ed ora nuovamente ripetuto ad istruzione degli allievi. Con questa misura ed uti- lità istruttiva per gli allievi medesimi viene nel pre- sente saggio minutamente ed accuratamente descritto il processo operativo e curativo delle singole malat- tie nella clinica trattate si avventurosamente. A compimento del suo lavoro offre il N. A. il quadro progressivo di tutti gì' infermi ricevuti nella clinica, col conto dell'indole delle loro morbosità e della terapia adoperatasi. Intorno alle quali cose sono degne di osservazione ed altamente commen- dabili la perizia ed opportunità nell' operare, la sem- plicit'a del trattamento curativo, e la precisione nel- le istoriche relazioui dei morbi , che formano un bel pregio della presente clinica collezione dell' esper- tissimo professore romano. ToNEtLI. Notizia intorno ad una donna erbivora. JL utt' i giornali di Francia , e qualclieduno d'Ita- lia, riferiscono la seguente istoria.,, La figlia di un „ agricoltore di Meret , dipartimento dell' Oise, ora „ di anni ao, è idiota. Quantunque attualmente vi- „ gorosa , tardivo ciò non ostante è stato il suo „ fisico sviluppo, non avendo camminato che all'età „ di tre anni. Non ha mai parlato , ed esprime i „ suoi bisogni ed i suoi desider] con grida , che Donna kubivora ìSq „ molto rassomigliano al grugnito. Non è sorda , „ obbedisce al comando , sembra assai docile , e „ quando viene contraddetta porta il suo furore con- „ tro di se stessa , e si sgrallìa la radice del naso. „ Trovandosi assisa o coricata, la sua lesta e le sue „ mani sono continuamente ih moto senza oggetto. „ Lacera macchinalmente tuttociò che le cade sotto le „ mani. La sua figura , bastantemente colorita , non „ ha alcuna espressione; il suo andamento è incerto „ come quello di coloro che sono tra veglia e son- „ no ; cammina volentieri sulle mani e sulle ginoc- „ chia , ed in quest' attitudine selvaggia fiuta , e ,, porta alla bocca tutto ciò che incontra. In tal ,, modo questa povera creatura ama di trovare i „ suoi alimenti , più tosto che riceverli , soddisfa- „ cendo ovunque ai bisogni della natura senza ver- „ gogna e senza precauzione. - Gli alimenti , che „ vengono da se preferiti , sono il trifoglio , la ce- „ drangola (medicago saliva), Tenagallide ; e dopo „ queste erbe, la carne cruda e le viscere degli ani- „ mali. Tutto ciò eh' è cotto, non le conviene: e „ non mangia del pane che quando non ha altro. „ Ella fa dell'erbe , che strappa, una specie di fa- „ stello , che mette tra i denti molari da un lato ,, della bocca, senza servirsi degl'incisivi, e che smi- „ nuxzola agitando le mascelle. Ama molto il vino , „ ma non beve come gli uomini. Abituala a disse- „ tarsi nei ruscelli , essa lambe e sorbisce i liquidi. „ La pubertà è stala tardiva , e si assicura eh' es- ,, sa non distingue i sessi. Questa disgraziata , ab- ,, bandonata in qualche modo dai suoi parenti , ]ia „ preso il gusto e Tandamento degli animali coi qua- „ li vive. Il padre assicura , che anche a me^za le- „ ga di distanza conosce la strada per ritornare a n casa. Air età di tre anni fu ravvisato il suo j:e- i6o Scienze „ nio per le crude viscere degli animali , nell' oc- „ casione che vennera gittate le interiora di un co- „ niglio nel cortili: delle quali essa s'impadron'i, di- „ sputandole ad un cane. Vivendo quasi continua- „ mente col bestiame nei prati , l'esempio e la fa- „ me le hanno imparato a nutrirsi di erhe. Ora essa „ sarà condotta alla Salpe'trie're „ . Sarebbe interessante il conoscere , quali svilup- pinsi in tal soggetto le facoltà intellettuali , quali gli appetiti , e se co* mezzi di educazione giunga in quest' epoca a quel grado di rafTmaniento , di cui un individuo civilizzato già gode. TONELLI. Ragiunamento sulla necessità (V istituire una scuota, di censura medica in osni università. I n due memorie lette nelle dive ultime tornate deli' accademia dei lincei dell' anno corrente , il chiariss. signor dottor Agostino Cappello provò con gravis- simo ragionare la necessaria istituzione di una scuo- la di censura medica in ogni università. Siccome ogni opera di quest'illustre e indefesso nostro collaboratore ha per obbjetto la reale utilità pubblica, noi lo abbia- mo sollecitato a pubblicare alcuji die del suo dotto lavoro in queste nostre carte. Egli ci ha cortesemen- te diretto la introduzione e conclusione delia sua prima memoria con quanto ivi si discorre inloruo al sistema del rinomato sig. Broussais. JNoi antici- piamo queste notizie acciò veggasi ove mira l'opera, salutare dell' autore , il quale ci assicura che sarà CKtfSURA MEDICA iCl fatta la medesima di pubblico diritto nell' anno pvos- simo futuro. ( / compilatori ) Abhorremus qiiidem ab omnibus theoriis hjpo- thetiùis , quae summe lubricam et saepe damnosam praxiki constituunt. Numqaam enim natura Intel" lectui t sed intellectum naturae srchiiciendiim esse SCimus, quuni crebro inexpertis ratio mentiatur (i). Sono più anni , o lincei , che io bramava di espor- vi essere maggiori i danni che i vantaggi arrecati dai novelli sistemi di medicina alla medica gioven- tù (2) ; quando occupazioni differenti e crudelissi- mo ostinato morbo m'impedirono di mostrarvi i miei pensamenti intorno a (jueslo importantissimo argo- mento (3) . In considerando poscia che valentno- (r) Hildehrand., Initia institutionimi cliìncarum pag. a i . (1) Osservazioni ideologiche e Alenior. ixtoriche voi. I pag. 3| Gìorn. arcadico tomo XXV HI pag. 989. (5) lo accennai altrove l'origine di questa malattia ( Meni, sulla idrofobia pag. 4o-4' nota , e Giorn. arcad, toni. XX parte li). Vuoisi ridire che ^ se indicibile gio- vamento ritrasse il nostro , ed indirettamente anche un convicino stato ( poiché ivi ancora erasi fortuitamente introdotta V infezione ) per la replicata repressione , e distruzione poscia , di contagiosissimo e desolantissimo morbo {antrace carhonoto sviluppato nel gennajo 181^, tosto repr-esso , si j-iprodusse per umana neqidzia ma , 'venne nuovamente circoscritto e distrutto ) mercè della fatale opera mìa avvenute , ne pfi-ovennero a me incr-e- dibili danni fisici e morali. Il morbo di cui ora si par- la , derivante essenzialmente dalla stessa cagione , sarà in questo giornale pubblicato nelle osser'vazioni pratiche di chimigia del signor chirurgo Bucci. G.A.T.XLIII. II iGa S e 1 K N X K mini il proposto obietto .svariatamente trattarono , che avveduti clinici , in ispezie di questa domi- nante , batterono la strada della osservazione e del- la esperienza; clie iiullostante appo molti , precipua- mente giovani medici , o prevalgono o non ispiac- ciono alcune seducenti dottrine desunte da osserva- zioni isolate o mal fatte, mi sovvenne un pensiero che in altro medico lavoro io vi palesai e pubbli- cai , quello., cioè della istituzione di censura medi- ca in ogni università (i). Che , se io mal non mi ap- pongo , nel riuscire essa assai proficua alla gioventù che dee percorrere la medica carriera , ne ridonde- rebbe alla travagliala umanità indicibile giovamento ; e la medicina , messa quasi a beffe per le giornaliere stravaganze e contraddittorie innovazioni , riprende- rebbe forse quel posto che conviensi ali* arte divi- na d'Ippocrate. Wè alcuno , io penso , crederà , che nel calcare le vestigie del vecchio di Coo , presuma io circoscrivere la scienza salutare a quella epoca , e nulla o poco valuti i progressi posteriori e che pon- no ancora farsi , di gran lunga però minori di quel- li che taluni hanno esagerato, o potrebbono immagi- nare. L'obbjelto , che io mi sono prefisso, mira ad av- vezzare di buon ora la gioventù medica a starsi guar- dinga dalle novità, mostrandole a dito quanto sia noce- vole nel clinico rs-^rcizio il dominio degli svariati e sva- rianti sistemi. Il perche commendevolissiraa io dice- va, anzi necessaria reputo , una scuola di medica cen- sura in ogni università. Fassi quindi manifesto la im- portanza gravissima mercè della quale il cattedratico seggio coperto fosse da chi , a noli talenti , riunisse (i) Riflessioni ulteriori sulla idrofobia pag. ao-22 , Giorn. arcadico tomo JiXXlII pag. 262-26.^. Censura miidica i63 molti anni di osservazione ; e la fama innoltr« tVo- ilesse d'imparziale osservatore , di clinico avvenliiVa- to e circospetto. La qual cosa nessuno meglio dell* areopago medico , di cui ogni capitale si onora , po- trebbe appositamente scernere , onde incaricato que- gli dai supremi governanti , facesse la interessantis- sima elezione. Per la hrcvitk del tempo che concede il nostro' istituto , non essendo bastevoli le due sessioni desti- nate al presente'mio lavoro per dilucidare quanto io mi sono proposto , fondato non meno sulla propria che sulla osservazione di piofondi pratici , presente- rovvi soltanto la bozza delle basi sopra le quali pog- gia il mio ragionamento. Con ampia estensione , con numerosi fatti ed opportuni confronti lo renderò po- scia di pubblica ragione (i). Gli elementi integranti della vera e proficua me- dicina scaturiscono dàlia esatta osservazione e molti- plicata esperienza e esse furono e saranno sempre il mezzo il più valevole della sua perfezione. Ma per una sventurata fatalità insorsero sovente ed. insorge- ranno novatori , che spregiando i salutari travagli de' sommi clinici , pretesero e pretenderanno di stabilire ì fondamenti della scienza in teorie che , manchevo- li di numerosi e ponderati fatti osservati nelle ma- lattie e nel modo di curarle , saranno sempre assur- de , limitate , ed astratte. La diversità ed il protei- forme andamento delle invalse novità in ispezie in (i) La (storica narrazione di alcune epicìeniiche co- stituzioni atmosferiche , quella di epidemie contagiose , e di gravi morbi endemici e sporadici con molte altre sto- rie cliniche^ rischiarate sovente colla n e crotomia, forma- no la raccolta , che farà seguito de' divisati ragionainenti. Il* " l64 S e I E M Z E questi ultimi tempi , ne porgono convincenlissima di» mostrazione; e malgrado della vicendevole loro distru- zione, ciascuna conta numeroso stuolo di seguaci, e non poche sono le umane vittime al favorito idolo sagrificate. Pur troppo quindi si avvera , die gì' in- trodotti errori , o novelli ne fanno sorgere , o dilTi- cilmente diloguansi ; e nelle scienze eziandio , come in ogni altra cosa , invincibile ostacolo spesso in- contrasi nella potenza dell'abitudine e della moda per separare il vero dal falso. Perciocché il professore da me divisato nello svolgere passo passo i sistemi che dominarono , o sono dominanti , ne deve appa- lesare le assurdità e contraddizioni. Ne oso io di pretendere , che se in mezzo a tanta scoria traUica talvolta alcun giojello , non sia questo mostrato ed abbellito di luminoso contorno. Ma lo scopo onde vantaggiare la umanità, è la retta istruzione alla gio- ventù medica , imprimendo fittamente nelle giovani- li menti, che prevenuti modi, fatti isolati, metafi- siche astrazioni , teorie alternativamente favoreggia' te per dominanti scienze , l'estensione eziandio con- ceduta ad alcuni principali fenomeni dell'animale eco- nomia, non sono adatto bastevoli al fondamento d'in- concusse dottrine mediche. L'assoluta importanza del- le medesime consiste nella piti perfetta cognizione di tutti gli slati morbosi, onde determinare apposita- mente le curative indicazioni. Il che non potrà mai conseguirsi coi principii generali , colle ipotetiche asserzioni, e con esclusive teorie fantasticamente im- maginate. Innanzi di procedere ne' modi pei quali debba- si istituire un'esatta cognizione de' mali , e dell'ap- propriato metodo di curarli , fa d'uopo che io dia sunto brevissimo dei più famigerati sistemi. Censlka mi>dica iG5 I più vasti imperii , ripRterò col col. Birtlifilfi- my non poriiio disputare alla piccola isola di Coo la oloria di avere prodotto l'uomo il più utile alla umanità : ed agli sguardi dei savj , i nomi dei più grandi conquisitatori si avviliranno in faccia a (luci- lo d'Ippocrate (i) Parto essenziale della teoria del controstimolo è la sedicente dottrina fisiologica del sig. Broussais ; e laddove se ne allontana , emette principi P^'^ erro- nei e stravaganti. Perciocché fa di mestieri discu- terla brevemente , pregandovi di raddoppiare l'at- tenzion vostra, onde giudichiate viemeglio quanta, debba essere la cura del professore nell' insinuare .alla studiosa gioventù la diffidenza intera , per non dir Tabbominio dogli esclusivi sistemi. La dimora del signor Broussais nell' alta Ita- lia ispirogli il gusto delle riformale dottrine brow- niane t e reduce in Francia, con manifestissimo pla- gio fondò il sistema suo. Ne creda taluno deriva- to questo mio giudicio da nazional gelosia ; dap- poiché gli stessi suoi concittadini , nel dar teste con- to dell' opera sua sopra la irritazione e la pazzia ( di cui non è qui luogo istituire opportuna disa- mina suir impudente materialismo di che tutta ri- donda quest'opera), lo rimproveravano come do- po aver tolti interi passi da Baglivi , non solo noi citasse, ma invece prodigasse elogi ad HofFmann fred- do imitatore dell' Ippocrate nostro (3). Perchè poi non si sospetti del plagio suo , affaticasi di mo- strare in detta opera, onde nessuno imagini di aver egli per guida sua Temisene , come se d'altronde (:) Viaggi di Anacarsi irti Grecia. (a) Bulletin des sciences medicales tom. XVI pcig. 387. i60 Scienze lutti non sapessero che tre almeno erano gli ele- menti del greco solici ista , due quelli del francese settatore di Brovvn , che sforzasi di ripotere sempre di non aver punto seguitato. Il che fassi per con- trario manifesto quando esso definisce , che l'azione degli agenti esterni sopra la proprietà di cui più o meno sono dotati i tessuti organici , è cagione à^ irritazione: parola che corrisponde precisamente all' eccitamento risultato degli esterni stiraoli sopra la passiva eccitabilitk dello scozzese : seguitando , che se sovverchia sia l'aziona degli 'esterni agenti, acuti mor- Li ne derivano : di debolezza , se negativa. Consuo- na poscia con Rasori quando tutto stimolando ve- de conseguirne sempre inflammatorii morbi , e scar- sissimi questi apparire di debolezza , per la raris- sima occasione di stimoli negativi. Aveva il cel. ar- chiatro di Parma pronunciato , che l'eccitabiìita era non solo diversa di quantità , ma particolarmente modificata dalla organizzazione di ciaschedun orga- no. Lo stesso concetto presso a poco racchiude Brous- sais nei diversi apparecchi organici irritabili in di- verso grado , ne uniforme in ogni sua parte l'azio- ne degli agenti esterni. Non risguarda il Broussais il morboso eccitamento come un semplice movimen- to , ma intende per quello squilibrarsi il corso ezian» dio degli umori, e poscia i processi assimilativi. Que- sto dettato ripetuto sovente da varii medici italia- ni , prima della comparsa di Brown , era stato pro- clamato dal Gallini nella consociazione dei moti vi- tali coi processi assimilativi. Secondo Brown prove- nivano le particolari flussioni dalla sua diatesi : il francese , sulle tracce della diffusione dei parziali mor- bosi eccitamenti di Tomraasini , e della condizione pa- tologica di Fanzago , opinava all' opposto dello scoz- zese derivando la dialesi dalla presenza delie conge- Censura medica iGj stiotii , sconvoi^iendosi le funzioni degli altri orga- ni in ragione delie diverse simpatie. Che se Toinniasini in onta dell' esaltato eccita- mento non vede negli atliatesici niorbi le congestio- ni anzidette , mai sempre contemplate ed ammesse dal Broussais ; perche ogni morbo è locale , e sem- pre o quasi sempre inflammatorio ; risulta esser que- sta opinione chiaramente improntata dal cel. Anto- nio Testa che ripeteva i mali da una sola parie , dove succedeva un umoral» aOlusso alla flogosi ana- logo. Le considerazioni sulla chimica vitale dell'au- tore veggonsi a larga jnano , prima de' suoi , spar- se negl'italiani scritti, Vien esso lodato da' suoi par- tigiani per aver promosso l'importante studio dei mor- bosi consensi. Ognutio fra voi che l'arte salutare professa , ebbesi mai sempre in vista quest' interes- sante punto patologico già cotanto inculcato dal no- stro sommo Baglivi. Nulla poi vi dico degli elogi prodigatigli per le sue rivulsioni e derivazioni , poi- ché è notissimo come in Francia e in Italia con mi- glior senno furono sempre da savii medici pratica- te ; e in questi ukimi tempi per la sua neuroste- nia dal Giannini bellamente illustrate. Cosicché se tolgasi a Broussais il merito di aver coltivato con fervore l'anatomia patologica , da cui trasse false con- seguenze , e già quella si luminosamente ampliata dal grande Morgagni , tutto fu dalle italiche scuole im- prontato e sulle basi sempre dell' eccitabili smo. Ag- giunsevi per verità il Broussais non poche teorie sue: ma, conforme vi accennerò, assai pui stravolte di quel- le predicale in Italia. Ne tutto vo io ora passarvi a rassegna , ma solo delle principali vi terrò discor- so. Primamente qual Vanhelmonzio novello quasi tutti i suoi locali morbi e le febbri tutte ripete egli dall' alteraraento dell' organo gastro-duodenale : e lG8 S 0 I E K Z E qualunque sconcerto manifestasi altrove , è sintonia o ciFetto della gastro-enterite semplice o complicata ; il che, a suo avviso, vien dall' autossia confermato. L'importanza somma del .sistema gastrico fu in tutti i tempi e da tutti i filosofi e medici avuta iu grandissima considerazione nello stato sano e morbo- so ; talché Bacone assomigliava lo stomaco a un pa- dre di famiglia , perche non vi ha sconcel-to in ca- sa di che quello non si risenta. Ma a nessun me-» dico venne mai il destro di stabilire il perno di tut- ta la patologia nell' infiammazione gastro-duodena- le , dalla quale la maggior parte dei morbi e le feb- bri tutte , secondo Broussais , hanno origine e sede. Un rigoroso esame , istituito sulla produzione della febbre desunto dalla osservazione e dai falli , tosto ci palesa che la febbre non solo può esistere in- dipendentemente da se , ma scorgersi eziandio dif- ferente in differenti stati nel corso degli acuti e cro- nici morbi. Esiste difatto la febbre indipendentemente dalle svariate generali e locali affezioni : predomina tal altra volta sopra gli elementi che concorrono al- la produzione di un morbo ; e s\ nella prima co- me nella seconda circostanza costituisce la febbre una semplice affezione essenziale , contro cui deve diri- gersi l'opportuno metodo di cura. Sintomatica osser- vasi frequentemente la medesima ; nel qual caso es- sendo effetto della sua cagione , non si ha in vista con una cura speciale ; dappoiché cede o moderasi colla appropriata cura diretta contro l'affezione es- senziale che la sostiene. Infinito è il numero delle febbri sintomatiche, infra le quali noveransi quel- le per infiammaraento di alcun viscere , come la ga- stro-enterite, la quale non gode la proprietà esclusi- va di suscitare la febbre, conforme divisa l'autore. La febbre finalmente l un salutare sforzo della na- CkwsUÌIA «EDICA. 1G9 tura , d'oixle produconsi salutevoli crisi. A tutti so- no conte le febbri depuratoiie degli antichi confer- mate da una pratica giornaliera. Rispetto poi alle broussessiane località, in ispe- zie di dette febbri , nessun medico da senno chia- merebbe il causone , la sinoca , la efemera malat- tie locali. Che anzi negli esantemi , la febbre alla loro comparsa e stadii susseguenti , o fassi mite , o del tutto scomparisce. Ne tampoco sognerebbesi chiamar locali i morbi sifilitico , scrofoloso ec. ; poi- ché se tali fossero, bastevol sarebbe la cura topica, la quale , come è noto , riesce infruttuosa, e tal fia- ta accresce la intensità del male. Dalle quali cose omerge apertamente, che le ma- lattie , generalmente parlando , sono affezioni di tut- ta l'economia animale , i cui effetti manifestansi nel- lo insieme della sua costituzione , 0 particolarmente in questo 0 in quelT altro organo. Ne la patologica anatomia , di cui io dissi aver meritato il sig. Brous- sais , h bastevole , come esso ha scritto , a basare un fondamento di patologia e di terapia. Non sempre sicuri sono i lumi tratti dalla necrotomia , in ispe- cie sopra alcuni visceri , come quelli ne' quali l'A. fissa l'esclusiva sede de' morbi febbrili ; alterabilissi- mo divenendo il canal digestivo dopo la morte , e di sovente per idiosincrasia , o per ingojate medele , o per la qualità del male. Innumerevoli esempii inol- tre potrei io addurvi di morbi avuti eziandio per in- flammatorii , e niun indizio di flogosi essersi nei vi- sceri rinvenuto , e vice versa. Basta scorrere le storie di Morgagni nostro per esserne assicurati. Un esem- pio, in fra tanti, parlante contr» la teoria dell'au- tore è quello di Hunter che rinvenne infiammalo il ventricolo di un uomo morto d'inedia , la quale è uno' dei rarissimi stimoli negativi del Broussais. L'ana- 170 Scienze toraia patologica diunjue sarà un elemento di più per rischiarare la natura dei mali. Nella pubblica- zione di questo mio lavoro avrò io largo campo di riportare varie necroscopie : che talvolta nessuna , tal altra ampia messe raccolsi per la diagnosi e cu- ra de' mali. Vuoisi ora di volo accennarvi che non poche frodolenti tracheiti dominarono in Tivoli nel!' inverno 181 1. Qualunque fosse stato il metodo di cura , dopo i tre di dileguavasi ogni flogistica ap- parenza, e libero ristabilivasi il passaggio dell'aria: invece con più 0 meno intensa nevrosi e meteorismo moriva l'infermo al quinto , settimo , e non più al di la del nono giorno. Ora , in onta degli endemi- ci inflammatorii morbi ivi generalmente ricorrenti in questa stagione, in onta degli apparenti flogistici sin- tomi , e della importanza grandissima del viscere , nessun indizio di flogosi fu quivi ed in verun altro viscere coli' autossia rinvenuto. Rari furono gì' infer- rai scampati dalla morte: e se ciò avvenne, fu per- loppiù, quando abbandonata ogni sanguigna deplezio- ne , praticaronsi eccoprotici da principio , e poscia le così dette cure rivellenti e più 0 meno corro- boranti. D'altronde oscure pneumoniti, dominanti pa- rimenti in Tivoli con genio sporadico nel marzo ed aprile 1816, mi divennero chiarissime mercè della istituita sezione cadaverica. Le stesse malattie colle medesime ingannevoli fasi , ma con epidemico ge- nio, desolavano talmente il comune di Paliano che risvegliò tutta la vigilanza del supremo governo ; per cui ordine io cola mi condussi , e quanto nelle larvate sporadiche tiburtine , tanto rilevai colla ne- crotomia nelle consimili epidemiche di Paliano. Per- lochè nel nmoversi ogni incusso timore di ronta- giesa propagazione, si ritrasse un più '"iciiro ed at- tivo metodo di cura. Ceusura midica 1/7 Ma per tornare in sentiero , la infiammazione perpetua del nostro autore variante soltanto di sede e d'intensità , merita a undipresso le riflessioni me- desime sulle febbri da ma indicate. Ogni medico di sagace accorgimento conosce che la flogosi può esse- re cagionata da cause sovente differentissime: il che è di qualche importanza nel clinico esercizio. E qui deve ricordarsi come il sig. Broussais , imitatore delle teorie del controstimolo , non abbia fondatamente una delle più interessanti dottrine de' neoterici abbraccia- to, intendo 10 dire i disordini di qualità. Ma il fran- cese sistematico rollo con più facilita concretare i suoi insegnamenti, senza uscire dal rivoltato dualismo di Browu , onde meglio affascinare l'inesperta gio- ventù. Quanto assurdo e dannevole sia l'opinare suo basti solo l'esempio del collocamento da esso fatto dei dolori articolari sifilitici , reumatici cronici , scro- folosi , scorbutici ec, nel novero delle più o meno ri- levanti artritiche infiammazioni da curarsi sempre col metodo antiflogistico , senza punto badare le era-- si de' rispettivi morbi. Nà io vi parlo dei delirio ma- niaco col frenitico uguagliato , ne della inveterata nevrosi ; mentre tutto è pel signor Broussais irrita- zione ( infiammazione ). Vi è assai nota la diversità del metodo di cura die richiede il delirio di un paz- zo da quello attaccato da una encefalitide; e mentre l'autore fa gettito di latice vitale nelle isteriche af- fezioni , ogni buon medico, generalmente parlando, le sana o le modera con metodo di cura diametral- mente opposto. La dottrina delle crisi cotanto spregiata da' no- vatori , ispiegala Broussais in novi e singolari mo- di. Tre sono le sue crisi succedentisi sempre per ir- ritazione ( flogosi ) o nei dotti escretorj , o nel si- ì'ji Scienze stema capillare , o fìtialrnente sopra un tessuto. Ciò elle poi è veramente notabile si è, clie la prediletta sua locale irritazione , onde avvenga la crisi , debbe farsi maggiore nel luogo dove questa succede, talmenteclic la pleuritide , per esempio , che termina per crisi nel- le vie orinarie , dovrebbe produrre la nefritide. Nul- la vi dico in fine del suo metodo di cura sempre atti- vissimo, distruggendo il lodevole, moderato, ed espet- tativo metodo curativo in numerosi casi giovevole. Quanto adunque sia perniciosa la sedicente dottri- na fisiologica , ognuno apertamente lo vede. Giova il ripeterlo, die le mediche teorie non ponno limitar- si a due o tre esclusivi elementi, ma la intera feno- menologia dell' animale economia va con giusto cri- terio e colla massima attenzione contemplata , onde scerhere pienamente le analogie ed approfondirne le difTerenze. Imperocché riandare la derivazione di tut- ti i vitali fenomeni da un isolato e passivo principio, dall' eccitabilità cioè che ha il corpo vivente stimo- lata dagli esterni agenti , ripeterò con un profondo patologo moderno, essere una gratuita e chinerica as- serzione. Non ispiegansi di vero con siffatto ragio- namento le analogie e differenze degli svariatissimi fenomeni dell' animale economia. Incompleto quindi ed assurdo considerarsi debbe il fisiologico edificio sopra queste basi innalzato. Consimile derivandone il patologico risultamento , ne segue la falsa appli- cazione de' medicamenti nella diversa natura de' mor- bi. Non potendosi difatto rendere minuto conto di tutti i fenomeni provenienti da un solo elemento , a cui sono tutti riferiti , ne consegue non potersi ridur- re i mali a due , e sia anche a tre lesioni dell' ecci- tabilità ; moltoraeno compiersi potranno le curative indicazioni eoa due o tre ge/ieri di rimedj. Per la Censura medica i^S fjual cosa , sr nocevoli sono tutti gli esclusivi siste« mi, nocevoiissimo diviene quello , di cui abbiamo te- nuto ora discorso .... Dal fin qui detto sugli esclusivi sistemi emer- ge , che con favorite ipotesi , e prevenuti ideamen- ti contemplossi il proposto objetto da un solo lato : d'onde risultarono inesatte e pericolose teorie. Im- perciocché una buona terapia è falsamente basata so- pra dottrine che tutti non comprenda i fatti di cui si compone Io stato morboso. Essendo quindi sojira ipoteliclie ed esclusive teorie basati gli enumerati si- stemi , ne segue che la terapeutica dai medesimi deri- vata non può satisfare a tutti gli svariati fenomeni, che ci presentano i morl)i. In vero l'uno, i due o tre moderni metodi ( desunti dallo slimolo , dal contro- stimolo , e dalla irritazione) non sono bastevoli alla soluzione di tutti i terapeutici problt;rai che offreci la clinica osservazione. Per raggiungere alla nrteglio la desiata meta , fa di mestieri che il medico contempli e porti i suoi sguardi con attentissimo giudicio e fino criterio sopra tutte le fasi morbose dalla sperienza av- verate , le quali esaminando ])artitamente , e poscia sinteticamente, gli porgeranno la idea la pii!i possibil- mente esatta nel metodo curativo. Vuoisi però esser ben sicuri delle varie indicazioni , de' varii meto- di curativi , àvWe diverse medele , e della svariata azione eziandio. Manifestamente quindi si vede non potersi affidare, merce di pochi o prevenuti fatti iso- lati , benché da gravi autori dettati , il trattamen- to curativo a due o tre indicazioni : conforme è as- surdo il ridurre i morbi a una , due o tre affezio- ni. Massima quindi debbe essere l'attenzione del pro- fessore neir ispiegare ed analizzare agli studiosi allie- vi le accennate riflessioni , onde rimanendone essi 174 S e I E M 2 K chiariti e convinti , guardinghi sempre stiano dalle no- vità, in ispezie nei primi anni del clinico esercizio (i). Chiudo l'odierno mio ragionamento ripetendo , che per un miglior ordinamento di patologia e di tera- pia debbono lutti i dati più certi e sanzionati rac- cogliersi , e rigettare tutti quelli che putiscono di esclusivo , di esagerato ed astratto. Con siffatto giudi* cioso ed imparziale accorgimento potrassi a mio av- viso avere la cognizione» se non sicurissima , la più certa o la più probabile almeno di tutti gli stati mor- bosi. I modi , onde io credo potersi conseguirli , si diranno nella ventura sessione. Osservazioni medico-legali sopra una mania ed una epilessia riconosciute simulaie. Memoria del dottor Orazio Maceroni letta nella pubblica adu- nanza deir accademia de' lincei il dì ì^ di set- tembre 18J9. R .icordo con piacere, valorosi accademici, di aver- vi altra volta parlato della vaccinazione , e dei mex- zi di renderla più comune e utile ; di quella istitu- zione benefica , che i fatti onora della medicina, ed il nome di lenner consacrerà alla gratitudine di tut- te le generezioni future. Questa semplice occupazione formava un tempo la mia compiacenza ed opportunità : alcuna non la- fi) Infine della seconda memoria è dimostrato che le lezioni , di cui qui si parla , debbono seguire gli ul- timi anni degli studii clinici. Sulla mxnia ed epilessia simulate i^S sciai fuggirne per raccomandarla a tutti col mas- simo calore. Ma sciolta appena la commissione cen- trale nel marzo 1834, piacque alla Provvidenza col- locarmi nel posto di medico fiscale del governo , ove Ot-cupazio!ii assai diverse dalla mia prediletta vacci- nazione , mi obbligarono a trattare non più con par- goletti innocenti, ma con deliquenti, rei d'ogni sor- la di delitti ; assassini , omicidiari , sicari , prodito- ri della patria , parricidi. Ecco la schiera d'indivi- dui co* quali mi vidi a contatto ; cosi che , depo- sto fin d'allora l'ago vaccinatore , che pur tante vit- time salvate aveva alla patria , mi fu invece depo- sitato nelle mani la tremenda bilancia della giusti- zia coir epigrafe N^c citrn nec altra. Qual vasto campo si aprisse alla diffìcil pale- stra di ben risolvere le questioni medico-legali , voi in gran parte lo rileverete , accademici dottissimi , dall' argomento che vado ad esporvi. La vera pazzia e la vera epilessia , come co- stituiscono l'uomo nello stato il più infelice ed il più compassionevole , cos'i , al dire di Zacchia , que- ste istesse malattie sono le più facili a simularsi e le più difficili a scoprirsi. Quindi non senza grave difilcolta si potrà portare esatto giudizio sullo sla- to della salate e delle facoltà intellettuali di coloro , che ad arte si propongono di fingere o l'una 0 l'al- tra delle suddette malattie. Affinchè neir esposizione de' fatti niuna circo- stanza sia preterita , e tutto vi sia noto nel suo vero aspetto , ho stimato cosa ben fatta farvi cono- scere prir^ia di tutto quanto si è ricavato dalle par- tite che s^no registrate nei libri della cancelleria. „ Tommaso Cardinali d'Ancona, dell'età di j5 anni , fu alli 3o di ottobre 1822 condotto alle car- ceri a disposizione del tiibunale militare. I^G S e I E M f E „ Alli 12 marzo iSaS fu dalle carceri trasferi- to alla casa de' pazzi. Alli i8 agosto 1823 lornò dai pazzi alle carceri. „ Alli 12 novembre 1823 fu nuovamente tra- sportato alla casa de' pazzi. ,, Alli 19 di detto mese tornò dai pazzi alle carceri. ,, Ecco quanto trovasi registrato nei libri della cancelleria, tutto fedelmente essendo stato trascritto. In mezzo a tanto contrasto di contrari giudi- zi fra i professori fiscali miei antecessori ed il sig. dottor Valentin! medico de' pazzi , fui circa la me- tk di aprile del 1824 incaricato dal sig. conte Ber- nardini cancelliere a rilasciare la solita relazione, cbe autorizza il medesimo a far trasportare alla ca- sa de' pazzi tutti que' detenuti , che mostrano di esser lesi nelle facoltà intellettuali. Relazione che rilasciai immediatamente: poiché a cagione delle stra- vaganze osservate nel primo esame fatto al Cardi- nali, lo giudicai di buona fede usci*) fuori del senno. Il tribunale però che dubitava con fondamen- to della simulazione , perchè conosceva quello eh' io ignorava , mi fece intendere di fare sopra il mede- simo pia lungo esperimento, e di veiificare con un maggior numero di prove e di osservazioni la ma- lattia , se vera o falsa si dovesse giudicare. Cos'i che dopo otto mesi di calma , essendo il Cardinali tornato nuovamente a fare il pazzo , mi vidi nell* obbligo di superare la malizia colla malizia : sen- za per altro trascurare quella cura fisico-morale , che nelle medesime carceri riuscì pur tanto proficua ad altro individuo , il quale senza delitto cadde miseramente in pazzia nel tempo stesso che si te- neva in osservazione Tommaso Cardinali. Sulla mania ed epilessia siMuLAtE lyy Le prime slraraganze commesse nel mese di di- cembre 1824 fiiroao quelle di strappare con impe- lo lo strapunto ; comandare ad alta voce l'evolu- zioni militari : gridare in francese ed in latino idio- ma ; prendere colle mani delle paglie, e far atto di percuoterle con tanta forza , come se atterrar vo- lesse e distruggere qualche mostro ; di che espri- meva in fine moltissima compiacenza. In questo stato non potendosi ritenere nel lo- cale di larga ove trovavasi, e a me interessando di ben conoscere la verità, lo feci, onde meglio osser- varlo , portare all' infermeria larga : e vestito con un sacco così detto di sicurezza , *|jpartenente alla ca- sa de' pazzi , fu posto in terra sopra di un mate- rasso, facendo raccogliere con esattezza , e registra- re ogni sua azione ed ogni suo detto. Assicurato così , per timore che non attentasse air altrui non che alla propria vita , si perdero- n& in questo modo e non si poterono osservare lutti quegli strani movimenti , i quali non sareb- bero andati disgiunti da tante forme di pazzie simu- late dal Cardinali. Questi, non potendosi muovere ne coi piedi ne colle mani , ora adiravasi fortemente , ed ora ride- va; ora stava mesto e cogitabondo , ora col tron- co e col capo faceva mill« contorcimenti. Il freddo , la fame , la sete erano pel Car-i dinali sensazioni affatto sconosciute. Benché il me- desimo declamasse ad alta voce per molte ore , pu- re , lungi dal mostrar bisogno di bere , non faceva che sputar continuamente. In una parola il Cardi- nali era sempre in delirio , ora furente , ora mesto , ed ora allegro. Come la percezione degli oggetti ^ l'immaginazione , la memoria si conoscevano nota- bilmente lese , così si vedeva sussistere in esso uaa G.1.T.X.LIII. J2 IijS S e I E N S K certa associazione d'idee : poiché nel fingere ruomo d'armata mostrava tanta abilita in questa qualifica , che nei discorsi sopra questo particolare non si ri- conosceva pili il pazzo che delirava, ma l'uomo che ragionava , e formava dei oiudizj. Mantenendosi per molti giorni in questo con- tegno , e vedendo frustranea la cura fisico-morale , volli tentare l'uso dell' oppio , giacche il furbo ri- cusava di bere il vino. Io sperava con questo far- maco di poterlo inebriare , e così sospendendo quel- la sua prudenza ricavarne la verità. Però ordinai allo speziale di portare all' ora della visita sei gra- ni d'oppio, che feci sciogliere in poca minestra, che mangiò volentieri. Lo visitai più volte nella gior- nata , ma non mi accorsi che desse il minimo se- gno di averne sentita l'azione , come se nemmeno avesse veduto o preso oppio di sorta alcuna. Pas- sati altri due giorni , accrebbi la dose , e la portai fino a otto grani, che parimenti feci in mia presen- za sciogliere nella minestra , e che il detenuto man- giò interamente. Tanto ero certo , che quest' ultima dose doves- se produrgli qualche effetto , che in prevenzione fe- ci altre prescriaioni, onde nel caso rimediare ai cat- tivi efìetti dell' oppio. Sperimentata però inutile an- che questa dose , io non volli azzardarne una terza piii forte , temendo forfdatamente di compromettere la vita del detenuto; ma mi determinai ad un' altra specie di tortura , che feci consistere in un regime di dieta pltre modo rigoroso , che il carcerato so- stenne per varj giorni con maravigliosa fortezza , senza punto sconcertarsi. Se le osservazioni fatte fin qui includono U ve- ra piazza , altre non poche l'escludono , o almeno ispirano dubbiezze tali da non potersi manifestare Sulla mania ed epilessia simulate 170 positivo giudizio; poiché il detenuto di cui si parla ad una testa regolare, di forma sferica, senza alcu- na diSormita nelle sue ossa , presentava ancora una flsonomia niente alterata neppure quando delirava furiosamente. 11 suo occhio era qualche volta tur- bato ; ma questo turbamento fu sempre di breve durata. Egli dormiva discretamente , ed il suo polso fu sempre giusto, e non mai convulso. Non poche vol- le fu veduto volgere lo sguardo furtivamente, e por- tare con attenzione l'orecchio ai discorsi che si fa- cevano : mai non si osservò accrescimento di calore e di rossezza nella sua pelle e nelle sue guancie,niai in fine alterazione nelle sue evacuazioni naturali. Raccolte tutte le accennate osservazioni , io mi de- cisi pili per la simulazione , che per la vera paz- zia : ma in un modo per altro da non istare tran- quillo. Tanto è vero , che nel dover manifestare al tribunale altro mio giudizio, io mi espressi, che in vista di tutte le surriferite osservazioni, la malattia del Cardinali doveva ritenersi più simulata che ve- ra; ma che trattandosi di quistione tanto delicata , e di causa capitale , io desiderava che il tribunale vi consultasse altri professori , piuttosto che stare alla mia relazione. Quantunque io avessi già manifestato al triibu- nale il mio giudizio sullo stato delle facoltà intel- lettuali di Tommaso Cardinali, pure non lasciai mai di osservarlo attentamente onde meglio conoscere la pura verità: di modo che, intermessa appena la sua pazzia, lo pregai di copiarmi un voto medico-legale: il che fece con molta esattezza. Ringraziatolo di un tal favore, lo interrogai della sua malattia per sape- re se di questa ricordava tutte le fasi , e da quanto tempo la soffriva, mostrando di prenderne un vivis- simo iuterusie. A tulle queste interrugazioui altro i8o S e I E N j; E non rispose, se iioa cIk^ di latito vn tanto oli veniva un fierissimo mal di capo, che lo faceva delirare, e che per questo delirio i medici lo avevano giudi- cato pazzo , ma che egli per altro non si ricordava cosa alcuna e non credeva assolutamente di esser pazzo. Questi ed altri discorsi ebbero luogo tra me ed il Cardinali , il quale mentre ancora conservava ad arte nel suo agibile un fare da mentecatto, tan- to nelle mosse, quanto nei discorsi, voleva nondimeno far credere che i medici male a proposito lo aves- sero dicliiarato pazzo. Con queste ed altre furbe- rie egli adornava i suoi discorsi, mirando unicamen- te a far dichiarare periodica la sua pazzia. Conoscendo però, che l'arte di ben risolvere simi- li questioni non consiste soltanto nelle cognizioni me* diche, ma ch'ella riceve lumi dalla filosofia, dalla pra- tica, e soprattutto da una certa malizia diretta uni- camente a scuoprire la verità, senza offendere la giu- stizia , di questa io mi serviva, non lasciandolo ri- posare un momento , incalzandolo sempre con nuovi interrogatorj , e con ogni sorta di argomenti. Cosi stando le cose , venne improvvisamente a sapersi , clie la malattia del Cardinali fu simulata e non vera; poiché avendo il medesimo altercato con altro detenuto , die nei giorni di rigorosa dieta lo aveva di notte tempo alimentato , questi mi diceva di star bene attento sulla malattia del medesimo , mentre costava ad es.^o per cosa certa essere non vera, ma simulata. Cosi per lo contrario trovandosi scoperto il Cardinali , e da me rimproverato , lun- gi dal negare la cosa , venne anzi a confermarla , credendo di poter nuocere al detenuto come com- plice dì azione de/ittuosa; e cos'i con questa dupli- ce spontanea confessione io restai tranquillo sul .se- condo giudizio avanzato al tnlnunle , e mi vidi Sulla mania ed epilkssia simulate i6r al tempo stesso esonerato dal fare ulteiiori ricer- che sulla vera malattia di Tommaso Cardinali. La conclusione pertanto delle osservazioni fatte sul detenuto medesimo portava , anche prima della sua confessione, il giudizio più di mania simulata , che di vera. E questo giudizio sarà, sempre vero, an- che in altri individui , sebbene giungessero a simu- lare tutte le forme possibili di pazzia, purché per altro si possano mettere insieme tutte quelle osser- vazioni da me raccolte ed accennate , le quali anche senza la confessione del reo basteranno per istabili- re la simulazione. Vedemmo, non ha guari , clie il Cardinali fu in- sensibile per ben due volte all' azione dell' oppio , dato la prima volta alla dose di sei grani , e la se- conda a quella di otto grani. Questa circostanza nella storia del medesimo , il quale mai non era stato assue* fatto a prender oppio , non poteva preterirsi, senza una qualciie riflessione medico-legale. L'ojjpio dive- nuto da gran tempo un rimedio tanto prezioso nella materia medica , e ehe tanti uomini instancabili tenne esercitati nelle sue ricerche, non è stato ancora quan- to basta messo in rapporto colla medicina-legale. Questo rimedio e veleno spesso ha dato luogo a non pochi falsi giudizj nel foro criminale. Altri lo ha propinato proditoriamente con animo di avvelena- re : chi lo ha dato in dose anche eccessiva senza ve- run effetto ; ed in fine il signor Monteggia lo con- siglia come un nuovo genere di artifìcio per cavare la verità da certi colpevoli in maniera assai piiì ra- gionevole e blanda di quello fosse l'antica tortura. Questo illustre scrittore, mentre teneva in osser- vazione un delinquente finto pazzo nelle carceri di Mi- lano, prima di dichiararlo veramente tale, volle spe- rimentare l'azione dell' oppio , che propinò al car- i8i Scienze cerato nella dose di sei grani alla volta. La prima dose non produsse alcun efifetto : cosi che dopo mol- ti giorni ne azzardò una seconda, e passate sei ore non vedendone ancora verun effetto, ne azzardò una terza. La mattina appresso alla propinazione dell'ul- tima dose non sì osservava nel detenuto la menoma novità ; ma verso sera egli si mostrava affannoso di tanto in tanto, e andava guardando spaventato le fine- stre dell' infermeria. Si coricò al solito , e verso un* ora dopo mezza notte si alzò dal letto assai affanno- so , dava alti sospiri , e finalmente proruppe escla- mando : Oh signore, io muoro ! Tutto questo ci fa sapere il signor Monteggia in una particolare ed interessante descrizione , la quale presenta con una certa chiarezza tutte le stra- ne mutazioni che ebbero luogo dal principio della si- mulazione fino allo scuoprimento della frode nel suo carcerato. Ma da questa bella ed interessante relazione che cosa mai viene a concludere? O il detenuto, egli di- ce , finse sempre la piazza , e trovandosi finalmente oppresso dall' azione dell' oppio credè inutile di piiì sostenere la sua finzione ; o fu veramente pazzo , e l'azione dell' oppio , avendo messo il sistema nervo- so in quello stato che precede la morte , portò in conseguenza la calma , e l'uso della ragione : preva- lendosi in questa asserzione dell' autorità di Zimmer- man , il quale nota che i pazzi spesso diventan tran- quilli poco avanti la morte. Fenomeno anche da me osservato in un detenuto reo di parricidio, il quale epilettico e maniaco com'era, essendo stato attaccato improvvisamente da gangrena secca tanto nelle coscie, quanto nelle gambe, e da sar- comi putridi in tutto il cavo della bocca , e ridot- to per queste malattie agli estremi della sua vita, in Sulla MAniii ed ephessia simulate i83 questa circostanza ricuperò noa solo quella ragione, che da tanto tempo aveva disgraziatamente perduta; ma durante queste mortali malatie, egli formava l'am^ mirazione di tutti per la sua bontà e rassegnazione, e spezialmente nel ricevere i santi sagramenti ; cal- ma per altro e bontà , che cessarono col cessar del- le malattie, mentre appena guarito di queste tornò di nuovo ad essere epiletico e maniaco, e così do- po questione concitala medico-legale fu trasportato finalmente alla casa de' pazzi (i). Riflettendo per tanto all'indifferenza (2) del Car- dinali nel tollerare senza cattivi effetti otto grani d'oppio somministratigli tutti in una volta , e ri- flettendo ancora alla tardanza colla quale questo ri- medio operò nel carcerato del signor Monteggia , io sarei di parere , che dopo questi due fatti e dopo altri ancora non meno interessanti di questi, si do- vesse in questa specie di venefìcio molto dubitare pri- ma di manifestare positivo giudizio. Io non entrerò nel dettaglio per farvi conoscere le diverse preparazioni dell'oppio, e le varie opinio- ni d'uomini sorami che furono d'accordo sugli ef- fetti di questo medicamento. Neppure voglio entrare (1) Di questa causa celebre , e drgli annedotì che tacoompagnarono , parlerò diffusamente in altra mia pro- duzione che quanto prima sarà fatta di pubblica ragione. (a) Che non può altrimenti spiegarsi , che ammet' tendo delle disposizioni di acidità nei sughi gastrici con- tenuti nello stomaco del Cardinali , il quale d" altron- de non tra stato mai assuefatto a prender oppio. Fe- nomeno che potrebbe osservarsi anche in altri individui, i quali si trovassero nella medesima disposizione di Tom- niaso Cardinali, nelle mire del fisco , che in questi casi può avere altre vedute assai diverse da quelle della medicina; ma mi limiterò soltanto a proporvi i seguenti quesiti. 1° Se sono fisse ed invariabili le dosi di questo veleno da cui dipende la morte degli uomini? a** Se siasi mai giunti a formare una tavola , in cui siano determinate queste dosi relative ai di- versi paesi, alle differenti etk , ai varj sessi, ed alle varie abitudini ? A questi quiisiti voi risponderete sicuramente , che una tal tavola non è o non sarà sempre che una chimera, quanto facile a concepirsi, altrettanto dif- ficile ad ottenersi. Le cause , dice u« profondo filosofo , si cono- ■cono dagli effetti : ma nel caso solo, che questi effetti non possano derivare se non da quella causa a cui vengono attribuiti. Posta questa inconcussa verità , voi ben vedete quanto mal si appongano coloro, che nelle questioni medico-legali poggiano sol tanto il loro giudizio e le loro conchiusioni sul fallacissimo argomento del post hoc , al propter hoc : giudizio che accresce tante volte i mali dell' uman genere in in luogo di minorarli , facendo spesso preponderare a danno dell' innocente la bilancia di Temi. A dimostrare sempre piiì la fallacia di questo argomento e a ben guardarsene , io citerò molto a proposito alcune osservazioni medico-legali. La prima delle quali è riferita dai signori Pria e Dagonet nella gazzetta di sanilk del aS novem- bre 1823, e consiste nelT avvenimento di due indi- vidui entrati in rissa : de' quali uno colpito al capo da una boccia cad.de tramortito sul suolo , ma ri- alzato nulla patì da vantaggio , mentre l'altro , senza ricever colpi, cadde del pari, ma restò privo di vita. Fatto lo sparo del cadavere si conobbe , che costui Sulla ìjiakia ed epilessia simulate i85 non èva morto per effetto di alcuna esterna yiolenza ricevuta stando in rissa, sibbene per congestione san- guigna al capo ed a'polmorii prodotta da sua particola- re disposizione , e promossa dalla collera e dal vino. Fingiamo , dicono i signori Pria e Dagonet , che colui , il quale mancò a' viventi per la conge- stione sanguigna al cervello , riportato avesse il colpo della boccia: quale influenza non avrebbe potuto ave- re tale accidente sul giudizio de' periti dell' arte sa- lutare ? A questo io non rispondo , lasciandone a voi stes- asi la decisione. Altre due sono mie proprie , ed han- no un rapporto più immediato coli' argomento di cui stiamo occupandoci. Ad un uomo di circa 3o anni fu data una quantità, d'oppio nella china, e l'ammalato nel giorno dopo ven- ne a morire. Fatta la sezione del cadavere, ed aper- to prima di tutto lo stomaco, fu questo viscere tro- vato ripieno di bevanda mista alia cliina eoa leg- gero odore virulento proprio dell' oppio , senza che il medesimo fosse menomamente alterato in tutte le sue parti. ponchi nella cavita del cranio e del petto tutto si trovasse nello stato naturale , e niun segno ester- no indicasse veneficio , pure il giudizio dei professo- ri , che assisterono alla sezione , fu di avvelenamen- to : e questo giudizio fu fondato soltanto sul falla- cissimo argomento del post hoc al propter hoc» Esaminate però meglio le cose, si venne a con- cludere , che una perniciosa , e non già l'oppio lo aveva tolto di vita. Cosi una ragazza di circa undici anni , solita a patire di coliche stomatiche , essendo stata sorpresa , improvvisamente da un fierissimo parosismo , i di i86 S e 1 K N Z K lei genitori corsero subito dallo speziale più vici- no, ove provvidero pochi grani d'oppio, che lo spe- ziale non doveva mai dare senza ricelta del medico. Questa ragazza essendo venuta a morire nella notte stessa , i medesimi genitori denunciarono questo fat- to, come un avvelenamento: e con questa preven- zione fu intimata dal tribunale la sezione del cada- vere, che eseguita con tutta diligenza fu riconosciu- to, che la morte accadde non già per l'azione de- leteria dell' oppio , ma sibbene per una antica rottu- ra allo stomaco» Dopo questi fatti, e molti altri che potrei ad- durvi , chi non vede che in simili casi il miglior partito sarebbe quello o di adottaro un saggio pirro- nismo, 0 di manifestare giudizio dubitativo , senza mai giurare per l'evidenza , ove si pot«sse dubitare; poi- ché con questo giudizio i giudici sapendo che in ■arnbiguis Dei judicio resermtur senteniia, si aster- rebbero , come pur tante volte è accaduto , dal pro- nunciare gravosa sentenza contro pretesi colpevoli , che se tali apparvero per un momento in faccia alle legge , fu solo per mal fondato giudizio dei pe- riti dell' arte salutare. Non basta dunque che si sappia che al tale fu dato dell' oppio , ne basta ancora che siansi tro- vate nello stomaco le vestigie di questo veleno , per ìstabilire un sicuro ed indubitato avvelenamento. Bi- sogna prima ripristinare il veleno e calcolarne la dose: e quand' anche tutto ciò siasi ottenuto, suben- trerà sempre il dubbio se la dose trovata fu l'unica e sola causa della morte , specialmente nel caso , che neir autopsia cadaverica niun' altro segno indicasse avvelenamento. Se merce di queste poche riflessioni medico-lega- li si ottenesse l'effetto che desidero, cioè di rendere Sulla mania bd bpilb8s«a simulate 187 più cauti i periti dcH' arte nel manifestare i loro pareri al tribunale , e se per questo mezzo un solo innocente venisse garantito dall' errore di un falso giudizio , e vi trovasse la propria salvezza , qual trionfo sarebbe per l'umanità ! qual prezzo per la società ! qual compiacenza per chi vi avvesse con- tribuito ! Ma lasciamo, gli episodj , e torniamo al Cardi- nali. Questo carcerato non mancava di talenti , e nella prodigiosa abitudine di simulare la pazzia bi- sogna dire che fu savio in mezzo ai pazzi , e finse il pazzo in mezzo ai savi , giacche diversamente non avrebbe potuto dar luogo a tanto contrasto di con- trari giudizi ì "^* scoperta finalmente la sua finzio- ne , fu condannato alla pena di morte, che la cle- menza sovrana commutò in quella della galera in vita. L'epilessia, altra malattia simulata da Cesare Ca- sini ex-militare e di cui brevemente andiamo ad oc- cuparci , fu in ogni tempo assai più facile a simu- larsi della pazzia : ma in un modo per altro , che degrada ed avvilisce l'umanità. Simularono, è vero, la pazzia un re Davide, il saggio Ulisse , Solone ateniese , e Giunio Bruto ; ma questi uomini sommi dell'antichità, distinti pel loro genio e per le loro virtù , usarono di que- sto mezzo , come il Cardinali , per sottrarsi dai pe- ricoli imminenti che loro sovrastavano. Ma il vede- re simulare per giuoco una delle più spaventevoli malattie da persone non solo idiote e volgari , ma ben anche da quelle di tenerissima età , non può soffrirsi senza raccapriccio ed orrore. A provare la verità della mia asserzione. Ira i moltissimi casi di epilessie simulate citerò soltan- to quello riferito da Sevages di una giovinetta di sett' anni , che fingeva tanto bene l'epilessia nell' i88 S e 1 E K I a ospedale di Mompellier , che alcuno non sospettò mai ne di simulazione, ne d'inganno:,, Puella septennis epilepsiam siinulabat tain apposite ^ ut nemo in nO" soGomio generali dolum suspicaretur. Interrogata num sentirei auram ex manu ad hiimerum , inde ad dorsum et femur , ea adnuit. Praescripsi usum verberum : quo audito , sanata est. Il carcerato , di cui si parla , pel numero de* parosismi epilettici simulati nelle carceri di Roma può annoverarsi sicuramente tra i piii bravi in que- sto genere di furberie. Quello die piiì avvalorava l'idea di vera epilessia, tanto presso gì' infermieri quanto presso i custodi delle carceri , era il vedere che in ogni parosismo il Casini riportava una qualche fe- rita più o meno leggera o alla testa o alla faccia. Uno di questi parosismi era sempre pronto tutte le volte che veniva esaminato , e specialmente quan- do il giudice stava per toccare un cerio tasto nei suoi costituti. In questo modo il suo processo non veniva mai a fine t e però l'eminentissimo Bernetti , allora governatore di Roma , ordinò che da ora in poi uno dei professori del governo si trovasse sem- pre presente all' esame di Casini per verificare se la malattia vera o falsa si dovesse giudicare. Tanto fu eseguito : ma in quel giorno non ca- pacitò al Casini di comparire epilettico , mentre nel giorno dopo, all' ora appunto della visita, fui pre- murosamente chiamato a vedere il Casini che trova- vasi assalito da spaventevole parosismo. Faccia gonfia e paonazza ; privazione de' sensi ; orribili contorcimenti ; zufolamento accompagnato da uscita di spuma dalla bocca; polsi irregolari; gettito di orina ; furono i sintomi che osservai nel Casini. In questo stato lo feci collocare sopra di un materas- so dirimpetto ad una finestra che più volte feci chiù- Sulla maria ed epilessia simulate 189 dere ed aprire all' improvviso, osservando attentamen- te i suoi occhi, che presentarono subito una dilata- zione e rinserramento notabile della pupilla , segno manifesto di simulazione. Non contento però di que- sto solo segno , ordinai ad un infermiere , in modo che sentisse il fìnto epilettico , di portarmi subito lina paletta infocata per applicargliela sul naso. Con questa semplice minaccia , che non avrei mandata mai ad effetto , venni a scoprire la frode: giacche nell' approssimare appena la suddetta paletta alla distanza di quattro dita dal naso, il furbo non solo tralasciò i suoi fìnti contorcimenti , ma fece atto di adden- sare il ferro rovente , mostrando cosi di non essere destiluto di sensi interni ed esterni , come appunto devono essere i veri epilettici. Anche questo carcerato , dopo scoperta la sua finzione , e dopo ultimato il suo processo , fu con- dannato alla pena meritata. Io vi ho esposto i fatti , valorosi accademici , con quell'ordine stesso e semplicità con. cui mi si presentarono , e mi lusingo ancora di avere scritto come la giustizia esigeva. E se nella causa del Car- dinali fu necessario un mio secondo giudizio, ho vo- luto con questo far conoscere che una falsa vergo- gna non deve mai impedire di ritrattarsi al biso- gno : poiché porto opinione , che l'uomo non si di- sonora giammai ritrattando un* ingiustizia cagionata da un errore, ma sì reputo disonorati coloro i qua- li per non dire,, abbiamo sbagliato,, compromettono la vita e l'onore di cittadini innocenti. E però que- sti tali si vedranno ridotti , per non dir altro , a piangere per tutto il tempo della loro vita sulle disgrazie , che non potranno più compensare col loro pentimento , a meno che non rispondessero col feroce Maometto : Dunque vi sono rimorsi ì IQO LETTERATURA Sul poema „ I Lritchi , libri X ad AmarilU dell' ab. Lorenzo Rondinetti ( 8." Modena per G. Vincent zi e conip. 1829), lettera al eh, monsig. Carlo Emmanuele de' conti Muzzarelli uditore della sa» era romana rota» Ancomincio dal ringraziarvi del piacere procurato- mi con la lettura del poema del eh. sig. Rondinet- ti ferrarese , sui Bruchi ; argomento che a primo aspetto si crederebbe noa proprio per essere inti- tolalo , come lo è , ad AmarilU Etrusca. Eppure questo è il caso appunto che Orazio rileva nell' Odissea, che da modesto argomento e da urail prin- cipio Speciosa dein miracula promit. Dopo che la filosofia , la politica , la tatica militare dei tempi nostri hanno repressi e quasi esauriti i sacri fonti della epica , non rimane a spigolare altre palme , che ne' campi della didattica , tanto estesi , quanto so- no i confini del mondo intellettuale e fisico. La na- tura etiani in minimis maxima ( come disse Aristo- tile , parlando appunto degl' insetti e de* bruchi ) m se contiene il serbatojo d'ogni bellezza poetica , cui dato è all' arte di rilevare da quel lato , onde piìi si manifesti. Ma io non voglio , monsignore degnis- simo , replicarvi ciò che già sapete , ne togliervi eoa I BRUCHI DEL RoNDINEITI 19I eiò momenti preziosi per altri e per voi. Vengo al poema del Rondinetti. E quanto all' invenzione ognun vede che è semplicissima quanto quella di tutti i poemi didattici antichi e moderni : ne questo gene- re di poesia richiede artifizio di macchina , benché io ne' miei piccioli poemi sui fiori e sulle conchiglie a^jbia tentato d'introdurvela per cercare da una spe- cie di novità quel pregio che d'altronde non potran- no avere i miei meschini lavori. Con molta grazia il Rondinetti istruisce Amarilli del nascimento della eco- nomia animale , degl' istinti , delle metamorfosi del bruco , da che egli si mostra , per servirmi della fra- se di Dante, Come entomata in difetto finché giunga a figurar V angelica farfalla- Pochi autori a dir ve- ro si sono approfittati con tanta industria del velo brillante e de' colori del prisma mitologico così op- portunamente e con tanto giudizio come il Rondi- netti , per concentrare e riverberar luce e calore sul soggetto principale , incominciando da quella allu- sion'e della rete di Vulcano , con cui l'autoie si fa strada a dipingere quel tessuto reticolare che rico- pre il bruco , fino alla favola di Psiche tanto be- ne applicata alla metamorfosi del bruco in farfalla. E qui , dove l'argomento s'ingentilisce per se stesso, anche lo stile diviene più brillante che sul principio del poema , in cui una certa minuzia , che non di- remmo oltramontana, ma piuttosto ovidiana, fa sem- brar pedestre alquanto la musa , e freddamente ri- dondante. Ovunque l'autore incontra , via facendo pei campi didattici , uà qualche fiore benché stra- niero da poterne ornar l'argomento , ne fa studio- so tesoro o in una bella e non trita similitudine , o in qualche spiritosa o morale allusione ai costu- mi degli uomini , o alle circostanze o ai pregi del- la sua Amarilli , a cui ricorda opportunamente non •792 Letteratbra pochi soggetti mitologici da lei estemporaneamente cantati. Gentile industria per ricreare i leggitori , per toccar le lodi di Amarilli, e per ritornare agevol- mente al proposito. E qui mi dicano i romantici , se ciò potesse farsi senza il sussidio de' brillanti fanta- smi della mitologia , sotto il velame de' quali io pur sospetto che sieno nascosti non solo precetti di an- tica filosofia morale , ma ben anche teorie di fisica e di storia naturale , come potrebbe dimostrarsi in tante fantasie di Esiodo e di Omero. Lo stile del Rondinetti è piano , semplice , ar- monioso , e ne' suoi versi sciolti un poco più ele- vato di quello dell' Alamanni e del Rucellai , che Ita- lia onora come esemplari e modelli dello stile dida- scalico ; uè io qui vorrei aggiungere quel nimiitm patienter , che Orazio applicava ai sali di Plauto. Intanto voi , monsignore chiarissimo , mi cliiama- te giudice di bella e studiata opera in fatto di storia naturale e di poesia , mentre sto per esser giudica- lo sulle mie Conchiglie , alle quali voi deste una spinta perchè uscissero dal pelago alla luce , mentre doveano restar sepolte fra le pclagiae. Ma io son fatto per ubbidire sempre o male o bene, restando poi col rimorso o col dubbio d'aver detto ({ualche spro- posito , e scribacchiando cosi per ispirazione che mi viene dall' amicizia. Seguendo cosi l'impulso del mio cuore , e facendovi ingenua confessione della im- pressione che ha fatta in me il poema del vostro con- cittadino ferrarese Rondinetti , conchiuclo che quest* opera aggiungerà nuovo decoro al Parnaso italiano , air Italia ed alla patria vostra , che diede la cuna al primo epico italiano : che ora può vantar Leo- poldo Cicognara , il quale fece conoscere e sentir meglio al mondo il bello delle arti italiane : e che aggiungerà 110' sudt fasti il nome di colui , che ad- I BnUCH! DEL RoNDlNETTI IQ3. tiopplera luce e vita e fama a se stesso ed a tanti illustri italiani viventi. Voi sapete di chi parlo , ed a chi mi raccomando e rassegno ec. Angelo Maria Ricci. Biblioteca scelia di orazioni sacre ec. Como coi tipi di C. Pietro Ostinel/i 1837-28. Articolo ly. ( Vedi i fascicoli di gennajo , Jebbrajo e mar- zo 1837-1828. ) Voi. XVI. k_Jeguono le lodi di santi martiri j e pri- ma di s. Sebastiano pel Canovai. „ Quali inciampi , „ egli dice , non inrontrò la f«da di Sebastiano? tut- „ ti li sormontò. Di quali pericoli non lo ininaccia- „ rono le sue parole .'* niuno lo atterri. A quali ago- ,, nie non lo ridusse il suo martirio ? o non le co- „ nobbe , o le amò. „ Svolgendo i quali punti , usa l'oratore di quella focosa eloquenza che l'argnmento dimanda : e dal suo impeto si lascia trasportare co- tanto , che dimentica troppo spesso le ragioni della lingua e dello stile. A queste meglio conformasi il Niccolai , che dice semplicemente la gloria del mar- tirio di Sebastiano. I ss. Giovanni e Paolo ne mo- stra il Vettori in eminente grado diletti a Dio , cioè eminenti per santità ; perocché in corte servi fedeli e saggi a custodire vegghiando le primizie del cristia- nesimo : e fiaccole accese a porre in luce operando la santità del vangelo : e prodi soldati di G. C. a sostener combattendo la verità della fede. Con in- gegnoso apparato di argumeuli e di frasi viene il Val- secchi a mostrare , che i ss. Cosmji e Damiano furono G.A.T.XLUi. iù i()4 Lbtteratbka medici , ma resi tali da una carità tutta pura ver- so gli uomini : furono vittime , ma da una eroica fortezza immolate alla sovrana gloria di Dio. Più. sem- plicemente e più caramente per noi viene il Vet- tori , e in s. Cassano ne svela un maestro di ca- rità e verso il prossimo nella sua professione e verso Dio nel sostenuto martirio. Ingegnoso è l'assunto del Granelli e lusinghiero a' veronesi , perocché viene a mostrare come le ossa de' ss. Fermo e Rustico pro- fetarono veramente e profetano tuttavia. S. Calimero e da un anonimo presentato a'milanesi siccome quello , che tiene la sua fede per una vera necessita di guerreg- giare e di vincere; onde prima si munisce dell'armi e si addestra alla pugna , poi fortemente combatte , in fine vince e trionfa. Pomposo elogio tesse Renato de Latour-Dupin a s. Vittore, mostrando com'egli fece un tempo trionfare la religione sull'idolatria, e fa ancor oggi trionfare la religione suU' incredulità. La versione è condotta per modo , che non può dispia- cere di vederla pure inserita tra queste orazioni ita- liane. Le lodi de' ss. Fedele da Sigmaringa e Giu- seppe da Lionessa espone pel primo il Granelli di- mostrando la somiglianza maravigliosa , che un me- desimo spirito di professione, di zelo, di carità pro- dusse in loro : e la mirabile dissomiglianza , che la divisione delle grazie vi cagionò. Il santo da Sigmaringa è pur lodato dal p. Barnaba da Caprile in quanto serbò la fede mantenendola [intatta in suo cuore, promulgandola colla voce, sigillandola col suo sangue. II p. Malacrida mostra in s. Gior- gio un nuovo testimonio della verità cristiana ; e il p. Ciacco in s. Gennaro un vivo mai sempre mar- tire, cioi ai tormenti; un martire mai sempre vivo, cioè alla fede : e il Vettori in s. Ipolilo un eroe nel dispregio de' beta piiì ricercati , nell' incontro OnAziaKi SACRE 195 de' mali più tormid abili , nell'acquisto de'sornrni ono- ri : e il Giacco in s. Marcellino un miracolo di cri- stiano coraggio , un trofeo della virtù e delia gra- zia del Vangelo. S. Pietro martire poi lodano il Ma- lacrida mostrandolo quel campione che fu della fe- de glorificato per santità nella vita , zelo nella pre- dicazione, fortezza nella morte: e il Trivieri magni- ficandolo similmente qual professore , promulgatore , difenditore della fede. I ss. Quirico e Giolita cele- bra con una bella e veramente italiana orazione il Trevisani , innamorandone di quella umiltà saggia , che teme e f"gge con eroica generosità e pazienza; di quella costanza paziente , che combalte e trionfa con Qroico coraggio e valore. Che se taluno non «i appagasse di questa cara semplicità , che a noi pia- ce tanto ne' panegirici , non risponderemmo già noi : rispose assai prima , com' era da lui , s. Basilio il magno quando disse : Al rimanente degli uomini suol farsi elogio aiutando coir eloquenza la verità-^ ai giusti basta la narrazione sincera de'' loro gesti a far palese Veccelso grado della virtù ; ed ancora : A" giusti non è bisogno abbigliamenti o giunte per guadagnare nella stima '^ a noi è bisogno fedeli rac conti per profittare tieir imitazione (*). Alla detta semplicità si oppone quello sfoggio di ornamenti , e quell'abuso di antitesi, che ne' francesi è continuo, e più quel vezzo che è in loro di coraiporre , come dicono, a macchina con tanto ingombro di divisioni e suddii^isioni , che ti opprimono la mente e peggio ancora ti agghiacciano il cuore : de' quale vizi , che offuscano molte virtù , vorremmo esente l'italiana eloquenza, che ne' grandi oratori greci e latini e ne' C) In lode di s. G@rdi» : truduzione del Bianchini. l3* ]f)G L E T T E tt A r u a A padri della bellissima tra le favelle ha i veri model- li , allo specchio de' quali degnamente adornaisi sen- za mendicare oltremente per vestire alla fine , che mai ? la misera toga di Seneca anzi che la magni- fica di Cicerone, le stranie e servili anzi che le pro- prie e signorili divise. Voi. XVII. Bella di nativo candore è l'orazio- i)e del Cesari pel B. Alessandro Sauli , e lo sa tut- ta Boma dove prima mostravasi : bella tanto , che a! paragone è men bella l'altra del Venini , non che l;i terza del Moreno : nelle quali il più d'impeto e di splendore non ti compensa a mezzo di quella ca- ra ingp'iuita , che vai sempre cercando ne sempre ri- trovi. M.\ chi sarà tenuto da lodare degnamente quel s. Carlo Borromeo ? Quattro oratori sono trascel- ti; onde almeno col numero soddisfare al difficile as- sunto. Un anonimo si offre a mostrare della sapien- za e santità di quell'ottimo, i. l'origine e il fonda- mento nella cognizione di se stesso, a. i progressi e le glorie nella cognizione delle altrui indigenze; 3. l'elevatezza e la perfezione nella cognizione del suo Dio. Il Latour Dupin lo presenta padre ed apostolo del popol suo : padre per fermezza , apostolo per te- nerezza di zelo. 11 Salvini in accademico ragiona- mento lo dice santo nel mondo e santo in prelatu- ra. Pili compiuto ne sembra l'elogio , che h fatto al santo pel p. Geminiano da s. Mansueto, chiamando- lo uomo di desiderii , incontentabile nella sollecitu- dine di santificare se stesso così , che per quanto fosae già innanzi nella perfezione cercò sempre farsi pili innanzi , insaziabile nella cura di santificare il suo gregge così, che, per quante fatiche avesse durate a questo, anelò sempre a nuove e maggiori. In lode di s. Abbondio h una bella , comechè breve, orazione di anonimo, il quale da segno di avere attinto alle fonti ORAZIONI SACRE I()7 tulliano quanto convinnsi a chi parla non nel foro, noìi nel senato , ma niella chiesa. Per s. Francesco d'i Sales sono quattro orazioni ; prima di tutte meritamente viene quella cl^l Pizzi , e col suo dire terso , ne pe- rò meno stringente , ne mostra come il santo spirito per lo dono della sapienza e per la qualità della dolcezza appareccliiava Francesco al vescovile mini- stero , poi in quello a perfezione il conduceva. Vie- ne appresso l'orazione del Cesarotti , e pone in chia- ro la pietà illuminata di si gran santo : siegur l'ora- zione del p. Marcellino da Venezia , e mostra e loda la santità , per cui il Salesio in se ricopiava le pre- rogative de' pm sublimi tra gli angeli nello zelare l'onore di Dio, nel!' additare agli uomini la via del- la salute , nel farsi loro aiutatore e sostegno nelle ca- lamita. Ultima è quella del Canovai , ed applica al santo qual testo che dice-. Debuit per omnia fratria bus si m alari , un misericors fieret et jidi'lis pon- tifex ad Deum ( Hebr. II 17). Sola è per s. Bia- gio una orazione del Paoli , ove argomentisi quan- to il vescovato di lui sì fu faticoso , quanto la fu- ga di lui misteriosa. Voi, XVIII. Meglio che a Latour Dupiti sappiamo grado al Salvini , che lodando il s. padf^ Agostino ne mostra e l'occasione ch'ebbe Monica ( la madre di lui ) di seminare con lacrime , e il frutto che ne raccolse della conversione e vita santissima di tal figliuolo : sappiamo grado al Masotti , che in Agosti- no ne mostra un sapere , che splende , che combat- te , che santifica. Indi vediamo dal Canovai spiega- ta con vivi e per avventura abbaglianti colori quel- la maraviglia di s. Andrea Corsini , secondo la visio- ne della madre , mutato di lupo in agnello. Ve- diamo pei pp. del Borghetto e Rossi la gloria de' novaresi s. Gaudenzio. E s. Petronio, padre dottore iQ^ Lettskatvrì. pontefice di una citta magnifica, erudita, santa, ve- diamo pel Trento : e prima origine e largliissima sor- gente ai bolognesi di ogni felicita lo vediamo per quel lume sì delle scienze si delle lettere Eusta- chio Manfredi. Pel Latour Dupin vediamo s. Martino vescovo di Tours educare se medesimo alla religione e divenirne rornamento : dedicarsi alla religione e divenirne il difensore. Pel Salvini vediamo di s. Ni- colò vescovo di Mira la santità gloriosa pur nel se- polcro. La virtù di s. Pier Celestino solitaria nel de- serto, nel trono, nel carcere vediamo pel Ciacco. E nel Grisostomo un santo d'impareggiabile illibatezza neir età giovanile , di zelo instancabile nel ministe- ro , d'invincibil pazienza nelle persecuzioni vedia- mo pel Bonaglia. E come da S. Evasio la citta di Gasale si avesse piiì beneficj , fra i quali quel pri- mo della fede e religione di G. G. , vediamo pel p. del Borghetto. Ma quel dottore della Chiesa ed ar- civescovo di Milano Ambrogio santo in nove, come- chè brevi e piatati discorsi , per un pastore di anime vigilantissimo vediamo bellamente risplendere di lu- ce tutta evangelica sì , che già non cerchiamo alcnn più fastoso ragionamento. Voi. XIX. Tre oratori lodano s. Giovanni Ne- pomuceno : prima e più nobilmente il p. da Pedero- ba : poi il Paoli : in fine Latour Dupin. Meglio che i due ultimi avremmo voluto il Pennazzi de' Sessi , assai chiaro oratore come dicemmo più sopra {Tom. 87 pag. a88 e seg. ) , il quale fa l'elogio del santo mostrando come „ seppe a tempo parlare , e par- „ lare da eroe, quando la carità verso il prossimo „ e la divina gloria richiesero eh' egli parlasse : e „ seppe a tempo tacere , e tacer con eroica for- „ tezza , quando la carila la giustizia e la divina ìì gloria richiesero eh' egli tacesse. ,1 U Canovai è Oraiioki sAcaE 199 l'unico , che sia eletto a dire le lodi di s. Girolamo modello de* solitarj , miracolo de' dottori : e lo fa secondo il suo stile , che se empie le orecchie non però viene al cuore. Il Pennazzi ben poteva essere ammesso a dire anch' egli di un santo , di cui fu massima e la santità e la dottrina : quella a rifor- mare j questa a illuminare il cristianesimo. Il p. Pi- no dice di s. Bernardo, come parlò col cuore, col- la lingua e colla penna , accoppiando al forte il dol- ce mirabilmente. Il p. Filippo da Rimella , il p. del Borghetto , e il Canovai lodano s. Benedetto : il pri- mo con molto calore fa l'apologia della vita celibe solitaria e penitente , dove ad ammirare ne invita il consiglio e l'opera sì dell' eterna direttrice sapien- za t sì dell' onnipotenza proteggitrice t il secondo si fa lodatore s\ della estensione, come della esaltazio- ne mirabile dell' ordine di quel gran santo , che sul monte Cassino portò già innanzi {Dante parad. XXII) „ Lo nome di colui che 'n terra addusse ,, La verità che tanto ci sublima : il terzo ne porge ad ammirare nel santo un legi- slatore senza confronto sì per saviezza sì per for- tuna. In s. Antonio abate il Salvini bellamente ci mostra un vero albergo di santità : il Ciacco un per- fetto modello di un cristiano , che felicemente mor- to al mondo , al senso , a se stesso , tutto e sem- pre in Gesù Cristo viva e trapassi j il Canovai un eroe , che meglio di ogni altro può dire di se : bo- num certaman certavi. Ma chi loderà s. Domenico , il quale {Parad. XI) „"". . . . Per sapienza in terra fue ,} Di cherubica luce uno splendore ? aoo Letteratura Il p. Marcellino da Venezia , che mostra come 14- dio preparò lui al ministero eoa la sua scienza, che è tutta de' santi ; lo illustrò collo splendore de' prodigi , lo coronò col trionfo de' suoi nemici. E il Frassen » che lo mostra come universal mediatore, araldo di pace , angelo di riconciliazione. E il Ma- lacrida , che mostra come pieno di grazia esercitò le virtù praticate da Cristo , pieno di verità coo- però con Cripto alla dilatazion del Vangelo ; vero imitatore di Cristo o si consideri nella pienezza della grazia o nella ridondanza della verità. In fine il Canovai torna in campo , e dovendo lodare s. Mau^^ ro abate fassi apologista della santità: ma che ? po- tendo sollevarsi all' altezza dell' argomento con de- gne frasi e parole , non cura di farlo sempre coma dovrebbe , e radendo il suolo manca sovente alle leggi della nobile italiana elocuzione : il che ap- pena si fa credibile a chi sa la dirittura ed acu- tezza di mente del Canovai nelle scienze eziandio esatte. Ma che non può quell' amore soverchio agli estranei esemplari ? amore , che trasse così grand* uomo a falsare lo stile posciachè si fu aggiunto a quella schiara , che dalle alpi a Lilibeo devota al francese Thomas , sparse pur troppo cotanto loglio nei già lieti campi della sincera eloquenza. Voi, KX.. Di s. Antonio da Padova dicono il Torricelli, il p. del Borghetto , e il Vettori. Il pri- mo toglie a mostrare come Antonio perfezionato nell' umiltà convince , l'umiltà stessa perfezionare lo «pi- rito e giovare la società. Il secondo ne fa vedere ìome Antonio ardesse in se stesso e risplendesse 'el mondo. Il terzo come il santo fosse maraviglio - j per le disposizioni all' apostolato , per l'ampicz- ia e pel frutto del suo ministero , e pei prodigj che il frutto si ne prolungano. Avremmo voluto qui Orazioni sacrb aoi il pìncgirico che il Pennazzi dettava , svolgendo quel testo d'Isaia , che dice t Ecce testem popidis d'^di ewn , diicem , ac praeceptorem gentihiis. Tu lode di s. Gaetano Thiene parlano il Torricelli , il p. Marcellino da Venezia , e il Canovai. Il pri- mo lo mostra nel ministero della providenza bene- merito deir umanità , ristoratore della religione, glo- ria , prodigio del suo secolo. Il secondo applica quel* la visione di Ezechiello: Ecce nìibss magna , et ignis inifoluens , et spendor in circuita : ne pare sollevi abbastanza lo stile all' altezza del suo concetto. Il terzo ne da a vedere , al suo modo , nel Thiene il palese ambasciatore della divinila , il ristoratore av- venturoso dell' apostolica disciplina. Le lodi di s. Rocco dice il Torricelli , che fassi apologista della religione nel celebrare gli eroi : mostrando com'el- la renda felici gli uoniiru , felici i popoli. Di s. Fi- lippo Neri ragiona il p. Marcellino , sponendo co- me il santo quaggiìi rinunciasse a tutte cose desi- derabili , si ponesse ai cimenti pili duri , si unisse a Dio pui strettamente che mai : ragiona , secondo il suo stile , Evasio Leone , e in qnell* apostolo di Roma da a verlere „ l'augusto modello di una bon- „ ta , la quale nel beneficare instancabile , n«l sof- „ frire magnanima , fé' vedere che lo spirito della „ religione e de' suii ministri non è altrimenti n^ „ persecutor ne crudele e ma dolce , tenero , pazien- „ te, amico e produttore del publico bene:,, ragio- na il p. del Borghclto , e pone in vista l'uficio e il merito del novello apostolo dalle disposizioni , dalle industriose fatiche , e dai frutti del suo ferventissi- mo apostolato. Per amore di quella cara semplicità , che amiamo cotanto , ci sarebbe piaciuto di vedere qui ancora l'orazione del Barotti , che sul colle di s. Onofrio in Bologna dell' umanità amorevole di Fi- aoi Letteratura lippo ianaraorò que' cortesi che Io ascoltarono , non che quella del Fochi , che su quel colle medesimo par- lò della soavità, della carità, della fortezza del san- to t astenendosi per quanto fu in lui da quelle spe- ciose maniere del dire somiglianti a gioie false , le quali non hanno in fine che un pò di apparenza , e questa ancor passeggiera. S. Francesco d'Assisi è lodato dal Canovai , il quale non dubita applicar- gli ( nella debita proporzione ) quel testo d'Isaia , che alludendo a G. C. dice t yulneratus est prop» pter iniquitates nostras . ... et livore ejus sana' ti sumus. É lodato dal Ciacco , che mostralo per ogni suo fatto privato e publico un uomo di rara generosità cristiana , e perciò un gran santo. Dal p. del Borghetto, della piiì stretta osservanza, è lodato in fine s. Bernardino da Siena per ciò che fece a prò della stessa osservanza coir esempio della predicazio- ne , colla vittoria delle altrui opposizioni , col frut- to dell* sue direzioni. DoMBIflCO VaCCOLINI Scriptorum veterum nova collectio e vaticanis co- dicibus edita ab Jngelo Maio bibliothecae vati- canae praefecto. Tonius IIL Roniac , typis vati- canis MDCCCXXFIIL n Articolo I. 'a assai tempo avremmo anticipato l'estratto, che ora diamo , del volume terzo della collezione vati- cana di scrittori antichi pubblicata dal nostro cele- tratissirao monsignor Mai , se un nostro illustre coni- COLLECTIO YATICAKA 3o3 pilatare non avesse dovuto per sue gravi occupazio- ni differirci lungamente l'analisi del secondo volume; la quale avendo noi finalmente potuta inserire in tre articoli nel giornale nostro , fa si che ora ci af- frettiamo a dare contezza del terzo ; percorrendo , secondo l'usanza nostra, le principali cose che vi si contengono. Di questo volume , composto di mate- rie greche e latine in circa ottocento pagine in 4**» tre sono le parti. Nella prima contengonsi quattro scritti ; 1° La prefazione dell' editore ; a° Le vite dei cesari ; ^ Il catalogo de' patriarchi di Costan- tinopoli ; 4* Un opuscolo di Metodio monaco. Nella prefazione, che è di pagine 3 3, ci somministra l'edi- tore quasi tutte le principali notizie intorno al con- tenuto del tomo ; onde noi in parte seguendo quel- la , e in parte facendo l'esame per noi medesimi , verremo diehiarando a' lettori l'importanza di que- sta edizione. Un dotto greco , di nome Efremìo , scrisse le vile degli imperatori romani e bizantini , da Giulio Cesare sino a Michele Vili Paleologo,e propriamen- te sino all'anno di Cristo laGi, quando questo im- peratore ritolse ai latini Costantinopoli. Sono scrit- te queste vite in versi giambici greci , che giungo- no al numero di noveraila cinquecento sessanta, det- tati con mirabile facilita e nettezza , sì che la sto- ria non che essere oscurata dal metro , ci diviene anzi! pii!i chiara e precisa. E ben sappiamo che giu- sto plauso r ottennero le storie metriche di Gior- gio Pisida , altro greco , pubblicate per la prima volta: in Roma sotto il pontificato di Pio VI dal dotto Foggini , che le trasse da un codice vatica- no , e'^Jne formò un novello tomo per la serie dei bizantini . Già. si leggeva in quella stessa serie la cronaca parimente metrica del greco Costantino ao4 Letteratura Manasse , comentata e tradotta da celebri uominr, Nh vi è erudito che non conosca e non sì giovi delle storie metriche , dotte chiliadi , dello Zezze , anch' esso greco , in cui si contiene tanta parte di antica storia e dottrina. L'isterico lavoro di Efre- mio era depositato in un unico codice conservato nella Liblioteca vaticana; del quale nel secolo XV fece motto Raffaele di Volterra , e poi si servì Leone Allacci , che in varie sue opere lo citò , e qualche frammento inserì. Chiunque poi in appres- so ha citate queste vite dei cesari , non lo ha fatto che sulla parola ed autorità dell'Allacci, poi- ché l'opera restò sempre inedita, ne il codice da ve- run altro fu consultato : finche il nostro monsignor Mai , mirando al merito della cosa , e non iscorag» giandosi di tradurre in altrettante righe prosaiche quelle tante migliaia di senarii greci , ci ha final- mente data la pubblicazione di un codice unico , che poteva in qualche tempo disgraziamente perire (come già infatti è accaduto al primo foglio di que- sto medesimo codice , in cui erano le brevi vite di Giulio Cesare , di Augusto , e di Tiberio , che por- ciò mancano nella presente edizione ) . Gì' imperato. ri compresi nell'opera di Efremio sono cento e qua- ranta. Strettamente si scrivono le vite dei cesari romani ; ma molti più versi s'impiegano in quelle dei bizantini sino alla signoria dei Comneni. Final- mente da Alessio l Gomneno , fondatore della dina- stia , e nei susseguenti tutti , si allarga Efremio in racconti lunghissimi, senza omettere niun punto no- tabile del suo soggetto : e con vivaci maestrevoli colori ne dipinge i caratteri religiosi, civili, mili- tari , letterarii , buoni , viziosi , lodevoli , vitupere- voli : e trattando sempre d' uomini trapassati , ne discorre con quella liherla che è proprli di grave COLLSCTIO VATICANA 503 Storico. Si osservi il carattere benefico di Leone I ; iJ clemente e buono di Giovanni Comneno ; il ti- rannico è crudele di Leone isauro , e di Androni- co I ; il brutale di Leone e di Copronimo ; il po- litico di Alessio I ; il religioso di Teodora sorella di Zoe ; il sapiente di Manuale Comneno ; il ribelle dei fratelli bulgari; l'ianucente di Balduino; il guer- riero e saggio di Teodoro Lascari; l'amabile di Gio- vanni Vatazzi ; l'astuto di Michele Paleologo. Si am- mirano i quadri terribili del supplizio di Andioni- co I, della rutta di Manuele Comneno , della presa^ di Costantinopoli fatta dalle armi degli alleati latini. Efremio , dopo avere dettato nelle vite dei ce- sari la storia profana dell' impero , ben si avvisò di dare un cenno anche della sacra , scrivendo sepa- ratamente un particolare catalogo dei patriarchi di Costantinopoli , parimente in senarii greci , sino al numero di ottocento quaranta, che l'editore ci offre tradotti anche In latino. E sono anch'essi questi pa- triarchi, come i cesari, cento quaranta, sino ad Isaia che divenne patriarca l'anno i3a3. Certamente se lo scritto di Efremio fosse stato in potere del celebre Le-Quien quando componeva il suo Oriente cristia- no , in conto di bel tesoro l'avrebbe avuto ; ma in mancanza del codice, non potè giovarsi che di qual- che raro passo riferito, come dicemmo, dall' Allacci. Efremio incomincia Tepiscopologio bizantino da s. An- drea apostolo e da Stachi , uno de' 72 discepoli del Salvatore; ma il eh. editore, come già altri critici are- vano detto, non tralascia di ricordare che i a3 ve- scovi anteriori a Metrofane , che fa sotto Costanti- no , vogiionsi avere per favolosi ; e che al più si possMio col Metrafaste ammettere , come anteriori a Metrofane, Filadelfo , Eugenio, e Uufino , che nem- meno appartengono alla serie dei 20. La prova prò- 2o6 Letteratubà dotta dal nostro editore è , che i cataloghi anteriori air epoca dello scisma foziano, non incominciano che da Melrofane; e di questi catalogi uno fu pubblica- to dal medesimo monsignor Mai, catalogo più antico di Fozio , perchè cessa in Metodio I, che fu l'ante- cessore di queir Ignazio , a cui succedette l'intruso Fozio. Sembra dunque evidente che quella più an- tica serie fu inventata dagli scismatici , per sempre più esaltare l'autorità della sede bizantina , dandole origine apostolica » cioè mettendo in capo alla se- rie l'apostolo s. Andrea» Finalmente osserva il Mai nelle parche ma sem- pre dotte sue annotazioni all' episcopologio, che Efre- mio benché dichiarato e caldo scismatico , parlando di Fozio primo autore dello scisma , lo chiama un furbo ; e più oltre caratterizza Cerulario , il rinno- vatore dello scisma , per uomo turbolento e sprez- zatore delle leggi j che in moderno linguaggio si di- rebbe rivoluzionario. Anche alle vite dei cesari pochissime annotazio- ni veggiamo fatte ; forse perchè la materia è per se evidente; sicché volendola corredare di confronti sto- rici , non era aliare da spacciarsene brevemente. Al- cune noticine adunque correggono talora il greco testo , e talora ci fanno osservare vocaboli nuo- vi. In una più lunga annotazione si coarguiscono alcuni errori del Volfio , traduttore di Nicota Co- niata , e si accenna quanto vi sarebbe di che ripren- dere nella traduzione di quel bizantino; il che è di- sgrazia accaduta anche ad altri autori della mede- sima serie ; e monsignor Mai stesso dovette a fondo riformare la traduzione latina del Cantoclaro nelle legazioni di Eunapio e di Deuzippo. Nella vita di L«one isaurico iconoclasta , in proposilo delle forti invettive di Efrcmio contro quel crudelissimo e fu- COLLECTIO VATICANA 3 07 rioso eretico , che tormentò ed uccise tanti difef- sori del santo dorama , e tra essi abbruciò vivo per lo stesso motivo uti collegio di dodici letterati col loro presidente e con la biblioteca di I/bri ricchis- sima, e che scacciò in esiglio il patriarca s. Germa- no , sostituendo un intruso ( cosi eccitando nell' im- pero movimenti altresì civili e somma confusione) ; in essa vita, dissi, si maraviglia l'editore che un let- terato eterodosso , di chiaro nome , abbia appunto in contrario tolto ad esaltare la mansuetudine e la pazienza dell' isauro nel sopportare lungamente la pertinacia del patriarca Germano. E proseguendo il Mai a discorrere tranquillamente col difensore di quel carnefice dei letterati e incendiario delle bi- blioteche , confuta da suo pari vittoriosamente un pernicioso equivoco^, contenuto parimenti nell' ope- ra del precitato dotto , di chi mal lesse e peggio interpretò e riferì una ordinanza riguardante una ita- lica biblioteca. Finalmente monsignor Mai in altra annotazio- ne ci da notizia di un sinodo inedito della chiesa greca, celebrato in tempo di Manuele Comneno : il qual sinodo per cura sua sarà quanto prima reso pubblico con le stampe, in un prossimo volume de* suoi scrittori antichi. La pubblicazione del catalogo de' patriarchi co- stantinopolitani indusse l'editore a fare indagini nel- la biblioteca vaticana degli scritti greci moltissi- mi che vi si trovano di que' patriarchi ; ne' qua- li scritti si conoscono le vicende loro , la dottri- trina , le virtù , i vizi , con molta parte di storia ecclesiastica e civile , e con intima cognizione dello spirito e costituzione della greca chiesa. Quand' an- che di questi scritti patriarcali non si facesse che una scelta , riferibile a qualche singolare oggetto , 3o8 Letteaatoba se na avrebbe un giusto volume , e l'editore^ non dispera di aver ozio per ciò eseguire. Intanto però volendo dare uno specchio delle vicende della chie- sa bizantina e di quel patriarcato , ha preferito di pubblicare in greco, con sua traduzione latina, il prosaico trattato di Metodio monaro , diretto a cau- telare la chiesa contra il male dello scisma. L'oc- casione dell' opera fu , che Michele Paleologo , met- tendo infaustamente le mani nelle cose ecclesiasti- che , fece deporre per mezzo di un provinciale si- nodo il patriarca Arsenio , sostituendo Giuseppe. Al- lora il clero di Costantinopoli e della Grecia si di- vise in due fazioni , tenendosi l'una col vecchio pa- triarca , e parteggiando l'altra col nuovo. In que- .5ta perturbazione di cose, Metodio, zelante della pa- ce ed unita ecclesiastica , scrisse la predetta opera , che ^ un tessuto ragionato «d erudito delle vicende varie della sede bizantina , incominciando dall'epi- scopato di s. Gregorio il teologo , che si depose da quella sede, subentrando Nettario, insino ai tem- pi del precitato Arsenio: e tende a dimostrare come adoperò quella chiesa per ovviare al pericolo dello scisma. Ma ben dice l'insigne editore nella sua prefa- zione : Illud apprime exploratum est , eos qui laica manii in stallone sacra , eiectis legitimis episcopis, collùcantur , re quidem vera non esse popnli pa- stores , ncque iuris habere dictionem, E più sotto i Ex his ecclesias mulis sapienter concluditur ^ quam necessaria, sit totius corporis unitas ' nam si uni- njersurn ecclesiac aedijicium in apostolico P e tri f un' damento , qund ipse Cliristus constititit ^ constanter nitatur ; id videlicet cunctis titrhinihns , atque in- fcstarum undurum periculis , ut apud Matthaeum VII 2 5 dicitur , fortius resistet- D. L. ( Sarà continuate' ) 309 Sui vasi etruschi n itatogreci recentemente scoper- ti , coi nomi /-/<' pittori o artisti , osse.-.uaioni dell' abate Girolamo ornati. Articolo II , letto co- me il primo nella Pontifìcia Accademia di Archeo- logia. {V. il volumetto di aprile dalla pagina 5G) v_ion sollecita e breve scrittura diemmo già par- te a questa ciotta ed autorevol società di quanto ci riuscì scuopriie iti un primo esame di alcuni de' celebrati fittili etruschi , a cui fummo invitati per gentil degnazione di S. E. il signor principe di Ca- nino. La scelta che facemmo AAV argomento positi- vo ed istorico , e la sicurezza provenutane del no- me di Zeusi , e di altri pittori della Magna Gre- cia , incontrarono l'approvazione de' migliori scien- ziati , e di eccellenti artisti e romani e forastieri. Neil* intervallo di tempo non abliiamo cessato dall' im- pegno nostro ; ed osservando altri vasi ; ed appli- cando lo studio air erudito ed opportuno Catalo- go pubblicato dall' istesso signor pi iiicipe. Avrem- mo voluto comparire con una serie di trenta e più artefici delle due Grecie maestre di ogni arte ; fra' quali v*hanno alcuni di quelli , che Plinio riconob- be non esser mai venuti in molta celebrità. Ma il disagio e la mancanza di libri , che aver conver- rebbe mai sempre alla mano , ci costringe a dif- ferire un lavoro , che perfezionar si dee ancora eoa ripetute visite alle originali iscrizioncelle. Fia quin- di meglio , che rendiamo conto preventivamente dell' annunciato Catalogo ; sul quale i sapienti di que- ste oose sono per ora obbligati a stabilire le n- G.A,T.XLliI. li aiQ Lettehatur A cerche loro : nel clie fare porremo in miglior lu- ce gli assunti nostri , e commenderemo vieppiiì co- tanti monumenti , che ben a ragione hanno ecci- tato in Roma un si grande interesse. Catalogo di scelte antichità etnische , trovate ne- gli scavi del principe di Canino , 1828-09. J^i- terho ^ dalla tipografia dei fratelli Monarchi ^ 1829. Elenco dei nomi proprj contenuti nelle due pri- me centurie , e nota del Principe di Canino. Viterbo , 1829 , presso Camillo Tosoni, ù^. di pagine i86. - Le iscrizioni de" 'vasi sono rappre- sentate con lettere greco etrusche mobili , ed an- che incise in legno , come una lunga di carat- teri orientali. Singolarissimo e nobil titolo alla riconoscenza dei dotti , e degli studiosi delle arti , erasi acqui- stato S. E. il signor principe Luciano Bonaparte , con le sue grandiose ricerche , con le fortunale sco- perte di tanti nuovi ed istruttivi monumenti dell' antica Italia , e con la più generosa partecipazione fattane agli eruditi ed a'curiosi viaggiatori ; la qua- le poscia estender volle a'dimoranti in Roma , ed a noi. Non avevamo appena reso a lui quel tenue tributo di ringraziamento , che gli si dovea su que- sti fogli ; ed egli compone , pubblica , e distribui- sce signorilmente un libro , per cui le novelle sue dovizie d'incomparabile magnificenza vengono comu- nicate a'sapienli tutti dell' Europa. E questo l'ope- rare proprio degli animi alla virtìi formati , che riscuotono a sommo diritto gli encomj e l'ammira- zione universale. Quantunque assiduamente inteso il signor prin- cipe al più elevato in fra gli sludj matematici » la Vasi etruschi air difficile astronomia , ha saputo cionondimeno rirol- eere sugli oggetti etruschi uno sguardo sicuro e pe- netrante ; ha saputo giudicarne col più retto ed italiano criterio. Alla signora principessa di lui con- sorte appartiene la gloria di aver determinato e di- retto gli scavi , di avere invigilato sull' ordinamen- to e sulla custodia de' preziosi arnesi rinvenuti , ugualmente cari per la dottrina e per l'eleganza pri- migenia : ed è anche questo un esempio veramen- te rarissimo fra le dame de' nostri tempi. Giovi sapere , che il numero de' molteplici ar- redi etruschi , fino ad una certa epoca registrati , ascende a'due mila ; e che , sotto ultime perlustra- zioni di quelle grotte , accrebbesi di non poco. Da tanta copia furono trascelte dieci centurie : delle quali sette di vasi figulini , con iscrizioni o senza •; l'ottava di bronzi , ori , e scarabei ; la nona d'iscri- zioni rese al così detto facsimile , la decima di co- se spettanti all' istoria dell' arte. In questo libro con- tengonsi le due prime centurie de* vasi ; delle qua- li la seconda h tutta di vasi scritti : le altre verran- no pubblicate in seguito. Premesso a ciascun vaso il numero di registro generale , con quello della sua centuria » e per lo più un nome tratto dalla prin- cipale rappresentanza (il che indica la bella diligenza e passione de' proprietarj ) , ne segue una succinta e chiara descrizione; alla quale sono sottoposte una, due, o più tabelle di caratteri, secondo i quadri scritti del vaso. Possiamo assicurare , che un tal modo , sebben semplicissimo , è di somma utilità per lo studioso, che medita sulle maniere di scrivere, e sulle parole di popoli cotanto superiori ad ogni stabilimento di grammatica e di ortografia. Sara gran pregio dell' opera nostra il recare al- cuni tratti dei discorso intorno questi popoli , posto ir 3I.,t L K "f "P ^ -a A T V 'i A. dal signor principi^ iii fine del suo libro. Scriv'egli, che „ la Grecia trausmariaa aou fior\ per la pittu- „ ra se noa se quattro secoli dopo la fondazione „ di Roma. Dunque i capi d'opera di pittura rni- „ rabilmente conservati de' nostri ipogei , sono an- „ teriori almeno di quattro secoli al bel secolo della „ Grecia. Dunque l'anteriorità delle belle arti nel „ mondo antico appartiene all' Italia nostra ; corsie „ gliene appartiene,, il primato nell'Europa moderna. „ Sappiamo , die quest' arte prodigiosa di pitture in „ terra cotta fu ignota ai romani: sappiamo inoltre, „ che i romani , nei tre primi secoli della citta , „ furono sempre in guerra con gli etruschi: sap- „ piamo precisamente, che la nostra lucumonia di „ Tarquinia fu invasa dai romani l'anno loro 384 ^ „ cinquanl' anni prima del greco Apelle. In quell' „ epoca non esistevano più sopra terra vasi Etru- ,,, schi dipinti nei nostri paesi ; e non solo erano ,, sotterrali , ma l'arte di pingerli era intieraraen- ,, te perduta : senza di che i romani avrelibero co- „ nosciuto e l'arte ed i monumenti. Dunque i nostri „ ipogei rimontano , con evidenza quasi matemati- „ ca , ad un* epoca anteriore a Fidia ; e con pro- „ babilità quasi equivalente all'evidenza, rimontano „ al di la della fondazione di Uoma, nei secoli tro- „ jani e poco posteriori , quando l'impero etrusco „ comprendeva tutta l'Italia, senza eccettuarne la „ parte meridionale , chiamata Magna Grecia , la „ Sicilia , e le isole. „ Un simile ragionare poggia invittamente sul fatto, su mille circostanze dal fatto risultanti, sulla con- corde autorità degli antichi scrittori tutti , sulle os- servazioni fondatissime di un senator Buonarroti , di un Dempstero , di un Passeri , di un Gori , di, un Guarnacci , di un Lami , di un Bourguet , di Vasi etruschi 2ì3 un Olivieri, di un Lanzi , e persino di un Winckel- mann ; sebben questi , per la pochezza che allor v'avea di monumenti campani ed ito liei , fosse co- stretto a fondare la sua istoria dell' arte quasi uni- camente su quelli della Grecia di oltramare. Al no- vero di si fi;randi uomini potremo noi aggiungerne altri di ugual valore, che abbiamo piìi volle udito favellare di tale argomento; e sono un Gaetano Ma- rini , un Ennio Quirino Visconti , un ftalinski , un Vivenzio , un Akerblad , che fattosi romano di gra- vi studj promettea bellissimi onori alT Italia , se il cielo gli avesse concesso vita piiì lunga. Coerentemente a siffatti principj , nell' antece- dente articolo nostro su queste mirabili spoglie pit- toriche , sostenemmo esser elleno del terzo o quarto secolo dopo la fondazione di Roma ; poiché i primi nomi di arlisti , che a noi si presentarono , furoa qnidli di N^earco da Reggio, maestro dell'esimio sta- tuario Pitagora , ed il celebratissirao di Zeusi , na- tivo delia Eraclea siritide o tarentina ; di due cioè che vissero verso la fine delle arti , per cos'i dire , autonome della nostra Esperia. Trattandosi però di una nazione , o piuttosto di un complesso di na- zioni die da tanti automi attestate ci vengono per le primitive signoreggianti nella penisola tutta, bene ammettemmo , che vi avesse in Italia una tal ma- nifattura , e coeva, ed anteriore alla ifttessa fonda- zione di Roma. Di fatti nella pubblicazione dataci H >l signor principe , incominciamo a vedere una nuova specie d'iscrizioni onninamente etrusche ; delle quali ben conosciamo le lettere , diverse alquanto da quel- le di Magna Grecia ; e dalle quali risultano parole difficilissime ad intendersi, per la maggiore antichi- tà. Resti adunque fermo nelT animo a ihiunque fìlo- bufai" voglia rettamente su' nostri cimclj , che rico- ai4 Lette RAI' un A noscer si dee un' Italia di successione pelasgica o ri- motissiraa , divisa in molti dialetti , conformati però tutti di un greco sommamente arcaico ed oscuro , e pieni di temi o radici ora ignote; che questa Italia, madre delle arti e di ogni coltura , dalla lapigia , da Taranto , da Crotone , l'Atene di Ausonia , da Metaponto , da Reggio , scuola di artefici superiore air attica , per la Lucania occidentale , per Sorren- to , Diceai'chia, Cuma, Formia , l'isola Eea , Agilla ed il suo porto da un lato ; pei Messapj , e popoli circonvicini, per l'Atria umbra e grechissima , per gli stessi Umbri tutti dall' altro ; giungeva a rin- serrare l'Etruria nostra centrale , e ad infonderle mag- giormente nel decorso de' secoli , gli usi , la lin- gua , le lettere della Grecia IMassima meridionale. E qui accumular potremmo a grande agio gli estesi documenti d'infiniti autori e greci e latini , elle tribuirono concordemente il vanto della origine di ogni filosofia e fìsica e morale , della invenzio- ne d'ogni poesia , de' primi esemplari d'istoria e re- torica , in conseguenza d'ogni arte di ornamento e di lusso , a questa Grecia nostra maggiore : che scri- vendo de' governi e delle repubbliche , de' fatti di essa , nullamente la distinsero dalla Grecia venuta in fiore più tardi al di la del mare : che riconob- bero le costumanze religiose e civili , gli spettaco- li , o ludi solenni della Grecia nostra , gli stessi con quelli della Grecia dell' altro continente : che tennero finalmente per greci Timeo , Archita , Ocel* lo , Stesicoro , Nosside , quanto Ecateo, Esiodo , Tir- teo e Saffo. Non converrebb'egli (contro ciò che aspet- tar ci doveamo in tempi di tanti lumi , di tanta sapienza ) , richiamare gli scrittori del milleottocen- to a lunghissime dimostrazioni delle discendenze Dio- medee , Argive , Lacedemonie , Arcadiche , Locresi , Vy\SI ETRUSCHI 2l5 Eneadi , Antenoiie , de' regi d'Alba , e della fonda- zione da questa e da' grecizzanti sabini e tirreni, dell* eterna dominante , in cui viviamo ; dimostrazioni eh' erano già stabilite invincibilmente a' non filosofi padri nostri del milletrecento ? Direni solo all' uopo nostro , che troppe sono le testimonianze per le qua- li vediamo essere stati que' secoli del nascere e del crescere di Roma , futura signora di lutto , secoli flo- ridissimi alla naturalmente beala penisola nostra , se- coli di un' aderenza , di una comunicazione conti- nua , di un commercio sommamente stretto ed atti- vo fra i popoli di questa parte più felice d'Europa e quelli posti olirà l'Ionio e l'Egeo. Ma facendoci più direttamente a raccogliere ed accrescere l'apposito frutto dalle fatiche inestimabili e dalle pagine del signor principe , noteremo , che le due altre importantissime collezioni di simili sto- viglie , e di corrispondenti arnesi etruschi , le qua» li già formano singolare ornamento alla citta del bel- lo antico , nacquero come suscitate dal fortunato esempio dell' istesso eccellentissimo principe. Dopo quella del sig. Gandelori , abbiam frattanto veduto quella del sig. Agostino Feoli , veramente copiosis- sima di lavori d'una suprema perfezione di arte , gran- di , varii , ed interessanti al sommo per le epigrafi, per la mitologia , e pe' costumi de' popoli : cosicché noi , dalla quantità stessa , e dalla difficolta delle isto- riate rappresentazioni , saremo costretti recare inco- modo altre volte al detto signore ed agli umanissimi di lui fratelli. Havvi poro la dio mercè una scienza , che in- vochiamo a reggere e difendere i nostri passi. Que- sta scienza , non acquistabile se non se con gli stu- dj più lunghi e difficili , al di sopra di tutto il pos- sesso che aver possa alcuno del greco testuale , o 3i6 Letterata HA degli scrittori conosciuti, consiste principalmente noi* la paleografia numismatica , in uu' altra paleografia più vasta , quella de' marmi e de' bronzi scritti , os- sia la[>idaria, in una terza vastissima sovra tutte , non terminata , ne terminalnle fra le odierne scoperte de' papiri ellenici d'Egitto , quella de' codici , o de' li- bri di ogni età. Di siffatta triplice scienza la prima diramazione , o la paleografia numismatica , è singo- larmente arcaica e nobile nelle monete italiche , cam- pane , osche , di Magna Grecia , di Sicilia ; ed oppor- tuna viene ad assisterci. La seconda o lapidaria , che dalle famose tavole della nostra Eraclea , le princi- pesse delle greche iscrizioni , stendesi per tante altre dell'Italia, delle isole più o meno lontane, e del con- tinente opposto, paesi affini, come vedremo, di ori- gine o dialetto ; a noi concede anch' essa il favor suo. Queste due diramazioni della scienza sono dop- piamente proprie degV italiani ; perchè instituite da principio , mantenute per essi in sommo splendore fino a'nostri giorni , e sovra monumenti altissimi , pri- vativi , e che s'aumentano , della sola terra toro. Il possesso di queste rende i nostri più franchi e più felici neir aOìdarsi al pelago sconosciuto di mano- scritti greci antichissimi , e venuti da rimote contra- de : il che noi stessi sperimentammo, avendo non ha molto , in compagnia del dottissimo nostro collega il sif. professore Emiliano Sarti , letto e spiegato pron- tamente un papiro di Tolomeo Filadelfo. Noi abbiamo amato e coltivato si degni studj fin dalla giovinezza ; e benché fra non prospere vi- cende , da' tesori della vaticana biblioteca , dagli archivi , ;'a' musei, dalle scavazioni di Roma, por- gemmo per lunghi anni a' principali dotti di Euro- pa le più convincenti e gradite prove dello zelo e delle fatiche nostre. Quindi fu, che avendo rico- Vasi KTRtscm 217 ìiosci'ato su' primi toreumi del signor ^principe mi maestro abbastanza illustre , Neareo da Reggio , su cui non può cadere controversia alcuna ; un Ando- cide , pittore noto , di cui la dimora in Italia go- demmo poi di vederci confermala da* numeri del Ca- talofjo iS. 40. e 55. ; un Tlepolemo , il di cui no- me sark nuovamente illustrato nell' elenco nostro degli artisti , e che in bella tazaa N.° i49- ' ^^"''^ visibile a ciascuno, è scritto nitidissimamente TAEN- nOAEME : KNvNvON , replicandosi nello stesso gi- ro della fascia bianca TAENnOAEMOs : MEIlOIEsEN ; passati al veramente insij^^ae triolo de' Gandelori , non appena , dalle vaghissime tre Aniazoni oplitidi , notate ciascuna col suo nome accanto , aveamo al- zato l'occhio verso la sommità del quadro e a si- nistra abjuaiito , che scorgemmo una greca lettera nazionale d'Italia , indicata di suo diritto in italici lavori , ed . a noi perciò presentissima. E questa una crocetta , di cui la linea trasversale , talora ad an- golo retto , talora oblicjua , ed alquanto più lunga che nel f etrusco , taglia la perpendicolare , o qua- si perpendicolare, alquanto più basso , che nella det- ta lettera etrusca. È questa la xi della famosa me- daglia nvXOES , del popolo Puxentinus in Luca- nia ,. unito col Sirino , e delle altre in cui si ab- brevia il primo nome IIvX , cioè Pufc , o P/jc (Se- stini, Classes general, tab. II. ?ium. 5. G. 7. 8). È la xi più antica delle medaglie de' Naxii , NA- XION, popolo o citta della Sicilia ( Torrcmuzza , Si- cil. niim. edit. 1781. tab. lAW. Num. a. io. li. la. i3. 14. i5 ) . È la xi della celebratissima tavoletta ospitale Borgiana , trovata in Magna Grecia , ed a tutti nota in Roma , nPOXENOI , APMOxIoAMOS. È la xi anche di lapidi greche transmanne , delle ce- leberrime Amidee di Laconia ^ delle ateniesi , Noin- ài8 Letteratura teliane , Baudeloziane in Parigi, e simili; com« in OxYAOY , cioè 02YA0Y ; e questa X , jcì , decussi , o crocetta piìi o meno divergente , incontrasi spes- sissimo con una s, o 2, aggiunta, onde distinguer- la dalla X , chi , o K aspirata ; poiché nel primo formarsi l'ortografia, o l'arte di scrivere, queste due lettere chi e xi , per essere affini di suono ( il che sanno persino i greci moderni ) , ebber comune o simile la forma , come in X2ENOXAPE2 , cioè SE- ltante da quella de' vasi , le mirabili tavole d'Eraclea , che sono appun- to della patria stessa di quel primo grande pittor nostro! Apransi almeno una volta le pagine di pro- digiosa erudizione dell' immortai Mazocchi ! Aprasi un libro di più recente data { E rcolanoy Papiri , to- mo II). Ciascuno vedrà , ne' frammenti d'Epicuro , una letterina come la = , fatta graziosamente con veloce calamo , la quale talvolta mostra juna tenuis- sima obbliquità nel tratto di mezzo , ed' indica per ciò l'origine della z posteriore, adoperata anche da noi ; ed ivi ella ora è Zeta , ed ora ( oh I mara- viglia) è sicuramente xi. Singoiar confrontazione di paleografìa , che reca vittoria pienissima e solenne anche allo sparuto e poverello Xeuxel Ciò dimo- stra , che i papiri Ercolanesi furono scritti ben pa- recchi secoli prima di Tito , e da calligrafi greci d'Italia , non d'altro paese. Questa è la notazione più^ positiva ed importante , che ricavar si possa da que' troppo miserabili brani. Ma contro quello zv«sis opponesi, eh' ei man- ca della E. Basterà , di graiia , invocare l'autorità di Quintiliano.? Questi n'ammonisce pure, che ve- teres popuU saepe vocales literas omiserunt , prae- sertim eas , guus syllaba nomine suo expriinit. La 222 LETTEUAfUttA sillaba è qui ze ; poiché non altro nome che il sil- labico ebbero antichissiraamente le lettere; come l'uso nostro vuole anche oggidì. Dalla zeta non era na- ta ancora la zita ; contro ciò che pretendono i gre- ci moderni. Di più , mostrò pure il bravo nostro marchigiano Lanzi , con molti ed innegabili esem- pi , che gli etruschi , popolo grecizzante al certo , de' dittonghi non poneano che una lettera sola. Co- si , nel secondo vaso insigne de' Candelori , con la partenza di Enea e d'Anchise da Troja , e con al- tre scene di quel memorando eccidio , il primo è scritto ANEAs , il secondo ANKlXHs (nuovo ed uti- le esempio della semplice K per l'aspirata forte X, chi , e della xi per semplice .?); e questo vaso ci da un bel saggio delle disposizioni e della manie- ra di Polignoto. Con tutto ciò , e contro il dato avviso nostro , quel primo nome si e voluto leg- gere e pubblicare per SKEAS , con doppio errore , e con reticenza del secondo nome. Così , nella taz- za del signor principe n.** SyS, in cui vedesi un gio- vane ministro porgere un* anfora , e piegare il gi- nocchio , leggesi KAAEHOnosniEss0r; , ciob KAAEI 'onflir niES6E , vocat ut bibatis: rappresentanza e leggenda veramente gentili ? Cosi , nelle molte taz- ze rheginae di Tlesone , abbiamo costantemente il genitivo NEAPxO per NEAPxOY ; mentre alcuni , a negar forse questa minuzia di antica lezione , ven- der ci vorrebbero NEAPxOS per genitivo ; seppure non e che sbaglio tipografico. Meglio sarebbe riflet- tere sulle varie vicende avvenute ne' varii dialetti antichi a' dittonghi , fatti variamente monoftonghi , o di un suono solo , da tempi rimotissimi ; e com- prendere quanto piìi a ragione i latini dissero Ae- neas , e noi loro figli diciamo Enea ^ di quello che i greci moderni dicano Enias. Vasi «truschi 223 Sotto l'antiguardo di si forti propugnatori , ac- corsi dalle falangi della scienza e della osservazione, noi non temiamo di accettar battaglia , e di vincerla anche per la terza scrittura dell' inclito nome EEsis , che ci provenne da tazza de' Gandelori ; nella quale v'ha un satirello , non già ascoforo , qual può ve- dersi presso l'egregio nostro sig. Capranesi , ma ben- sì «a-K07r«fs'nTi>ff , qui utrem 'vini plenum porrìgit. Se i dittonghi erano ambidestri ( e per ciò rileggasi quanto ne scrisse il precettore della scuola positiva, il nostro Lanzi ) , qui lo zEsis nella prima sillaba cammina secondo la regola del rivxoES per IlvSOEis nella medaglia lodata » del zirElES per sirEiEiz nel marmo tanto celebrato di Fanodico , del Bsroo- pOs per BOYAQPOS nel vaso flamiltoniano , e dell' EniKOPOi: per EniKOYPOS nella tavoletta di Borgia, l^er questa regola , nel bellissimo vaso N. io. 554» della II. centuria del sig. principe , abbiamo IIEAEs certissimamente per IlEAEvs : altri zEsis con eqmi va- lenti ci promette la tazza N. 87. 1676; e gli stessi avversar] citano un N. 191 5. della raccolta Ganinia- na inedita , ed un altro N. 17. della Gandelori ; su' quali pronuncieremo , allorché avremo avuto la for- tuna di esaminarli. Tò ZE vale adunque innegabil- mente ZEv. Venghiamo alla prima lettera della secon- da sillaba ris , ovvero Ali. Dicemmo , esser ella un sigma trisulco , di cui per detrizione era sparito un apice , o per isveltezza del pennellino piltorio appena «ra stato accennato il terzo apice , cosicché compariscono due tratti soli. Di questa forma di S noi sapremo additare ben molti esempj , allorché la splendidezza del signor principe avrà pubblicato i suoi facsimili. Sosterremo però frattanto , che il sig- ma fatto a due tratti soli uniti, e che noi chiame- remo augoloso , è forma di bea antica provenienza. 2^4 Tj E T f S U A T U a A Vuoisi vedere questa forma iti marmi ? Ella tro- vasi nel Paciaudi ( Monum. Peloponneso tomo II. pagg. 20 3. 3o8. ) Un bravo grecista d'Allemagna illustrò pure ultimamente un'arcaica iscrizione di Ate- ne, già copiata dal Pcysonnel. Nella linea \j di es- sa è scritto HNI0X02 ErBIBAxQN. Gudato dalla lingua , il valentuomo spiega BSBIBAzQN , ed appo- ne , per segno di suo dubbio , un punto interroga- tivo. Il tolga , in fé di scienza ; eh' ei lesse bene ! Quanto a'noslri vasi , questo sigma angoloso ( sia succedaneo al trisulco , sia collaterale all' antichis- simo lunato ) , talora vi comparisce di angolo acu- to , talora di ottuso ; e noi toccheremo fra poco di un superbo dioto di Canino N. i386, che vedemmo rapidamente tra quelli che S. E. facea disegnare, in cui quest' elemento polimorfo è d'angolo retto , ma capovolto in guisa che alla prima non si riconosce. Conseguentemente a tanti principj di evidenza , nulla monta , che alcuni affastellino dubbiezze , contrad- dizioni , lettere per essi soli non visibili , o non cer- te ; nulla monta , che affaccino sopra tutto nomi nh provati , ne provabili. Conseguentemente a tanti prin- cipj d'evidenza , la nostra lezione di zEsIs per zBv- Xls è inconcussa , quanto le altre due ; ed in es- sa , come nelle altre due , nulla v'ha di corrotto , nulla di sconcio a dirsi. Da censure o disapprovazioni di que' signori non vanno esenti nerami-no i nomi si limpidi e chiari delle tre Amazorti , eH il signillcato loro. Pare che ne- gar vogliano la formazione di Hothopyle. Ma de'no- mi composti da riYAH ne abbiam pure parecchi al- tri. Più severamente avvertono, che Àfiéó) scriver s debbe collo spirito lene , non già con l'aspro ; e poi falsamente aggiogano con Mica , non già il suo ver- bo circosirtesso , ma bensì un baritono , che protesti»- Vasi ktih;«chi aaS mo di non conoscere. Turpe ci sembra l'ignorare, che gli antichissimi popoli abbondavano di aspirazioni , come discesi da' primi letterati , gli ebrei, e dalie na.- zioni che se ne propagarono in oriente : più turpe l'ignorare, o l'infingersi di non sapere, che l'abbon- danza delle aspirazioni è tutta propria del più alto e grande atticismo. Quindi HOTHVMENE, HELPIS, HEROTION , HAORIANVS, in lapidi nostre; AAaà- Jlxi , e cento altri vocaboli , che vanno con lene in comune , scritti con l'aspro ne' migliori codici. Per- sone fornite di buoni ocelli , le quali trovaronsi pre- senti a caso in una seconda ispezione nostra di quel singolare dicrorao, riconobbero concordemente, che in HO0onvAH , come in tutti gli altri nomi , le lette- re sono tutte certe , nette , lampanti. A confermar con esempio la prima parte da àS5 , ci si offre im- mediatamente il nome di uno de' tremendi Aloadi , ch'è Othas in ottimi manoscritti. Secondo le vivide fan- tasie de' poeti , costui sospigneva le montagne , co- me il compagno Efialte o le lanciava , o sovra esse saltava. Tutto animavasi di apposita significanza ed espressione , tanto ne' nomi prodotti da' primi canto- ri del mito , quanto negl' inventati da' nostri dipin- tori , seguaci di Polignoto. Che veggasi fìrof in al- cuni codici , è per un dialetto jonico ed eolico , per un uso popolare , che ama le semplici , elimina le aspirate. Lasceremo quindi al Munckero ed al Vaa Staveren V Orecchione , di cui si deliziano ( y. eos- dem ad Ily^in. voc. Otns ). Andromaca era già co- nosciuta fra le Amazoni ; e ne consegne , che la so- la ignota Otopile provenga forse dalle Aniazouie perdute , o di Egia Trezenio , o di Poside Magne- te , o di Onaso , ricordato dallo scoliaste di Apol- lonio Rodio. La grazia poi e l'ingegno della com- posizione Zeusiana ! Otopile d'anliguardo è colei che G.A.T.XLIII. .5 22C) Letteratura irrumpit , o se ipsiiin iniinilLit per Iiostilium civi- taliuin portas ; Antiope , la priiicipal coadottiera di quella impresa , h collocata in mezzo , e suona la lunga tuba , inveuzionp certissima de' tirreni ( e di questa veggasi l'unica efletti va di bronzo fra le più insigni rarità de' sigg, Feoli ) ; Andromaca , la ca- pitana del terzo stuolo di retroguardia , non \ an- cora intieramente armata : ella tiene ; magistral pen- siero ! , la sua gran casside alto crislata avanti il petto. Glie la patria del nostro Zensi fosse poi , come accennammo, l'Eraclea italica, posta fra Taranto e Siri , paese di cui gli abitanti delti furono eracleo- ti , non lunge da Crotone , era già stato avverti- to con bella ragione da due dottissimi cinquecenti- sti , Giovanni Giovine ( luvenis ) De antiquitate et varia fortuna Tnrentmorum , e Gabriele Barrio De anticpiitdte et sita Calabrlae ; le quali due ope- re sono molto note per le stampe. Ci fa quindi non poca meraviglia , che di ciò restassero ignari , e Car- lo Dati , ed il Giunio aumentato dal Grevio , e gli accademici Ercolanesi , eh' ebbero ad illustrare di- pinture manifestamente derivate da' capi d'opera dell' Apelle italiano. Maggiormente però stupir dobbiamo del Winckelmann , uomo che aveva dedicato s\ lun- ghi studj air istoria dell' arte , non die del suo an- notatore nella edizione romana : ma precipuamente stupir dobbiamo del Sussone clie fattosi abate ro- mano , ed alunno di quegl' immortali Albani , non conoscesse l'edizione accresciuta dell' opera dei Bar- rio , fatta in;Honia pei tipi didl' Ospizio Apostoli- co , e dedicata al Sommo PontcHce Clemente XII. l'anno 1737., dall'abate Aceti cosentino, benefiziato della Basilica Vaticana. Gli argomenti di giusta in- duzione promossi da que' vaiolosi , acquistali ora un "Vasi ktruschi 227 fji-atlo maggiore di certezza pel fatto delle nostre letterale .stoviglie. Di Zelisi eracleote , del RalFaello nostro ante- riore di tanti secoli all' urbinate , fra le vaiie no- tizie die ne abbiamo raccolte , già baslevoli a tes- serne una più cronologica ed ampia vita , tocche- remo di passaggio per ora , eh' egli ebbe l'onore di essere celebrato come il sommo nell' arte dalle quattro penne pii^ illustri ed auree della Grecia , Isocrate , Senofonte , Eschine Socratico , e Platone. Questi avea formato di Ini n-^I Protagora il massi- mo degli elogi, mostrandocelo uno della insigne co- mitiva di Socrate ; e tale nel magistero dell' arte sua, che poneasi a paragone di eccplleuza con chiun- que sommo in altr' arte o scienza : quel giovinetto Zausippo eracleuta , che di teste venne in Atene. Crediamo che un tale luogo di Platone non sia sta- to finora posto a profitto , né dal Giunio , ne da altri eruditi ; perchè non seppero , o pensarono , essere il nome zei>|/5 puro accorciato accarezzativo , uTTOKO^fffTiKoi' , dell'intiero zgy^/TrTroj ; il che dimostre- remo pienamente a miglior occasione. Plinio , con quel suo scrivere più rapido del fulmine , avea pu- re indicato la gita di Zeusi ad At'^ie : ma se que- sti , appena giuntovi , fu da qne' grandi giudicato grandissimo , non, avrà egli certamente appreso l'ar- te da Apollodoro ; avrà hensi osservato le opere di quella scuola , e date pròve solenni della superio- rità sua. Egli lasciò cola il capolavoro maraviglio- so e celeberrimo della Gentauresia , quello della Ele- na , e nel tempio di Veneie l'altro dell' Amoro in- coronato di rose; per cui fu tanta l'ammirazione degli ateniesi , che penetrò fino all' amaruiento de- risore Aristofane. Dalle pistole di Platone sono pur notissime l'amicizia e le obbligazioni , che slringeu- 328 Lettehatura no l'avveduto filosofo viaggiatore agli uomini esi- mj per ogni autorità e sapere , che allora fioriva- no in Taranto , nelle vicine citta , per tutta la Si- cilia ; e chi non credesse a documenti si forti , ne- ghi fede all' arringa di Temistocle presso Erodo- to ( lib. Vili. 6a. ) , in cui Siri eracleotica è det- ta : nostra ( degli ateniesi ) , e da molto antico tempo. Velocemente scorse tali cose , non veggiamo perchè gli oppositori abbian da muovere tanto pia- to su' notevoli e non pochi vasi , che attestano gli atli , o premj ricevuti ne' ludi attici ; fra' quali bel- lissimi sono il Caniniano N. B07. TON A0EKE0EN AQAON , STAA O ANAPON NIKE, de proemiis cei- tamlniun ex Athenis , stadi i in ter vi ras adultos viatoria , e quello della raccolta Feoli , con dipin- tavi la corsa del celete. Piìi strano ci sembra , che un uomo erudito ed esperto abbia potuto spiega- re queir A0ENE0EN per ASDVsav , o AfluviXJav , delle Atene ( città ) , o delle feste Atenee. Che negli spet- tacoli solenni della Grecia orientale gì' italiani fos- sero i più famosi , ed i più frequenti vincitori , tanto nelle atletiche prove tutte , quanto negli eser- cii) equestri e regali delle corse de' cavalli e de'coc- chj , è un fatto isterico ben conosciuto , e dimo- strabile almeno dall' elenco di Olimpia , se man- cano disgraziatamente le memorie degli altri ludi. GÌ' italiani adunque formavano una sola nazione Co' greci transmarini ; poiché ammessi erano a quelle solennità , delle quali nulla v'avea di più domesti- stico e sagro fra essi. Che diremo quindi della du- bitativa gittata dagli avversar] , con cui negar sem- brano , e concedere ambiguamente , che nel paese de' vulcienti esister potasse nna picciola ed ignota colonia greca sulT estremo lido ? Indipendentemente da tutto ciò , e per monumenti anteriori , sareb- Vasi etruschi 229 be forsR a noi clilficile il provar Cosa de' vnlcien- ti cittk di ellenica stirpe , quanto Cere o Agilla , Telamone , Volterra , Cliiusi Camars , ed altre che cingevano i confini di quell'etrusco circondario? E perchè vuoisi confondere Vitulonia , o Vetulonia , con Populonia , la quale , per un' autorità di Po- libio recata da Strabone ( Geographnnien. e Puijb. fra^m. libri /^. ) , e per tutti gì' Itinerarj , n'era lontana le buone decine di miglia ? Perchè con- trovertere la lezione viQAONOTEI, la quale, se (co- me crediamo , e vedremo co' proprj occhi ) ha il T etrusco , significa certamente l'^italoniatae ; giacche l'appellazione di qua' popoli fu resa per Oi;6TI'Ai4)I//5t«( dall' esaltissimo Dionigi d'Alicarnasso ? Miglior profitto sarà passare a lieta e pacifi- ca messe de' campi latterarj di Canino. Inaspettata e grande istruzione di paleografia italica primitiva diedeci l'accennato magnifico dioto N. i336. ; e que- sta istruzione rifulgerà sugli occhi di ciascuno , al- lorché il sig. principe ne avrà pubblicato il dise- gno. Contien' esso due quadri di composizione di- versissima , e di due diflferenti artisti. Il primo qua- dro è trojano , e tutto serio. Ettore si arma fra la madre e il padre. HEKA^E scritta all' orientale : HEKTQP scritto tutto a rovescio , cioè con lettere poste a capo all' ingiù , per chi guarda il quadro rettamente. Ciò e poco. Segue subito EPA*sEN ; ed Ettore certamente non è il pittore. Poscia riplAMOs ; EV0VMIAES ; e di la del bastone del vegliardo HO- nOAlO. 1 tre punti adunque , notissimi ne' monu- menti etruschi , avvertono che saltar si debbe di sopra , e leggere Ev©\ MIAEs ErPA*sEN Cos'i nPIA- MOs resta unito ad HO nOAIO, cioJi ò -B^oA/òs , il ca- nuto ( benché sia egli rappresentato solamente mol- lo calvo , con pochi capegli scuri dietro la nuca ; aSo Lettbxatb&i o perchè ciò bastava in ritratto di tradizione , o perchè ciò fosse comandato dalla regola de' dicro- mi, ch'ecceder non doveano i due colori ). Questo Eutimede da Plinio è collocato fra' dipintori non ignobili , ma tuttavia da mentovarsi di passapjorjo. L'altro quadro e Bacchico ; ma lutto facpto e scher- zevole. Neil* indicato luogo di tassello dell' autore , T'^Aes all' orientale ; poscia una seconda riga di ySou- (rr§o{pnJ\ov affatto nuovo IO-- j.^ ; poiché le lettere so- no volte contro il consueto della seconda riga » la quale camminar dovrebbe all' occidentale. Certo è tuttavia TiiAEs no:sE , pel sigma angoloso rovescia- lo , di cui abbiamo parlalo antecedentemente. Di un artefice Tele non troviamo memoria alcuna ; e pro- babilmente anche questo nome sarà un accarezza- ti vo di Tdecles , TcL^phanes^ e di tanti altri com- posti da TsAs , o TuAs. Pii!i curiosa è la scena sot- toposta. Tre vecchioni travestiti , ed in tutta leti- zia di festa su' vini , compariscono in vivissimi at- teggiamenti , e sotto nomi sommanìente acconci ed espressivi. Il primo a destra di chi guarda è eTe- AEMOs , ditctor populi , vel turbae Bitcchicne ; il secondo KOMAPXOs , 'die qui comissantium saliatio' nem incipit ; e di fatti vedesi gik muovere con ve- ra espressione a rustico ballo ; il terzo più ornato degli altri ( a qualunque spositore , il grande iero- fanta , o il nume stesso in foggia tutta orientale o indiana ) , con tazza di due alte anse in mano , già vacilla, ed accenna di cadere all' indietro , pel trop- po vino. Egli non ha nome accanto , ma bensì que- sta veramente Bacchica iscrizione : HOs OvAeIIOTe EV*PONIOs , uf nunqiuim est ( ebriiis scilicet ) Eu' phronius. La bella ironia ! Eufronio è pittore o ar- tista conosciuto da altro numero del sig. princi- pe , a5. 5G8. O Tele adunque ha voluto deridere Vasi eiruschì aSi gentilmonte l'amico vinoso Eufronio ; o ristesse Eu- fionio ha scherzato sulla propria debolezza. Qui nul- la v'ha di arcano : tutto è domestico e civil fatto. Pili che le teorie contemplative di filologi melafi- sicanti , conoscer dobbiamo gli uomini , quali furo- no e sono ; j)oichè trattiamo opere d'uomini. Questa semplicissima spiegazione vale bene i tanti occulti e prodigiosi riti, le interminabili all«gorie, le trasfor- mazioni continue , i voli celesti ed infernali. Fra le spoglie di popoli e città , che nello splen- dido e lieto vivere andavan del paro con Turio Siba- ri , Taranto, Metaponto, Capua , e* Siri nostra de- gli eracleoti , state già di tanto stupore alla Gre- cia tutta d'oltra mare, non mancano però buoni av- vertimenti molali , ed esempi di bella rirtìu Da un amico ci fu mostrato , non è gran tempo , il dise- gno di un vaso campano , in cui due donne fan- no all' altalena sovra una trave posta in bilico. La prima , b^^lla e molto ornata , è gik salita in al- to sulla estremità destra della trave ; e porta scrit- to APX EIA , ea qiiae vitam incipit , vel vini suam exserit ; l'altra, sparutella e meno adorna, è disce- sa corrispondentemente dall' altro lato a basso» ed ha il nome di NAIIAAINA. Restituita per due ragio- ni k A iniziale , risulta manifesto ANAflAAiNA , no- me fatto dall' avverbio hx7rx\iv , ea quac in con- trarium , seu retrursum abit. È questa una piace- vole ammonizione di veri sapienti sul rapido e co- stretto corso della umana vita ; ed insieme un pez- zo d'evidenza , che reca allo studioso non sistema- tico largo frutto di archeologiche positive riflessio- ni. Non v'ha dubbio che simili nomi erano inven- tati , formati e posti a luogo in tavole anteriori a quella di Cebete . Meglio comprenderemo per ciò l'avviso prolungato di Pavisania (Phuc seu libro X a32 Letteratura cap' aS 2 et sequ. ) , intorno a Polignoto , che nel- la sua grande opera in Delfo o-vi/éfluKev , composiiit , egli stesso creò la maggior parte de' nomi , gì' in- ventò di pianta. Polignoto , per la somma riveren- za portala in que' secoli alle istituzioni ricevute , non si sarà discostato dal fatto di pittori più an- tichi ; ed i coetanei e posteriori avranno imitato ben volentieri l'esempio suo. Ci sembra , che questa con- siderazione non sia stata finora tenuta presente da coloro che focersi a spiegare mitografie di vasi e di .pecchi etruschi : e ci sembra , eh' ella meriti onni- namente di stafe in principal prospetto agi' illustra- loii , onde non gettino le ricerche , gli studi e le fatiche loro in vano. Documenti di bella virtù ci provengono da una classe novella di tazze , ciie abbiamo scoperta esa- minando persino i frammenti di sì delicati loreu- mi ; le quali tazze debbonsi chiamare ospitali e sa- lutatorie. Incoraincian esse dal semplice XAIPi:: , sal- ve , scritto nella fascia biancastra che le circonda al di fuori ; progrediscono in XAIPe KAI Uli , ovvero niEl , ed anche nicIS , a gran dispetto de' gram- matici , saL'iis sis , ac bibas ; s'innoltrano in XAIPs KAI niEl Kv , sah'us sis^ ac bibas bene ^ ed in XAIP« KAI niEI Tj:NAe , sahus sis , ac bibas hancce. Più bella ed interessante, per l'istruttiva e difficile scrit- tura , è questa del sig. Depoletti : XAIPe KAI PIO eMe , sah'US sis , ac bibas me , cui si aggiunge dal- la parte opposta , xAPIT^s eNNeIsI , per eNiìISIN , con geminazione di consonante già nota in questi dialetti , Gratiae insunt. Grazie triplici due volte son queste , da parte dell* offerente eh' esibisce così l'umanità , le dovizie , la sua casa ; da quella dell' invitato che trova onore nell' atto , ristoro nella ec- cellenza e quantità della bevanda , piacere nella dot- Vasi etruschi 2 33 la eleganza della coppa. Il sig, Depoletti artista ro- mano ha portato da Napoli la sua bella serie di sto- viglie Campane, non che molte cognizioni sovr' es- se ; e co' figli le ristaura eccellentemente nel suo stu- dio a strada Condotti. Se alle riferite tazze ospi- tali aggiungasi la Caniniana N. 675. , di cui par- lammo pili sopra, col giovane ministro che piega il ginocchio , e vocat ut bibatis , chi mai non senta «eir aaimo che ascendiamo a'terapr più Leati e pa- triarcali ? Nuli' altro quindi fantasticar si dee, nel vedere fra le mitografie de' nostri cimelj un' eroina che porge la tazza , un eroe che l'ha ricevuta. Ciò dimostra il solo arrivo e l'ospitalità. Tutto era domestico in arnesi del pili domesti- co uso ; e per ciò l'umana nequizia vi scorrea pure talvolta in ischerzi licenziosi e satirici. Di tale spe- cie tengasi a nostro avviso il dioto di Canino N. ioo4« in esso da un lato havvi bella tibicina , che dice KAA02 £l , pulcer es. Dall' altro, un vecchio amo- roso , poiché coronato di fiori , e che s'appoggia su bastone fatto ricurvo come augurale , o per verità della usanza , o per vaghezza pittorica. Gli si so- scrive 'oYA.nOT.: STìfiiI ,^rOL Per chiara intelligen- za di ciò rimanderemo gli eruditi all' Antologia , ed a quel famoso Aarvòcvcc^ yevò^inv. Nella infelice scarsezza nostra di libri , non sap- piamo se alcuno abbia finora trattato di uno stra- no e particolar seguo , composto di due , quattro , ed anche piìi occhi , ma sempre di numero pari , che comparisce molto frequente su questo vasellame. Da' pratici diconsi occhioni ; poiché sono veramente spa- ventevoli e smisurati. La frequenza n'indica l'impor- tanza ; la quale si accresce ora , che oltre tutti i geroglifici dell' Egitto , quello dell' occhio singolar- mente ( ma sotto varie non sicure versioni ) è prò- 234 Lettehatura palato fino a'bottegai. L'emblema o geroglifico no- stro non è però un occhio umano. A spiegarlo , basta , una buona cognizione degli autori , ed al- meno delle romane antichità. Troppo è nota la mi- tistoria originaria de' tirreni ; eh' eglino corseggia- vano il mare , che n'erano signori , che fecer cat- tivo Bacco lidio ; che manifestatosi quel nume , la nave predatoria fu tramutata in alberatura di pam- pini e d'edera , gli assalitori cangiati furono in del- fini. Gli occhioai sono realmente ocelli di delfino; ed a persuaderne pronto era Filostrato {^Imag-lib. I.XIX)' La nave de' tirreni ( ei dice ) , a spaventare chi ne la incontrasse , ed a ciò sembra^^se loro una belva , di turchinicci colori era dipinta , e con occhi for- midabili , dalla prora ella , per così dire , feroce- mente guatava. Il dottissimo Polluce accenna {Uh. L cap. IX. 3.), che sopra l'acrostolio , dove dieesi la piegatura , v'era l'occhio , in cui scriveasi il nome della nave. Ciascuno può vedere gli occhioni fat- ti di una grande pupilla nerissima , sovra un bul- bo corrispondente turchiniccio , e con sopracciglia di mostro marino. Gì' ingegnosi artisti grecotirreni , da questo simbolo o insegna nazionale , avean ri- cavato un episodio di ornativa bizzarra , che re- plicavano a doppio , ovunque il campo loro il per- mettea. Con ciò attestavano la signoria de' mari , e le origini più remote del popolo primitivo d'Ita- lia. Presso il sig. Depoletti osservinsi , un bellis- simo urceolo monoto Campano , in cui , sotto gli occhioni , è più chiara la delineazione della testa di delfino , condotta in capricciosi tratti d'ornatista ; un fittile più antico, in cui la birerne famosa, con un occhio solo al rostro, poiché veduta di fianco; non che varie tazze , ed aruteri , o MTvKt(TMi fxói/a- Toi , come li app'Jlla Polluce ( fitti p^r altingore Vasi ETRuacHi s35 il vino da tazze maggiori ), che fra gli occhioni han- no vaghi encarpi di edera o di pampini. Presso il medesimo in una tazza pregevolissima , benché fram- mentata , Nicostene pittore , a noi noto da' nume- ri a'yS. 567. e i5i6 del sig. principe , ha voluto mostrarci come scriveansi i nomi delle navi su gU occhi : ha scritto N;KOjGsNì:s in un sopracciglio d'oc- chione , ed EllOlia-.N neir altro; nuova e curiosa maniera ! Replichiamo , che la serie del sig. Depo- letti proviene da Nolane dalle altre citta della Cam- pania e della Magna Grecia. Questi serie ci pre- senta Fistessissimo gusto , le istessissinie fogge di lavori e di simboli , onde si adornano i vasi vi- tuloniesi o vulcienti : e da essa quindi la precipua tesi del sig. principe e nostra , che gli etruschi o tirreni signoreggiarono su tutti que' paesi , e con que' greci formarono un sol popolo , ne' secoli an- teriori e coevi alla fondazione di Roma , resta so- lennissimamente confermata. Vogliamo sperare , che le presenti povere fati- che nostre incontreranno miglior sorte di quella di un cenno da noi dato sul nobilissimo bassorilievo Falisco del fanciullo figlio della terra nostra , che fu rispinlo con parole : // creduto Tdgete ; di quel- la d'altri cenni sul nome della citta in cui fu sca- vato f Colonia lunonia Faliscorum , non già Fa- lerii ; e sulla sublime statua Giunonale Argiva. As- sicureremo però, ciio il diligentissimo Dionigi d'Ali- carnasso (^ lib. [. 21.), ci assicura di aver viisita- to quelle due citta vicine , attcstateci anche da al- tri classici autori , e di avervi riconosciuto tutto di sicelico esemplare , o sia grecoitalo primitivo , e di argolico , persino negli edifizj. Frattanto la scienza che invocammo a nostro soccorso , diede luogo ad utili e degne discussioni. aZ6 LETTB&ATUfil Desideriamo di non più sentire asserirsi , clie i fit- tili della Campania , e di altre contrade d'Italia , sien provenuti dalla Grecia dell' opposto conti- nente; di non più sentire pretendersi, che ne' vasi Campani , quasi a differenza dagli Etruschi , tutto debba essere scritto in maniera di greco perfezionato, e nella seguita ortografia; di non più sentire du- bitarsi delle scritture condotte per tutte le direzio- ni , delle lettere mancanti , miste di forme , poste di fianco, rovesciate, capovolte. Se una diffidenza di tal fatta sarà per continuare , i dotti paleogra- fici , gli esperti e principali numismatici ( e que- sti , grazie al cielo , sono tutti vivi e fiorenti ita- liani; pochi stranieri che v'hanno, seguir debbo- no i nostri ) f gli esperti e principali numismatici tutti sorrideranno. Quanto noi scrivemmo i primi su queste materie , quanto assumemmo da principio , è ora più che abbondevolmente dimostrato. Ad un picciolo , ma pure non ispregevol sag- gio di spiegazioni , siamo noi giunti , per la sola magnanima impresa di S. E. il sig. principe di Ca- nino , e pel Catalogo da lui pubblicato. Niun' al- tra , o ben poche sono le imprese , o le opere d'og- gidì , che condur possano a sì nobili frutti di am- maestramento e lame universale. Per essa incomin- ciamo a leggere i caratteri , a conoscere le costu- manze de' maggiori nostri , che il corso di tanti se- coli , e la sopravvenuta barbarie dilegualo aveano dall' istoria. Quanta esser mai dee la riconoscenza nostra verso il sig. principe , e verso gli altri gen- tili die l'hanno imitato ! Desideriamo ardentemente , che il tempo e le circostanze ci concedano di pos- sedere con esattezza le epigrafi tutte della immensa collezione dell' istesso sig. principe. L^ signorili spe- se ne' disegnatori e ncgl' incisori , e le accurate di- Vasi eteuschi 287 ligenze eh' egli vi continua sopra, ci readeranno pa- ghi fra non molto nella massima parte. Ma. vuoi- si considerare , che in una serie di monumenti , si nuova e sconosciuta finora per la istorica rilevanza delle sue iscrizioni , gli ultimi fra essi non posso- no non ispargere raolt' altra e decisiva luce su' pri- mi, e su' noti per lo avanti; che a ciò conferirà pur molto la ripetuta ispezione d'occhio esperto e non fa- cile a pronunciar tosto , nelle parole, o ne' segni , che lasciato l'abbiano dubbioso da princìpio. Dopo i nomi de' pittori, principal divisione della positiva nostra scelta , ci stanno particolarmente a cuore al- cuni nomi di paesi o citta , che abbiamo veduto di passaggio una volta, sola , ed i graffiti ne' fon- di de' vasi , che indicano , a ciò che pare , i nomi de' flguli , e la cittk o luogo della fabbrica loro. Pervenuti che saremo ad averne un intero elenco , allora ogni desiderio nostro sark compiuto. I signori dissenzienti potranno intanto accedere a' principi ed alle massime della unica vera scuola eh' è l'italiana , loro additata dal sig. principe , più che da noi ; ed in tal guisa produrre degne spiegazioni delle mitogra- fie , alle quali attendono da lungo tempo , e per le quali hanno l'agio , i libri , e le corrispondenze che a noi mancano del tutto. Sapremo quandocchè sia far plauso alle dotte fatiche loro ; come il fac- ciamo ad ogni buona e lodevol cosa. La contentezza nostra allora sarà molta ; posciacchè a noi non può essere che lieto il trionfo della venta. 238 Sulla presidenza àHle strade ed ncque, e sua g'U^ risdizione economica. Opera di Niccola Moria Ni- colai divisa in due tomi. Roma nella stamperia della rei', camera apostolica 1829. M, onsigBor Nicolai nella lunga via degli onori , che. di gran cuore lia calcata dai primi anni alla già in- noltrata vecchiezza , si è doppiamente reso merite- vole della riconoscenza della sua Roma ; si perchè ha egli retto ogni uficio quanto potevasi il meglio; SI perchè ha voluto che il frutto delle fatiche da lui durate, e della sua tanta esperienza , vivo , per cosi dire , si mantenesse nelle scritture che ha com- pilate ; onde coloro che negli uCci gli succederanno possano valersene a pubblica utilità. Allorché il eh. autore diedesi giovinetto allo stu- dio delle leggi ed alla eloquenza del foro , vide le frodi che si operavano a grave danno dei debitori , i cui beni erano venduti all'asta < e compassionando lo stato di que' meschini , scrisse un libro Sulla de- positeria urbana , con che pose freno agli appalta- tori delle tasse , che abusavano i loro diritti. Fu quindi eletto a fiscale delle rev. fabbrica di s. Pie- tro-; ed allora compose e pubblicò i quattro libri De vaticana basilica divi Petri. Il sommo pontefice Pio VI, che ebbe veramente Alma real degnissima d'impero , e al cui sguardo investigatore non si celavano gli uomini dolati d'ingegno pronto ed opero^io , quale Presidenza dblle strade 23/) e quello del Nicolai , volle iiistituito per lui un uficio del tutto nuovo; e lo nominò quarto sostituto della camera , pevcliè soprastesse alla grande impre- sa del Lonificamento delle terre pontine. Ne io spen- derò qui parole narrando com' egli in questa no- vità d'uficio si mostrasse di mente acuta , e di cor- po invincibile alle fatiche , perocché ogni mia nar- razione sarebbe scarsa appo il vero: e lascio clie in mia vece ne facciano ft-de e la pubblica fama che ancor ne suona vivissims , e (|ue' libri che in nu- mero di quattro egli pu])blicò sul territorio pontino: dove non sai se sia più da commendare la parte sto- rica , ovvero la economica e la idrostati«a. Ap- presso sostenne di ijrado in grado gl'incarichi di ter- zo, di secondo, di primo soblitulo , e rmalmcnte di commissario generale della camera , e vesti l'abito di prelato. Dopo il termine delle pubbliche vicissitudini fu chiamato dal santissimo pontefice Pio VII all' ono- revole uficio di segretario della congregazione eco- nomica , e lo resse per lo spazio di anni quattor- dici : nel qual tempo empio dieci volumi di ma- terie giuridiche ed economiche, massime sulla liber- ta del commercio, sulla utililk che deriverebbe nella agricultura dalla abolizione della servitiì de' pascoli , sull'incoraggiamento che dovrebbesi ai manifattori, suir abuso de' porti franchi , sulle leggi delle doga- ne a'confini , e su altre cose di simil genere. Com- pilò eziandio quella bellissima opera, che va per le mani e per le bocche di ciascheduno , il cui ti- tolo è : Salla campagna ed annona di. Jìoma : ed in tal guisa diede a conoscere quanto giustamente fosse stato a lui commesso l'uficio di segretario del- la congregazione del censimento , e quanto bene gli fossero poi alìidati gl'iucaiichi prima di presiden- i^o Letteratura te, poi di chierico della camera apostolica; non che di presidente delle strade , di prefetto dell' annona , e all' ultimo di uditore generale pur della stessa camera j al pieno tribunale della quale presentò egli un trattato intorno i privilegi e le giurisdizioni di esso tribunale , e de' presidenti e de' prefetti chie- rici ; e molli sono in desiderio di leggerlo , peroc- ché non è ancor pubblicato. Ma se monsignor Nicolai ne' menzionati ufici non fu mai vinto da niuno , in quello di presidente delle strade e delle acque, che venne fra il chiericato di camera e la prefettura dell' annona ^ certamente vinse , non che altri , ma se medesimo. E noi dob- biamo sapergli buon grado dell' aver data in luce l'opera della quale vogliamo tener proposito ; im- perocché in essa avranno i futuri presidenti delle strade una sicura guida , che gli ammaestrerà intor- no il giuslo regginianto di quello uficio. Ma non prima entreremo in materia , che sieno state da noi rammentate quelle opere che dal Nicolai furono com- poste , non come pubblico uficiale , ma come uomo di lettere. Imperocché avendo egli nelle opere qui sopra registrate dato a vedere quanto vasta fosse la' sua erudizione rallegrando e adornando di fiori istorici e filosofici i campi aridi per li quali ag- gii*avasi; avvenne , che le accademie piiì altamente riputate in Roma ( e tacciomi delle straniere ) lo in- vitarono ad essere non s\ loro socio , ma loro rego- latore : ed egli ben rispose all' invito , accrescendo colle sue dotte fatiche lo splendore di que' consessi. Adunque dettò leggi per l'accademia de' lincei , ne fu creato presidente , e scrisse Sulla utilità delle scienze applicate alla pratica. Fu eziandio eletto a presidente dell' accademia di archeologia , e tiene tuttora quella onorevole sedia per unanime consen- Paesioenia delle ktradb 241 limento de' colleghi : dalla mente de' quali nh cad- de ne cadrà mai come egli fu operatore che il ge- nerosissimo animo dell' immortale Canova dotasse l'ac- cademia archeologica di un annuo dono di scudi seicento , e come dopo la morte di lui diede opera che Pio VII , principe muniflcentissimo , statuisse clia quella stessa soraraa dovesse essere per innanzi pagata dai pubblico erario. Laonde potè il Nico- lai far pubblicare in tre grossi volumi in /^° tutti gli atti dell' accademia. E fu ne' primi anni della sua presidenza che egli scrisse una grande opera , gik pregevole di per se stessa , e dappoi venuta in pregio anche maggiore per una pubblica cala- mita: voglio io dire l'opera Sulla basilica ostiense ^ ornata di XVIII tavole incise in rame, le quali rap- presentano ciascheduna parte di quel gran tempio , che fu dalle fiamme miseramente distrutto. Ne per ultimo tacerò com' egli ha fatto lettura nelle adu- nanze accademiche di alcune parti di un libro, ove, mercè di scritture la più parte inedite , si è dato ad illustrare i luoghi della campagna romana che or giacciono soli ed incolti , ma che furono abitati ed in fiore , non solo ai tempi dell' asitica gran- dezza nostra , ma sì pure a que' secoli che si me- ritarono nome di barbari. Lavoro degnissimo dell' autor suo 1 perocché da ciò che quelle terre già furono , e più non sono , desume egli la conseguen- za di ciò che potrebbero pur essere. Ora volendo noi fare un breve sunto della re- cente opera del Nicolai , la quale ha egli intito- lata yii magi sfrati delle strade , seguiremo l'ordine de' capitoli , che nel volume I sono XIV. Il pri- mo tocca l'origine del tribunale delle stiade. E qui l'autore colla usata sua erudizione discorre la cura grandissima che delle pubbliche vie ebbero , uou che G.A.T.XLIII. iG 242 Letteratura i greci e i romani , ma quelle nazioai eziandio , che da essi , perchè stianiere , orgogliosamente fu- rono chiamate barbare. Dove , parlando egli della nostra Roma , tace per modestia d'animo ciò che la storia ci attesta : ed è che que' cittadini i quali avevano lodevolmente guidalo il ministerio di cura- tori delle vie , erano sempre dalla repubblica innal- 2ati alla^ pili grande dignità che fosse a que' tempi , Toglie io dire al consolato. Leggasi in Cicerone la prima delle pistole ad Attico, e vedrassi come egli , postosi ad investigare quali sarebbero stati i consoli neir anno di Roma G90 , fermò la sua opinione in Ji. Cesare e in Termo , perchè Cesare aveva per se il puliblico grido , e Termo era curatore delia via flaminia. Né v'ha chi non sappia , come il maggior Cesare sali giovane al consolato , mercè dell' uflcio di cuiatore della via appia: uficio eh' ei resse si no- ])ilmenle , che ne acquistò la pubblica benevolenza. Dopo ciò scende il eh. A. ai tempi piiì a noi vi- cini , e mostra come il senatore e i conservatori di Pioma t'3nnero lungo tempo la dignità edilizia , fin- ché il pontefice Martino V , d'immortale ricordan- za , a'di 37 di febbbaio i/'[2S pubblicò la costitu- zione : Efsi cunctorum t che fu primo fondamento di tutta la giurisdizione del tribunale delle strade. Poiché 1 A. nel cap. II ha posta direi quasi in bel prospetto l'opera sua , passa nel cap. Ili a ragionare della forma e della giurisdizione del tribunale delle strade da Martino V a Pio VII' li narra come Martino V sottopose le strade alla giurisdizione de' cavalieri maestri : ove è bello da notare un singolarissimo privilegio loro concesso : conciofossechè venisse stabilito che i cavalieri mae- stri non potessero essere costrclli a rendere conto della loro amministrazione a magistrato veruno : pri- Prksidensa delle stuade a43 vilpglo che fu poi annullato da Giulio ITI , il quale ■volle che dovesseio in ciascun anno rendere regione del fatto loro alla camera apostolica. Narra quindi TA. come , per decreto del pontefice Sisto IV , il cardinal camerlingo fosse preposto al tribunale delle , strade insieme coi cavalieri maestri: come questi sten- dessero per lungo tempo la loro giurisdizione anche sui chierici % come questa sfrenata autorità venissat loro tolta dal santo pontefice Pio V i come infi^ne la presidenza delle strade fosse affidata ad uno de* chie- rici della camera. All' ultimo parla delle costituzioni d'Innocenzo XII e di Clemente XI , i quali molti utili provvedimenti fecero sulle strade ; e furono ta- li, che quella magistratura gli ebhe a guida per ol- tre un secolo ; finche quel grande restauratore delle cose pubbliche , che fu Pio VII , col motu-proprio de' 33 di ottobre 1817 riordinò, corresse, ampliò le leggi appartenenti alle strade, secondochè conveniva- si alla civiltà de' tempi , e alla grandezza di Roma. Tolgesi il cap. IV intorno le antiche rendite e tasse del tribunale : ed è diviso in due parti ; nella prima delle quali si ragiona delle strade ur- bane ; nella seconda delle consolari. E quanto alle strade urbane parla dapprima l'A. della tassa de^ giu- lii quattro , che per comando di Giulio III dovea pagarsi da' bottegai : dappoi della tassa delle vet- ture ^ che ebbe luogo nsl pontificato di Gregorio XIII a fine di rinnovare gli ammattonati : il che mostra clie per que' tempi il pavimento delle strade era a mattoni : perocché assai scarso era il numero delle carrozze. Ne qui trascura l'A. di rallegrare l'aridità, della sua materia , facendosi a toccare la prima ori- gine delle carrozze ; e l'uso che anticamente era in Roma delle cavalcata » spettacoli spesse volte nobi- lissimi ! Il perchè l'imperatore Carlo V ebbe a dire, 2.\\ L E T T E » A T U iì A che di ninna cosa av(!va preso in Iloma tanto piacere, quanto della cavalcata con che i cardinali andavano al concistoro. Ed io giandemente mi dilettai nella lettura di un mss. del secolo XVI , che è del mio amico cav- Prospero Bernini , dove sono fra le altre cose descritti i sollazzi carnevaleschi : e vi si l'ugge di un giovane , il quale volendo andare attorno in maschera colla sua donna » la provvide di un bel- lissimo palafreno , e fatt^ile porre sul volto una ma- schera di quelle più pregiate , che venivano a (|ue' tempi da Modena, cavalcando pur egli in maschera, la menò seco : e tra 'I cavalcare andava gitlando le ova fuori inorpellate, e dentro piene di acqua di fiu- me rosata : le quali , a c!ii ne veniva percosso , do- vevano parere ben altra cosa che i nostri piccoli confetti, di che alcuni dilicatini pur menano sì gran lamento : e farebbero senno se si rimanessero nelle loro case senza turbare la pubblica giocondità. Nar- ra eziandio lo scrittore di quel libro come la don- na, essendosi avvenuta in una frotta di persone ma- scherale e smascherate tutte a cavallo , con essoloro corse su e giù per Borgo e per Banchi : il che mo- stra che in que' giorni le allegre brigate usavano di andare in volta cavalcando a schiere, come ora usa- no di fare sedendosi in carrozze a lunga fila , che spesso per lo troppo numero non può aver moto. E qui dia giudizio chi legge quale delle due ma- niere di sollazzarsi sia da reputare più festevole a chi si fa spettacolo , e più graziosa agli spettatori. L'A. dopo aver parlato delle tasse sui porti e filimi^ e sulle cave di pozzolana , term.ina questo suo discorso col ragionare della tassa sulle licenze. Ed era questa una imposta di che erano tassali que' venditori , a' quali davasi licenza di fabbricare tettoie e tavolati , e di tener baracche in sulle pub- Presidenza dulle strade 2^5 Miclifì strade. Il perchè noi stessi ahbiaiiio veduto , e tuttora vediamo ia alcune parti , scoriciameule in- gombre le strade e le piazze della citta. E chi è tra noi che tante volte non si dolesse , quante attra- versando la piazza eh' è innanzi al Pantheon tutta vedovala ingombra di ba^se casnpule , di vili tetti, di sozze panche .'' qua lordo dal sangue degli agnelli e de' volatili ? la grave all' odorato per lo lezzo de' morti pesci P per tutte parti fangosa ed orrida di brut- ture ? Il che se ad ogni loco mal sarcbbesi con- venuto , peggio convenivasi a quello , dove sta il più rinomato tempio dell' antica Roma , che fatto sa- gro dalla religione sorge illeso fra la comune mina. Ne certamente è da mriravigliare che monsignor Ni- colai ritrovi giazia presso tutti coloro che sono ama- tori della magnificenza e del decoro di Roma » im- perocché fu egli che nella sua presidenza delle stra- de, vinti ostacoli ciie per lo addietro erano sembrati invincibili, fece operare lo sgombraraento di quella piazza , avendo a ciò mosso l'animo di Pio VII , che soleva sempre favoreggiare le belle imprese. Per quello die si appartiene alle vie consolari, narra l' A. che fin da tempo remotissimo le impo- ste gravavano i padroni di quelle terre , le quali avevano la lor fronte in sulle pubbliche vie : e co- me il tribunale delle strade riscoteva siffatte im~ ])0ste , cosi le spendeva negli opportuni lavori. Vol- lero spesse volte i padroni delle terre operare i la- vori di per se stessi, e fu loro concesso; ma l'espe- rienza mostrò che ciò era a danno delle vie , stu- diando quelli pili il privato vantaggio che la pub- blica utilità Il cap. V è sulla getter nle divisione degli, editti, emanati dalla rnagìstratitra delle strade : e questa di- visione ha tre parti. La prima ( sono parole dell' A. ) 2^G Letteratura comprende quelli che sembrano dirigere Vordinario andamento del tribunale : la seconda contiene s^U straordinarii per servire a particolari circostanze z la terza comprende gli editti generali , / r/uali , a similitudine di quelli degli antichi pretori , pos- sono chiamarsi perpetui. Ed eccoci giunti a parlare delle grandi ed utili cose , che al hene delle pubbliche vie , non meno nazionali o vogliam dire consolari o corriere , che provinciali e comunali , vennero provvidamente or- diiiale dal n^.agnanimo e non mai abbastanza lo- dato sommo pontefice Pio VII , il quale s'aveva elet- to a consigliere quell' operoso e saggio ministro , di fino e sveglialo ingegno , che fu il cardinale Erco- le Consalvi , uomo che vive nella memoria di tutti. Alcuni mutamenti aveva già operati Pio VII nella presidenza delle strade colla costituzione Post diu- turnas dei 3o di ottobre 1800 [cap. /^/) , ed altri col motu-proprio dei G di luglio 1816 {cap. /^//): quan- do, mercè del motu-proprio dei a3 di ottobre 1817, diede quel grande nuova forma, nuova vita, e nno- vo splendore all' amministrazione delle pubbliche vie {cap. f^III). Questa legge provvidenlissima ha tre parti principali , che racchiudono ciascuna un ordi- iiam.ento. Il primo assai ampiamente si raggira in- torno i lavori delle strade per tutta la dominazione pontificia I il secondo si volge intorno i lavori idrau- lici : il terzo è intorno gì' ingegneri pontificii di acque e strade, che per saggia provvidenza del sommo pon- tefice ebbero instituzione e cominciamento. Ma sa- rebbe opera troppo lunga e sottile il parlare di que- sta legge voluminosa , che dal eh. nostro A. viene riferita intieramente ; e contiene \']o articoli ;; ed è seguita da buon numero di schiarimenti {cap. IX) . Presidenza dellb itradi: a47 Restava che il gran pontefice volgesse l'animo alle strade urbane « e il fece col motu-proprio dei io di dicembre 1818 {cap. X) , per virtù del quale fu tol- to ai possessori de' fondi urbani il carico de' risarci- menti e delle rinnovazioni delle strade che corrono innanzi ai loro edifizi ', e dato alla presidenza in mo- do , che rimanesse provveduto alla bontà e dure- volezza de' lavori , e al decoro della citta. Furono perciò gravati i possessori de' fondi urbani di una imposta di annui baiocchi 35 per ogni cento scu- di della valuta de' fondi. Mentre sta vasi ordinando un regolare censimen- to , che fosse certa base nella quale si appoggias- se la valuta degli edifizi , venne o morte il man- sueto pontefice Pio VII tra '1 compianto di tutta la cristianità ; e gli fu successore nella sedia apostoli-* ca il sommo pontefice Leone XII: il quale vegliando sempre , come soleva , nel desiderio di essere ope- ratore di beni cosi a Roma , come allo stato , fece sì che le diliberazioni prese ed ordinate da Pio VII avessero cominciamento; modificandole in alcuna par- te a vantaggio nostro , massime la ove si piacque di scemare la imposta , ristringendola a soli baioc- chi 20 sopra ogni cento scudi di prezzo {cap. XI). Siamo giunti al cap. XII, dove si ragiona la presente vastità, delle faticose cure addossate al pre- sidente delle strade. E qui l'A. adorna l'opera sua della lunga ed ordinata descrizione de' nomi di tul- le le vie di Roma , non che della descrizione tan- to delle vie provinciali e comunali della campagna romana , quanto delle vie nazionali o consolari di tutta la signoria o dominazione pontificia. Ed è bel- lo il sapere che Roma è ricca di i48 piazze , 5o6 vie , 275 vicoli ; che la loro superficie è di metri i 582755. IO, rispondenti a canne architettoniche qua- a48 II E T T E R A T U K A drate 317077, palmi 72, oncie 129, minuti 4; e che la loro lunghezza è di metri 154989. 67, die pro- ducono miglia io4 metri 87 G7. Ne può non accendersi di amor patrio chi tra- scorrendo il catalogo delle vie urbane vede come questa citta eterna serba tuttora in moltissimi luo- ghi que' celebri nomi , che richiamano alla memo- ria le TÌrti!i , le vittorie , le magnificenze de' nostri padri. Imperocché alcune vie portano in fronte il nome de' celebrati colli di Roma ; come la via Aven- tina , la via del Pincio , quella del Quirinale, e la rinomatissima del Campidoglio , presso al quale ritiene pur oggi l'antica denominazione la via che e detta della rupe tarpea. Alcune altre hanno il no- me degli antichi fori, degli anfiteatri, dei circhi: tali sono le vie del foro romano , e del traiano , la notissima del colosseo , la via agonale , e la via de' cerchi , la ore sono le vestigia del circo mas- simo : di che veniamo a conoscere come dalla la- tina parola eircus si dirivasse nel volgar nostro il vocabolo cerchio. Ha in Roma pii^i di una via che va superba del nome degli avi nostri : come , a ca- gione di esempio, la via antonina , l'anicia , la me- rulana. Altre ve n'ha alle quali non venne meno il nome dato loro dai grandi edifici che le facevano belle: fra le quali rammenterò la via del Pantheon, la via in Lucina , la via della Minerva , e le due del tempio della Pace e dell' arco di Tito. E vo- lendo far fine , noterò per ultimo che noi , siccome facevano i nostri padri , ci dilettiamo nel passeggia- re e la via labicana , e le vie della suburra , dal monte testaceo , in velabro , di porta latina , ed altre molte , intorno alle quali mi taccio. Mentre si dimorava in Roma la baronessa di Staèl , avvenne che io mi trovassi un giorno eoa Presidenza dbvle stiUde 240 essolei alle falde del campidoglio. Ed avendo ella, siccome era usata di fare , addimandata una donnic- ciuola del dove abitasse , udito che n'ebbe in ri- sposta : débito alla rupe tarpea : fu compresa di tan- ta maraviglia , che appena se ne poteva riscuotere : tanto in quel fervido animo potè il suono di quel- la risposta , che così uscì della bocca di una fem- minella del nostro volgo , come venticinque secoli indietro sarebbe uscita della bocca di una matro- na romana. E se queste immaginazioni esaltano la mente di uomini stranieri , i pii^i de' quali nel fon- do del loro cuore c'invidiano le glorie nostre ; quan- to più debbono esaltar noi che siamo coperti da que- sto cielo , respiriamo quest' aria , calchiamo questa terra immortale, beviamo le acque che bevevana que' buoni antichi , e siamo circondati dalle memo- rie della loro grandezza ! Il perchè io credo che farebbe opera lodevolissima chi scrivesse un tratta- to intorno le vie di Roma. Né solo illustrerebbe la storia di Roma conquistatrice , ma eziandio quella di Roma cadente e rinascente : conciossiachè molte vie poitino i nomi delle grandi famiglie che fioriro- no ne' bassi secoli , e de* sommi pontefici che nel far nuovamente bella questa citta gareggiarono cogl'im- perattori romani. Questa grande opera sarebbe de- gna di monsignore , se egli non fosse giunto a quel- la età, alla quale è dovuto il riposo, e il coglie- re l'onorevole fratto delle durate fatiche. Gli ultimi due cap. XIII e XIV parlano della instituzione , e delle operazioni degl' ingegneri di acque , strade , e fabbriche. Il loro numero giusta la legge dei 23 di ottobre, modificata in alcune parti nel dicembre 1819, è quale si conveniva all' ampiez- za de' loro servigi. Havvi cinque ispettori , e siede primo infra loro un professore di matematiche , dal aSò Letteratura quale i giovani allievi ricevono ammaestramento : v'ha dieci capi' ingegneri , quarantadue ingegneri ordina^ rie , e dieciotto aspiranti. Ne a lode di questa insli- tuzione io niuna cosa dirò : conciossiachè sia tale che si acquisti e grazia e lode di per se stessa. Solo mi terrò contento nelT onorare questo mio scritto de' no- mi degl' ispettori : e sono i eh. signori Giuseppe Ven- turoli professore di matematiche, cav. Girolamo Scac- cia, Luigi Brandolini, Giambattista Martinetti , Lui- gi Gozzi e cav. Giuseppe Valadier. Seguiterà a questo primo un secondo articolo « dave saranno discorse le materie dell' altro volume. L. BiosDi. >5i VARIETÀ* Lettera del doti. Giuseppe Tonelli al sìg. prof. Peretti. Paliaao li 6 nofembre 1B29. ij.0 lelto nel foglio politico di Roma le sue giustissi- rae riflessioni intorno alle pretese scoperte , delle quali vorrebbesi gloriare il sig. Sertiirner ; e mi compiaccio aver rilevato il favor della ragione per le evidenti di lei dimostrazioni. In difersi altri giornali veggo riferito l'an- nunzio del prelodato sig. Sertiirner ; se non che nel fa- scicolo di settembre p. p. del Giornale analitico di me- dicina di Milano , pervenutomi quest* oggi , leggo ch« l'egregio sig. Gio. Strambio , benemerito direttore di quel giornale , siasi giovalo in Varj casi con pronto e felice risultamento dell' acqua madre del solfato di chinina ri- dotta alla consistenza di estratto per opera del sig. Lui- gi Ravizza farmacista milanese. Leggo altresì che il men- zionato sig. Ravizza ,, è pervenuto ad estrarre dalle acque „ madri del solfato di chinina un alcaloide assai pro- ,, babilmente identico alla chinoidiua del sig. Sertiirner , ,, con questa particolarità, che la chinoidiua del sig. Ra- „ vizza è preparata con metodo più. semplice , ed assai „ piìi facile „ ( Ivi , pag. a39 ) . Rilevo da ciò , se non m'inganno , l'analogia dei pensamenti , e quasi l'identi- cità dei preparati colla medesimezza degli effetti : ben- sì con questa unica differenza , che mentfe e Sertiirner « Ravizza haa pubblicato non ha guari il complesso degV 3 V A R I £ T a' istituiti cimenti e lavori» la priorità del fatto non sem- bra potersi contendere che non deponga in favore di lei. Dapoichè ella già da molti mesi indietro ha preparato il suo novello composto , a cui die il nome di soprachina- to di chinina e cinconina , e si compiacque farmene osten- sione in Roma sin dal p. p, giugno. Me ne rallegro se- co lei , e vieppiù me ne congratulo per l'accordo delle soddisfacenlissime risultanzee , colle quali ho avuto il pia- cere dì veder coronata l'amministrazione del suo norel-» lo preparato. Che di vero avendolo nella decorsa estiva stagione cimentato in otto individui bersagliali da feb- bre periodica comitata ed a tipo terzanario , posso as- sicurarla averlo trovato efficace a troncarle nella dose di 24 a 36 grani. Né ho giammai osservato sotto la pra- tica del medesimo la menoma appariscenza di fenome- ni cerebrali o nervosi , che sempre io vidi susseguire all' uso del solfato di chinina amministrato senza l'ad- dizione di altro farmaco , e che talvolta pur vidi conse- guitare dietro alcune plìi alte dosi della semplice e pu- ra chinina. Le rinnovo i sentimenti della mia sincera estimazio- ne , dichiarandomi St/o ^ffnio Obhlino Amico. Giuseppe Tonelxi. Lettera del marchese Antaldo Antaldi di Pesaro al suo amico Salvator Betti iiìtomo alV edizione della Vita Nova di Dante fatta ultimamente in Pesaro , sopra un codice del secolo XV. A. C. He LO veduto nel giornale arcadico del mese di luglio pp. a pa». 1 19 attribuita a me metà del lavoro sulla Vita V A R I K T X' 255 Nova di Dante : e Cassi mi ha comunicata una vostra lettera , in cui mi si fa il medesimo onore. Io vi rin- m'axio , mio cavo Betti , delle vostre gentili espressioni in quella lettera , le quali sempre piìi mi assicurano dell' amor vostro : ma la verità vuole che venga e render»! noto in esso giornale , che quel lavoro è interamente del nostro conte Odoardo Machirelli , e che il sig. Luigi Cri- sostomo Ferrucci gli ha prestalo ajuto . II Nobili e il Figna librajo di Forli affidarono , è vero , a me la cu- ra della edizione di quel codice, di cui insieme col Ma- chirelli feci il primo confronto colla edizidne del Biscio- ni del ly'^y; ma partendo io per Bologna, lasciai tutta la cura al Machirelli , il quale aveva già formata l'idea di separare dal testo quella specie di comenti. Vi pre- go adunque di darne tutta la lude al nostro Machirelli e al Ferrucci ec. ec. UJffmo Amico AltTAlDO. Elogio di Luigi Valeriani Molinari , recitato in occasio" ne da' premi distribuiti agli alunni del ginnasio di Bw gnacavallo ec. da Domenico Vaccolini P. P. di filo- sofia e matematica. %.' Lago pel Melandri i8ug. (So- no pag. »o. ) Il sig. prof. Vaccolini ha in quest* elogio con bella facon- dia ampli'ito ciò che aveva egli detto più brevemente nel- la necrologia del celebre Valeriani pubblicata nel to- mo XXXIX nel nostro giornale. 11 che ci dispensa dal farne qui molte parole : tanto piìi che il nome dell' auto- re è ornai reso notissimo fra coloro che pensano e scri- vono alla buona maniera degl' italiani. S. B. a54 Varietà* Esempì morati , scelti dallo Specchio della vera peni- tenza di Fr. Iacopo Passavanti. I5>. Pesaro 1839, per Annesio Nobili. ( Un volumetto di pag. ro5 ) Il signor marcliese Alessandro Baldassini di Pesaro è uno de' giovani più valenti, ch'esciti sieno dalle scuole dell' insigne prof. Farini : quindi dev' essere aneli' egli assai tenero degli scritti aurei del trecento , e principal- mente di quelli del Passavanti. Il libretto , che ora ha posto alle stampe, è un testimonio così del suo buon giudizio, come della sua gratitudine: perciocché intitolato è al suo maestro carissimo , e contiene gli esempi mo- rali più scelti che sono nello Specchio di vera penitenza. Libretto veramente prezioso ; il quale con buon profitto potrà porsi nelle mani de" giovanetti , affinchè senza noiar- si con lunghe quislioni scolastiche vi apprendano a be- ne e chiaramente esporre i loro pensieri , e soprattutto a descrìver le cose con proprietà , ordine ed efficacia. Avrei però desiderato che alcuni periodi vi si vedesse- ro meglio punteggiati e corretti ; e clje non si fossero sempre seguitate le edizioni ed i codici mss. quasi a chius' occhio, in onta della ragione, che assolutamente più di ogni altra cosa dee seguitarsi. Ecco intorno a ciò alcu- ne mie considerazioni, Scrivesi a pag. ^5 : E rispondendo egli { N. S. Gesù Cristo ) , che assai aveva sostenuto il mondo , il quale non si era corretto né per la presen- za sua nel mondo , nò per gli apostoli , né per gli al- tri santi eli erano venuti poi ^ i qicati studiosamente s'era- iio ingegnati di convertire il mondo e di ridurlo a Dio. Ed ella ( Maria Vergine), tutta piena di pietà e di mi- sericordia , ancora lo pregava dolcemente dicendo ec. Chiax'o è , s'io non m'inganno , che dopo ridurlo a Dio non dee porsi punto , m.a sì punto e virgola : non essen- do termiaato il periodo. Varietà* aSS A pag. ^3 si ha : Onde molti ^ temendo la vergogna si confessavano innanzichh gli venissero davanti i e al- quanti che avevano ricevuto vergogna , da lui non con- fessati , s" andavano poi a confessare. Parmi che dehb» dirsi : E alquanti ^ die avevano ricevuto vergogna da lui ^ non confessati s'andavano poi a confessare. A pag. 85 : Leggesi nella vita de* santi padri di era un santo abate , il quale il signore della provincia uden- do la nominanza della sua santità , il volle venire a vedere. Non è possibile che uno scrittore così gentile « cosi pratico della favella , come fu il Passavanti , com- mettesse un idiotismo tale : e perciò porrei fuor d'ogni dubbio , non già il volle venire a vedere , ma sì volle venire a vedere. A pag. 86 : Leggesi scritto da Pietro Damiano , di e' fu in Borgogna un dierico , il quale acquistato un gran-^ de beneficio nella chiesa di \santo Maurizio , del quale era stato lungo piato tra lui ed uno possente cherico : ma costui non forse perchè avesse più ragione , ma per' che avea avuto qrande favore da certi baroni della con- trada , Vavea vinto ^ ed erane in possessione. Una mat- tina essend' egli in chiesa alla messa e cantandosi quel vangelo dove nella f ne disse Gesù Cristo: Qui se li umi- liai exaltabituv , chi s''umilia sarà esaltato : valsesi ai coni' pagni' e disse ec. - Questo passo va , secondo me , pun- teggiato così : Leggesi scritto da Pietro Damiano , eh'' e* fu in Borgogna un cherico , il quale acquistato un gran- de beneficio nella chiesa di santo Maurizio , del quale era stato lungo piato tra lui ed uno possente cherico del paese ( ma costui , non forse perche avesse più ra- gione , ma perchè avea avuto grande favore da certi baroni della contrada , Vavea vinto , ed erane in pos» sessione ) ; una mattina essend' egli in chiesa alla messa ec. A pag. 88 : Scrive Severo , eh'' e' fu un santo uo" mo ■) il quale tutti gV indemoniali curava ; e non sola' aSG V A a I E T a' mente essendo presente , ma eziandio assente , mandan- do il ciliccio suo a alcuna scrittura di sua mano , colle quali si toccavano gì' intasati , e gli sanava. Certo è qui errore di stampa : essendo chiarissimo che debba dire e* gli sanava. Sa.(.vatore Bbtti. f^ersi inediti di Antonio Cesari e di Antonio Chersa. Tommaso Chersa al f ratei suo Antonio Chersa. SONETTO Di Antonio Cesari. Jl rate , il dolor , che così lungo e forte Ti die ( nà ancor finì ) la mia partita j Render potria men dolce a me la vita Lieta , eh' io vivo e debbo alla mia morte. Se già m'amasti, ed or m'ami si forte , Che fra noi pare un' alma in due partita , Chi del mio bene a piagnere t'invita ? O invidiar ti fa questa mia sorte ? Io son beato , se noi sai , dal die Che ti fui tolto , e in Dio tutte finirò Con le speranze pur le pene mie. Ma , se in tanto gioii nulla i' desiro , Finisci il lagrimar , se m'ami : e fie Il nostro amor compiuto e il mio desiro. Vengo di luogo '«^e tornar disio. Il tuo Tommaso, V A IV I E T A^* 237 Ad Tliomam Chersain fratrem suuin Antonia s Chersa. xS on dolui , vitae quod caeca exire pericla Morte tibi et povtu condier in placido Contigit ^ et, quod amaiis , quantum potè maxime, abire Hinc te sustinui me sine , nempe fleo. Nempe fleo , infandos quod non miserata dolores , Unde lacer noctes discruclorque dies , Ex quo te rapuit , mila adliuc secludere cesseE Gorpore mors anìmara , reddere meque libi. Id fleo ; et immerito non id me Aere fatetor ; Qui porro ( novi te bene ) si placitum Dis foret , ut bustum strueres mihi sospes ^ ademlo Unum vixisses non super ipse diem. Et qui ego , te rapto , fueras qui spesque salusque Et decus omne mihi , non cupiam , bis miserae Vinclis exsutus vitae , te visere , frater ? Non ( id quippe vetant intida fata ) fleam ? Bagìonamento primo di Domenico de Crollis a «S. JE*» d. Antonio Boncompagni duca di Sora. 8.° Roma , ti' pografia Salviucci 1829. {Sono carie 55.) Jl ieno di gravissimi insegnamenti , e tutt' oro di lingua , è questo ragionamento , in che il eh. De-Grollis ne am-f maestra come debbano usare a ricenda fra loro i no- bili ed i costumati cittadini. Né poteva così non essere : ognun sapendo quale profonda scienza abbia egli delle cose pili ripoite della filosofia e de' classici. Noi stiamo perciò con grande sollecitudine attendendo anche i due altri ragionamenti , che Taulore ci promette dover pre- P.A.T.XLIII. 17 358 V À li I E r A sto venire iti luce : l'uno sul maiiimoaio , l'altro sul mo- do dell' allevare i figliuoli secondo la vera medicina e la buona filosofìa. B. Roma , ut fertili' , verno tempore condita» Vi ides ut allae dum. fugiuut uives , Vernisque gaudet daedala florihus Natura , jam nimbis remolis Moenia Romulidum paraniur ? TJrbs nascitur , spissae et nemorum comae Frorjdent , ut umbram et frigus amabile , Vel praebeant fessi s , caputve Impediant ducibus corona. Fert aura lenis per mare lintea , Intacta naves pervolitant Tada ; Ut medus , atque extremus iudus Aeueadum venerenlur arma. Solata tellus vim exserit insilam Foecunda paudens viscera , et anxius Vigeiis amor fruges , virosque Progenerai , pecudumque turmas. Fertur locutam consiliantibus Divam Githerae fratribus obviam : Hic fata spem Trojae renatae Auspicio meliore ponuut. Ne avita surgant dardanidum juga, Hac lege tantum slet capitolium Fert saeva Inno ; nec quirilum Imperio dedit illa metas. Urbem benigno numine protegam , Si sacra verno moenia tempore Varietà* aSj) Futidabìs; hic regina dici; Ilic libet , aeneadumque mater. Per me orane terris concipitur genus , Nec ulla prodit me sine lumiais Vitalis aura ; aeterna numquid Urbs sine me exorietur una ? Ver dum recurrit , lux mea purior Per astra fnlget ; me edltam ab " aequore Nimbus fugit , forraidat unda ; Aeoliii silet auster antris. Amore tellus percita fervido Reclusa laetas parturit arbores ; Diesque duceus longiores Noctis ovans fugat astra Phoebus. Cithaera felix , et Gnidus et Paphus, Caretque Memphis sithonia nive ; Floresque largitur perennes lupiter , alque hiemes tepentes. Immissa verno sidera tempore , Feraeque sylvis ; sicque homiuum genus Imago supremi Tonantis Crediderim ; Boreasque miti Parcebat aurae prima ab origine Nascentis orbis. Tu quoque , Romule , Dum ridet annus , conde Romam Imperli caput atque mundi. Sic fata amorum purpureo dea Subridet ore , et jam niveis fovet j Uiais nepotem . . . Heu quirites Pi*aesidio Veneris potentes ! Oblila Martera , fractaque copia Sublime scythas vitat anhelitu ! Romana gens ; sic lapsa virtuj ; Sic animi cecidere vires. if aGo Varietà' Horrente bruma , rustica militutn Proles nÌTalis marmora Caucasi Perferre discat , discat arctam Pauperiem , trepideque vivai ; Nana quae virentes acrls hiems colit Laiu-os, nec audet tangere Palladis Mites olivas serta pacis ; Non hederam , cypriaraque myrtum. Aloysius Metaxa'. Iscrizioni di Gianfrancesco Ramhelli liighese. Lugo per la Melandrianà mdcccxxviuI. Vii voi. in 8/ di pag. 27. italiana epigrafia ha suoi cultori anche in Romagna ; tra i quali è da porre il Rambelli , che ama nelle iscri- aioni ,, la semplicità non disgiunta dall' eleganza , dal- „ la forza e dal pregio di brevità , non usando inversio- 5, ne che raramante , e quando solo confacendosi all'in- „ dole dell'italico idioma non potrà nuocere alla pre- 5, sta intelligenza de' concetti. „ Prove del suo valore nel- la uuov* arte ( e diciamo nuova , almeno per l'ardore, eoa che oggidì è coltivata ) apparvero già l'anno scorso nel- la Scelta di epigrafi uscita in Roma per le stampe del Poggioli; ma nota l'autore, che in taluna delle sue cad- dero errori ortografici , dei quali porge qui stesso la cor- rezione. Egli ci fa dono ancora di 33 iscrizioni ; tra le quali a5 sepolcrali , le altre di vario argomento : e le ha fatte stampare sotto i suoi occhi , per esser certo che escano come egli le scrisse. Nel che ha fatto bene : poi- ché se le mende tipografiche in ogni genere di scrittu- re sono riprovevoli, nell'epigrafico sono la peggio co- sa del mondo. Noi loderemo e come autore e come adi- Varietà' aCr tore il Rambelli. Queste lodi poi vogliamo accompagnate da qualche saggio dello stile di lui , perchè senz' altre no- stre parole ne giudichino i nostri leggitori da sé medesimi. I. QVANDO IL CLIMA DELLE RVSSIE DOMAVA L'ARDIMENTO DELLE GALLO-ITALE FALANGI PIETRO COLBERTI TENENTE PRODISSIMO FINIVA PER DISAGIO APPIÈ D'VN ALBERO. AHI DVRA MORTE ! Giovanni Fratello F. MATTEVCCrO LENDINI BIENNE FV LA STESSA LEGGIADRIA ED IL CVORE DE' GENITORI CHE DOLENTI A MORTE QVI LO POSERO IL DECIMO MAGGIO 18:^0. FVI NVNZIATINA MIRRI LEGGIADRETTA GAIA INGEGNOSA VISSI TRE ANNI ED EBBI LA BEATA GLORIA IL XXX MARZO MDCGGXXVlllI aGa V A n I B » A.' 4- BVSTO DI QVF.LL' ALTISSLMO POETA VINCENZO MONTI IMMORTAL GLORIA DEL SEGOLO XIX Ahi kok è chi compensi tua perdita, mlseba vedovata italia ! D. Vaccolini. In morte del celebre astronomo romano abate prof. Giuseppe Calandrelli. SONETTO X^ uor di quest' ima terra alto il pensiere Levasti là dove per vie nascose , Olirà il confili de le sonanti sfere , L'Autor del tutto il trono suo ripose. Malnata passion , falso sapere Dinanzi agli occhi tuoi velo non pose, Sempre volti a quell' un , eh' ebbe potere Di fabbricar tante e si belle cose. Or che lui vedi , e il magistero arcano , Fra letizia e stupore il guardo arresti , E al cuor dai sfogo con la cetra in mano. Che se in ciel sciogli il canto , e qui tacesti , (a) Fu sol perchè nullo concento umano Egual ti parve a le armonie celesti. Loreto Santucci, (a) // eh. defunto amò ed apprezzò molto la buO' na poesia f ma non applicò mai a far versi. V A IV I E T a' 2^)3 Lett§ra suW edizione della divina commedia col celebrato comento dell' Ottimo. Signore pregiatissimo , JLropo tre anni di continui studi e fatiche sono venuto finalmente a capo di pubblicare nel giorni scorsi un' ope- ra riguardata fra le più classiche in fatto di lingua noa solo , ma di somma importanza altresì per la materia della quale tratta, E questa il più antìeo e il più celebrato comento della divina commedia , che dagli accademici della Crusca vea* ne per antonomasia onorato col titolo di Ottimo , e che fu dettato da un anonimo contemporaneo di Dante. E per prova del conto in che fu tenuto dai prelodati ac- cademici , basti il sapersi che da esso ben mille e sei- cento esempi eglino trassero per arricchirne il vocabola- ric ; e che di esso parlando 1 deputati al TDecamerone del i5j3 , lo commendarono per lingua ^ pei' dottrina^ e per notizia di molte proprietà di quei tempi ; disse- ro , che Benvenuto da Imola molte cose ne trasse , e mol' te ( a parlar propriamente ) ne copiò ; e sull' esempio loro il celebre Leonardo Salviati , lodandolo per sempli- ce eloquenza e purgato favellare , lo credè di non pie- ciol profitto air uso della nostra lingua , e da anteporsi a quello di Francesco da Buti , ugualmente citato nel vo- cabolario. Se dei contemporanei di Dante non sempre potrebbe recarsi in acconcio l'autorità, rispetto alla giustezza delT interpretazione dei concetti eminentemente poetici { poiché dipende questa dall'ingegno e dai lumi); nessuno certo negar vorrebbe , eh' ella non sia di grandissimo peso , rispetto ai fatti storici avvenuti verso quel tempo. Quan- to più dunque non dovrà questo lavoro tenersi in pre- gio , per rintelllgenza di alcuni luoghi oscuri che il poeta medesimo avrà potuto colle proprie labbra dilu- cidare al suo comentalore ? E in fatti per due volte ab- biamo da lui , che dimandò Dante della spiegazione di qualche luogo della divina commedia , e ci leggiamo le proprie parole deli* Alighieri ai canti X e XIII dell' in- ferno. Un testo cOiA pregiato per tanti titoli , rimasto era inedito finora , non senza dispiacer sommo dei dotti , e degli studiosi segnatamente del sacro poema , che noa cessavano mai di desiderarne la pubblicazione : ma ciò che nessuno ardito avea di tentare , sia perche la mole del lavoro sgomentasse anche i men timorosi , sia che si affacciassero le molte difficolta dell' impresa , ho potuto alla per fine condurre io stesso a compimento. E non già eh' io presumessi oltre il dovere delle tenui mie forze ; ma sì trasportato dall' amore della bellissima nazionale favella , a renderle per quanto fosse in me un segnalato servigio , traendo alla luce uà codice di tanta preziosi- tà ; e dal desiderio non meno di contribuire alla mag- giore illustrazione della divina commedia in un tempo , che cosi ferventemente se ne coltiva lo studio. E mi è doI«e il portar fiducia , che l'Italia saprà buon grado a un veronese di aver reso tale omaggio al sovrano poe- ta; il quale onorevolmente accolto nel suo esilio dall* ospitalità generosa dei signori della Scala , lasciar volle a Verona la propria discendenza e il nome illustre , che religiosamente venerato tuttora vi si conserva. In qual modo io abbia soddisfatto all' incarico assun- tomi , lo dichiarai già nella prefazione al volume primo i onde qui soggiungerò in bi'cve , che al comento d'ogni cantica segue un' appendice d'annotazioni concernenti al testo , e inoltre il corredo di due indici : uno cioè delle voci citate nel vocabolario, l'altro di quelle che meritano di esservi registwte , colla iodicazigne pure dei luoghi Varietà' a65 ìflove sì le une che le altre si trovaoo . Il primo fu da me compilato col riscoslro paziente e penoso dei 1600 esempi allegati nel vocabolario ; il «econdo per cura del chiaris. sig. Luigi Mazzi accademico della Crusca , quan- to alla cantica dell' inferno , e quanto a quelle del pur- gatorio e paradiso per cura dell' egregio mio concittadi- no ed amico ab. Paolo Zanolti , tanto benemerito della lingua italiana p«r altri pregevoli suoi lavori a vantaggio di essa pubblicati. Quesl' opera è contenuta in cento e trenta iogli dì stampa, nella forma dì 8.° incarta velina; è adorna del ritratto di Dante maestrevolmente intagliato dal cav, Mor- gben , della veduta della torre pisana detta della Fame , qual' era nel i56o nella piazza de' Gualandi , e del qua- dro attribuito all' Orgagna , che vedesi nella metropoli- tana di Firenze , rappresentante le ti>e parli del mondo che furon soggetto ai canti dell' Alighieri, Il prezzo, secondo il manifesto del iSu6 , è di fran- chi 36 , pari a lire ^3 toscane ; le copie tirate in carta papale velina delle fabbriche dei sigg. Magnani di Pescia, coi margini allargati , costano franchi 8, I 1' «1 0 2;^ 11 6 0 '9 , 22 2 17 18 2l 16 5 i3 2» 9 '7 j3 21 »7 i5 23 i8 •:? 22 8 »9 ifi ■ia 2 »7 i4 5 iO y 1 0 0 3i L, 7. 0 0 0 5.0. <7. 0 iV. rf. S.O. in. O.A.O.q.a JV. d. O- f- S.S.O. d S.O. in. ,. IV, „ 0 ., „ 6 i3 5 21 17 3. 4 3, 4 '» ni. i'* s. ., „ 3 .. 1, 4 1, „ 5 31 >7 .6 20 3 '4 22 •7 i8 i6 8 i5 3 32 5 nuvoloso chiarissimo ri s- s. '> »1 51 't >> »1 5 3o -5 3, 5 ser.nu. spa- chiarissime 0 ., a »> >' 1! 1 0 4, 2 coperto ser.iiUV.spa. 1 ri ^- 1 m. I. in. 28 1 3 0 6 1 ppio la. 7, Zi. 00 3, 40 '• 7 nuvoloso coperto IJ W 2 11 11 0 (3 »7 «4 i5 l4 2 23 J 2, 3 3, 3 risehiavuf ser. nuv.cjj UUVuLoòKj rhian -J'' 1» IO 5 „ „ 6 . 1 ! 5 8 3, 7 S.S.O.m. S.O. 9>.p NIHIL OBSTAT Abk D. Paulus Delsignore Gens. TheoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. Golleg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog. IMPRIMATUR Fr. Doni. Buttaoni Ord. Prsed. Rev. Mag. S. P. A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr. Constaniinop. yicesgerens. 2JÒ ■g^— ■■■agg SCIENZE Osservazioni sulla teorica della elettricità voltaica , di G. B» Pianciani della compagnia di Gesù prof, nel collegio r ornano ^ §. I. Della causa della elettricità voltaica, re 1829 p. ^a. ET-aTTRICITA' 281 dare 0 altiimenli unire due lastre «letalftclie etero- e[enee , e tenendone una in mano toccare con l'altra il condensatore , scrive che a parecchi fisici h riu- scita , che altri non osarono confessare di non es- •serè riusciti , che l'Hany dichiarò che non si ha fpf- fetto , se si tocca il condensatore col zinco ( rol COSI operando , ha ottenuto dal condemsators se- gni manifestissimi di elettricità : ma questa «i spi«- £>a , a suo dire , collo stropicciamento inseparabile (la tal moto , s forse anco colla dilatazion subi- tanea dello strato (Varia sottilissimo , che si trova frapposto. Ha Leu fatto questo fisico a non ricor- rere di nuovo all' umidita della mano. Il Volta più volte applicò a mutuo toccamento le lastre , tenu- te ciascuna per un manico isolante, e tosto divelle le portava al cappelletto dell' elettrometro : e cosi otteneva sogni seasibilissimi , essendo le lastre di ar- gento e zinco e combaciandosi bene in piano. Que- ste sperienze furono da lui descritte nelle lettere a Gren- («796) e al sig. Aldini (1798), pubblicate ne- gli Annali di chimica del Brugnatelli. Veniamo alle obbiezioni del sig. Parrot. Lo stro- picciamento (frottement) inevitabile quando si eser- cita ì Neil* apporre una lastra suH' altra ì Ma que- sta è più veramente una assai dolce pressione : € noi or ora udremo il sig. Parrot assicurarci che la pressione non produce elettricità^; e poi il toccamen- to di un corpo conduttore successivo all' applica- zione toglierebbe ( non aumenterebbe ) l'eleltrieita che avesse potuto eccitare la supposta stropieciatu- ra. Si parla dunque dell' atto della separazione del- le due lastre. Ma v'ha in questo atto vero stropic- ciamento? Mi pare di no. E poi, se una minima stro- picciatura fra due metalli eccitasse l'elettrieita, que- sti non differirebbono in questa parte da' coibenti , già detti id io-elettrici ; e perchè non si formereb- bero le macinine elettriche con disco metallico e «or- pi slropiccianti di metallo ? Che direm» del dila- tarsi dell'aria? Non è qui luogo da cercare se pos- sa da questa dilatazione generarsi elettricità. Ma quan- ta aria è racchiusa tra due piattelli metall;«i , che 304 S O I E H Z «! ai combaciano Sfjuiskaménte in piano ? Ma questa rarefazione , se esiste , non sav4 seguita immediata- mente da una condensazione, che dflstruggera l'ef- fette dì quella ? Si dilata forse meno l'aria sepa- rando , dopo il combaciamento , due lastre di otto- lie , di Tetro ec. ? Il sig. Parrot , credendo avere co' precedenti espe- rimenti distrutto i fondamenti della teorica del Volta , viene dft-a a mostrarne dirutamente la falsità con una esperienza decisiva ^ experinientum crucis, che non la" sci alcun dubbio. Ecco, letteralmente tradotte le sue parole, acciocché chi vuole espresso il madt) , cli'ei tenne in condurre quella sperienza , l'abbia fedel- mente dalla sua penna. ,, Presi una lastra di rame „ ed una di zinco , amendue ben levigate e polite ; „ posi l'una suir altra : l'inferiore comunicava col ,i suolo : dopo aver tolto loro l'elettricità che que- „ sta apposizione avesse potuto eccitar colla stro- ,, picciatura, posi la superiore in contatto colla rer- „ ga d'un doppio condensatore in modo tale che „ niuno stropicciamento avesse luogo noli' atto del „ toccamento. Maneggiando questo doppio couden- „ satore , si evitò perfettamente ogni stropicciare , „ da cui potesse eccitarsi una equivoca elettricità. „ Il risultamento fu , anche impiegando il bastone „ mobile , che il toccarsi de' due metalli mai non „ produsse il minimo segno d'elettricità. „ Questa sperieaiza è quanto alla sostanza somigliantissima a quelle del Volta ( anche egli sembra che spesso si valesse del doppio condensatore ) : e se il conden- satore del sig. Parrot k migliore , il Volta in que- ste delicate sperieuze preferiva giustamente l'argen- tp al ramp. Non vedo dunque perchè questa spe- rieriiìea si debba avere per decisiva ; specialmente es- tando in contraddizione con quelle del sig. de La Elettricità' 385 Rive , che con metodo simile ebbe segni elettrici neir aria atmosferica. Per ischiarare corapletament» la materia , converreb^be ilare ragione della diversl- tk de' ritultaraenti otteninti dai diversi sperimenta- tori ; ma frattanto non pare che il sig. Parrot pos- sa riguardare come trionfatrica la sua sentenza , men- tre anzi , .giusta il canone logieo-fisieo rammentato drsopra , sembra ancora più verisimile la contraria. „ Io feci , aggiunge il nostro autore , Vexperi- „ mentum crucis ^ c\\e dovea decidere se l'azion chi- ,, mica è realmente la sorgente della elettricità del- „ la pila. „ Reca poi in mezzo le sperienze , nel- le quali , mettendo l'acid» nitrico con cinque parti d'acqua sur una lastra sia di rame, sia di zinco, yì- 0 coli' ajuto del doppio condfensatore la lastra es- sere negativa e l'acido positivo. Ciò non pro'^ che il toccameuto , come tale , non produca elettricità ^i ma «soltanto che l'azion chimica anch' essa la pro- duce (giacche senza questa savia stato positivo il metallo ) : il qual vero , dal Volta subodorato fiiìo dal 1769 {a) , fu meglio da lui veduto nel 1787 ad occasione delle sperienze sulla evaporazione ; co- mechè sembrasse per ventura non rammentarlo as- sai , allorché parve tribuire al toccamento senza più l'elettricità che otteneva bagnando il ferro coU'aci- do nitrico , o l'argento con un solfuro liquido. Aggiunge il sig. Parrot , che coprendo collo stesso acido una lastra di zinco sovrapposta ad^una di rame , il zinco fu pure negativo ; e fu lo stes- so metallo negativo e positivo il rame , frapponen- do l'acido a' metalli. Ciò sembra provare , i" che; l'elotlricita di tensione non si dee, nelle sperieuiis (a) De vi attiactiva ignis eleetricì. aSo Scienze coMiKii con d«c metalli , alla ossidazione del zin- co , che in tale ipotesi sarìa net^ativo ; a° elio la corrente elettrica (die necessariameule consegue dall' elettrieit'a di tensione) nella pild si dee non soltan- to all' axion cliimica , ma si alla elettricità positiva del zinco, che cede al liquor deferente, sì all' azion chimica di questo che toglie a quello e dk al li- quore nuova copia della stessa elettricità positiva. Dalla maniera , in cui si fa menzione del cav. NoLili nella lettera del sig. Parrot , potrebbe cre- derlo seguace della sua sentenza chi non ne cono- sce gli scritti. A disinganno basti riportare colle sue stesse laconiche frasi poche sue sperienze , sulle cor- renti elettriche , non facili ad accordarsi coli' ipo- tesi di esso sig. Parrot (a). „ /fcirìo ossalico e carbonato di potassa. Viva „ effervescenza , e corrente nulla o debolissima. „ „ Àcido solforico o nitrico e idroclorato di cai- „ ce. Azion chimica debolissima , corrente al con- „ trario fortissima dal sale all' acido. ,, „ Àcido idroclorico e solfato di magnesia. Azion „ chimica nulla ; corrente piuttosto forte dal sale t, all' acido. „ „ Àcido idroclorico e nitrato di potassa. Azion „ chimica nulla, e corrente poco intensa dal sale all' „ acido. ,, „ Àcido idroclorico e idroclorato di calce. Azion „ chimica nulla ; corrente fortissima dal sale all' aci- „ do. Lo stesso avviene cogli altri idroclorati di „ «oda , di potassa , di barite ecc. „ {a) Bibl. univ. mars ., 1828 p. 181. Elkttricità' 287 §. II. De^li effetti calorifici della pila» Le idee del slg. de La Rive su di queste ftcgo- nioiilo si son vedute indicate iiell' accennato ej'/'rr/^^o, e al(jua>nto pili stesamente in una memoria pubblica- ta nella biblioteca universale (gennajo 1819. p. ^0.) e riportata ancora negli annali di chimica e fisica (aprile 1829 p. 371). Egli considera gli elFetti calo- rifici della pila come dovuti alla difficolta, che prova la corrente elettrica sia nel pass ire da molecula a mo- lecula in uno stesso corpo , sia nel passare da un corpo air altro , ed alla resistenza clie ^oflVe in que- sti passaggi. Mi ba cagionalo non piccola soddisfa- zione il Vedere abbracciata e difesa con nuovi speri- menti da un tanto fisico quella dottrina, che io aveva da qualche tempo adottata e u(dle mie lezioni insegna- ta. Egli osserva che non solo la facilita di divenire candenti è ne' fili metallici eterogenei in ragione in- versa della facoltà deferente, ossia in ragion diretta delle resistenze che prova la corrente , ma se l'arco metallico è una catena composta di fili di due difFe- renti metalli, e la coirente non è assai forte , la ro- venlezza si osserva soltanto ne' punti di congiungi- mento , ciob ove la difficolta del passare è maggiore ; e in generale ogni qualvolta il conduttore è formato di fili nielallici, sia omogenei sia eterogenei, attaccati gli uni agli altri, le parti più prossime al toccamen- to sono sempre desse che e più si scaldano e sole di- vengono roventi, se la pila non è assai forte per ar- roventare tutto il conduttore. Pochi anni dopo l'in- venzione della pila ( l'a. i8n6 ) annunziò il sig. can. Bellani che la corrente eleltrica innalzava la toin- 288 S e I E M Z K paratura cieli' aequa , per cui passava. Il gran ca- lore specifico di questo fluido e la sua massa, che noti suole essere in questi esperimenti assai piccola , potevano , anteriormente alle sperienze , far dubitare se tale elTetto saria stato sensibile : e la produzione de' gas, dovuta allo scomporsi dell'acqua, poteva per avventura far presagire a taluno , che si avr'ia all' opp*osto neir acqua abbassamento di temperatura. Il sig. Parrot «i assicura che poco dopo il ritrovamen- t9 della pila egli descrisse delle sperienze , che pro- vano elevarsi la temperatura ai due Iati , mentre l'acqua si scompone : ciò si spiega facilmente , am- mettendo , colla scorta de' fatti , nella corrente vol- taica «in g.ran potere calorifico , senza ricorrere alla ipotesi di questo fisico , nella quale l'elettricità po- sitiva è il calorii0=Q t la negativa il liiminico. II sig. de La Rive ha eziandìo osservato che aumentasi il calore in un liquore posto tra i poli d'una pila , dividendo il liquore in piìi compartimenti (non me- tallici , onde non formisi nuovo gas ) e cos'i molti- plicasdo gli impedimenti : ha veduto in particolare che , chiudendo un circolo voltaico con un fusto di piatita grassa un poco acquoso , il ijuale h poi Hn deferente umido separato in tante cellette da com- partimenti , si ha calore cosi valido , che l'acqua in esso racchiusu bolle nelle due estremità vicino a'fili di platino , che piestano ofTìcio di reofori alla pila. Questi e simili fatti bastano a provare che gli effetti calorifici della corrente voltaica sono dovuti alle resisteaae , che essa prova cangiando conduttori , o scorrendo p^r un sol conduttore. Non pertanto , per rendere piiì generale e più salda questa dottrina , sarà , io penso , cosa oppor- tuna l'osservare , che dallo stesso principio sembra doversi ripett;rc il calore eccitato dalle correnti elei- Elettricità' 289 triche ordinarie , ossia dalle macchine elettriche, ben- ché non voglia negarsi che , al passare di queste correnti per l'aria , il calore e le luce debbansi in parte al moto e pressione , che essa aria riceve. È un fatto pubblicato da molto tempo , che una sca- rica elettrica ordinaria , la quale passando per un cilindro di rame non ne elevava la temperatura , passando per un cilindro di legno , elevò la tem- peratura di un termometro di Fahreneit dal gra- do 61 air 88 nello spazio di tre secondi , e in cin- que secondi a gradi 112. Kinnersley osservò che l'aria si dilatava , allorchb relettricil'a passava per un filo di lino. Il sig Parrot scrive che la diffi- coltà del passaggio della elettricità de' conduttori nel carbone (piccolissima a motivo della facoltà de- ferente di questo ) non può , come tale , produrre che un afflusso delle elettricità alle punte di cia- schedun conduttoie , non g;a rinfìammazione o il riscaldamento del carbone fino alla roventezza , se la pila non somministra i principii materiali. Nel sistema delle onde calorifiche , pare che tutto facil- mente si intenda. Del resto la difficolta che prova l'elettricità scorrendo pel carbone supera quella che soflre nel fluire per i metalli : maggiore è nel pas- saggio tra questi e quello j incomparabilmente piiì grande traversando l'aria, quando si vede vivacis- sima e candente luce tre le punte del carbone. Le circostanze piiì acconce a produrre gli effet- ti calorifici dell' elettricità voltaica sono varie , se- condo la diversità dei deferenti , in cui tali effetti voglion prodursi. Se i deferenti sono di prima clas- se e continui , gli effetti sono maggiori , data una certa superficie metallica in anione , quanto minore è il numero degli elementi Toltaici. L'opposto av- - viene, se il conduttore è interrotto o di secondi G.A.T.XLIIL 19 3r)o Scienze classe. A cagìon d'esempio, dice il sig. de La Ri- ve , una pila di sessanta coppie capace di produrre la combustione di sottili foglie di metallo , e la lu- ce e il calore tra due punte di carbone, e l'ele- vazione di temperatura ne' liquori traversati dalla corrente , non può roventare il più sottil filo di platino o di ferro ; mentre dieci coppie della stes- sa pila producono questo ultimo effetto , ma non i primi. Egli cosi da ragione di questa diversità. 7 due principii elettrici ^ che tendono a riunirsi per reutralizzarsì , se trovano fra i due poli un con- duttore interrotto o imperfetto , preferiscono per ri- congiungersi la via , che loro offre la pila stessa , se non quando essa pila , pel soverchio numero del- le coppie , di cui è composta e delle alternazioni che presenta alla corrente , conduce men bene del deferente imperfetto che k tra i poli. Allora sol- tanto l'elettricità passa per questo in gran parte e produce gli effetti calorifici. Se il deferente ^ otti- mo , la corrente lo preferisce sempre al conduttore eterogeneo formato dalla pila: ma in questo caso gli efTetti calorifici , che risultano dalle resistenze che la corrente prova nel deferente , non saranno sen- sibili , se la velocita non è grandissima; perchè ta- li resistenze sono piccolissime. Ora la velocita è tan- to maggiore , quanto minore è il numero delle cop- pie : perciocché la corrente che percorre il circuito è tanto men ritardata nel passar per la pila , quan- to incontra minor numero di alternazione di con- duttori solidi 0 liquidi. Non so se a molti fisici sia per soddisfare questa ingegnosa spiegazione. Quel ritornare dell' elettricità donde è venuta , durando la causa che l'ha accumulata ai poli , mi pare al- meno soggetto a forti obbiezioni. Se il liquore che congiunge i poli occupa poco spazio , ed è della Elettricità* 391 stessa natura di quello che carica la pila , sem?)ra che debba essere via piìi acconcia airelettricilk che non essa pila , benché formata soltanto di tre o quat- tro coppie. S'intende bene che li continuità della corrente è maggiore , se h minore il numero degli elementi voltaici, e può però esser maggiore la quan- tità dell' elettricità che ìq un dato tempo passa pel filo metallico frapposto ai poli ; non pero direi as- solutamente, che la velocita di essa elettricità è mi- nore in una pila di molti elementi t essendo mag- giore la tensione, ossia la velocita virtuale , maggiore sarà eziandio la attuale velocità , o almeno la ve- locità iniziale. Più semplice per avventura parrà ad altri il di- re , che minore essendo il numero degli elementi , il fluido elettrico non entra nel conduttore perfetto con troppa velocità : ma la corrente può considerar- si come continua, e perciò appunto ritardata che sia da un impedimento, comunque piccolo, le particel- le del fluido vengono sopraggiunte dalle seguenti , si rintoppano , si urtano , entrano in vibrazione e producono calore; il che non avviene, o assai meno avviene , se , essendo la pila di molti elementi , il fluido viene saltellone e per più riprese , nh può considerarsi come continuo. Al contrario, allorquan- do il conduttore , che congiunge i poli è interrot- to o imperfetto, il ritardo che soffre il fluido è assai grande , perche le particelle anteriori sien so- praggiunte dalle altre, e v'abbia , come dicono , con- flitto e per conseguenza elevazione di temperatura , benché la corrente non sia continua, e la pila com- pongasi di molti elementi. Ma se è composta di po- chi , benché l'elettricità sia copiosa , essendo debole la tensione , non può passare per siiTatto condut- tore , 0 in uu tempo non lungo ne passa soltanto una SQa S e I E N s e porzione troppo piccola per produrre l'efFritto calo- rifico , e il rimanente resta ai poh nella guisa che avverrebbe , se il circolo non fosse chiuso , come insegnava il Volta (a). Lo stesso pare che debba dirsi de* fenomeni chi- mici. DilBcilmente e lentamente quej^li si operano , se la pila è di pochi elementi, perchè poca elet- tricità passa in un dato tempo pel conduttore di seconda classe, e quella passa pe' pori che trova fra le molecule del liquore ; ma facilmente e rapida- mente , se gli elementi sono molti , perchè la cor- rente entra in quel conduttore , se non continua , copiosa e veloce , e si operano appunto alle estre- mità del condiillore liquido o umido , ove cioè là corrente provando maggiore impedimento , rintoppo e ritardo nel passare da un conduttore di prima classe ad uno di secotida , o reciprocamente , si ac- cumula , si addensa , finche pervenuta a sufficiente tensione , vince l'ostacolo , e spezza e divide le mo- lecule dell'acqua o di altri corpi. Tornando agli effetti calorifici dell' elettricità , che diremo di que' valenti fisici , che li hanno spie- gati coli' unione de* due opposti principii elettrici , dalla quale unione suppongono ingenerarsi il flui- do che produce i fenomeni del calore e della lu- ce ? Il sig. de La Rive dimanda se questa spiegazio- ne un poco i'dga non è capace d'essere resa al- quanto pili precisa ? Poste le cose dette , mi pare quella ipotesi affatto inutile , dacché vedesi ora na- scere il calore ( in que' fenomeni ) , per così dire , da se medesimo , ciofe per naturai conseguenza. Al- (a) Reponse aute ohservatwns de Nicholson, Bibl. brit. t. XIX. p, 274' E L E T T R 1 e I, T 1* 293 meno ciò è chiaro , se i! calore e la luce si ri- pongono in un moto vibratorio , che ora sembra la più applaudita e la meglio provata sentenza. Ne, facendo ancora astrazione dalle cose esposte sulla causa degli effetti calorifici della pila , punto pro- Labile mi semJ^ra quella opinione. Chi la segue , dee credere , che si generi calore , allorché i due supposti fluidi , come essi dicono , si neutralizzano , e per conseguente all' incontro s'abbia freddo , quan- do il fluido elettrico si risolve ne' suoi elementi. Se ciò fosse , e se si osservasse abbassarsi la tem- peratura nelle analisi delle sostanze , come si spes- so !a vediamo innalzarsi nella sintesi , la sentenza sembrerebbe ben provata. Ma il fatto è , che nh il presupposto scomporsi del fluido elettrico, ne il ve- ro scomporsi delle altre sostanze , produce freddo ; e questo si sente soltanto , se v'abbia evaporazio- ne , o liquefa/ione o altra simil causa , nel qua! caso si osserva abbassamento di temperatura , an- che assai maggiore , in certe sintesi. Si ha anzi calore , allorquando si eccita , o come dicono , si scompone il fluido elettrico col mezzo dell'attrito, della percossa , o del raschiamento : benché o noa v'abbia sensibile diminuimento di volume , o il cor- po per la sua elasticità torni di subito alle sue pri- me dimensioni. Nella pila , allorché i poli non so- no congiunti , si ha forse abbassamento di tempe- ratura ? Nelle analisi chimiche si ha talvolta calore assai veemente , come nell' analisi dell' acqua ossi- genata per mezzo dell' ossido di argento , e di al- cune altre sostanze , nell' analisi dell' eucloriuo , e de' COSI dotti cloruro e joduro di azoto. Il sig, Biot scrive che , mancando la gran forza calorifica primitiva dell' elettromotore , si mostra arroventìta una parte sempre minore del filo metallico , e final- 294 ' S e I X N Z X niente rarroventimento si osserva soltanto nel mez* zo del filo , ove , dice egli , sembran doversi più facilmente combinare i due principii elettrici. Se ciò fosse , pare che si arroventirebbe prima la parte med.a del filo , e poi in essa parte sarebbe sem- pre maggiore il calore che nelle estremità, mentre il contrario si è osservato in Firenze ( bibl. iiniv. t. XVI p. 1^9 a88 3oi ). In quelle sperienze si vide il calore in una delle estremità del filo ( e talora in amendue ) maggiore che nella parte media. Del re- sto la sopraccitata sperienza pare che facilmente si spieghi. Nel raffreddarsi del filo , le sue parti estre- me, communicando immediatamente con pezzi di me- tallo pili ampii e meno caldi, deono raffreddarsi piiì prestamente della parte media, che non ha immediata communicazione se non che colle estreme! onde non e maraviglia se queste prima di quella cessano d'es- sere roventi. APPENDICE. Non era mia mente parlare in questo scritto se non della elettricità voltaica; ma vedendo che il sig. Pawot tocca nella sua lettera alcuna cosa della elet- tricità per istropicciamento e per pressione , mi e sembrato conveniente aggiungere su questo poche pa- role. Questo professore ci fa sapere , che nel suo cor- so di fisica scritto in tedesco egli ha posto in teo- rema che l'elettricità di stropicciamento ha essa an- cora una origine chimica, cioè l'ossidazione del cor- po stropicciante , e che le ragioni teoriche sono ap- poggiate dalle sperienze del dott. Heidmann , le qua- li provano che la macchina elettrica non dà elettri- cità , se non contiene gas ossigeno , o non può som- ministrarne. Queste sperienze non bastano a dar la Elettricità' 293 palma alla sentenza dell' autore , essendovene delle altre di mano del cel. Davy, nelle quali si vide una piccola macchina elettrica agire nel gas idrogene: nel gas acido carbonico poi operava meglio che nelT aria comune. Tali sperienze furono replicate più vol- te in diverse circostanze , e sempre con effetti uni- formi 5 onde quel gran chimico le riguardava co- me decisive (a). Gli accademici del cimento ebbe- ro il felice pensiero di sperimentare se nel vuoto torricelliano i corpi si elettrizzano : ma le sperien- ze riusciron loro poco felicemente e nulla poterono concludere. Da gran tempo però la cosa sembra de- cisa da tanti barometri benissimo purgati , il cui argentovivo confricando il vetro non pur mostra lu- ce, ma e attrazione e adesione de' corpicciuoli , e fa udire lo scoppietto elettrico (h). Sarebbe poi un non finirla più chi volesse raccogliere tutti i fatti , ne' quali si è osservata elettricità per istropicciamen- to , sema che siasi o veduta o con fondamento so- spettata alcuna ossidazione. Il sig. Parrot aggiunge il seguente ragionamento : „ Lo stropicciamento non „ è che una pressione reiterata ; ora la pression „ semplice non produce elettricità ; come donque la „ produrra la pression reiterata?,, Mi pare che l'ar- gomento procederebbe meglio ìd questa forma : lo stropicciamento non h die una pression reiterata ; ora la pression semplice produce elettricità ; dunque la produrra eziandio la pressione reiterata. Che la sem- plice pressione produca elettricità , e cosa che non so come possa ignorarsi o impugnarsi dopo le re- (a) FUos. cJiim. divìs. I §. 7. {ò) Può vedersi tra gli altri De tuo „ Sur les mO' „ difications de V atmospliere „ P. I C. II n. 69-95. af)^ S ti 1 K N Z,K centi speriaiize del sig. Becquerel , per tacere di quel- le più antiche del Volta , dell' Haùy e di altri fisi- ci. Si potrebbe osservare eziandio che la conseguen- za dell' autore non ben discende dalle premesse. Pres- sion semplice , e pression reiterata non sono già una cosa : e può una causa posta una sola volta non produrre effetto sensibile , ma produrlo bensì la sua iterata e reiterata applicazione. Prosegue il sig. Parrot : „ Se la pressione pro- „ ducesse le due elettricità , nulla impedirebbe il „ loro ricongiungimento , non formandosi alcuno stra- „ to di ossido, e niun corpo trovandosi fra essi per „ fare officio di isolatore. „ Il ricongiungimento è impedito dalla natura coibente o semi-coibfnite del- le sostanze , e per lo piiì dalla prontezza ancora , con cui vengono l'una dall' altra separate , allor- ché si fa cessare la pressione. Dunque se Tobbie- zione prova qualcosa , prova soltanto che non sem- bra potersi osservare elettricità in virtiì della mu- tua pressione di due ottimi deferenti , esempligra- zia per la pressione di un piattello di argento o di zinco con uno di rame , o di uno di questi col condensatore. Se poi , aggiunge il sig. Parrot , la compressione produce una elettricit'a e non amen- due , dalla dilatazione , che seguita immediatamen- te, sarà questa riassorbita, e lo stato elettrieo sa- rà =o. Può rispondersi; i.* Non si pretende che nella compressione si ecciti una elettricità senza l'altra : né v'ha , io credo , chi cosi pensi ; a.* È egli forse di- mostrato che la pressione non può produrre elet- tricità se non che per la diminuzione del volume de' corpi , che la soffrono ? 3.* La natura più o meno coibente delle sostanze e la prontezza della separazione basta a sciogliere anche questa difficolta. ^97 ME Caso di flebite. Osservazione del dottor Jntonio Àsdnibali medico primario condotto della città di Spoleto. c redo meritevoli di pubblica menzione alcuni ca- si medico-pratici occorsimi nella citta di Lugo , ove era da pochi mesi condotto. Egli h vero , che ormai non può niente piìi numerarsi di straordi- nario su quesl' obbietto , essendone ricchissimi tut- ti ì giornali di medicina , ed insieme infinite ope- ra di questa scienza. Ma fa duopo ricordarsi , che una buona osservazione sopra un fatto bene ana- lizzato , può eguagliare in utilità un gran libro t specialmente se in esso vi abbia presieduto più l'im- maginazione , che il nudo impegno d'interpretare la natura. Per questa ragione io stimo necessario re- plicare questi tentativi , tantopiù che con essi si potrà talvolta , «e non ispezzare intieramente , alme- no illanguidire nei loro effetti , que' medicinali ve- tri colorati , che af,li ocelli d'un sistematico esclu- de il vero aspetto delle cose di questo genere. Spe- ro perciò esser compatito , se la povertà de' miei lumi non ammetta che imperfezione , e sulle mie riflessioni e sulT esposizione dei fatti osservati , po- tendo essere piaciuti gli sforzi miei diretti solo al bene dell' umanità (i). (i) Gli altri casi saranno da me. pubblicati poste- riormente a quello che presentemente rendo noto. 3j8 Scienze Il nobile sig. Francesco Borea , d'anni 26, eli buona costituzione , fu reduce nella citta di Lugo sua patria nel settembre dei 182G da Napoli , ove era cadetto sargente maggiore nelle truppe tedesclie. Cola rimase colpito da una febbre nervosa , da una cinanche ulcerosa tonsillare, e da una dissenteria per quattro mesi. Altra nervosa fu da lui sostenuta in Ungheria. Neil* ottobre dell' anno stesso incominciò ad essere tormentato da una tosse , che soleva as- salirlo in ogni cangiamento di stagione , e che par- ve cedesse ad un salasso e ad emulsioni refrigeran- ti. Nel giorno 20 gennaio 1827, dopo un forte ri- scaldamento incontrato nel ballo unitamente ad un consecutiv© raffreddamento procurato , essa ricom- parve , ma senza febbre ed altre molestie. Per due giorni si tentò frenarle con infuso d'ipecacuana , e qualche emulsione amigdalina e gomma arabica. Ma vedutane la pertinacia , si prescrisse un salasso di dieci once , il quale fu istituito nel braccio sini- stro , e particolarmente nella mediana cefalica. Egli esperimentò un acuto dol^e nell' atto del foro , dolore che rimase costantissimo in tutto il tempo dello sgor- go del sangue. Dopo essersi reso tollerabile , si fe- ce molto sensibile entro la seconda giornata : per cui volli visitare la ferita. La rinvenni perfettamen- te obliterata, ma intorno ad essa crasi innalzato un piccolo tumoretto rotondo. Sperando di cosa mite, mi limitai ad un locale emolliente. Ma prestamente si fece esso piij grande ; il dolore si estese a tutto il braccio , e nel declinare della terza giornata la febbre comparve con accesso di freddo. Un grande calore , cefalea , delirio , tosse veemente , dolore al petto, seguirono nella notte. A questo apparato fe- nomenologico non dubitai d'una vera flebite : e pre- scrissi un salasso , che fu eseguito sulla vena cefa- Caso di flsbiti 299 ìlca dell' altro braccio , rinfusione di digitale, e l'emul- sione amigdalina con acqua di lauro ceraso per Le- \anda ordinaria. Il tumore acquistò un volume mag- giore d'un uovo di piccione ; la vena si fece lesa , addivenuta un grosso cordone nella parte superiore alla ferita. Nei giorni seguenti il medesimo senti- vasi marcatissimo fino alla sommità dell' omero ; il braccio , e particolarmente nella medieta del bicipi- te , a poco a poco si fece tumidissirao e rosso , ma- nifestando ivi una profonda infiammazione ; divenne immobile senza potersi allungare , ed intollerante a qualunque contatto. Si replicarono i salassi , i quali furono distribuiti come siegue i uno nella basilica ; altro nella cefalica stessa destra : tre alla mano , ed Uno al piede. Gol consiglio e cooperazione insie- me di queir ottimo e dotto collega sig. professore chirurgo Garavini , furono applicate numerose san- guisughe alla parte infiammata , e costantemente un largo empiastro di linseme col decotto di altea. La parte inferiore, che non aveva mostrato grande alte- razione , incominciò anch' esso gradatamente a tumefar- si , dolere, ed arrossire» come eziandio il tratto della cefalica verso la mano a tendersi e a presentare altra porzione di grosso cordone. L'infiammazione col so- lito suo processo procedeva intanto nel suo eorso ; la febbre era una vera continua; la sete ardente, la tosse frequente e molestissima , grave il dolore di capo ; gli arti ed il dorso al sommo dolenti. I sus- sidj interni frammezzati alle suddette sottrazioni san- guigne furono sempre gli stessi , aggiuntavi ancora qualche pozione tamarindata. Sulla medieta di questo corso infiammatorio la cefalica destra , che era stata punta due volte, dopo aver presentato al luogo del- la ferita una piccola intumescenza, incominciò a ten- dersi e formare angh' essa un eguale cordone in tut- 3oo S e I B 3F z a to il tratto suptriore ed inferiore. La basilica e le altre vene, punte una sola volta, non mcstrarono al- cuna novitk lungo la loro direzione; ma erano do- lenti nei loro fori , e questi alquanto arrossiti. La suddetta nuova tensione venosa dislintissinaa era ac- compagnata solo da una qualche sensazione dolorosa, ne vi erano nello parti adjacenti nh intumescenza, ne rossore, ed il braccio poteva esser mosso con qual- che liberta. Alla medesima si provvide cogli stessi empiastri emollienti. Questo dolore intanto in tutte le aperture fatte dalle vene, questa seconda tensione suir altra cefalica, imposero qualche timore, che tutte potessero dare nuova occasione d'altra infiammazione, e ne restarono sbigottiti i flebotomi stessi. D'altron- de osservando minutamente lo stato della malattia mi parve di vedere una qualche calma ne' sintomi più al- larmanti , e la speranza d'un buon esito. Si tralasciò di pungere altre vene , e si rinnovarono le sanguisu- ghe per altre due o tre volte , ed applicate anche al capo per la persistente cefalea. Non furono un so- lo momento ommessi gli empiastri. Addivenendo quin- di più sicuro il termine felice dell' infiammazione per risoluzione , si credettero proficue le giornaliere fregagioni con olio di amandola dolce in arobidue i cordoni venosi, ed i bagni d'acqua saturnina. Le co- se progredendo sempre in meglio , si terminò la cura coir empiastro di pane e latte , ed acqua di Gou- lard , e le suddette frizioni oleose. ISel i5 erasi dis- sipato qualunque sintoma di flebite, e distrutta ogni località morbosa. Rimase soltanto la tosse nel grado stesso , con cui principiò ad infastidirlo , e che dis- sipossi interamente in pochi giorni- La flebite , specialmente accaduta per salasso , estesa e come a me si è presentala , h certamente uno de' casi medici di grande rarità nelle nostre con- Cà«0 DI FLEBITE 3oi trade, ed in alcune aitre ancora. Io confesso eli non averla mai osservata nella mia pratica per circa tren»- ta anni esercitata in diverse parti dello stato , ne la vidi nel tempo di mia istruzione. M. Hoppe , medi- co a Coppenaghen , ne fu altamente maravigliato quando la osservò in Edimburgo (i). Essa h piutto- sto frequente in Ingliilterra , e la Francia non ne man- ca , come se ne leggono de' casi in Breschet (a) , e come i compendiatori del dizionario delle scenze me- diche l'annunciano , assicurando di averla veduta spes- se volte nel corso di peripneuraonie intensissime (3). Questa differenza avrà certamente la sua ragione. Ne- gli stroraenti mal proprj non può trovarsi , come riflette benissimo il compilatore della memoria sulla ilebite del nominato M. Hoppe ; perciocché accadde ap- punto di sovente nei grandi ospedali inglesi, ove ga- reggiano la proprietà e l'accuratezza (4). Che una causa traumatica, specialmente di questo genere , sen- za la coopcrazione di altri elementi possa suscitare un' affezione morbosa , che interessi o in parte o in tutto l'intiero sistema , e con qualche rapidità , non sembra possibile. Avvi sempre bisogno in tal caso d'una particolare influenza delle parti sane della mac- china sul punto irritalo: ed il modo d'influenzarlo, e quello propriamente voluto per un dato futuro sta- to morboso , debbe essere precedentemente ordito naile medesime. Ora questo lavoro non si dovr'a cer- tamente , che alle vicine cause pregresse , ed al so- lito serbatojo de' germi per lo sviluppo delle nostre (i) Bullelin des scicnces mhdìcales ^ t. IX p. 66. (a) Hodgson malatt. delle arterie e vene , voi. 2. (3) Gictionaire ahr. de selene, medie. , t. doiixiemc. {{) Bulletin des scienc. medie, loc. cit. Boa S e I < K s s malattie , che contiauamente compongono e conser- vano il clima , le abitudini , le costituzioni atmo- sferiche, il vitto, le idiosincrasie, le agitazioni del- lo spirito ec. Infatti il suddetto M. Hoppe rimarcò nel nominato ospedale d'Edimburgo (i) , che i casi di que- sta sorte ebbero luogo in corto spazio di tempo : che ne' mesi precedenti non ne accadde alcuno , e che quest' epoca coincideva con quella , in che i me- dici generalmente si lagnavano di eresipele degene- rate negli ospedali della citta, e finalmente che nell* ospedale de' febbricitanti non somministrò la sangui- gna alcun caso di flebite. Egualmente Dionis vide, per sola colpa dello stato dell' organismo , ingros- sarsi il braccio dopo il salasso talmente e dolere , fino a comparire la cangiena nel secondo giorno , e morire nel terzo (a). Altro caso di morte per can- grena succeduta ad un salasso ci viene assicurato da Ambrogio Pareo ; e altro d'una tumefazione in- fiammatoria cangrenosa di tutto il membro superiore, e della spalla con esito infelice in 24 ore, fu veduto per egual cagione da Boyer in Parigi (3). Anche il celebre Zeviani ci lasciò scritto a questo proposito , che si videro tali costituzioni d'aria , ove tutte le piaghe e ferite d'alcuni infermi , anche le piiì be- nigne e lievi per natura , passavano prontamente alla gangrena (4). Sa mi si opponesse, come già fece Breschet (5) , che accadendo questi accidenti an- che in soggetti sanissimi , ciò esclude la necessità (i) toc. cit. (a) Cours d'operation de chirurg. Ediz. Lafayet. p.6S^. (3) Trattai, delle malat. chirurg. t. XL Fìrenxe pag.20i'j* <4) De^ morbi purulenti ipag. 170, (5) Lo e. cit. CaìO Dt FLEBITE 3o3 d'una segreta orditura , che possa esser fatta da al- cune cause per facilitarne lo sviluppo ; a ciò ri- spondo , che si può essere sano bensì , ciob essere le funzioni in quell' equilibrio che esigesi a tal ri- guardo , ma che i nostri solidi e fluidi potranno be- nissimo contenere certi particolari cangiamenti , che se non giungono a turbare l'ordine delle vitali ope- razioni , costituiscono per altro quelT attitudine a rendere energica una data azione esteriore , onde si ponga in atto un detet^minato stato morboso. Un bevone non è forse apparentemente sano ? Non lo e un crapulone , ed uno immerso in qualche abu- so ? Vedeteli per altro allorché sono colpiti da una comune causa morbosa. Esaminate pure attentamen- te l'andamento della malattia in essi insorta. Qua- le e quanta variazione ne' fenomeni che l'esprimo- no ? Senza il principio annunciato spieghisi , se si può , queir esito precipitato e funesto delle loro infiammazioni ; il rapido transito di alcuni proces- si morbosi ad insuperabili disorganizzazioni e stra- vaganti prodotti , e tutto in mezzo ad un attivo regime medico bene bilanciato e trionfante in altri eguali e contemporanei ai vinti, (i) Si spieghi- no l'irregolarità d'alcune ferite , le quali , ed in si- mili circostanze e trattate dall' arte egualmente, ora rimangono stazionarie senza condursi ad alcun ter- mine ^ ora suppurano , ora si cicatrizzano i fenome- (i) Si riconosca intanto l'amara ingiustizia di at' tribuire a debolezza di persona l'esito fatale di certe infiammazioni : essendolo invece delV arte stessa ben luu' gi da una possanza creatrice , già riconosciuta Vesattcf za dell' operato per abbatterla. 3o4 Scienze no rimarcato ancora dall' illustre sig. dott. Torri, (e) Spieghisi , se si può , perdio la carie d'un deate re- sta lungo tempo inerte , senza produrre infiamma- zione , e senza far sentire gli effetti della sua ir- ritazione , che in certi tempi determinati ? (2) Se vogliamo nel nostro infermo cercare quali elementi hanno cooperalo per sottoporlo a sì gra- ve malattia , oltre i comuni ; pei più vicini e par- ticolari noi dobJjiamo certamente porre a calcolo il suo precedente riscaldamento seguito da raffredda- mento , i suoi passati travagli militari , le febbri nervose tollerate. Si ritorni colla memoria a' feno- meni , che accompagnarono la nostra flebite , e veg- gasi , se si può ammetterne il più piccolo dub- bio. Non è egli vero , che dopo aver subito il no- stro organismo , od in parte o nel suo lutto , un turbamento morboso, specialmente grave, non è più quel di prima , e per quel dato impasto assimila- (i) Opusc, della soc. med, chir. di Bologna ^fasc. V. p. 404. (2) Ho goduto sommamente leggendo in Bqyer ciò die espone su quest* accidente del salasso : che questo sommo scrittore ed operatore conferma in parte il mio modo di vedere in tali casi , cosa che può estendersi alle altre infiammazioni . „ E non è egli evidente , così seri' „ ve , che in questi casi il salasso non è , che la ca* „ usa occasionale degli accidenti , e che la loro vera „ causa è una disposizione morbosa universale o in ter- „ na , che può esistere in persone di apparente sanis* „ Simo aspetto , come in quelle , nelle quali la salute è „ sensibilmente alterata , e che essendo ridondanti di „ umori , questi sono sempre pronti a gettersi su qualche „ parte ? ( loc. cit, p. a3© ) Gaso di rTvEBiTE 3o5 tivo » e felici posizioni elementari , die vagliono a resistere adeguatamente agli urti nemici capaci di scompigliarle ? Perchè una parte una volta sta- ta infiammata è più soggetta ad esserlo di nuovo ? Come porzione in certa guisa rimasta rattoppata sotto questo processo , accade pure p«r non avere pi» quella compattezza ed ordine assimilativo , che elida un' azione morbosa , la quale , per essere eser- citata , l'autore di lei basta che abbia allora la meta di sua forza P Nel nostro giovane le ripetute malattie nervose , i suoi militari disagi , e le sof- ferte infiammazioni hanno sicuramente fin da lontano ordita l'idoneità nel suo sistema venoso ad infiam- marsi ad una causa opportuna , ed insieme a que- sto fine diretta l'energia del più prossimo agente morboso. Noi vedemmo la cefalica destra rendersi tumida dopo essere stata punta due volte , e l'altre vene invece , dopo una sola ferita , dokre ed ar- rossarsi nelle loro aperture , manifestando esse cosi una generale tendenza ad infiammarsi (i). Potreb- (i) 7 compendiatori del dizionario delle scienze me- diche dicono., che hanno osservato la flebite succedere ad un salasso , specialmente allora che le piccature sono state fatte sopra un medesimo imso , perché più appa- rente. Io vidi le mille volte queste ripetizioni , e spe- cialmente eseguite sul medesimo foro , senza che siasi ] veduto sopraffgiungere un tanto accidente ^ eccetto taholta un tumore injiammatorio al luogo della 7'addoppiata ferita . Ciò però non esclude il saggio loro consiglio di dover- si distribuire le sanguigne sopra più ^>asi. Nei ignoria- mo sempre quella segreta orditura «e' nostri tessuti , che può rendere formidabili talvolta certe azioni estcrioi'i apparse tante volte innocue. G.A.T.XLUI. 30 3o6 Sciente te forse a questo passo dirsi da taluno , che piut- tosto fu ciò l'cfFetlo d'una dilTusi-one di flogosi , più facile specialmente ne' pezzi , che facenti parti, co- me questi, d'un solo sistema sono identici di strut- tura e d'officio. Primieramente faccio osservare, che i suddetti vasi non ebbero tutti i caratteri proprj d'una. parte veracemente infiammata , e che d'altron- de la cosi detta diffiisione flogistica sembra merita- re una qualche dilucidazione. Io credo, che non po- trà giammai conti-astarsi essere ,, qualunque malattia „ una speciale mutazione dello stato materiale del „ corpo vivo , o per sostanze inconvenienti esisten- „ ti nel corpo stesso , ovvero per alterazione d'or- „ dine e composizione del misto organico „ come ha scritto il dottissimo sig, professore BufTalini (i). Ciò ammesso , essendo la pura verità , ad ogni sta- to morboso presiederà un cangiamento sui gene- ri.s , e con dati esclusivi elementi per la differenza nella sua esteriore manifestazione. L'infiammazione debbe posare sopra la stessa base , ed alla mede- sima no dovrà competere uno per lei proprio , ed il quale non potrà già essere , o ne' primi fili or- ditori d'un sistema od organo , o nel tessuto gros- solano dei medesimi. Noi veggiamo infatti pronta- mente succedere questo stato a qualunque lacera- zione , ferita , distensioni meccaniche , azioni chi- miche esteriori eie (e?) Comparendoci adunque Tiu- (i) Fondarli, di pntol. annlit. Pesaro t. 1. p. (^^. (2) // sullodato cììiar. si^. dottor Bujfalini ha det- to in altro Inoqo della citata sua opera [pdg- *2i ) , cJie i'in.fìainiìiazione , che lìeii dietro ,, alle ferite noit „ è necessaria conseguenza, dalla meccanica divisione dcl- „ le partì organiche , perchè inj'alli la stessa divisione « Caso di flebitb 3®'j l^ammazione , come un effetto secondario di un da- to stato morboso £TÌa operato nella fibra viva, esi- gerà per nascere, che questo sempre la precoda. Di- re adunque flogosi diffusi non sembra che deb- basi intendere già quella stessa , che destatasi iti una parte , si vede talora accendersi in altro pez- zo , o contiguo , o lontano. Sono , a n»io debole parere , i perturbamenti organici , che si diffondo- no , e propriamente quelli stessi elementari d'una „ nel tendine promuoi'e più facilmente il tetano , cìie la ^^ flogosi. ^^ Questo peri frimento è giustissimo , ina però non osta che si ponga per principio essere lesioni reali e specifiche sulle nostre fibre , sia nelle primitive parti lo- ro elementari , sia nella loro esteriore continuità , che precedono , e debbono precedere questo stato , niente mancando di ciò che debbe stabilire la particolarità di questa lesione materiale. Nessun ente , che fassi rea' le y può essere disgiunto da certi principj , nel cui uni- sono è quel ch^ è. Due sono , a mio povero giìtdizio , le condizioni necessarie per lo sviluppo d''una flogosi in, tal caso , sia che questa consista in un semplice ingor- go vascolare e con leggiere tinte di questo fenomeno , sia in un reale processo infiammatorio , quel processo cioè , che può da se stesso sostenersi , e consumare un periodo di un tempo determinato. E runa un giusto ri- .sentimento delle partt contigue e continue , e di rela- zione immediata co* luoghi vulnerati , perchè necessa- riamente ' in quelle portato fuori d^ equilibrio allora il sistema comune circolatorio , le distribuzione mttritiva , il ritmo de'' consueti movimenti , bordine delle secre- zioni ec. ; è l'altra un turbamento deciso deW influen- za nervosa. Per la prima noi reggiamo ^ e lo vedem- mo nel caso nostro , che rinfiamma zione è sempre nel- 3o8 Scienze flogosi , ed è sempre una nuova infiammazione , che insorge , come necessariamente di loro pedissequa. È ciò maggiormente più chiaro , allorché è presen- te una sostanza incompatibile colla natura del no- stro organismo , cioè quella causa stessa formatrice e conservatrice do' perturbamenti medesimi , la qua- le sia per riassorbimento , sia per mirabile divisione ne' suoi principi sottilissimi , può traslocarsi ed agi- re in più punti. Vedemmo nella nostra flebile un le parti che circondano i punti scompigliati , intorno ai quali essa talvolta si trova in forma d'una vera dissi , le quali possono confondersi , se i luoghi pertur- bati sono molli e vicini , impegnandosi allora uno sta- to/logistico di grave intensità. Ci resta visibilissimo ne- gli esantemi , e spontanei ed inoculati , se ardissimo raddoppiare i fori col ferro tinto del respettivo virus. Riguardo al secondo punto , se il nervo è l'autore d'ogni risalto del solido vivo , se colla sua mediazione soltan- to può concepire quei moti che lo caratterizzano , è chia- ro , che nel vedere i medesimi portati ad alt/o grado ed ordine , la distribuzione degli atti di questo siste- ma , in qualunque modo si faccia ^ fu intercetta e ;i- volta ad altra direzione. Egli è però , che oltre già all' essere i tendini insensibili , come fatti bene avverati su* gli animali viventi l'attestarono ( ved. Bojer loc. cit. p. aa7 ),/« duopo osservare ancora se pel modo dell of- fesa , della qualità e posizione del pezzo oltraggiato , le parti adiacenti possano risentirsene adeguatamente per erigersi questo disturbo in istato flogistico. Allorché vera- mente , o per trascuranza dell' infermo , o per ferite , o la- cerazÌ9ne incompiuta., si realizza questa condizione ^ nasco- no benissimo forti infiammazioni ali intorno della medesi- ma , invece di portare altrove , e di/fondere un duturbo or Caso di fIebite Soq esito fclico por risoluzione , ad onta che le sottra- zioni sanguigne furono moderale , potendosi nume- rarne soltanto sei , essendo stata quella del piede tenuissiraa. Sappiamo d'altronde il frequente esito in- felice di tali infiammazioni per la facile suppura- zione , che accade nell' interno della vena infiamma- ta , e pe' disturbi uniti a flogosi estesi alla cara. Lo stato di tensione riscontrato nelle cefaliche sotto l'apparenza d'un grosso cordone ci ha manifestato abbastanza l'ingrossamento delle pareti di dette rc- ganico , e talvolta di forma necessaria per exsere la Jlogoxi seguace. Rapporto alla seconda accennata condizione per lo sviluppo d'una infiammazione , mi si permetta la narra- zione d'un fatto , ehe può in qualche modo dilucidarla. JVeir ospedale della città di Lugo , ove io era clinico , entrò un giorno un demente^ in cui V esaltamento del- le funzioni cerebrali era ad alto grado. Spiandone la. causa io fui assicurato , che era ciò accaduto dopo la scomparsa d'un gonfiore alle gambe. Consigliai allora l'immediata applicazione di due vessicanti alle sure , i quali sebbene vi restassero fermi per molte ore , nulla si rimarcò di loro azione , ne alzamento di vescica , ne rossore. Intanto ad opportuni rimedj , scelti nelle de^ trazioni sanguigne , nella noce vomica , estratto di giu- squiamo ee. dopo otto giorni si ottenne la calma di qua- lunque sintomo , e fili fermo rientrò neW integrità dellt sue funzioni intellettuali. I vessicanti dopo u^ ore era- no stati gettati via , come affatto inutili , ed in tutto questo tempo non fu osservato alle sure il menomo se* gno della consueta loro operazione. Ma alla cessazione perfetta della mania incoìuinciarono queste parti ad ar- rossare spontaneamente' ^ alzarsi la vessica , e l'infiam- mazione al solito compiere il suo corso. 3 IO S e 1 K N « E ne, e questo pel solito versamento ed ingorgo umo* rale fra gli interstizj del loro tessuto. Avremmo an- cora ne' fenomeni morbosi del petto tutta la cer- tezza , che in quei visceri erasi diffuso il perturba- mento morboso, e flogisticati anch'essi. Eppure, Seb- bene il sangue dimostrò sempre una cotenna tenace in unione ad esso , a poco a poco tutto cedette all'* attività de' rimedj apprestati , come lo fu egualmen- te l'infiammazione flemmonosa, che occupava la par- te esteriore del braccio dalla sua raedietà fino al di Ta del cubito. Senza pronunciare cose particolari sa quest' obbietto mi limiterò a dire , che si cerchi pu- re ove si vuole la ragione dei varj esiti d'un' in- fiammazione ; allorché non manca un retto regime medico e bene misurato , sarà sempre vero , che es- si lo «aranno meno nelT essenza , ed intrinseeo dell* infiammazione stessa , quanto nel modo , con cui fu disordinata una parte, quantità e qualità della cau- sa ofìfenditrice , nella particolare influenza di alcu- ne circostanze esteriori , dell' organismo intiero e delle parti adiacenti, nello stato attuale, in cui e queste ed i punti ofTesi trovavansi , si pel loro im- pasto assimiUtivo , s'i pel grado di coesione e fer- mezza del tessuto , si per la bontà ed imperfezio- ne della funzione che già operavano (i). Hunter volle , che la flebite per salasso dipen* desso dalla flemmasia della membrana interna delle (i) Nel tempo , che domina una malattia dipèn- dente da contagio , o da particolare costituzione atmo' sferica , vedesi in alcuni manifestarsi benigna e lieve , nel tempo stesso che in altri spiega una funesta maligni- tà. Una medesima causa qui ha agito ^ e tutti 'vi furo' no egualmente sottoposti. Non apprezzandosi queste con-' siderazioni , tale differenza rimane fra gli arcani. Caso oi fledite 3i i VRne, appoggiandosi sopra fatti bone verificati. Slier- wen, ed ultimamente Boyer, vogliono piuttosto esse- re pili probabile, che nasca comuneracute per la pun- tura d'un nervo , e specialmente se imperfetta. Nel nostro caso è innegabile quest' ultima , considerando il vivissimo dolore dell' infermo nel momento dell* operazione, ed in tutto il tempo dello sgorgo del sangue , come altresì il flemmone nato nell' esterio- re del braccio. Ma niente osta ammettere ambedue queste sorgenti , ed è forza farlo per varj fatti be- ne conosciuti. Se ne cerchi il come in quel cumo- lo di condizioni di sopra accennate , che debbe di- rigere sempre un' azione moibosa , darle una re- spetliva tendenza, e preparare al di lei prodotto un esito immutabile anclie sotto il più sa^^gio metodo curativo (i). (i) Da alcune cose da me dette in questa me-m moria sembra che abbia ragione di sostenere non es- ser i)ero che V infiammazione , in qualunque aspatto si guardi , sia costantemente primaria , sostanti\>a , reg- gentesi cioè da se sola , e facente perno d^nn affezione morbosa. Pur troppo io 'veggo alcuni medici sostenitori ancora del dinamismo e della nuova dottrina del contro- stimolo nodrire tale opinione , che additano nella cura che istituiscono , e nel linguaggio adoperato da essi per la spiegazione de" fenomeni morbosi. Io già dissi abba* stanza su questo punto in altro luogo ( 'ved. /annali univ. di med. di Omodei , fase- 120 pag. i^ii) ; ripeterò al presente chiedendo loro , se sia più vero , che una cO' sa qualunque siasi non possa essere insietne e non c.f- sere ? che ogni ente abbia la sua essenza , la quale deb" be tenderlo sempre simile a se stesso ? Qualora non possa, ciò negarsi senza rinunciare ajfatto alla propria ragia- 3l3 Saggio di filosofia teoretica del sig. Grones profes- sore di matematica nelV I. e R. liceo convitto in Venezia. Venezia 1828. •• v-/uest' opera è scritta con purità di stile e con roijuslezza di raziocinio , e vi si imprendono ad isviluppare oggetti della massima importanza. Il pre- ne , sarà vero ancora , che l" infiammazione dehhe es" sere identica in ogni caso , e che un cangiamento di essenza e di natura invano in lei si cerca senza cade- re nel suddetto principio di contraddizione. Perchè adun' qiie essa non tace sotto quelle armi stesse , che talo- ra vittoriosamente rabbattono , e che restano inutili , ed anche dannose , adoperate specialmente colla stessa for- za in certi casi , oi'e esprimasi a tratti luminosissimi ? Così lo è nelle impetigini , negli esantemi , ulceri ve^ neree , podagra ec. Come non confessare darsi adun" que delle infiammazioni , e considerate in modo aperto ed in modo tacito , affatto dipendenti da an altro pro- cesso morboso formato e sostenuto da una chimica sui get neris anche per la presenza della stessa causa primitiva per- turbatrice , come appunto accade nelle suddette affezio- ni., tifi ^ cancri^ scirri, dissenterie^ febbri biliose, tu- mori glandulari , viscerali ec ? Con qual ragione vor- ranno essi tenere lo sguardo esclusivo su lei, restar fer- mi in un deprimere ostinato , involando intanto ogni ri- sorsa alla natura , ed air arte ogni attività , che for' se serberebbe intiera sotto altra condizione dell' orga- niamo ? Perchè piuttosto non prevalersi dell' esperienza Filosofia teoretica 3i3 clpuo suo scopo si è quello di porre in vista con precisione d'idee ai giovani alunni gli errori d'un» iarvatk ideologia. È divisa in tre parti. Nella pri- ma si tratta degli esseri ragionevoli , nella seconda degli esseri clic formano l'universo , nella terza dell' Essere Supremo : che è quanto a dire , che per una via sicura e piana conduce gli allievi alla cognixione di più secoli per attaccarsi in questi casi a quel poco di probabile che sotto V osservazione di grandi uomini ci ha questa presentato , e per la parte teoretica , e per la pratica ? Se l" infiammazione , e qui desidero la lo- ro attenzione , fosse il punto solo reggitore di certe con- dizioni morbose , intorno al quale , come raggi dipen- denti ^ discendessero tutti i prodotti delle medesime , perchè cedere queste invece ad un azione elettiva me- dicamentosa , dileguandosi insieme qualunque traccia flo- gistica appena questa sentita ? perchè altre compiono il loi^o corso colla cura semplicemente aspettativa , ed al" tre rimangono anche inalterabili nel medesimo trattate, con potenti stimoli ? Siamo una volta più amici della povera amanita ; siamolo della medicina stessa , che pro- fessiamo. Co^ prestigi deir immaginazione , e per la vio- lenza del nostro amor proprio , no?i ci avviciniamo alla barbarie col massacrare la prima ; non ci copriamo di disonore , col denigrare la seconda, I sistemi in medi- cina sono e saranno sempre incompatibili col poco nu- mero delle certezze che contiene. Noi possiamo esten- dere il numero colla sola buona osservazione ed aiia- lisi del fatto medico. Con. questi mezzi soltanto potre- mo toglierci dall' umiliante situazione di trascorrere da ignoto ad ignoto , che a' nostri nemici specialmente n^ pete la ragione del grazioso titolo , di cui graziano co- sì spesso In medicina. 3l4 S e I E W t E dell' uomo , del mondo e del Creatore. Tale h il disegno dell' opera intera : disegno che spiega e ri- schiari con lucid' ordine le astruse dottrine della filo- sofia. Tutto egli è inteso a purgarla da certe mas- sime perniciose tendenti a bandire dalia terra la schiet- ta verità. Ma veniamo alla prima delle tre parti suc- citate. Sul bel principio il eh. autore chiama a disa- mina i deliri del materialismo con far vedere l'in- eoerenza e gli assurdi di si abbominato sistema. Dopo d'aver egli premessa la verità principale, si fa strada a trattare di quelle che da essa traggono la loro im- mediata sorgente , senza omettere quelle che media- tamente da essa derivano e sono con essa per cosi dire concatenate. Mostra , parlando delle due sostan- ze clie formano l'uomo , Tuna immateriale , corpo- rea la seconda , quella non soggetta ai danni del tem- po , questa strascinata dal tempo in braccio della mor- te, e in breve conversa in un pugno di polvere. Ri- dotta la spiritualità dell' anima sino a quel punto di evidenza, che può aversi quaggii!i da chi fa buon uso di quella intelligenza di cui ne ha Iddio dotati, si arresta ad iscandagliare alcun poco i rapporti che ha essa col suo corpo in istato di non viziata or- ganizzazione. Nel far ciò si trova subito alle prese con alcuni ideologi d'oggidì , pe' quali ogni detto del sig. de Tracy « un oracolo , e di questi ora- coli è interprete pericoloso il suo traduttore e com- mentatore Compagnoni. Nulla lascia intentato il Tra- cy per assottigliare la materia sino al punto di ren- derla capace di pensare da se. 11 nostro autore lo rende bellameirte avvertito dell' assurdità e della ir- ragionevolezza di un tentativo più e più volte re- so oggetto di sprezzo e di compassione , con fargli osservare che il pensiero debb' essere semplice ed Filosofia teoretica 3i5 \kno. „ Ora ( cosi l'autor nostro ) se il pensiero fosse il risultato di un corpo oi:ganico , stabilir si do- vrebbe essere il pensiero il risultato de' singolari pen- sieri di ciascuna parte del suo corpo , e quindi un «omposto soggetto a decomporsi, in quella guisa che si decompongono gli altri corpi che formano il pre- dente sistema.,, Gli ricorda che le facoltà di riflettere e di giudicare sono proprietà dell' esser nostro intel- ligente, cui solo compete il potere d'istituire de' con- fronti e di formare de'giudizj. Egli è desso quegli che pensa , che astrae , che riflette , che attende , che vuole liberamente. Pieno di un' energia tutta sua pro- pria associa le idee già ricevute dai sensi , ne su- scita di quelle che non dipendono da essi , le svi- luppa e le contempla. È in sua balia il prestare at- tenzione agli oggetti , e con un atto della sua vo- lontà dai presenti passare agli assenti , e può render meno vivo raflfanno ed anco diminuire la gioja d'in- trattenimento gradevole. Cosi , a cagione d'esempio , l'annunzio della vittoria allevia in un uomo d'arme il dolore delle riportate ferite, e la rimembranza della perdita di benamata personal amare^ia qualunque geniale diporto. Passa in rivista di poi le proposizioni del sig. di Tracy , che tutto donano alla materia e di tut- to spogliano lo spirito i e le combatte per modo , che chiunque non abbia nera benda agli occhi ben vede da qual parte pende la vittoria . Fisso il Tracy nell' erroneo principio che il pensiere al- tro non sia che sentire , cioè moto fisico prodotto da altro fisico movimento , accomuna l'essere nostro intelligente alla classe degli enti materiali. Esami- nando il sig. Groues attentamente le operazioni in- tellettuali, mette in chiaro l'impossibilità di farle de- rivare dalla materia , che non riceve da se mede- 3iO S e I E W J K sima veruna determinazione, ne può a se stessa im- porre legge di sorta, altrimente sarebbe a un tempo attiva e pasiiva : e ne disvela i di lei elementi, ad- dimostrandoli diversamente associati fra loro in vir- tù. delle leggi di affinità. Sanno i dotti che la ma- teria k suscettibile di molteplici combinazioni non ben note ai nostri deboli mozzi di conoscere , note però quanto basta onde potere affermare senza tema d'in- ganno che le proprietà dello spirito non possono es- sere il prodotto d'inerte materia , sendo impossibile che il Creatore associ e metta in azione ciò il cui opposto ripugna. Perchè , dimanda l'autore ai pseu- do-idealisti , perchè mai se la materia potesse es- sere pensante e non pensante , volente e disvolen- te, attiva ed inattiva, non ammettono Darwin, Tra- cy , e gli altri tutti del numero loro , le piante e i fiori forniti di facoltà intellettuali , contraddette dal fatto malgrado de' sofismi di tutti coloro, il di- letto de' quali è villa che aggrada ai sensi e che la ragione condanna.^ L'uomo è un essere perfettibile , non gik riguardo ai sensi , ma rapporto all' anima semplice , libera , immortale. Il potere eh' ella ha di minorare le impressioni de' sensi o di slegarsi da esse ogni qualvolta le torna a grado , h una gran prova della sua liberta. Indarno mette in campo il Tracy certe molecole, che non valgono al certo ad abbrac- ciare una sensazione od a lottare con essa. Le pa- role, delle quali fa uso, di attrazione e r«pulsione, di azione e reazione , non aggiungono che oscurità ad oscurità : e prese nel senso appropriato loro, of- fuscano il lume della ragione , di cui certi ideologi non fanno gran capitale. Afferma di poi esservi in natura un maximum ed un minimum , in vista de' quali l'azione pro- porzionale alle niisse non si debbe prendere in Filosofia TKOKEficA. Stj senso matematico ma in senso fisico. Non approvi egli perciò le tesi di Boscorich e di Leibnizio ; nella prima delle quali si tratta della dirisibilità della materia in infinito , nella seconda si conside- ra la materia qual aggregato di semplici. Aggiu- gne non essersi ancora formata un' ipotesi atta a rendere ragione sicura degli effetti maravigliosi dell elettricità e del magnetismo. Tocca di volo le ipo- tesi di cause occasionali , d'armonia prestabilita « di fisico influsso : nh le trova acconcie ad ispiegare la re- ciproca corrispondenza tra l'anima e il corpo , non essendovi tra f(ueste due sostanze rapporto d'iden- tità , ma il solo legame di mutuo commercio per cui l'anima agisce nel corpo , e questo in quelli. Firichò ad esso è unita trovasi astretta a sentire, ma non ad acconsentire, potendo ella determinarsi li- beramente ad una piuttosto che ad un' altra azio- ne : di che ognuno ha in se stesso la prova d'intimo sentimento. Dopo di avere l'egrtjgio autore sparsi con net- tezza di, pensare si bei lumi di metafisica , con la solita chiarezza parla del mondo , gli abitatori del quale , allorché perdono di vista Iddio , si ravvol- gono , s'inabissano entro un caos di errori e di con- traddizioni. Nel descriverne con colori tratti dal ve» ro le versatili scene , ne rammenta non essere que- sta la stanza in che l'uomo possa bearsi pienamen- te e per sempre. L'uomo imbrutito , i cui desiderj sono spesso in opposizione con le sue parole , nell' alto islesso in cui impugna l'eternità d'una vita av- venire , vorrebbe pure che fosse il mondo fonda- to su basi eterne. Perciò l'autor nostro con finis- sima dimostrazione , per trarre di si grave errore i sedotti , fa vedere che le moltifornii bellezze nell* ordine fisico essere non possono assolutamente l'ope- 3l8 S e I E » l E ra d*ttna causale combinazione. Contro tutti printer» pi di sana logica trar vorrebbero , egli dice , i ma- terialisti dalla pretesa inerenza di forze occulte al- la materia un plausibile argomento per darne a dive- dere donde derivi la esistenza e l'ordine dell' uni» verso , in cui eglino non veggono , o per dir me- glio s'infìngono di non vedere , il bisogno di una mano produttrice e conservatrice.! corpi, qualunque sieno , abbisognano di una causa che ne determini l'esistenza. Questa non può essere interiore : altri- menti , «om' egli osserva , si verrrebbe ad ammet- tere in essi un principio interiore di azione : il che ripugna. Dunque avranno cominciato ad essere in un tempo determinato. Ma raggrega7>ione di lutti gli esseri , prosegue a dire , è una nozione di ag- gregato , e perciò non può avere un' esistenza di-» versa dai corpi che lo costituiscono ; dunque la lo- ro causa debb* essere preesistente sotto qualunque aspetto si considerino , e perciò fa d'uopo ripeterne il principio , non dalle qualità primitive de' corpi, non dalle leggi del moto , ma da una causa intelli- gentissima ed infinita. Di più , i corpi che formano lo spettacolo maraviglioso , che noi diciamo mon- do visibile , non presenterebbonci ostacolo veruno. Veggiamolo. O si vuole che l'ostacolo derivi dai cor- pi , o da noi. Se dai corpi , sono essi adunque en- ti distinti da noi , che aver debbono una reale esi- stenza r se da noi , ammettere si dovrebbe in noi stessi ad un medesimo tempo il volere e il non vo- ler vincere il dato ostacolo , con imperdonabile as- surdo. In fatti se un corpo si connette con altri cor- pi coesistenti , ne da l'idea dello spazio ; se si uni- sce a corpi successivi, ne somministra l'idea del tem- po , quale appunto si percepisce da chi non ama di perdersi in isterilì speculazioni per volerlo defi- Filosofia teoretica 819 nire. Le quistioni sullo spazio e sul tempo umilia- no , diceva Locke , Turnano orgoglio. Ora se il mon- do non esiste da se , se l'anima non ha in se la ra- gion sufRciente della propria esistenza , egli e d'uo- po riconoscerla creata da una causa che abbia in se la ragione del proprio esistere per necessita di na- tura , di cui gli esseri non sieao che altrettanti ef- fetti, o, per parlare con maggior precisione, altret- tante opere da lui tratte dal nulla. Tanto si scor- ge da chi ha fiore di senno , dal primo all' ultimo anello che rannoda insieme tutte le cose di quaggiù. La natura non è ne un concreto , nh una sostanza , bensì un astratto : ond' è follia il pretendere che da un puro nome derivi il triplice ordine regolatore di tutto il creato 1 ed è piucchfe mallezza , anzi dirò empietà, il voler essere ciechi fra tanta luce, e sor- di alle voci dell'universale consentimento di tutti gli uomini. Pongano costoro , pe' quali h diletto dove tut- to è luce camminare al bujo , pongano in uno degli enti finiti la ragione dell' esistenza degli altri : quest' essere non potrà trarre da verun altro ente simile ad esso la ragione dell' esistenza sua , mentre sa- rebbe allora a un tempo e dentro e fuori della se- rie de' contingenti : assurdo opposto ad ogni prin- cipio di sana logica. O dobbiamo adunque concepi- re la detta serie de' contingenti cagione ed effetto a un punto del proprio essere , o dobbiamo am- mettere l'esistenza di un ente supremo. È dimostra- ta l'impossibilita ne' contingenti , o separatamente o in uno considerati , d'essere causa ed effetto di se medesimi : quindi è forza ammettere l'esistenza di una causa che non abbia principio e che non pos- sa aver fine , in una parola di Dio. Egli è unico , perchè assolutamente necessario. Egli è indipendente , perchè l'indipendenza è un 320 S C I E 1» I E attribula essenziale dell' esser suo. Neil' ipotesi impos- sibile di due esseri indipendenti, se uno dipendesse dall' altro , o questo o quello si potrebbe concepire senza contraddizione come non esistente , poiché uno di essi dovrebbe bastare per rendere ragione del- la esistenza del mondo e degli abitatori suoi. Non basta ; dovrebbero essere ainbidue perfettissimi. Pa- rimenti dovrebbero essere dotati di libera ed effi- cace volontà , e perciò arbitri amendue di creare un mondo più o meno perfetto. Ora se uno avesse pria del tempo decretato di creare un mondo di una tal data perfezione , e l'altro il volesse meno perfetto, quali dei due ceder dovrebbe ? cedendo , dove sa- rebbe l'indipmidenza ? Non basta ancora. L'idea di perfettissimo esclude ogni idea di aumento o di dimi- nuzione. Distinti l'uno dall' altro , questi non avreb- be le perfezioni di quello: che h quanto dire, niun di loro sarebbe infinitamente perfetto. Il patto immaginato dal Bayle fra questi due eterni prineipj h una chimera , un delirio di mente alienata dalla ragione. Dopo avere l'egregio autore addimostiato di qual fede sieno degni gli strani para- dossi di Bayle , scopre la sragionevolczza del sistema di Spinoza , per Io quale non v'è che una sostanza « vale a dire Tuniverso. Per dirlo in breve , egli fa vedere allo Spinoza , e quindi a tutti coloro che gli fanno eco , che il suo esecrato sistema ha per base il massimo degli errori , quello cioè di con- fondere la definizione unicamente propria dell' en- te necessario , nel dirnela sostanza che in se e per se medesima esiste , con quella che conviene agli es- seri creati, per indi inferirne non esservi che una sola eterna necessaria sostanza. Se costui avesse avu- to gli occhi sani per vedere , avrebbe scorto che le cose di quaggiù diversificano t'una dall' altra : che Filosofia ticorbtica 32 ì in ragione della contingenza loro non possono uè aver dato , nh avere in se il loro modo d'esistere : e che se la sostanza , sono parole dell' autore , è ciò il cui concetto non abbisogna dell' altra da cui dlebba formarsi , molte sono le sostanze nel mon- do. Per accennarne una sola , il pensiero non abbi- sogna del concetto estensione per formarsi , l'esten- sione del pensiero per essere formata. Termina l'au- tore il suo dotto ed utile lavoro epilogando quan- to è stato scritto sinora intorno agli attributi essen- ziali della divinità con ribattere vittoriosamente i sofismi di tutti coloro , che ribelli a Dio non iscor- gono nella sensibil natura la mano di Dio. La ragio- ne , conchiude egrt»giamente l'autore, debb' essere soggetta alla rivelazione , non mai questa a quella. Non saprei meglio por termine a questo cenno d'un' opera degna di somma lode , che coli* eccitare l'autore chiarissimo a volerci dare altre opere di ve- ra sapienza , ondo premunire in tanto guasto degli antichi costumi , e fra tanti irreligiosi scritti che in- nondano l'Europa , la gioventù che si consacra allo studio della filosofia dai sottili artifizi della sedu- lione. Il/ P. Luigi Pungilsoki. Discorso del prof. Antonio Goldoni in risposta al- le cose a suo rigftardo stampate dal sis;. prof. Gia- como Tommasini nel fl.° volume SulV infiamma-- zione. Modena , 1828. N. el Tolume del IV trimestre 1828 di questo gior- nale si tenne discorso della interessantissima opera G.A.T.XLIIL 2t 32 3 Scienze del Goldoni sulla iiiuamniaiione. Al trattato del prof, modenese sparse alcune censure il prof. Tommasini nel suo II volume Sulla infiammazione. Avvisandosi perciò il Goldoni alla speditezza di giustificarsi da quelle mende, ha pubblicato il presente discorso apo- logetico , di cui giudicluamo opportuno il dar cono- scenza ai nostri leltori. L'abbaglio del prof. Tom- masini viene ivi primamente rilevato , poiché a tor- to voli' egli promulgare per sue alcune massime dal Goldoni adottate intorno alla inllammazione , e cplì- surandone altre di quello scritto cadde in molte e gravi inesattezze. Scutgumone brevemente col Gol- doni la verità , seguendo quest' ultimo nell' analisi che specialmente imprende delle dottrine contenute nel secondo volume del Tommasini. Yeggiamo prima di ogni altro, che questo prò- fessijre ha dato finalmente il bando ai principi già da esso statuiti in moltissimi luoghi delle sue ope- re , ammettendo ora , clie sia la infiammazione una mahttia composta di stimolo e di turgore di vasi , e concedendo tanta importanza a questa ultima con- dizione» sino a dedicarvi un interessante capitf>lo , e portarvi delle conchiusioni intieramente upposte ai suoi precedenti divisameati- In singoiar modo riful- ge fia' suoi novelli dettali .juello di coslituiiiii da cotesto turgor vascolare una parte integrale della infiammazione: non essendo altrimenti vero, ch'egli l'abbia sentita in tal maniera per lo passato. Quin- di non male a proposito rallegrasi il Goldoni per essersi in oggi queste massime abbracciale di' prof. Tommasini , poiché maggiori vantaggi ne fluiranno alla pratica nel togliersi dal dispotismo della flogo- si molti morbi proclamati a tutto potere flogistici , Go^ quelle tante ostro zioui addominali appellate dal Tommasini lente cpalitidi , sjih.nili , ec, quelle tisi .. Sulla infiamwazione 323 scrofole ec , quelhì paralisi dipendenti da quelle famose croniche mieliti , e simili altre. Se non che dovrà cadere quel eh' egli ora in questo medesimo secondo volume ha registrato , essere cioè „ ben po- „ che le morti che a lesione di flogistica provenien- „ za riferire non si possano : „ poiché in vece di flo- gosi vedrà egli in molti cadaveri gli effetti di un semplice turgore, il quale ami parecchie volte pren- de oomi.'iciamento durante l'agonia. Dovrà così il Tommasini rovesciare le terapie , ove non abbiasi pili nell' infiammazione un incendio sempre eguale a se stesso , e sempre minacciante le più grandi ro- vine; ove non abbiasi talvolta a combattere che un turgore di vasi , che un disequilibrio nel circolo ; ove certi disunisoni di azioni tra una parte e l'al- tra siano talora salutevoli, e procurarsi debbano con vicariati di azione e di materia , con antagonismi ec. rappresentali da nulle modi di mezzi derivativi e rivulsivi. Fiancheggiato poi il Goldoni dai fatti e dai ne- croscopici trovamenti , rammemora al Tommasini gli occorsi equivoci , dimostrando essere assolutamente fuori dal vero , che il turgore si formi ed abbia luogo nelle sole vene , come opina il medesimo : ne doversi confondere il processo morboso della infiam- mazione con ciò che ne può essere, ed anzi n'è fre- quentemente un elTetto , cioè col lavoro vegetativo. Rammenta, che le objezioni mosse dal Tommasini al BrofFerio improntate vennero dalle lezioni di fisio- logia del rispettabile sig. Martini, il quale per al- cuni punti fu ancor prevenuto dall' istesso Goldo- ni ; cosicché se di tali circostanze il Tommasini ser- bato avesse memoria , non avrebbe tenuto il lin- guaggio , con cui ora ha scritto alle pag. 85, 86, ed 87 intorno alla formazione del turgor vascola- 31* 3a4 S e I E F z E re. Ne irragionevole troviama d'altronde la opposi- zione che si fa al Tommasiiii di non averci giam- mai fatto conoscere i caratteri atti a conoscere o almeno a designare la infiammazione , e di essersi sovente contraddetto nelle idee altrove sostenute. Pronunzia in oggi il Tommasini , aver sempre creduto che la idea di eccitamento includa senz' al- tro aggiungervi il concetto di un qualunque cam- hiamento nella fibra organizzata. Penetrando però il Goldoni la sagacia di questo scrittore trova , che a due gravissimi intenti cercherebbe egli con tale asserto pervenire. „ L'uno cioè di persuadere , che „ le cose insegnate dalla dottrina del misto orga- „ nico intorno alla eccitabilità ed all' occitamento , „ non sono di niun conto : e l'altro , che ove av- „ venturosamente il fossero , se ne dovrebbe il me- „ rito a Brown ed al sig. Tommasini. „ Assistito però da ogni sorta di argomentazioni comprova il GoldiMii , che Browa non proclamò apertamente il dinamismo staccato dal materiale organico , ma che co' suoi ragionamenti e con le sue parole studiassi in modo da farne discendere spontanea una tale con- seguenza; mentre poi per le proposizioni e i dettati del Tommasini emergono argomenti quanti si voglio- no per coiisiderare l'eccitabilità e l'eccitamento stac- cati dalla contemplazione del misto organico. E pren- dendo qui motivo il Goldoni di discorrerla intorno alla forza vitale, rettifica vie meglio le sue idee, e conferma nel modo il più concludente e con mil- le forme di raziocini la verità dei divisamenti già in proposito emessi dal sommo Bufalini colla esclusione diretta di quel canone brov^rniano cotanto nocevole , in cui prelendevasi statuire nella eccitabilità rnllimo termine delle mediche investigazioni intorno ai corpi vivi. Per tal modo avvisandosi alla necessità di spia- Sulla iwfiam:\tì:?ioke SaS f»ero rocrliio por entro alla fina organizzazione, ne ad' ttita le pratiche utilità per la medicina. Del che non cessiamo congratularci con questi due esimi ingegni, l'un dei quali , cioè il patologo cesenate , scorge a rchiaezza nel discorso del Goldoni le difese della sua dottrina dalle stolte imputazioni di qualche malevo- le : ed il patologo di Modena , encomiando di essa dottrina l'importanza ed il pregio, vi rileva con eri- denza a chi debbasi realmente il merito di aver ban- dito gli errori del brownianisnio puro e riformato. „ Così per parlare pm specialmente delle cose no- „ stre ( a buon diritto si esprime il Goldoni ) , le „ opposizioni mosse a BroAvn , ed a quella modifi- „ cazione del suo insegnamento che altri volle insi- „ gnita dello specioso titolo di N. D. M. I. , per „ opera degl' ili. Vacca , Araldi , Gallini , Sacchi , „ Marzari , Bondioli , Valatelli , Antonini , Rasovi , „ Michelotti , Rubini , Canaveri , Fanzago , Prata , „ Ruflìni, Brera , Gioì Battista Spallanzani , De Mat- „ theis , Guani, Palloni, Sementini, Rolando, per ,, tacer di molti altri, quali più, quali meno, e do- „ ve per un lato, dove per l'altro, prepararono gra- „ do a grado gli animi dei medici italiani al di- „ singanno. Ma ossia che le ragioni e gli argomenti „ da quelli presentati non fossero bastevolmente co- „ nosciuti ; ossia che le menti calde della seraplici- ,, ta diatesica , raccommandata dal sig. Tomraasini „ all'osservanza di tutti , avessero uopo per illumi- ,, narsi di luce chiara quant' è quella del sole ; „ ossia che fosse necessario che i traviati avessero ia „ un sol corpo tutte le ragioni attevoli a ficcare a „ terra la eccitabilistica dottrina ; ossia infine che „ gli uomini in generala abbiano uopo di reiterat« „ scosse e di replicati inviti per abbandonar*» l'usa- „ ta via , il fatto è che furon proprio le cose prò- 33^ S e l E N a B „ fondamente escogitate e pubblicate dal patologo „ cesellate , che arventurosanriente trassero que' me- „ dici fra i nostri , che alliiciuati dalla raoderna fa- „ cilita avevaii smarrita la via , sul buon sentiero ,, della medicina. Fu proprio quel maschio ingegno „ che altamente chiamò i cultori della scienza all' ,, analisi paziente e rigorosa di tutte le cose inse- „ gaate da Brown a fondamento di sua dottrina , e „ con sodissimi argomenti tutte o quasi tutte pro- „ vò di errore: e loro dimostrò, come già dissi , non „ dover essere nh l'eccitabilità ne la diatesi l'ultimo „ termine delle nostre investigazioni intorno ai cor- „ pi tìvì , siccome avea comandato Brown , e sic- „ come andava col suo nome confermando il sig. „ Tommasini: ma doversi l'analisi spingere fin entro „ alla fina organizzazione , in questa rinserrandosi „ la ragione prima come della salute cosi della ma- ,, latlia. F'u in quell'epoca propriamente, nella qua- ,, lo siffatte cose vennero luminosamente divulgate , „ che accadde , direi quasi , un ravvedimento gene- „ rale di que' medici , che più o meno aveano sotto- „ scritto agli insegnamenti dello scozzese. Fu ec ,, Sulle quali idee intorno alla organica missio- ne ove piacesse dare al sig. Tommasini qualche par- te per averne talvolta sparso qualche oscuro ed equi- voco dettato nelle sue opere, converrebbe però, sic- come riflette saviamente il Goldoni , che abbando- nasse il medesimo le idee a lui tanto accettevoli che lo colgono in contraddizione con se stesso , e che non si confanno con quelle del Bufalini , alle quali egli dice di attenersi , ed anzi di essersi sempre atte- nuto. E qui diffusamente vengono dal Goldoni svela- te le inesattezze ed erroneità del Tommasini con una circostanziata analisi di concetti, di fatti decantati; aHalisi che gu^ida alla coachiusione giustissima della Sulla infiamm.vkions 827 t^vitlenfp dissonanza delle idee e dei pen-^amenti del Tornmasitii dall' opinare del Bufalini non solo , ma pur anche dai dettali del Goldoni sulla infiamma- zione. Egli è unicami^nle per questo modo di sra- gionare , rampognato e svelato dal N. A- , che fer- mo restar polreJ)be quell' asserto del Tommasini , „ che la patologia e nosologia italiana è di tal ge- „ nere, che può conciliarsi con qualsiasi spiegazione „ eziologica , non escluse le più antiche. ,, Poiché soggiugne il Goldoni , che se ciò possa ottenersi, sia solo „ in quanto che nelle scritture di quelli che „ adoperano particolarmente per essolei , trovansi i ^, sr'ini , direi quasi , d'ogni dottrina ; tahliè poi di „ leggieri accade che l'un principio vada a ritroso „ dell' altro. ,, Dopo avere il N. A. esaurita cotale disamina , discende finaìmfnite a porre in chiarezza maggiore alcune idee giudicate dal Tommasini bisognevoli di dimostrazione. Risponde per tal modo a certe po- che objezioni , che avrebbe forse l'iste sso Tomma- sini risparmiato di promuovere : ì.** se fosse entrato esattamciile nel modo di considerarsi dal Goldoni il tono e l'atonìa , e non avesse confusi questi stali colla favorita sua iperstenìa ed ipostenia: iP se aves- se considerato il sangue non per un semplice stimo- lo , ma per quello eh' è assolutamente , e per quel- lo che figura nella economia animale : 3.° se final- mente si fosse egli messo dentro alle idee del Gol- doni seguite in riguardo alla genesi ed alla eziolo- gia della flogosl. Vengono però dal Goldoni siffatte dimostrazioni ampiamente prodotte e con buon garbo , senza tra- scendere i limiti della decenza e della venerazione , che alla eelebrila e dottrina di quel sublime scrit- tore si devono. Quindi è che rammentasi dal N. A. 328 Scienze riconoscersi per esso nella fibra animale e vivente le forze di riazione di assimilazione e la forza eccita- bila , dimostrandosi quando siavi l'atonia vera per difetto della prima , quando abbiasi completa per iscarsezza insieme delle medesime: stato da non iscam- biarsi con l'atonia browniana , o tommasiniana. Si fa chiaro pur anco , che il Goldoni non considera il sangue come semplice stimolo, ma per quello ch'egli e veramente nella economia animale , cioè „ per quell' ,, umore che non solo può mettere in azione la ec- „ citabilità, ma quello che porge i materiali pel prq- „ cesso dell' assimilazione , e che serve a tanti altri „ importantissimi uHìzi nella macchina al di la dello „ stimolarla ; e che per conseguente può soccorrere „ all' atonia, comunque completa, somministrando al „ solido poco a poco particole organiche ben prepa- „ rate, e per natara, e per proporzione, e per for- „ ma ec, sicché crescano nella fibra non il solo ec- ,, citamento , ma quegli altri poteri dai quali il to- „ no specialmente dipende. ,, Si fa chiaro l'errore del Tommasifli in attribuire al Goldoni la idea del- la derivazione della flogosi da una certa sproporzio- ne tra l'un fattore e l'altro , anzi dall' eccesso del fattor dinamico suU' idraulico ; essendo ben diversi i dettati dello scrittor modenese da quel senso pe- regrino in cui vorrebbonsi, ed a torto pur dichiaran- si , esposti i divisamenti di questo. In seguito a ta- li convincentissime dimostrazioni rimangono ben fu- tili ed incoerenti le obiezioni mosse dal Tomraasi- ni alla massima del Goldoni intorno alle flogosi pas- sive : il che viene altresì in molte guise conferma- to. Che di vero non fu già avviso del N. A. , che il sangue potesse in questo caso soprassaturare l'ato- nia della fibra ; ma scrisse bensì poter accadere , che ,„ il sangue soprassaturi la condizione ipostenicu del- Sulla iiifumkàziove 339 „ la fibra , e quindi in essa si accresca lo stimo- „ lo per modo , che questo unendosi al preesistente „ fattore idraulico, iscoppii la flogosi: „ flogosi che per iscanzo di novità di nomi appellò cogli anti- chi passive , spurie ec , a per le quali commendò un piano di cura direrso da quello che vuoisi per ie inflamtnaaioni attive. Poiché ancora qui noH fe la infiammazione rappresentata dal solo eccesso dello stimolo , e non è il solo eccesso dello stimolo che rimanga a curarsi , siccome pretende insegnare il Tom- masini:,, Ma la malattia è rappresentata, ( soggiu- „ gne il Goldoni ) anche in questo caso, da ambo gli „ elementi , dei quali essa si compone necessaria- „ mente; e rimane a curarsi, oltre lo stimolo, quel „ siffatto turgore o quella si fatta angioidesi , cir „ egli dice di aver sempre considerato come parte „ integrante della flogosi ; il quale essendo stato pro- „ dotto , ed essendo sostenuto dall' atonìa comunque „ incompleta (avverta bene il sig. Tommasini , non „ àhW ipostenìa) y può meritare non gli stimoli ^ com' „ egli dice , ma le sostanze toniche , le quali sono ,, ben altro che stimoli. „ Ognun da ciò agevolmen- te conosce quanto sia egli andato lungi dal vero in pensarla diversamente : ed omettendo d'intertener- ci sii tutte le riflessioni che additano il fallo in cui cadde il sig. Tommasini , ci arresteremo alquanto a contemplare col N. A. la diversità di trattamento che queste flogosi esigono , non essendo assoluta- mente eguali alle attive. Egli è ben verisimile , che nelle flogosi passive trovisi il sangue pregiudicato assai , in qualità specialmente, e contaminato di mal sani principi , quell' umore cioè che è il prodotto di universali elaborazioni e che ad ogni istante dà alla macchina e da essa riceve ; e d'altronde la li- bra malata di atonia è prona a cedere agli agenti 33o S e 1 B N B E morbosi , e quindi alle azioni ciie hanno luogo du- rante il processo flogistico. Ne dicasi consistere la dis- somiglianza delle llogosi passive dalle attive in que- sto , che rendonsi all' universale insopportabili quei forti mezzi deprimenti che la parte infiammata richie- derebbe ; poiché non è già vero che siavi soltanto diversità di grado ; e neppure il locale esige in tali casi l'uso di quei forti mezzi controstimolanti , ma convengono bensì i tonici. E qui il N. A. rammen- ta venirci dalla terapeja approntate delle sostanze , le quali alterando il misto accrescono direttamente l'eccitaraento ( stimoli ) , senza porgere però mate- riali air assirailazione ; altre avervene , le quali po- chissimo aumentano l'eccitamento per se , mi iuve- ce porgono molti materiali per l'assimilazione or- ganica , e , quel eh' e più , materiali buoni ed at- tevoli a far parte del misto organico con pochissi- mo travaglio delle funzioni assimilatrici ; le quali sostanze , anziché stimoli , e più consentaneo a ve- rità il tenerle cogli antichi ed il chiamarle cordiali, toniche. Or di queste ultime intende il Goldoni gio- vevole nelle flogosi passive la prescrizione , come acconcie per rimettere quei poteri vitali di che in tal caso trovasi più bisognevole la macchina , e co- me preziose per accorrere alla universale atonia sen- za pregiudicare direttamente la flogosi passiva. Che anzi nelle medesime , se vi ha in alcurìi incontri mezzo di salvamento , può solo riporsi fiducia : poi- ché in esse sta solo la facoltà di sostenere nella natura quelle for^e che appunto servono a rimette- re la fibra , e quindi la missione organica allo sta- to naturale. Sarebbe dopo di ciò opportuno il tener dietro alle investigazioni che il N. A. prosiegue onde ap- palesare le ulteriori inesattezze da esso rimarcate # Sulla, infiammazione 33 i in altri lavori del sig. Tomraasini. Siccome però di- cemmo fin da priacipio voler seguire il Goldoni nslT analisi delle dottrine contenute nel II volume del medesimo sulla infiammazione ; cosi per ragion di brevità darem qui termine , tanto piìi che dalle co- se già discorse emerge evidente la ragionevolezza ■delle giustificazioni del patologo modenese. Torelli. H-aj Caso di un vomito cronico^ Osservazione del dottor Antonio Asdr ubali. T eresa Grilli , nata in Ferrara e domiciliata nella citta di Lugo , aveva anni 3o d'età , allorché cadde inferma sotto la mia direzione. Il suo temperamento eccitabile, la sua fibra compatta, l'ottimo colorito del volto , annunciavano in lei uno stato sanissimo. Nella sua adolescenza sofferse un tifo , ed una nie- trite ; nella giovanile , molte flatulenze ed una forte verminazione, avendo evacuato per vomito molti ver- mi. Le sue circostanze l'obbligarono al servigio, ed ivi sofferse disagi ed amarezze. Ebbe poscia la sor- to di unirsi in matrimonio con un giovane pieno di egregie qualità nel fisico e nel morale. Dopo que- sto suo nuovo stato fu tormentata da qualche af- fezione emorroidale , e rimase costantemente sterile. JNe* primi d'aprile 1824 incominciò a provare alcu- ni dolori alla regione puparziana ed allo stomaco. Quello di questo viscere l'affliggeva dopo aver man- giato , e ad onta dell' olio di ricino , di varj ama- ricanti , antispasmodici ec. rimase costante per circa 33a S e I K N r E quattro mesi , scìTza che le togliesse la fame e la regolarità ne' suoi raenstrui. Niente di morboso di- scendeva dall' utero. Nel mese di af;osto questo do- lore si fece gagliardo , ed il ventricolo divenne in- tollerabile a qualunque contatto. Una tanta acerba sensazione era peraltro breve ; compariva mattina e sera mezz' ora circa dopo avere trangugiato i cibi. Degli alimenti solidi nessuno lo risparmiava ; gli acidi , i (rutti Io inasprivano ; il vino puro portava qualche calma ; i flati emessi per bocca non le da- vano alcun sollievo. Trascorsi due mesi , la cardial- gia si rese insopportabile, tormentandola nella mez- za notte e sul venir del giorno. Se volevasi il do- lore fierissimo , bastara farle ingojare un solo cuc- chiajo di zuppa , sebbene lo facesse in tempo di quie- te ; il pane era invece tollerato , purché non beves- se dietro al medesimo acqua od altro liquido : il vino apparve nemico , e per più mesi le fu ignoto. Anche la minestra di riso non era ammessa , ma sofFribile lo era solo quella d'uov^o , e la cosi detta semolella. Autore di maggiore disordine era ancora il caffè. Nel novembre dell' anno stesso la polenta senza brodo e qualche uovo furono le sole cose che potevano comporlo il vitto giornaliero. Intanto la ma- lattia si rise de' più attivi rimedj ; i salassi locali e generali , l'olio di ricino , il giusquiamo , l'aconi- to , lo zinco , il bismut ec. restarono senxa elTicacia. L'oppio tentato in sostanza non aumentò , ne pose tregua al dolore. In tal guisa, a dispetto dell'arte, fino al termine del dicembre questa crudele cardial- gia volle cruciarla. Si ricorse di nuovo all' olio di ricino combinato all' emulsione di gomma arabica e siroppo d'altea dato epicraticamente in tutta la gior- nata, e ciò pel seguito di più giorni : ed allora ab- taudonò il dolore la sua ferocia, e rinfeiice ebbe p a- Vomito caoKico 333 ce per quintlici giorni. Lagnavasi soltanto d'una pal- la girovaga al disopra dell' umbellico , di ixna vigi- lia conlinua , e di qualche invito al vomito. Questo dopo re[)licati conati fecesi alla fine reale , e sgorga- rono dalla bocca materie acidissime. Ella ne* primi giorni vomitava ogni ora, ed anche ogni mezz'ora, secondo che per ispegnere una sete ardente be- veva ci acqua o limonea. Il vomito era costante fino alla mezza notte, contandosene le dieci e le do- dici volte entro la giornata. I brodi si vomitavano subito. La magnesia, e sola ed unita agli amari, co- me il Colombo; gli altri assorbenti, gli alkalini , le pozioni antemetiche , il vessicante alla parte , i cli- steri, furono inutili. Volli riconoscere, se l'utero po- tesse aver parte in questo fenomeno, e trovai il suo orificio indurato ed ingrossato. Allora le iniezioni d'acqua di lauro ceraso, e meglio un costante bagnuo- lo con soluzione d'acido ])russico nell'acqua di altea, valsero a renderlo molle. Ad onta di ciò il vomito restò pertinace. Nel tempo del medesimo scorgerasi un globo rumoreggiante al disopra dell' ombellico , che andava da destra a sinistra, e da sinistra a de- stra , fissandosi alla fine nel ventricolo. L'atrofia in- tanto era al colmo ; denudata negli ossi , con polsi esilissimi, incapace di qualunque movimento ; e riget- tando qualche materia stercoracea , io la vedeva pros- sima alla sua fine. Si contavano 40 giorni di alvo chiuso perfettamente, ad onta de' clisteri , e qualche lassante ; ed un mese , in cui le urine erano da lei rese al pii!i nella quantità d'un oncia fra il giorno e la notte. Non mi restava allr' arme per togliere questa misera donna da certa morte , e m'immaginai che potesse giovarle un' azione derivativa. Sperai di ritrovarla nella salivazione , al qual fine le consi- gliai le pillole del dott. Borlyn ed HoUer , colle 334 Scienze quali ambidue questi professori assicurarono di avor vinti alcuni vomiti cronici (i). Infatti il ptialistno non tardò a sopravvenire, e la sua comparsa segnò l'epoca della cessazione del romito , la quale grada- tamente ne segnava i gradi con quelli dell* aumento della secrezione salivale. Terminato in tal guisa il vomito , l'alvo si aperse spontaneamente , mandando copiose materie replicate volte nel j^iorno ; le urin« egualmente si fecero abbondantissime , specialmeflte nel far del giorno. A' mali della salivazione, i quali consisterono ili flogosi alla bocca, all'ano, e alla vul- va/ si occorse co' soliti presidj , e facilmente si vin- sero. Ritenuti i cibi , gustati , e digeriti , io non ebbi bisogno di tonici per ristabilirla in perfetta sa- lute , che gode fino al presente giorno. E questo un fatto , che sempre più consacri per vera la grande utilità d'un* azione derivativa , ed il nostra dovere di praticarla a tempo oppor- tuno. La scelta di quest' istante debbe essere di- ligentemente dal medico studiata. Qui non v'era al- cuna cosa che lo vietasse. Le anomalie di quest' affezione nel tempo della cardialgia ne avevano già. (j) Eccone la formula, li. Sapori, veiiet. \ Caloinelaii. River, 3/ Opii puU>er. Fi] ( s' Borlyn , et Moller Fj ) ni. et f. pillili gr. iij Cap. -i." ij m. et v. (e secondo Holler tra la sera) Ved. Giorn. med. prat. Brera voi. 7.° p. SyS. Coni- menta)] di medicina e ehirurgia Brera , Riiggeri , Cal- dani ec. n. FU, i8iJ3 pag. 3aa. 323. Vomito cronico 335 fatto corìo score l'indole puramente irritativa e spa- stica. Ad onta di qualunque mancanza di polso feb- brile , non ommisi mezzo alcuno per assicurarmi di uno stato flogistico , specialmente nel principio del suo corso. Non ignoro , che nel disordine morboso della inuccosa di quei visceri suole spesso unirvi- si. Si'bbeue vi si trovi perloppiìi in quella lenta fer- ina da aspettare la cessazione del turbamento per perdersi con esso , cionostante la sua conoscenza può dirigere la giustezza nell' amministrazione de' ri- medj. Una derivazione adunque (i) fatta per ope- ra d'un' irritazione altrove procurata , che elidesse l'attività morbosa del ventricolo , era qui giustis- sima , e per parte del modo con cui vo levasi isti- lìure , e per parte dell' affezioìie medesirja. Questa potevasi collocare fra le spastiche e nervose irri- tazioni , le quali sono le più facili ad essere spo- state. Per attestazione di Spiengcl fu veduta anche (0 In ogni scienza è necessaria la precisione del linguaggio , onde le idee non si usurpino a vieenda il proprio posto. Oggi saggiamente sì è Jìssato il partico^ lare significato alle parole revulsione è derivazione usa- te in medicina. Nella prima intendesi quelV irritazione , che operasi ad arte in itrui parte gin stata malata , e che ha cessato di esserlo per essersi fazione moìho- sa trasportata in altro luogo più dannoso , onde lo di- venga di nuovo , e termini qiiest' ultima ; nella secon- da , allorché si disturba irritando una parte già sana , onde col divenir morbosa , e per lo pili, con secrezione accresciuta , cessi la malattia in altra lontana. Ammessa questa differenza , nel nostro caso non ha luogo , che quest' uliima parola. 336 S « I E N t E un' epilessia guarita per salivazione (i). Non una flemmasia , non un accellerameuto simpatico e for- te nel moto circolatorio, eranvi in questa malattia per contrastarla ; ne uno stato d'irritabilità eccessiva nel soggetto , già costituito in una languidissima depres- sione vitale. Circa all'altro obbietto si procurava una derivazione dall' interno airesterno; si produeeva un* irritazione in parte lontana dall' organo affetto , e po- co intensa per non accrescere con un' energica ecci- tazione quella die volevasi spostare. Polrebbesi da taluni sistematici gridare ali' irre- golarità sulla formola prescritta , vista specialmente la combinazione dell'oppio (2). Ma sappiamo noi dav- vero l'azione de* medicamenti ? Sappiamo noi qua! cangiamento potrà venire noi nostro interno da eerte miscele nell* immedesimarsi co' principi del nostro or- ganismo? I nostri antichi padri curavano i loro ma- lati con formolo contenenti moltissime sostanze diver- se. Eppure ottenevano anch' essi felici risultati : e l'ot- tenevano ad onta di certe mescolanze , che dietro t nuovi lumi chimici ci fanno stupire , come sieno ac- caduti. Ogni malattia è una serie di vicende, che l'una air altra subentra : e questa catena , composta dalla (1) Istitut. medie, tcrap. general, S. aai. {%) Vidi 'varj controstimolisti giammai praticare quC' sta sostanza , cui piuttosto we' casi indicati per la sua propiriazione sostituiscono la predilettissima acqua cooba- ta di lauro ceraso. Non so in qual guisa possa quest^ ultima togliere il primato al suddetto eroico rimedio irt alcuni casi d" irrita zi( ne nervosa. NeW entusiamo del loro nuovo sistema intesi perfino colle risa sul labbro chiamarla il cordialifto della morte. Vomito cromico 337 natura per rientrare nell'ordine primitivo, è talvolta terminata da lei sola ad onta de' nostri tentativi an- che contrarj allo scopo prefisso per sopprimerla. I fat- ti sono quelli , che ci debbon ammutolire sopra al- cuni fenomeni , e specialmente allora che ne Toglia- mo la spiegazione , con certe idee concepite ed ac- carezzate. Il letto dell' infermo è il campo del disin- ganno , ed ove perloppiù un' adorata teoria trota il suo nulla. G.A.T.XLIII. 33 338 LETTERATURA Scrìptorum veterum uova coUcctio e vaticanis codlcibus edita. Tomus III. ARTICOLO SECONDO. N. ella seconda parte di questo volume terzo degli scrittori antichi , ci si fa tosto incontro il noto Gaio Mario Vittorino , del quale si aveva tra i latini j^ram- malici e retori qualche trattato , e nella biblioteca dei padri alcuni scritti di sacro argomento ; ma ora vediamo per la ])rima volta certi lunghissimi suoi conienti a tre lettere di S. Paolo , cioè ai galati , ai filippesi , ed agli efesini , ed un opuscolo apolo- getico della nostra vera religione contro i filosofi fisici. Per detto di S. Girolamo nel libro degli scrittori ec- clesiastici cap. xoi^fii Mario Vittorino profossore di retorica in Roma sotto Costanzo ( che regfìò dall' anno 387 di Cristo insino al 3Gi ) ; ed avendo nel-' la sua estrema vecchiezza abbracciato la fede di Cristo , ebbe ancora tanto spazio di vita onde scri- vere contro eli ariani , ed inoltre alcuni conienti sopra l'apostolo. Siamo dunque dalla testimonianza del dottor massimo assicurati, che Vittorino de' soprannominati coraenti a S. Paolo fu autore. Inoltre da un ar.lico catalogo scifitlo nel secolo decimo de' codici couser- COLLECTIO VATICA-Wi^ 33f) Tali nel famoso monastero cìi Bobbio ( pubblicato dal Muratori , Antiq. niecl. aov. T. Ili p. 819 ) noi conosciamo che questa opera vi esislevA- Ecco le parole del catalogo : Victorini in apócalypsin , et in epislolas Pardi. E piìi sotto p. 820 : Victorini libri V' Infatti questi conienti vedonsi distribuiti in cinque libri , cioè due ai galati , due agli efesi- ni , uno a' filippesi. Anche Tillustre P. Sirmondo , esaminando un antico codice del monastero francese di Ilerivalle, da cui trasse e pubblicò due altri ine- diti opuscoli dal nostro Vittorino , vi osservò altre- sì i conienti snoi sopra S. Paolo ; e così ne ragiona op. T. I ]3. 345 : Ohscuritatem Victorinns in dogmati- cis prnfcipue libris sectattis videtur ; in commeu' tai-iis enini aliqtiot epistolantm S. Pauli , qiios idem herivnllensis codex conlinehat , stilus planior et aper- tior. Ma il Sirmondo, preoccupato da altri suoi studi e lavori , non potè ne copiare questa parte pro- lissa di Vittorino , né pubblicarla. Ecco però che in tre codici della Vaticana si osser- varono felicemente da raonsig. Mai questi conienti in triplicato esemplare, i quali tutti portano in fronte il nome di Vittorino ; ed egli stesso in questi cementi cita come proprie altre opere, che appunto sotto il suo nome sono pubbliche nelle stampe. Or sebbene questi scritti di Vittorino si risentano non poco del consueto suo stile duro e spiacevole ; non di meno non par- ve bene al celebre editore di lasciare piìi lungamen- te occulta un' opera di padre così antico , la cui adolescenza cadde in tempo del primo generale con- cilio tenuto ili Nicea ; e che in Roma godè tanta riputazione da meritare una statua nel foro di Tra- jano , come narrano S. Girolamo e S. Agostino ; e di cui finalmente S. Agostino fa un prolisso ed affet- tuoso elogio nel libro ottavo delle confessioni al cd^- 2^' 3 io Lktteuatuiià pò a ; con anche notificarci che dalla convarsione «dita di Vittorino al cristianesimo prese egli esem- pio di effettuare la sua : non che dall' atto eroico clie fece lo stesso Vittorino abbandonando la catte- dra di retorica, anzi che ubbidire alla legge di Giu- liano l'apostata , che non permetteva il magistero se non a'gentili. Imparzialmente monsignor Mai protesta , eh' esso fa l'edizione ma non esalta il valore di Vittorino ; mirando con ciò a non assumersi di patrocinarlo coatro il giudizio S. Girolamo, che nel prologo del suo cemento suU' epistola ai galati parlò con poca slima della facoltà ermeneutica di Vittorino. Rispet- tando adunque il parere del dottor massimo ( il quale per altro giudicò con uguale franchezza di qualche insigne opera ancora di autora famoso ) rac- coglie non di meno il nostro editore ciò che può giustamente dirsi ad onore di questo lavoro di Vit- torino. Ecco le sue parole nella prefazione a pag. XIV: £go J'^ictorini patronus non sum., sed editor. Quam- fjuam , si horuin conimentariorum patrociiiiiwi ali'- fjuod gerere velimi argumentis non destituar, qui' hns eorum utilitatcm passim commendare. In pri- mis enim lesa Christi divinitns eiusque aeterna nativìtas multis locis a Victorino aperteque adse- ritur^ V. gr. p. a, 6, Ga, (J3, 86, 87, 89, 109, ii(>, laS. Jtem Petri supremnni in ecclesia auctoritatem , cui Paulus quoque subesse debuerit , confirmat idem p. g; ubi insuper ì cum Petrum ecclcsiae Jundamen- tuni dicit , satis demomtrnt , se de Petri persona intelligere Christi verba „ Super liane petram aedi- ,, ficabo ecclesiam meani „ : non autem ile fide Pc" tri ^ ut quibusdam interpretihus placuit. Atque haec f^ictorini de Christo Dea et de eius vicario catho- lica testimonia nemo plurimi non faciet , quoniam COLLKCTIO VATICANA 3^1 hominis suìit , cnins adolescentin in nicnenae spiO' di aetatem incurrit ; quo tempore prius dogma cori' sensu orbis terrarnm confìrmntnm J'uit ; de secun^ do autem nulla adhuc controversia vel invidia corti» mota fuera.t. Neque non utilis notitia est p. 9 , Sym* inachianorum veterum haereticorum , qaos hi sto- ■ ria ecclesiastica vÌJc memoraverat: item lacobi p- h> Hierosoljmorwn episcopi in apostolis non nnrne^ rondi ; quae valdc perplexa controversia apnd cri- ticos erat : deinde p. 34 quodi^ tempora „ iam tum appellarentur , ut hodle Jìt , ieiuniorum praefìniti dies. Spiritalem cognationem baptizaii hominis agno» scit f/'ictorinits p. 3^ cum baptizante simul et cuni eo qui e fonte suscipit baptizatum etc. etc. Sumnia legis christianae a f^ictorino dicitur , ut unusqui- sque humilis sii deiectus et infimus. Prosegue l'edi' tore ad accennare anche il frutto che i filobiblici possono cogliere dalia lettura di Vittorino ; poiché essendo esso più anziano del riformatore interpreto S. Girolamo , ed avendo inserito nel suo coment» quasi tutto il testo delle tre lettere di S. Paolo ; ci accade di trovare in Vittorino molta parte dell* antica versione latina di quel sacro testo , detta di altri comune , e da altri italica. Un' altra non lieve fatica si h assunta monsig. Mai intorno a questo suo Vittorino , cioè di espor- re in mostra e quasi in rassegna molti vocaboli strani e durissimi di questo africano autore ; e non tanta de' conienti a S. Paolo , che ne hanno assai meno , quanto di altri di lui opuscoli già stampati , che lo dimostrano uno de' più ferrei scrittori, come già de- nominollo il Petavio , che della autorità di lui si ìt giovata nei trattati suoi teologici. Ora comechè Vitto- rino sia più antico di S. Girolamo e di S. Agostino ; a comechè nei lessici più accreditati si pongano laU 34a Letteiva»ura volta le autorità eli autori persino del settimo seco- lo, non vuole già il nostro editore, che si riportino nei buoni lessici tulli quanti i ferrei e intollerabi- li vocaboli di Vittorino , specialmente quelli de' suoi libri contro gli ariani. Nondimento e desiderabile, prosegue a dire , che più attentamente dai compo- sitori di lessici si consideri , sino a qual tempo pre- cisamente possa allargarsi l'autorevole latinità ; e vorrebbe udire la ragione perchè si tralasci dai les- sicografi tal autore più antico o coetaneo , e si fac- cia uso di tal altro : perchè di un medesimo auto- re si canonizzi un' opera , e si metta in non cale l'altra : e noi siamo tentati a dubitare se ciò accada per ragionevole predilezione verso alcuno, o più tosto per lettura non fatta di qualche altro. Il eh. edi- tore così conchiude: Cur ex. gr. praestantissimus Forcellinus iititur Hleronymo , Augastino , Paidl- 110 noluno , Cassiodoro , Boethio , Ennodlo ( tristis- simo autore ) ipsisque Aldhelmo , Paulino petrico- vio , Venantio Fortunato , aliisque ; negligit autem Zenonem veronensem , Hilarium pictavìensem ( elo- quentissimo uomo ) Ambrosiwn mediolanensem , La- ciferuni calaritanwn , quarti saeculi homines ? Cur item missos facit roinanos pontìflces JDamasum ac Leonem (scrittori molto eleganti ) ? Cur Maximum taurinensem , Rufinum Hieronymi coaetanenm , PrO' sperum , Cassianum , aliosque plures ? Cur deni^ que Fictorini nostri scripto uno utitur-, omittit aU terum ? Tali ragioni , non che molti nuovi vocaboli dei varii scritti di questo vaticano volume, noi spe- riamo che prenderà iu considerazione il eh. profes- sore G. Furlanetto , che con tanta sua gloria e me- rito migliora , aumenta , e riproduce quel nobilis- simo lessico padovano. CoiLBCTlO TATlCAlfÀ 34$ Poche parole faremo , per la legge nostra di brevità , intorno all' opuscolo del medesimo Vitto- rino contro i fllosod fisici ossia naturalisti , e del- la vera religione apologetico , che esiste ugualmen» te in tutti e tre ì codici vaticani , e di cui niuno aveva fatto menzione , se non forse l'autore medesi- mo , che in un passo del coraento sopra la lettera agli efesini sembra veramente' ricordare questo suo libro. Ecco il sunto della operetta che ne da nel pro- logo il dottissimo nostro editore. Scrihitur id opit- sculum ob religionem tum nnturalem tum christia- nam adversus illos philosophos protegendam , qui argume/itìs physicis narrnt/onem mosaicam ac c/e- inde evan^elicani oppugnabaìit. Ergo aiictor primo adserit creationeiìi rerum ex nihilo ; potestatem di' lìinam creato hoinini leges imponendi\ iitstam ^ prò- pter liherum arbitrium , alieni peccati permissio- nem ; deinde reinedium congruenter suppediiatum. Ili ne gradtim facit auctor ad loquendUm de uni- versa incarnaiionis dominicae oeconomia , quodqus Chri-ito possibile fuerit libiiumque de virgine na- sci , ohscurum inter homines versari , pati , mori , resurgere ; hominem denique salvuni in caelos se- cum transferr*' Haec est videi icet totius opuscuU sunìnia , quod , prò f^ictorini stilo , non insuaviter legitur. Vittorino in tutti e tre i codici vaticani è in- titolato y?/ojo/ò< sta dunque bene che anche filolofi- camente abbia voluto difendere la religione. Dopo gli scritti di Vittorino ha collocato monsig. Mai una lunga lettera inedita , anzi un trattalo di Ferrando diacono cartaginese , scritto nell' anno di Cristo 533 contro gli ariani. Ma siccome questo ot- timo scritto fu cortesemente trasmesso per la edi- zione al nostro prelato dal dotto archivista di Mont* Cassino padre don Ottavio Frangipane, scopritore del 344 LBfTEftAvvai. medesimo ; si premette un preambolo , in cui dopo aver rese le dovute grazie ed onore a quell' illustre monaco , ci viene annoverando monsig. Mai diversi importanti codici da lui stesso veduti in quel cele- bre archivio , ed eziandio noli* altro della Cava , me- no assai copioso di codici , ma forse piiì ricco di diplomatiche pergamene. £ continuando le notizie di manoscritti , ci fa altresì un elenco di lavori pre- parali dal celebre Giuseppe Assernani , che poi in un disgraziato incendio perirono. Per fare un cenno del trattato contro gli ariani , noi diremo che Fer- rando diacono , amico e prediletto discepolo del dot- tissimo S. Fulgenzio vescovo ruspese in Africa , fu eccitato da Eugippio abate del monastero Inculi a- no ( ora Castel dell' ovo ) di Napoli a rispondere a parecchie obbiezioni , che gli trasmise , di un certo conte degli ariani. Corrispondendo all' invito Ferraa* do, dopo un ufficioso esordio, passa a confutare vit- toriosamente gli errori ariani, ed anche di altri ere^ liei , coatro il sacro mistero della divina incarnazioin?. Ferrando scrive con buona , chiara , e robu- sta latinità : e ciò che pii^i importa , con profondis- sima cognizione della più recondita teologia- L'edi- tore nelle brevi sue annotazioni osserva che Ferran- do è uno del numero di quegli antichi padri, i quali definiscono chiaramente la processione del santo Spin- to anche dal Figliuolo ; cke ci contesta l'uso antichis- simo della messa quotidiana pe' vivi e pe' defunti ; e che ci da a conoscere un personaggio Jhsenzio , nominato una sola volta da S. Agostino , e che per ciò i Mauriui volevano a torto cangiare in Alipio ; e finalmente che Ferrando si dichiara autore della bio- grafia che abbiamo a stampa di S. Fulgenzio. Ed ora ci racconta Ferrando che S. Fulgenzio mori nel primo giornodj gennajo (nel 533) verso sera; e che quin- COLIBCTIO VATICANA 345 tii non potè essere tumulato se non nel di seguente, in cui dice che deve da tutti i fedeli celebrarsi !a deposizione di lui. Di questo dommatico trattato non esisteva nella biblioteca dei padri se non un bre- vissimo interpolato frammento, e vi si diceva che la rimanente parte andò smarrita ; ma ora un codice cassinese ce lo ha intieramente restituito. La pubblicazione di religiose opere , benché in- fette di qualche eirore , non fu insolita nella chie- sa ne al tempo antico ne al moderno; ma non sen- za le debite cautele- Così Origene nelle sue confu- taaioni qì ha conservate le accuse di Celso contro il cristianesimo ; S. Cirillo quelle di Giuliano ; Vit- torino , S. Ambrogio , e S. Fulgenzio le obbiezioni degli ariani Candido ^ Palladio, e Fastidioso; S. Ago- stino un sermone de' medesimi ariani , le dispute di Massimino e di altri eretici. L'erronea professione di fede di Eunomio si conservò con le opere del Nisseno e di S. Basilio ; ed anche l'apologia che di se fece Eunomio , fu pubblicata. E chi non sa final- mente che la biblioteca dei padri contiene parecchie opere antiche non senza dommatici eirori P E tra i più moderni diremo soltanto che il vescovo Tiiio pub- blicò i libri carolini anticattolici, e il P. Montlaucon alcuni conienti di Eusebio cesaricse non liberi di arianesimo. La maniera poi di pnblicare e di leg- gere tali scritti ce l'additò il nostro massimo S. Gi- rolamo , quando avando tradotto in latino Topera er- ronea De^ pruìcipii di Origene, vi premise un ;>ni- pio prologo di precauzione intitolato ad Avito ; e quando dichiarò in altro luogo : Ego Origenein pro- pter eruditioìitni sic interduni legenduiii arbitrar , qiiomodo Ter tulli ai lum , Ntn>atuin , Arnubium , /ìpoU Itnarium , et jwnnullos ecclesiasticos scripiorcs grae^ 346 Lbttkkàtura cos pariter et lathios , ut bona eorum eligainus vi- terniisque contraria' Queste riflessioni abbiamo noi fatte, appresso le tracce del eli. nostro editore, che in seguito al trat- tato di Ferrando contro gli ariani, ha stampato due latine antichissime ma imperfette opere , tratte da' palinsesti romani e milanesi , i cui autori furono ariani. La prima di queste opere è un coni nto ad una parte del vangelo di S. Luca ; la seconda con- siste in almeno tre trattati dommatici , cioè , come apparisce, il primo De /ìlio Dei\ il secondo De Spi' ritiL sanato ; il terzo De qitnestionibus eoclesiasti- cis- In questi scritti si ragiona co' SS. Ambrogio , Ilario , e con Febadio , come autori allora ret'entis- simi ; e si cita una lettera al papa di un Biteno vescovo ; un Sozifane scrittore incognito e caporio- ne dei macedoniani ; un passo che sembra inedito , e che si attribuisce a S. Atanagio ; un editto o di- scorso incognito del grande Costantino , ed un altro di Costanzo suo figliuolo; altro decreto imperiale che tolse le chiese agli ariani ; si recita una formola di spuria credenza : e sembra a p. 230 che l'arianesimo discordasse dal caltolicismo in almeno trenta capi. Tanto h feconda l'eresia , che appena nata incomincia a procreare altri mostri simili a se ! La scrittura di amendue queste opere si trovò in lettere quadrate an- tichissime ; l'ortografia ne è singolare; la latinità po- polare , e con molte parole quasi rustiche 0 disusale. Grande è l'opera e laborioso lo studio che il no- stro editore ha impiegato nel fare una pienissima e vittoriosissima confutazione di ogni dommatico er- rore che s'incontra in questi avanzi dell' arianesi- mo. Per sì lodevole fine avendo egli fatta una va- sta lettura ed un diligente spoglio de' più classici padri , ci ha di nuovo dimostratq che l'orrendo mo- CotLECTIO VATICANA 347 Siro di quella eresia fu veramente conquiso e mor- to dalle forze superiori ed evidenti fdella cattolica verità, che alla fine ne cantò il trionfo. Queste eru- ditissima annotazioni teologiche di si grand' uomo noi giudichiamo essere di eguale merito ed utilità , che quelle sue filologiche al trattalo tulliano De re- piiblLca in tante edizioni dai dotti ripetute. I padri, le cui moltissime autorità ha collocate nelle anzidet- te note monsig. Mai, sono a un di presso i seguenti , che noi con alfabetico ordine recitiamo ; cioè Ago- stino , Alenino , Ambrogio ; Basilio, Boezio, il Bre- viario deUa fede contro gli ariani ; Cereale , Ciril- lo ; Damaso , Didimo ; Efremo cronista ; Faustino , Febadio , Ferrando , Eozio , Fulgenzio ; Giovanni crisostomo, Girolamo; Ilario pittaviese, e un Isacco ; Leone papa , Lucifero di Cagliari ; Niceta e Paoli- ne aquileiesi; Pascasio diacono; Sulpizio Severo ; Teo- doreto , Tertulliano; Vittorino, Vigilio tapsese ; Ze- none veronese; e varii altri scritti documenti della or- todossa fede. Le opere di altri antichi padri atte a confutare gli ariani , sono dottamente annoverate dall' editore in un suo speciale prologo. Appresso gli anzi- detti arapi frammenti , noi ne incontriamo nel vaticano volume due altri , antichi bensì e in quadrata lettera scritti , raa di argomento diverso ; e sono propria- mente due pezzi di apocrifi libri biblici , che si devo* no aggiungere agli annoverali dal Fabrizio nel suo Codex veteris testamenti pseudepigraphus. Inoltre alcuni frammanti di latine antiche omelie , che era- no scritte sotto le odi del Venosino. Finalmente al- tri minuti frammenti di una antichissima liturgìa. E ci sembra poi degno di speciale menzione un al- tro frammento contro gli ariani tratto da un codi- ce che fu della regina di Svezia Cristina. Nelle note dell' editorq tjcoyiaino eziandio pubblicati per la pri- 348 LKTTRHirrjRA ma Tolta un frammento della perduta corografìa di Giulio Tiziano , che fu ai tempi di Commodo im- peratore , ed un altro di Cesario d'Arles. E noto ai filologi che della enorme massa dei codici biblici la massima parte è di salterii ; peroc- ché avendo serrilo in ogni tempo i salmi ali* uso cotidiano delle chiese, de' religiosi , e d'ogni cristia- no , ne crebbero all' infinito gli esemplari , e da ciò appunto provennero moltissime varietà ( verbali però , non essenziali ) Del detto salterio , che il va- rio giudizio dei traduttori , l'arbitrio o la negligen- za degli amanuensi v'introdussero. In tale stato di cose un certo Ildrado abate pregò Floro diacono della chiesa di Lione in Francia , che era , come sappiamo , uomo dottissimo nel secolo nono , ac- ciocchì» voleste fargli per uso principalmente del suo monastero una corretta revisione dei latino salterio. Acconsentì alla preghiera Floro ; e peri- to qual' era delle tre lingue ebraica , greca , e lati- na , confrontò primieramente l'ebraico testo col gre- co dei settanta ; e quindi araendue con la corren- te latina versione ; notando le differenze di quest' ultima da quelle due : ne già solamente un latino codice, ma molti uè consultò. Lesse quindi gli scrit- ti critici di S. Girolamo ; e raffermò a convenevo- li luoghi il retto uso degli obeli e degli asterischi. Tutto ciò narra Floro in una sua lettera all' aba- te Tldrado , la quale giaceva nascosta ed inedita in un immenso volume biblico della Vaticana , e che ora monsig. Mai ha messo alla luce. E proseguendo Floro nella precitata lettera, ci addita diversi passi in presso a cinquanta salmi , in cui è differenza tra l'ebraico e il latino , e tra diversi latini codici. Quin- di minutamente prescrive la materiale disposizione che deve farsi nel nuovo salterio , e dice ancora qua- COLIECTIO V1TICÀ.N.4. 349 li cantici ed inni , prologi ed appendici , vi si de- vono aggiungere , e quali escludere : e vuole che il nuovo codice, poiclib dai monaci giusta il predetto te- nore sarà stato scritto, a lui si mandi per la revisio- ne ; acciocché l'opera dalla sua approvazione il com- pimento riceva. Comprendono adunque gli eruditi di quale importanza per la sacra critica sia stato questo letterario lavoro del diacono Floro. Deve poi giustamente recare maraviglia , che do- po la pienissima edizione , che di S. Isidoro di Siviglia ci ha data l'Arevalo , e dopo l'esame diligentissirao da lui falto dei codici vaticani , sia nondimeno avvenu- to che un prologo di questo padre, (esistente nel me- desimo precitato gran codice vaticano , in cui Fautore da notizia di una propria revisione ed edizione critica, ora perduta, del salterio ) sia stato adesso scoperto e per la prima volta dato in luce nel volume di cui ra- gioniamo. Dice S. Isidoro in questo prologo , tra le altre cose , che nella sua nuova edizione de' salmi mette in una colonnetta il lesto greco dei settanta , e neir altra il latino di S. Girolamo , con gli oboli a ciò che abbonda nei settanta , e gli asterischi a ciò che vi manca , e gli antigrafi dove discordano i due testi. Assai lodevole impresa fu quella del P. Bian- chini quando pubblicò in forma tetrapla quattro te- sti latini antichissimi dei vangeli, cÀoh il vercellese, il bresciano , il veronese , il corbeiese. Ne minore applauso fu fatto ai Kiplingio che stampò il can- tabrigese , ed al Sabatier che ci ha dato il colber- tino. Ecco però che un altro latino testo antichis- simo di S. Matteo ci si da ora da monsig. Mai , che lo ha tratto da un codice vaticano spettante al se- sto o settimo secolo ; testo certamente più antico del girolimiano , poic'iè le molte verbali diilerenie nou 35o Lbtteratwra. ne lasciano dubitare. La traduzione è in istile assai semplice , antiquata ò l'ortografia ; e vi sono anche parole inaudite nella comune latin ila. Niun sacro cri- tico die si occuperà nel venerabile testo dell' evan- gelista , potrà già mai trascurare questo nuovo sus- sidio del codice vaticano. Veniamo alla terza parte del volume del Mai. Una non ignobile questione , ne prima d'ora defini- ta , si agitò tra gli eruditi , cioè se l'opera di Va- lerio Massimo , quale l'abbiamo a stampa , sia vera- mente tale , qual' essa uscì di penna al suo autore , o non anzi un compendio della medesima da chic- cliesia lavorato. Ma or ecco , che essendo apparso in un codice vaticano , antico di presso a mille an- ni, e di buona lettera, un bel compendio della pre- delta opera , fatto da un Giulio Paride , in tempo di ancora sana latinità, e come sembra nel teizo se- colo, resta per sempre decisa tale controversia, cioè che l'opera di Valerio Massimo prima d'ora cognita , è l'intatto originale ; e lo scritto di Giulio Paride e appunto quel compendio che si Toleva ravvisare a torto neir originale. Udiamo il prologo del compen- diatore , scritto nel codice in majuscole lettere : Ju- lius Paris Licinio Ciriaco suo salutein. Exemplo- rum conquisitlonem cum scirem esse non niinus di- sputantibus quani declamantihiis necessariam , de- cem f^a Lenii Maximi libros dictorum et Jactorum memorabili uni ad unum 'volumen epitomae coegi ; quod tibi misi , ut et facilius invenires si quando quid quaereres , et apta sentper materiis excmpla. subiungcres. Le principali utilità di questa publi- cazione sono, i.*' la decisione della controversia, di cui abbiamo detto ; 2..° l'acquisto di un nuovo clas- sico , qual è Giulio Paride ; senza dubbio assai an- tico , come dimostra la purezza del auo linguaggio , Coi.T.BCTIO VATICA.NA 35 1 cìit' non semLra inferiore a quello dell'originale ; 3.° un' autorevole fonte di critica intorno al testo medesi- mo di Valerio Massimo : imperocché dal compendio sì emendano ben molti guasti dell' originale ; ed al- tri passi si recitano con notabile diversità. Ma egli e ben da compiangersi che mancandoci il libro de- cimo di Valerio Massimo, ce ne manchi anche il com- pendio di Giulio Paride, eccettuatone il primo capo. Veggiamo poi con nuova sorpresa , che nella me- desima vaticana biblioteca, oltre il predetto compen- dio di cui è autore Giulio Paride , un altro quasi ugualmente antico , e parimenti inedito ma imper- fetto , si sia ritrovalo col nome di lanuario Nepo- ziano ; il quale altresì dal nostro monsig. Mai e ora recato al pubblico uso. Questo Nepoziano ignorando , come è credibile , il lavoro di Giulio Paride , intra- prese questo suo ; ma con diverso metodo e con as- sai maggiore liberta. Dice egli nel prologo che es- sendo l'opera di Valerio Massimo per se utilissima , ma incomoda per le ridondanti sentenze che l'auto- re vi ha tramezzate (il che è fatto verissimo), si ac- cinge a risecarne la parte meno utile o meno gra- ta ; ma in pari tempo a sostituirvi alcuni notevoli esempi da Valerio preteriti : e lutto ciò troverà ese- guito , chi legge questo compendio. A pag. II I e Ila osserviamo che Nepoziano pren- de dal quarto libro allora intiero di Cicerone De repu- hlica quattro esempi; e tra questi il terzo ha dato a monsig. Mai evidente lume per risanare con ogni certez- za un passo di quel libro quarto De repuhlica ^ come ha fatto nella seconda edizione del trattato cicero- niano. Altro bel frutto del compendio di Nepozia- no si ammira in quella parte del libro primo , do- ve e lacuna non lieve nel testo originale di Valerio Massimo. Ora benché ivi abbiamo il supplimenlo di 353 L»T»ERATURA Paride , nondimeno Nepoziano , elio uj:;ualmcnte les- se il Valerio Massimo quando era più iritiero , ce ne dà alcune parli ommesse da Paride , e (e rimanenti compendia in diverso modo. Ed in proposito di lacune, diremo ancora che monsig. Mai ha supplito autorevol- mente xm altro piccolo brano nel Valerio Massimo, to- gliendolo da un florilegio vaticano. Ma non finire- mo il discorso nostro intorno a Nepoziano, senza ri- portarne due passi , i quali contestano solennemente la molta religione dei romani ; passi che Nepoziano corona con savissime sue sentenze. Cosi dunque a p. 94= M''tellus pontifex maximus Postumium con- sulem in Africani ptqfectunini sub denuntiatione multae continuif, ^ eu qaod esset consiil idemqnc fla- men iiiarlialis. E qui del suo aggiunge Nepoziano : Ut videlicet priore haheretur loco sacerdos , quam Consul ; res sacra , quam Victoria. A p* qS : Sub la- niculo arca inventa est , piena lihris nostra lingua atque attica : qua in arca latini pontijicuni disci- plinas , at graeci philosophoritni habebant. Servatis igitur nostris , graecos igni dedsre'i quos Ubros ius- SIC senatus /*. Petilius praetor urbanus exussit. E tosto riflette Nepoziano : Quia non probaverunt ro- mani cantra religiones sapientiain. Quando monsig. Mai nel secondo volume de* suoi antichi scrittori tesseva un catalogo di prischi au- tori di politiche opere, promise (a p G34) che avreb- Le poscia pubblicati due greci discorsi di Teodililo letterato celebre bizantino , che li diresse al secondo Andronico Paleologo imperatore. E volle con ciò Teo- diìlo far parodia ai due famosi discorsi d'Isocrate detti nicoclèi. L'assunto dei due sermoni del bizantino è una sposizione de' vicendevoli uffici del re e del po- polo ; discorrendosi nel primo i doveri del re verso i sudditi ; e nell' altro i doveri dei sudditi sì verso CoLLECTrO VATICATTA 353 il re , elle verso la cosa pubblica. L'editore non ha aggiunta traduzione al testo greco, ma solamente ha scritti in margine i sommarli do' capi in latino, che noi stimiamo cosa utile di qu\ recitare. Orntio I de regis officiis. Gap. i . Rex non tam laiKÌandus est , qnam de ojflcio admonendits. a. Regis gloria est non sceptrum , sed virtus. 3. Rex cupiditatihiis suis apprime imperet» 4* Mansuetas sit et clemcns. 5. Sit nhstinens et liheralis. 6. De regis iustitia civili, y. Bellum iniustum non susch piendum. 8. Rex ad hellum non sit imparntus si- ve terrestre si ve maritimnm. 9. Exercitus gentilis sit, non mercenarius. io. De exercitio , ciiray prae- miisque militum.. 1 1 . Rex sihi benivulentiam con- ciliet , et legntiones expcdite suas mittat , dimit' tatque alienas. 12. Magistratas optimi eligantur a rege. i3. R^x ne sit avrtriis. 14. XJtilitatihus po~ pidi consulat. i5. Optimis consilii nuctorihus uta- tur. 16. Ah adsentatorihus caveat. 1-7. Cam ami- ci s aeque ac crini adversariis secundum leges agat. 18. Caute apteque loquatur. 19. J'^enales dignità- tes esse non sinat. ao. Inventos a privatis homi- nihus thesauros sibi non vindicet. ar. Ne temere trihutis populos onere f. aa. Nm^fragos spoli ari ve- tet. a3. De instruendis coinmc(iì'//.s publici horreis. 24. Rex snhditoruiii hereditaf.es ne adeat. 2 5. Sit litteris apprime erudìtus. a6. Lans eruditionis. ij. Nihil in /uimanìs rebus melius eruditione est. 28. Rex tufelam litteratorwn gerat , litteratisque fa- veat. 29. Piex invidiam et obtrectationem ne me- tuat , inimo ex his cnpiat utilitatem. 3o. Rex per- fecta viriitte sit exornatus. O rat io II de subditorum offici is. Cap. 1. Non regis solum , verum etiani suhditorum officia tra- dere opus est. a. Subditorum regisque mutua sint G.A.T.XLllI. 2Z 354 Lkwteratuha officia. 3. Cives opprime concordiam servent. 4- De liberalitate erga egenos. 5. De proprii animi cura. 6. Cii^es addiscant profiteanturque artes. 7. Snpien- tiae praesertim studeant. 8. Anna tractare discant , sed ne inter arma qiiidem artes omittant. 9. Mi- lites a malejìciis abstineant. io. Adirne de male- Jiciis ornittendis, n. De poenis maleficiorum. 12. De iustitiae praemiis. 1 3. De cura annonae et propu- gnaculorum. i^. Custodiendis urbibus ne praejìcian- tur homines sine censu. io. Vigilum nocturnorum qfficium. iG. Virorum virtus gloria civitatum est ; quae vicissim egregios viros honorant. 17. Iberno bonus, ob humilitatem. generis ,, repellendus ab ho- noribus est. i8. Infirmi corporis hominibus non est illudendum. 19. Servis benignitas exhibenda. 20. Merces operi rependenda. 31. Recte deliberandum , Jortiter agendum. 32. Reda institutio prolis quan- ti intersit. 23. Proles bonis libris erudlenda. 34' De magistrorum et paedagogorum delectu. 2 5. Mo- rum praecipua cura sii. 26. Animi impensior est quam corporis habenda cura. Ecco l'ampia materia trattata dal greco oratore in questi sermoni ; il cui cenno, che ne viene fatto da monsig. Mai in questi sommarii , ci fa desiderare una traduzione pari a quella eh' esso fece della po- litica orazione di Niceforo Blemmìde nel secondo va- ticano volume, di cui forse ragioneremo in ispeciale articolo. Ha fatta eccellente cosa il dotto danese, test^ de- funto , Birgcro Torlacio , imprendendo a dimostrare l'importanza dei greci litri sibillini, che ci rimangono, con tale evidenza di letterario ragioni, che niun' uomo, sensato e sapiente potrà già mai contraddirvi. E sono esse due dissertazioni stampate da lui in sua patria , l'una col titolo Libri sibyllistarum veteris ecclesiae » COLLECTIO VATICANI 555 crisi, qjiatenus monumenta Christiana sunt, subiectiz l'altra col titolo Conspectiis doctrinae christianae , qiialìs sihyllistarum lihris continetur. Osserva il sig. Toil.icio , che questi libri sibillini , essendo certamen- te seritli nel secondo secolo e terzo della chiesa , so- no a buon dritto uno de' rispettabili monumenti del- la cristianità : e che ben lungi dal potersi riputa- re come vili scritti o di lieve conto , hanno anzi de' pregi assai nobili ; e che finahnente la loro epo- ca e le contenute cose un meritato rispetto si con- ciliano. Entra qnindi il savio danese ad esporre mi- nutamente le cristiane dottrine che in essi contengon- si; cioè la vita del Redentore, il suo battesimo, la sua divinità , la passione , la discesa alle regioni in- fernali , l'ascensione in cielo. Inoltre l'unita di Dio , la trinità delle persone , lo Spirito santo , gli ange- li, l'inferno, il paradiso, il giudizio finale, il regno del Messia , l'onore del martirio , anche la venera- zione dovuta alla B. Vergine Maria, il celibato , l'ac- qua lustrale , e varie morali dottrine. Ora i sibil- lini riguardati sotto tale aspetto, chi non li tro- verà interessanti per la religione, cui somministra- no in così antica epoca cotante testimonianze ? In appresso il Torlacio osserva come essi sono anche fonte di civile storia : e finalmente che la loro lin- gua poetica è sovente sublime ed omerizzante. Queste notizie abbiamo noi premesse alla con- tezza che ci rimane a dare di quattro libri greci si- l)illini, che per la prima volta ci ha scoperti e pub- blicati monsig. Mai : sì che siuora essendosene letti otto nelle edizioni , in appresso dodici ne leggere- mo ; ne già di scarsa materia e breve ; poiché que- sti nuovi , sommati insieme , giungono a versi esa- metri mille cento e cin([uanta cinque. Tre di que- sti libri sono estratti dai codici vaticani ; il quarto a3^ 356 Letteratura provenne da uri codice milanese ; e fu già parec- chi anni dato dal'Mai ; ma ora viene rij3rodotto co' suoi fratelli. La materia è storia sacra e profana ; nel 1**. libro dal diluvio a Giulio Cosare ; nel 2." dai Augusto a Settimio Severo ; nel 3.° da Severa a Gallieno ; e quindi conosciamo che l'autore non è posteriore al terzo secolo. La materia del quarto è fiì moltiplice , varia, ed enimmatiea , che non si può facilmente determinarla. Le cose poi si percorrono quasi con voli poetici , e più forse vi può l'estro che la severità delle regole storiche. Bramerebbe taluno udire un saggio di questi nuovi sibillini ? Noi non lo potremmo prontamen- te dare de' primi tre , poiché il Mai occupato da altri studi non li ha tradotti ; ma volentieri pro- durremo alcuni squarci del quarto , di cui diede una sua traduzione lo scopritore nella milanese pubbli- cazione , in 354 latini esametri , quanti appunto so- no i greci della Sibilla. Ecco come incomincia : „ Heu quid homo longum velati victurus in aevum „ Aeternas cufas mortali in pectore versai , „ Et cupide exoptat populis dare iura cadiicis ! „ Scilicet omnipotens odiis immitibus urget „ Ipse Deus dominandi numquam explebile votura » ,, Et parat obscuro reges confundere fato. „ Nam prò iustitiae studiis prò iure verendo „ Purpureis gaudent tunicis laenisque decoris. V. II. „ Hinc sceptra accipient gemini felicia reges. „ Tunc erit et populis toto pax aurea niundo , „ luraque florebunt. Sed et hos armata inventus „ Divitiis inhians scelerato vulnere caedct. CoLltCflO yÀTICANA 357 „ Continuo iuvenis Lellator regna oapesset , „ Impins impatiens trux iracundus et ardens , „ Qui Romae sternet populum victricibus armis , „ Antiqua evertens urbem de sede latinam. ,, Nec iara Roma super fucrit , frustraque viator „ Grandiu romuleae quaeret vestigia molis. „ Cuncta cinis late involvet , manuuraque labores „ Solventur. Deus ecce polo immortalis ab alto „ Ignea terribili iaculatur fulmina dextra • „ Atqiie alios fixo spiranles pectore flammas „ Proicit , aeternis alios dat jjabula tclis. „ Tunc quoque tristificum multabunt morte tyrannura „ Imbelles , fera Roma , tui populusque latinus. „ Sed neque corpus Iiumo mollive tegetur arena ; „ Quin epulas avibusque dabit canibusque lupisque „ lUe ausus ferro romanam exscindere genlem. E al verso -76. „ Post hunc in longum certamina mutua versant „ Quisquis vesano regnandi tactus amore est. „ Unus romanam senior rex constituet rem. „ Tunc heu purpureis bellum phoenicibus instat , „ Cura prope mortiferas intendet persa sagittas. E più sotto al verso i23 parlaado di un altro imperatore la Sibilla dice : „ Hic et in arraenios letalem diriget hastam , „ Parthosque assyriosque et amantes proelia persas. „ Hinc nova magnificae consurgit fabrica Romae „ Auro atque electro argentoque et dente elepbanti , „ Perflua divitiis et turbis indigenarum ; I» Quippe oriens omnis quippe besperus incolit ipsam. 338 L E T T « R A T Ij R A ; E tosto al V. i35. „ T'unc et Larissae , Penei et collibus altis „ Incidit insanus Scytliiaeque tumultus equestri , „ Ingentique palus resonat maeotica bello. V. 170. „ Hellada tunc visit cunctam fortissiinus heros , „ Qiiem Scytlia quem ventis pulsatus Gaucasus liorret. V. i88. 7, Post hunc atroces animae fera bella cientes „ Damna cruentatas vertunt in mutua dextras. „ Regius bis babitus nuUus , sed forma tyranni „ Effera , et innumero contristant funere mundum. E più oltre al verso aoi. „ Ebeu Roma potens rapidis obnoxia flammis , „ Quam te dura manent , fatis complentibus iras ! „ Sed rex te rursus fama super aethera notus „ Exstruet , et melior demum post fu nera surges „ Divitiis teraplis circisque forisque opulenlis , a, Atque iterum cuncto regina nitebis in orbe. V. 217. „ Imperai ecce alius tristissimus jgncus audax , „ Qui trahit Aegypti genus alto a sanguine regum, 9« Annis fratre minor , sed valda sinistrior actis. COLLECTIO VATICANA. SSq Predice più sotto la Sibilla ora tristi ora lieti casi ad Alessandria di Egitto v. 289. „ En age Alexandri canitur malus exitus urbi. „ Nilicola armipotens ad barbara regna trahetur. „ Mox ubi olympiacae iuvenes tres praemia palmae ,, Retlulerint , divina slatim responsa iubebuiit „ Sanguine quadrupedis tenerae comraissa piare. „ Ter tunc oranipotens quassans cervice minaci „ Gaesariem , vibrai praegnantem luctibus hastam. „ Ergo barbarico manabit inhospita tellus „ Sanguine, dum bello ruit urbs convulsa supremo. „ Felix qui functus fato , et qui prole carebit ! „ Sed Deus iraponet poenas qui fulmine gaudet. „ Tunc autem magnis circumvolventibus annis „ Dulcis et alta quies regnat : mox ferrea rursus „ Saecla veliit bellum , et nilotica regna cruentat. „ Victor nullus erit , sed vana superbia linguae. „ O urbs infelix raultos dominata per annos ! „ Te tamen haud longum victor populabitur hostis: „ Nam novus exoritur functorum ex ossibus ultor. E basti questo saggio di traduzione, e del va- lore poetico di monsig. Mai. Ma innanzi di raettei: termine al nostro articolo intorno a questo suo va- ticano volume , non po,ssiamo non rammentare an- che quattro omelie sacre latine, che vi ha inserire, traendole da antico codice; e fu detta la prima nel- la domenica di settuagesima , la seconda nella qua- dragesima , la terza nella domenica di passione , la quarta nel dì delle palme. L'autore è anonimo ; ma citandosi Orosio e S. Gregorio magno , si cono- sce che è posteriore ad amcndue. Lo stile n'è cliiaro e bastevolmente puro ; e vi s'incontrano non ispre- 36o Letteratura gevoli notiiie di riti genlileschi , cristiani , e litur- gici , con precetti morali di sacra unzione condili. Tra le altre notizie ci si dice, che il pontefice S. Gre- gorio nella vigilia delle palme attendeva tutto a saa- ta opere, e che perciò vacava in tal dì la sacra sta- zione , quando dominus Papa eleemosjiiani dabat. Mirando a queste ed alle altre scoperte del no- stro monsig. Mai , vi è per avventura taluno che ama di ascriverle più tosto alla fortuna che alla sin- golare sua perspicacia ed industria. Noi però non esitiamo un istante a chiamare iniprudeule e falsis- sima questa oj)inione. Conciossiachb chi pensa o di- scorre in tale guisa , sembra primieramente che non rammenti ciò che ogni fanciullo ha letto nella vita di Attico presso Nepote , cioè che sui cuiquc inO' res plerumque conciliant fortunam. E sembra che non capisca che la fortuna non è dea , ma capric- ciosa finzione di poeti , e che di lei deve dirsi con un gran padre ecclesiastico : Deam esse fortunam 'Vani poetae crediderunt , quae utique munus est. , non potestas ; donatur , non dominatur ; industriae gratia , non superstitionis potentia viget. Egregia sane dea , quani laboris magnitudo sibi vindicat , quam vigiliaruni donai patieiitia ! Vogliamo per cagione di esempio considerare una sola scoperta del nostro dotto , che è per se molto sti- mabile , benché modesta sia l'apparenza della sua edi- zione, ne i profani letterati vi abbiano fatto grande attenzione. Egli tra i codici vaticani ha scoperto tre domraatici nuovi opuscoli di S. Niceta patriarca di Aquileia, contemporaneo e conoscente di S. Leone pa- pa il grande; e di piià due pii poemetti di S. Paolino vescovo di Nola , noto per felicità di vena poetica, ed amico di S. Agostino. Che si richiedeva per giugne- CoLLECTIO VATICANA 3Gl , re a tali* acquisto ? In piinio luogo si richiedeva attività ed industria per indagare con successo nei codici ciò che altri con non forse pari diligenza vi avevano ricercato. Bisognava inoltre essere fornito di Jjilìliograllca scienza onde sapere che vi fu que- sto Niceta, che tutte le sue opere andarono pi'idute, e che una sola si trovò quarant' anni fa in Roma dal Fea, la quale essendo stata in Padova publica- ta, meritò poi l'onore di altre ristampe con conien- ti. Chi fosse stato digiuno di queste notizie, quand' anche avesse veduto nel codice il nome di Niceta , non l'avrebbe per avventura appuntato ; e questo autore sarebbe la forse giaciuto tra l'infinito nu- mero degli altri nomi che sono in una tale e tanta biblioteca di codici. Ma qui non si arresta ne la fatica ne il merito di un editore di proprie scoperte. Perocché è uopo ricopiare con fedeltà e perizia la trovata cosa, sen- za sgomentarsi uè per difficoltà paleografiche, ne per oscurità di antiquate scritture. Poscia voglionsi ma- turamente esaminare lo stile , le cose , e le circo- stanze tutte dell'opera, per piiì assicurarsi della ve- rità del trovato. Bisogna in seguito praticare una laboriosa e ben oculata indagine nello voluminose opere e diverse edizioni dei Padri, nelle loro biblio- teche, nelle raccolte, spicilegi, aggiunte, aneddoti, giornali letterarii , nelle così dette delizie degli eru- diti , atti accademici, catalogi di librerie ecc. ecc. a fine di conoscere con la possibile certezza se quello scritto è inedito o no. Poiché altrimenti è accaduto bene spesso , che anche sommi letterati hanno pub- blicati come nuovi , scritti già editi ; e ci basterà ora dire che di quel Vittorino , del quale assai ab- biamo discorso in questo nostro articolo, il gran- 3Ga Lettkratutia (le P. Mabillon pubblicò come inediti alcuni opusco- li , che già tre volte erano stati divolgati con le stampe , ed erano noli a mezza Europa , ma non a quel dottissimo maurino. E così ancora il dotto P. Becchetti , poi vescovo , stampò come inedita in Ro- ma una lunga lettera di S. Paolino , che tutta si leg- geva, eziandio piìi corretta, in tutte le edizioni di questo ecclesiastico padre. Dopo un tale penoso esa- me , che non sempre acquieta i timori di un pri- mo editore, conviene accingersi ad illustrare la nuo- va opera con erudito prologo , e con acconcie an- notazioni ; dichiarandone i passi oscuri , correggen- done gli scritturali difetti , in somma adoperandovi intorno ogni buon servigio di critico. Finalmente dopo aver sostenuta la noiosissima e dispendiosa im- presa dei tipi , si offre al publico la nuova opera , con attendere il parere imparziale e savio degli equi giudici , e disprezzare l'appassionato degli iniqui. In tutto questo apparato e qua&i corso di una letteraria scoperta , e di una prima edizione d'un classico, sia profano sia ecclesiastico, quale o quan- ta parte ha la fortuna ? o più tosto qual parte non e della industria, dell'ingegno, della pazienza, del- la dottrina ? E ciò che ora abbiamo detto di Niceta , intendasi ugualmente di Paolino. Ma noi crediamo che ci sarà data occasione di ragionare pili di pro- posito d'altre scoperte ed edizioni diCficilissime , sor- prendenti, e affatto inaudite del nostro dotto; e vo- lentieri ne parleremo , non già per tessere lodi a lui ; poiché sappiamo che ne le desidera, ne lo diletta- no ; ma solo per additare ai candidati le tracce da lui segnate. Egli intanto proseguirà nell' onorata car- riera ; imperocché come dice armoniosamente il suo Tullio : Numquani melius torquebis invidos quam 'virtuti et glorine serviendo. E coloro che esaltano COLLECTIO VATICANA 3G3 insulsamente i poteri della fortuna, ascoltino questi versi , con cui finiamo : „ Fortunam quaeris dominam? sua dextra cuique est, „ Et Deus omnipotenS ; non fluxo crine virago „ Insistens pinnata rotae claruraque guLernans. D. L. Sulla 'versione del teatro tragico greco intrapresa dal sig. D. S. Oliva. AL CHIARISSIMO SIC MARCHESE LUIGI BIONDI Napoli, dal isomero, 3o agosto 1829. n 'acche lessi nelT arcadico quella bella e galante descrizione , scritta con molta grazia di stile dal sig. D. Pietro Odéscalclii, d'un viaggio eh' egli con altri nostri amici fece da Roma alla Ruffinella pres- so Frascati per visitarvi appena risorto da fierissi- ma malattia, mi ha tenuto sempre un gran desiderio di voi, di sapere cioè se alla fine essendovi ben ri- stabilito in salute avete condotto a termine una vo- stra versione in terzine delle georgiche di Virgilio ; il qual lavoro , sembra da quella descrizione, che fosse il farmaco , che non Macaone il figlio di Escu- lapio , ma lo stesso padre di lui Apollo vi sommi- nistrasse per ajutare la natura e compiere la vostra guarigione. E questo desiderio non sciamante è in me destato dalla stima ed amicizia , che sento per 3G4 I- E T T K R A T U R i. voi e per le cose vostre , ma ancora per l'interes- se mio particolare. Percioccliè non potendo io molto occuparmi , neppure nella lettura di cose gik lette benché classiche, almeno con attenzione e con una cer- ta continuità , vado a caccia di cose nuove , alme- no nella forma se non nella materia , e della mi- glior forma , delle quali sono certamente le vostre, e specialmente questa : il che ho creduto subito al- la testimonianza, per altro valevolissima, dello stes- so sig. D. Pietro. Comincio dunque dal congratularmi con voi del- la ben meritata predilezione , che Apollo ha dimo- strala verso di voi ( e se mai voi foste del siste- ma romantico, il che non mi pare, mi perdonerete se anche in prosa cado in simboli mitologici ) con tanta parzialità , clie vi abbia esaudito , come uno de' principali suoi sacerdoti che gli erigono bei tem- pli , o gì' incoronano di fiori , come ( per disgrazia peraltro de' greci ) esaudì Crise che aveva fatto lo slesso. Apollo in questo caso è stato giusto e buo- no , p fu ingiustamente nocivo nel caso di Crise , perchè i poveri greci non gli negavano la figlia di questo suo sacerdote, ma Orazio col suo qnidquid ha spiegato questa crudele ingiustizia di Febo Apol- lo. Che se* io lo condanno assolutamente per rispet- to ai greci , lo condanno con molta riserva , an- zi quasi quasi lo scuso , se non ha esaudite le mie preghiere come le vostre nel caso stesso di malat- tia , benché d'altro genere , che ancora mi affligge e mi tormenta. Egli sembra riguardarmi come un chiericuzzo delsuo tempio t nel che ha egli per av- ventura tanta ragione quanta ne ha riguardando voi come suo principal sacerdote. Infatti io non ar- do sulle are sue belli e pingui quarti di tori o di agnelli , ma stonimi inoperoso spettatore di quelli Versione del teatro cnEce 365 che ardete voi e i vostri pari , e solo di quando in quando vi servo come subalterno ne'sagrifizj. Que- sto è qualche cosa certamente , ma ne lo devo pu- re a lui. Io lo devo , parlando di cose secondarie , alla generosa cortesia e benevolenza di un signo- re napoletano (a) , il quale mi ha ospitato in que- sta sua deliziosa rilla del Vomere , vicinissimo al Posilipo , che rammenta il Sanazzaro ad ogni pas- so che si fa sopra questa amenissima collina. Qui dunque io lotto continuamente contro la mia tor- mentosa anfa , o ambascia , che operando molestamen- te negl' ipocondrie! mi tiene lo spirito assorto e di- stratto : e sempre lo terrebbe , se io non facessi spesso qualche sforzo per applicarlo a qualche co- sa di letterario. I medici mi hanno dato per prima e grande ricetta , che io fugga ogni applicazione : Ja quale ricetta ho io rassomigliato per lungo tem- po a quella , che prescriveva ad un uomo che non aveva denti il guardarsi dal rosicchiare degli ossi. E dico per lungo tempo ; perchè adesso se non pos- so sagrificare ad Apollo , come voi , almeno sto os- servando, come ho detto, gli altrui sagrifizj : e m'in- gegno , come chierico , a maneggiare e porgere gli strumenti , e questo attcora alla meglio che posso. Cosi ho preso la penna in mano per dare la no- tizia a voi , ed agli altri vostri valenti colleghi ài cotesto archivio letterario , che un letterato napo- politano , il sig. D. S. Oliva , ha intrapreso la ver- sione in versi italiani del teatro tragico greco , ed ha cominciato dal pubblicare quella dell' Ecuba di Euripede. Io gli ho rammentato , che un simil la- voro è stato già fatto da non mollo tempo con non (aj // conte dì Camaldoli Francescp Ricciardi. 366 Letteratura lieve applauso : ma egli , confidando forse che il suo possa facilmente concorrere nella lizza , ed avere qual- che scopo o pregio particolare, non ne resta disa- nimato. Ne io voglio insistere su questa difficol- ta , perchè potrebbe ritorcere contro me l'argomen- to anche con più ragione : facendomi l'osservazione che anch' io parlo , e quasi m'indurrei a pubblica- re una mia versione dell' Iliade dopo l'applauditis- siraa del celebre Monti. Vero è che io potrei rispon- dergli che questo mio lavoro fu fatto molti anni prima , che fosse intrapreso dal Monti i che questo anzi mi ha consigliato a tener celato il mio , che non pubblicherò senza una ragione particolare che mi assolva in qualche modo da questa specie d'au- dacia letteraria. Ma che che sia di ciò , poiché ho preso la penna por iscrivervi sopra quanto vi ho accennato sul principio , vi voglio parlare ancora di questa nuova produzione letteraria ; sopra la qua- le attenderò poi il vostro ed altrui giudizio , non potendo io come cherico entrare con la debita veste di" sagrificatore in que' sagrifizj di Apollo. Mi con- tenterò dunque a dirvi , che dalla lettura , che n*ho fatto con animo non ben posato , ma spesso distratto dalla detta ambascia , mi è parulo che dal discorso del s'ig. Oliva premesso alla sua versione , risulti esser lui un uomo non mediocrenuMite veisalo nel- le buone e severe discipline della letteratura , e spe- cialmente nello studio delle lingue da cni traduce e nelle qnali traduce ; ma che ciò lo abbia condot- to a quella maniera di scrivere in prosa o in ver- so , che suol cliiamarsi peregrinila , che consiste neir uso di voci o modi o antichi o non usa- ti comunemente. iNe io la noto , come cosa per me dispiacevole : anzi mi dispiace talora di non aver- la i.'i certi casi pronta al mio servizio quando seri- Versione del teatro greco .^^7 vo ; ma in generale ella non piace al comune dei leggitori anche colti , ed è di più solennemente ri- provata da taluni » che indegnamente sì allacciano la giornèa di archivisti letterarj. Ma nelle lettere, e in generale nelle belle arti che si riferiscono alla im- maginazione|, non è come nelle scienze che si riferi- scono a,ir intelletto , cioè le prime al bello , e le se- conde al vero : nelle prime per conseguenza le opi- nioni sono varie , e svariate secondo i gusti o la maniera di sentire. A proposito di questa diversità , voi sapete quel- la celebre domanda fatta da un matematico ad un amico , che lo aveva condotto alla rappresentazio- ne di una bella tragedia , non so se di Bacine o di Corneille. Eh bien , mon ami ? Qui est ce qu il a demontré? gli disse al calar del sipario. Questa domanda fa ridere ancora per la sua stranezza. In- tanto il sig. Oliva nella sua prefazione dimostra , parmi , che le tragedie del nostro Alfieri sono di- mostrazioni drammatiche di alcuni teoremi morali. Egli protesta d'ignorare, e lo protesto ancor io, se altri abbia fatto questa osservazione : la quale per altro , considerando che ciascun* attore debbe avere il suo carattere, non è tanto strana e peregrina co- inè sembra a prima vista. Ecco il teorema dimo- strato dell' Ottavia d'Alfieri. Una virtù semplice e modesta {Ottavia) co- munque avvalorata dalla saggezza e veracità {Se- neca) vittima rimana della timida possanza {Nero- ite) , dove questa accecata sia della gelosa invidia {Poppea) e dalla vile malignità. {Tioellino). Ecco il teorema àeìV ^gide. Giustizia e retti- tudine {Agide) nudrite da severa virtù {Agesistra- ta) dove sia general corruzione giovano appena ad alcuna beli' anima (.^g-is/We). Pqr la perfidia lo rav- 368 LETTr.RVTDRA. volge {'Infaré) e ne fa vittima alT ipocrisia {Leo- nida) . Ecco finalmente quello della Mirra. Una passio- ne condannata dalla natura {Mirra) non sente i con- srgii dell' amistà {Eicriclèa) , s'irrita per le piiì care tenerezze {Cecri)^ •^^^'gS'^ ^^^^ amor puro {Perèó)^ pe- risce per la ragione che la fa nascere {Ciniro). Ciascuno, dice il sig. Oliva , che sappia non vol- garmente pensare , potrà per se stesso richiamare alla stessa prova le rimanenti tragedie del medesi- mo autore ce. Che ne dite , mio stimabile amico ? Gre« deremo noi che il nostro immortale astigiano si pro- ponesse la dimostrazione di questi teoremi ne' suoi lavori drammatici , che tanto onorano l'Italia : e crederemo che chi scrive o scriverà una tragedia deb- be proporsi , o si proporr'a un qualche teorema di questa fatta da dimostrare per mezzo dell' intrigo del suo dramma ? Certo la bisogna non sarà facile s ma parmi che il piano o disegno ben fatto d'una tragedia debba naturalmente condurre al teorema , e l'esecuzione regolare alla sua dimostrazione. Del resto io non credo a questa specie di anticipato pro- ponimento , come non ho creduto mai al Tasso , che realmente nella sua Gerusalemme avesse in mira di tessere un' allegorìa metafisica , la quale egli ima- ginò, o dedusse poi dal suo poema, irritato dai la- trati di molti botoli e pochi molossi de' suoi tempi, come trovasi dimostrato, ma non preconcetto da Ome- ro il teorema politico scoperto da Orazio, dimostrato nella sua Iliade , ed annunziato in una sua epistola con quel verso che comincia Qnidqitid ec Merita poi di esser letto quanto il sig. Oliva dice sopra mol- le mende grammaticali che si trovano nell' edizione del Boccaccio : e in proposito di ciò mi ricordo che il prof. Biagioli a Parigi , alcuni anni sono, prepa- VansiONE DEL TKATRO GRECO 36() rava una corretta edizione del Decanierono : ma non so se l'abbia mai pubblicata , e vorrei pur saperlo come di cosa interessante , perchè voi sapete quanto egli sia eccellente granmiatico. Io non ho ne agio, ne tempo, ne voglia di di- mostrare con osservazioni particolari la generale che ho qui sopra accennata sul lavoro del sig. Oliva quanto allo stile e colorito della sua copia: mas- simamente perchè mi ricordo della sentenza data da Apollo nei Hagguagii di Parnaso a quel critico , che si offrì a S. M. Apollinea di sceverare da un poema , come da un sacco di grano , tutta la mon- diglia che vi si trovava. Questa fu da Apollo ag- giudicata e regalata a lui in premio della sua fa- tica. Non posso peraltro rimanermi dal fare una cri- tica osservazione sul primo primissimo verso dell'ope- ra , cioè del prologo ( il «ig. Oliva applica ai pro- loghi delle greche tragedie, ne saprei dire per qual relazione , il nome strano di bargiglioni ) . Farò di- co questa critica osservazione, perchè trovandosi al primo ingresso della casa questo, qual' è parso a me, primo difetto , altri non si rimanga dall' entrarvi a vederne i diversi appartamenti , che sono pure ba- stantemente buoni , ed abitabili con comodo e pia- cere , voglio dire nel mio caso leggibili. L'ombra, o il mane di Polidoro, comincia il prologo cosi , secondo il sig. Oliva : „ Vengo dall' ombra , che agli estinti è tomba. Veramente a primo colpo di riHessione (e questo sarà forse accaduto , perchè adesso in tempo d'esta- te , l'ombra è così piacevole ) non ho potuto asso- cure, o vedere la convenienza della voce ombra con un sepolcro , e molto meno con l'Averno di cui G.A.TXLIII. ,r 370 L E T T E 11 A t' U 11 A qui si tratta : e mi è parso un colore italiano mol- to debole e sbiadato , e sostituito al greco d'Euri- pide , il quale lelteralmeute dice ( ed in questo mi riporto al giudizio del vostro dottissimo collega prof. Amali ) s f^engo dalle latebre de' morti e dalle porte delle tenebre ee. L'ombra è un sito dove non Latte la luce , che suppone illuminato il luogo cir- convicino : altrimenti non esisterebbe; e al contrario qui si parla d'un luogo tenebroso, 0 caliginoso com'fe un sepolcro , e molto più l'Averno. Il padre Carraeli meno felice, e direi ancora tanto inconditissimo ver- sificatore ( se questo aggiunto tratto dal latino fos- se registrato nella Crusca ) quanto fedele tradutto- re , icicomincia : I cupi luoghi delle morte genti E le porle d'Averno . . . laaciate vengo ec. Questi colori o voci italiane sono ben più corri- spondenti ai greci. In somma altro è ombra , altro è un luogo tutto tenebre : ne io voglio molto di- lungarmi sulle ragioni che mi hanno un poco di- sgustato di quest' ingresso , perchè non so ne pre- tendo che facciano la stessa cattiva impressione in altri , anzi pretendo di provenir tutti , perchè se la facessero non si rimangano dal continuare , tro- vando che può applicarsi al lavoro del sig. Oliva quella sentenza del Venosino : Ubi plura nitent ec. Certo è che il Oliva si presenta e dk prova d'es- sere un profondo conoscitore della lingua greca; e se in qualche luogo ha sbagliato . ci riferiremo , co- me ho detto, al giudizio dell'egregio vostro profes- sore Girolamo Amati. Qui metto un termine alla mia forse trop- po lunga diceria , rarnraenlandovi solamente , e pre- YsnSIOllS DEL TBA.TRO GRECO 871 gan^ovi eli farmi capitare la vostra versione del- le georgiche subito che sarà pubblicata. Sark que- sto un vero atto di carità cristiana , perchè il vo- stro lavoro sarà una di quelle finissime armi con le quali per quanto posso combatto contro l'ansia ipo- condriaca , che mi affligge continuamente anche nel- la specie di Eden in cui vivo. Salutatemi cordial- mente i vostri colleghi in arcadico , e specialmente il vostro archimandrita D. Pietro : al quale direte che aspetto una qnalche risposta soltanto dell* uso che farà della lettera, che ultimamente gli scrissi so- pra un certo mio lavoro , e sul giudizio che ne cer- co dai vostri colleghi , e specialmente da voi. Con- servatevi sano , e continuate ad amare il vostro IJRiiArvo Lampredi. Opuscolo inedito di Bernardino Baldi ^ e nwrsi del conte Terenzio Mamiani della Rovere. 8.** Pesa- ro co' tipi di Annesio Nobili 1829. {Sono pag. 5i.) JLi opuscolo del celebre Baldi b il volgarizzamen- to di un' antica cronichetta sul fatto d'armi acca- duto a Forlì nel 1278 fra Guido da Montefeltro e Giovanni d'Appia francese. Che la presente cro- nichetta ( dice esso Baldi nella prefazione al duca di Urbino Francesco Maria secondo ) non sia inde- gna di fede raccolgo da molti argomenti ^ fra qua- li , come VA. V.puo vedere » non hanno piccola far- la i particolari minuti che vi si contengono , sì de* tempi e de* luoghi , come delle persone e degli ai^- venimenti loro. E non può dirsi che ella sia senza 372 L K T ir E li A •# W tt A autore ^ affermandoci chi la fece passare a noi cF aver- la presa da chi si valse delle memorie lasciate al- la posterità d^ Guido Donato forlivese , uovio di qua' tempi e a nostri molto ben conosciuto. Poco pia ha saputo il mondo fin qui della presente azione, di quello che se ne scrive Giovanni Villani , ed affermino coloro che nel commento di Dante piglia- no le cose da lui. Ma che il Villani fosse mal in- formato delV intiera verità del successo , molto be- ne si raccoglie da chi raffronta le cose sue con la verità di questa breve istoria. Vuole egli che Gio- vanni d'Jppia sopravvivesse alla giornata , e che perseguitando il conte Guido V assediasse in Mel- dola : e pure nelV antica iscrizione e neW istoria presente s^ha che il detto Giovanni vi morisse. Ag- giunge il medesimo lo stratagemma della quercia > del quale tuttavia niuna memoria si ha nel pre- sente commentario , e pare che V errore fosse oc- casionato dal nome di quel luogo detto la jRopc- re, ove i bolognesi furono sconfitti e in gran parte uccisi. Che poi Guido di Monforte succedesse a Giovanni d*/4ppia ucciso nella detta giornata , ce ne fa manifesta fede Flavio Biondo nelV ottavo li- bro della quarta deca , ove narra che egli pren- desse Forlì , ed a quella città rovinasse le mura. Si vogliono quindi ringraziare assai i signori fratelli conti Giuseppe e Terenzio Mamiani della Ro- vere , peichè di un sì prezioso libretto abbiano fat- to dono alle lettere nostre : prezioso dico e pel no- me chiarissimo di Bernardino Baldi (*) , e per l'ar- (*) Quest^ operetta giaceva inedita presso i nobili edi- tori , scritta di mano del loro antenato tonte Ottavio Mamiani già consigliere di guerra del re cattolico. Al- Opuscolo di B. Baldi 373 gomento importantissimo , di cui tocca anche Dante in due luoghi àoiV Inferno : cioè nel canto XX-VII V 43 : „ La terra , che fé' già la lunga prova „ E di fraiiceschi sangninoso mucchio, „ Sotto le branche verdi si ritrova : e nel canto XXX.II v. lai : „ Gianni de' Soldanier credo che sia „ Pili là con Ganellone , e Tribaldello „ Ch' aprì Faenza quando si dormìa. L'operetta è diligentemente stampata : non si però che alcuni errori non vi sieno qua e la trascorsi : come , per esempio , alla pag. a3 dieesi Guido de Colboli , invece di Guido de Calboli: alla pag aS, e non lasciarsi perdonare come castroni con ver- gogna^ invece di e non lasciarsi prendere come ca- stroni con vergogna : alla pag. 3o , Rinaldo con Calboli , invece di Rinaldo de' Calboli. Savissima finalmente è l'osservazione degli editori intorno al celebre poeta provenzale Arnaldo Daniello, che l'au- tore di questa cronichetta afferma esser morto ia esso fatto d'arme a Forlì. Imperocché , dicono essi a carte 34 f sia che Arnaldo finisse circa il 1181, corne opina il Nostradama , sia che passasse d'al- tri piccoli scritti del Baldi , parimente inediti « non, conosciuta né dall' Ajfò , ne da altri eli io sappia , sO' no in un codicetto mss. della biblioteca angelica : e fra gli altri ho io stesso ojeduto il 'volgaiizzainento Jatto dal greco di un trattatello intorno alla sfera. 374 LsTTEaArwRA CUTI poco il dugento , come ritraesi dal Barbieri annotato dal Tiraboschi , in ogni modo egli non potè giungere al 1278 in cui Faenza fa data «' guelfi^ e rotto Giovanni d'Appià aW assedio di Fol- li. Giudicammo , alle prime , che terrore sì rima- nesse al cognome , sapendo esservi stati molti Ar- naldi che poetarono in lingua provenzale. Ma se pure non fu preso cambio con Arnaldo Plagnes o Arnaldo di Tiiitignac , de' quali due non sappia" mo bene i precisi tempi , con gli altri tiou è luogo ad abbaglio. Arnaldo di Maraviglia mancò nel laao, quello di Cotignac nel i354, so del Monterey , incutono terrore tale che fati piesagiie ai contemporanei un avvenire peggiore (2). I prosperi successi di Svezia mossa per arte fi- nissima del Richelieu contro la casa d'Austria , son cagione che il re cattolico mandi in Germania po- derosi soccorsi di denaro e di attelate milizie. La battaglia di Lutzen combattuta nel iG32 con ac- (i) f^cd. la pianta topogr. (2) Stor. civ. id. pag. Z\Z e seq. G.A.T.XUII. 386 Letteratura canimento e strage infinita , decisa a favore deir Austria, raffrena i progressi di Svezia, che vi per- de il suo re Gustavo. Molti italiani , come ririno- vossi a' dì nostri , mostrarono nei campi di Lut- zen militare sapere , ed estremo valore. Due anni dopo venne totalmsnte disfatta l'armata svedese a Norlinga. La cavalleria di Napoli cuoprissi di glo- ria immortale. Ci incombo di ricordare che il con- te di Casavecchia nostro concittadino ( Francesco Marianucci ) , spregiato in patria , vi finiva onore- volmente i SUOI d'i , riparando agli obbrobriosi mo- di , co'fjuali , per la reità de tempi , erasi il padre suo arricchito e nobilitalo. Apoena finivasi di combattere in Germania con- tro Svezia (seguitando l'incessante guerra delle Fian-^ dre), i francesi assaltavano all'improvviso gli stati alemanni del cattolico re; e tosto gagliardissimi fat- ti oslili risorgevano nell' alta Italia. Il viceré di Mi- lano chiede ajuto da ogni parte , specialmente da INapoli. „ Tali furono , dice il suddetto autore , i „ soccorsi mandati , che non furono veduti piti po- „ lenti uscire dal regno,, (i). La qual cosa sventu- ratamente rinnovavasi ogni giorno. Né le truppe di Napoli ismentivano il valore tante volle~~ dimostrato. Singolarmente distinguevansi nel iC3G , e contro i francesi , e per una sfortunata fatalità anche contro il Piemonte alleato di presente con Francia (2). Raffre- navansi i progressi degli spagnuoli nell' anno i636; e prosperi invece erano i successi ottenuti da Francia. Incominciavasi dal gabinetto di Madrid a calare dalle orgogliose preteiisioni. La pace, che dianzi intorbidata (i) Slor. civ. id. pag. 347' (a) àlurat. id. pfig. jaj. ME.nOHIE DI ACCUMOLI 887 erasi con Roma , si ristabiliva al presente. Vantaggi non piccoli propongonsi ai principi italiani dalla Spa- gna, e pensioni ben grosse si assegnano al granduca di Toscana (i);ma per le continuate improntitudini contro i proprj sudditi , peggiore diviene la sua po- sizione politica. Con le accennate guerre sorgono i da» mori di Catalogna che per le raddoppiate sevizie pas- sano presto in imponente concitazione. Ognuno quin- di ben vede quali e quante tribolazioni rifluissero in ispezie sull' alta e bassa Italia. Si aggi»gne l'infor- tunio di una cospirazione nel regno per manovra del Richelieu, rivelata fra ceppi da un religioso cesenate; credendosi con gran fondamento che fosse consigliata da un nostro abbruzzese di talenti non minori del Ri- cheliu, monsignor Mazzarino, nimico dichiarato di ca- sa austriaca. Obbligossi nel regno a prendere le armi , a fortificare i luoghi di frontiera , temendosi l'arrivo de' francesi. Ma l'astutissimo ministro di Francia mi- rava a divergere l'attenzione degli spagnuoli, e ad im- pedir loro che minori fossero i soccorsi del regno.,, In „ cui ( il lodato autore ) cotanto e sì insopportabili „ eran le spese uscita dalle sostanze de' sudditi, e dal- „ li patrimoni delle città e delle comunità del re- „ gno , che continuamente eran costrette a sommini- „ strare nuove sommo per la necessità di tante inie- „ liei e mal fortunate guerre , e per li tanti e con- „ tinui bisogni della corte di Spagna; donde il solo „ patrimonio della città di Napoli troyossi aggrava- „ to di quindici milioni de' debiti , pagandone il frut* „ to ai creditori mercè le gabelle (2). (i) Stor. civ. id. ib. (a) Id. pag. 349- 25^ 388 Lbtteratura Tale fu il governo del Monterey. Ma tornanclo alle aGcumulesi faccende, ci sarà di dolce conforto in sì lagrinievoli tempi ricordare piiì sotto un alto as- sai filantropico da un concittadino nostro nel i635 praticato; e a suo luogo ci congratuleremo coi piiì convicini avi nostri per essere stati indulgentissimi verso dei poveri, onde profittassero liberamente delle estese, sebbene assai diminuite, foreste dell'odierno quarto di S. Lorenzo. Reputiamo però vituperevole la seguente risoluzione, vessatoria pei poverelli e no- eevole alla già rovinata pastorizia. Ne punto iscusa- 110 i nostri antenati le circostanze sfavorevoli ivi ram- mentate. In Dei nomine amen. Anno domini i633 , die 'vero aG mensis junii etc. D^ordine et comissioiie di Gio. Paolo di Gio- 'van felice Cappelli , Donato Pasqualoni , Alessan- dro de Preta , e Gio. Antonio Palazzo tutti della terra d' Acumoli , uliimi sindici del quarto de Sassa , dopo r altra resolution e fotta deW anno 1627. Congregati gVhommini del quarto de Sassa so- pradetto , et la maggior parte di essi avanti Vec- clesia di S. Lorenzo di detta terra more solito più volte chiamati da Angelo di Sarti Ho puhlico ha- livo , fit resoluto , stabilito et concluso , che essen- dosi perso per varj anni riierbagio di detto quar- to sì per la penuria de bestiami che vi sono cir- cum circa , come anco per la penuria delV acqua , che non se retrova in detta montagna (i), et le (t) nazione precedente del terremoto potrebbe forse a^>er diminuite le copiose acque che vi scorrevano , e che con pochissima spesa potrebbero anche al presente di- scorrervi; non essendo mai state più abbondevoli come un tempo. • ^T^ Mejiorie di Accumoli 389 collette pero si sono pagate ria essi sindici del loro proprio. Per favenire le collette tanto regie comt? comunali in faUi.riiui quolihet anno s* impongano a tutti quelli che sono di detto quarto a tanto per fumate , coìì forme sa/nnno tassate daW università d^ Acwnolu , repartendole prò rata etc. et che però se facciano sei sindici l'anno , li quali tengano pensiero di vendere Vherhaggio di detto quarto , et vendendolo il denaro sia loro proprio per po- tersi rintegrare delle collette pagate e da pagarsi sino durerà questo repartiìnc'nto , dovendosi in que-- sto tempo presente bussulare tutti gl^ hommini di detto quarto-, e conforme usciranno a sorte saran- no notati a' libro ut infra , quale libro da'" mc' desimi si consegni alli novi sindici che usci ran- no ^ come saranno notati^ e lo debbano tenere f no a S. angelo dell' anno iQÒ\ , et a detto tempo lo debbano quelli rendere agV altri sindici , e così seguitare sino durarà questo novo repartimento. do- lendo che quelli che non saranno del quarto tro- vandosi a pascolare in detto quarto per ciascuna bestia grossa se li possa far pagare cinque giulij; et per bestia menuta cinque grana , e che le dette pene siano delli sindici prò tempore , e queste pene s"" intendano per ciascuna volta • non meno quelli che non sono di detto quarto possono legnarci , e trovandocesi sia obligato a pagare cinque giulii per qualsivoglia soma , e qualsivoglia persona che portasse peccollate , et per ciascuna volta ; e an» che qualsivoglia homo del quarto , fora di essi sin» dici , li possa accusare e farsi pagare detta pena etc- (i). Il tutto concluso con licenza del sig. gO" (t) Durò questa sorpercliiante misura insirio al 1^68. Che tale essa sia , basta pensare che le foreste del quar* Sqo Letteratura 'vernatone Giovanni Pia. Joannes Più gubernator regiae terrae Accumuli. P. Celenfani Revis. (i) Segue la nota anno per anno fino al 1649 *^^^ sei sindici tirati a sorte, sommando il numero di gO, elle è l'esaurito numero degli uomini che in questo tempo formavano il quarto di S. Lorenao o di Sassa (2). Queste cittadine vessazioni giuste pe' malvagi tempi riputate , le onerosissime imposte con lamen- tevoli parole descritte in varii cousigli pubblici , i debiti comunali accresciuti, l'emigrazione continuata consuonano co' deplorabili quadri statistici , e colle generali calamita , di cui abbiamo tenuto discorso. Ma due altre sciagure soprastavano in questo tempo l'infelice Accumoli : l'una esclusivamente sua , e di sovente rinnovata, la seconda piìi o meno comune nelle desolate provincie del regno. to di S. Lorenzo attualmente ancora danno il maggior combustibile per Accumoli e le più convicine ville. Lo sta' luto inoltre accumolese vietando di ritenere dentro la città bovi , vacche , giovenche , capre , pecore ec. , ne segue che la crudel legge coglieva i vicini contadini in onta che molti de' medesimi { 4 ^d^l^gi ) pagassero , e pagano un tributo di presente assai moderato. (i) Questo Celentani per ordine del supremo governo oltre la metà del secolo 18° dovette verificare pe' giu- stissimi riclami dei poveri cittadini i diritti degli uomi- ni del quarto di S. Lorenzo ; da questa risoluzione in poi vedesi ogni pagina da esso sottoscritta fino air anno 1768. (a) Nella morte di alcuno vedesi un segno di croce, e se questi ha eredi maschi, veggonsi tosto aggiunti da un Lato i loro nomi. Memorie di Accumoli Sgi Qualche rappresaglia e rapina frammista con omi- cidi) cotilinuavasi in ogni anno fra i nostri e i con- tadini di Norcia. Nel luglio i633 un naturale di villa S. Giovanni uccideva in rissa un ricco contadino norcino. Questo delitto , congiunto in questi t\\ coi mali umori della corte di Spagna con Roma , dava- no maggior ardimento ai norcini di vendicarsi. Una donna di GoUeposta contado di Accumoli , maritata in S. Marco contado di Norcia, nel dì 8 Settembre di quest' anno avverte un suo fratello , che i nor- cini aggrediranno da più parti il territorio di Ac- cumoli. Prendonsi quindi energiche misure. Nella not- te de' f4 disdetto mese numerosa oste norcina irrom- pe contro S. Giovanni e Capodacqua. Qui però , invece di assalitori , sou ricevuti da un fuoco di fucileria : perlocchè mettonsi in piena fuga , lascian- do nove morti sul capodacquese suolo, in S. Gio- vanni predano molte bestie vaccine , bruciano più case ; ma al suono della campana a martello accor- rendo armati da ogni parte , ritiransi gli aggressori che raggiunti nel!' altipiano della montagna di Sas- sa , difendonsi col favore degli alJjeri di allo fu- sto ( fagus sylvatica ) con con fuoco continuato di archibuseria , ammazzano 22 dei nostri. Sei norcini son presi dagli accumolesi nell' alto , e tosto bar- baramente trucidati. Crescendo sempre nuovi arma- ti accumolesi , si danno quelli alla fuga lasciando la preda in balia degli assaliti che divengono assa- litori. Era intenzione del capitano spagnuolo dar den- tro il contado norcino e bruciare i convicini vil- laggi ; m-a anche ivi sonavasi a stormo ; fu quin- di deposto il barbaro pensiero. Simili turpitudini non si rinnovarono che sette anni dopo ; ma fu d'uopo sempre iiì ogni anno colle armi in mano pascolare , falciare ec. 11 Tommasi ignora questo fatto riportato 3.92 LiTTSJlATWRl dal Pasqualoni su citato , che riferisce di essere sta- to molto applaudita dal viceré la resistenza mostra- ta dagli accumolesi. Noi che non solo lacrimevoli , ma assai colpe- voli ancora reputiamo sillatli procedimenti , daremo plauso non meno ai nostri che ai contadini arqua- tani ( nel Piceno ) die rannodati mostrarono ardi- mento e valore contro una banda di circa 4^ mal- viventi. Questi nel dì i i agosto iG35 piombano ali* improvviso e saccheggiano Poggio d'Api , ritiransi poscia nella montagna di Pannicari. Si sparge to- sto l'allarme non meno pei nostri che pei con vicini villaggi del Piceno. Concertansi i modi ; ed al pri- mo tocco di campana , l'uno deve correre iu ajuto dell'altro. Sulle ore tre della notte del seguente di, calano i masnadieri audacemente nel Tronto : cosa, come assai temeraria , non preveduta : traghettano il fiume , ascendono il monte di Rapino , si avvici- nano al Tufo ; suonasi ivi immediatamente a stor- mo. Gli abitanti armati , e guidati dal nostro Gio- vanni de Forio domiciliato da poco in questa vil- la , incominciano nell' oscurità della notte ed in buo- na posizione un fuoco di fucileria ben diretto : si ri- piegano i nemici con fuga verso Capodacqua, ma van- no incontro a numerosa gente , armata al tocco della campana del Tufo. Si danno fuggitivi nell' arqua- tano , ma qui ancora s'imbattono cogli abitanti sul- le armi : talché trovansi in mezzo al fuoco , met- tonsi chi la chi in qua in salvamento , lasciando 27 morti o gravemente feriti . Cinque sono i nostri che vi perdono la vita , due capodacquesi , due di Pe- scara (stato pontificio ), ed uno del Tufo (i) . (1) Meni. cii. Memorie di Accumoli SqI Tante svariale sciagure , l'una per cosi dire col- l'altra in pari tempo successe , recavano incredibili tnolestie , e povertà infinita . Varie fra le agiate , hon più ricche famiglie, per le Lrutture de'terhpi, sforzavansi a sollevare i sventurati . Di gran sol- lievo era difalto la fondazione di un monte di pietà ieretto in questo anno da un nostro concittadino , il dottor Pomponio Pasqualoni , del quale a suo luogo diremo (i). Il viceré con lettera del tenore di quella che includesi nella procura nel terzo capitolo sopra ri» portata , invitava il comune a mandare deputato o deputare persona pel general parlamento . Leggiamo nelle citate memorie , che rifiutavasi dal viceri la prima procura , perchè non andavagli a garbo il pro- curatore nominato , e perche non vi si racchiude- vano pieni poteri ; per questo effetto dicevasi utilla la seconda procura ; accettavasi finalmente la terza. Noi le pubblichiamo interissimamente tutte o tre, non solo per le cose varianti , e per le angustie accen- nate a volo di penna nella terza procura , ma so- prattutto perchè crediamo siano gli atti ultimi di simil natura fatti nella cadente nostra patria. Prima procura. ///. Dei nomine Jmen. Anno a circUmci sione Domini nostri Jesit Christi millesi- mo sexcentesimo trigesimo quinto. Die vero trige- sima mensis augusti dicii anni' Indictione tertia , regnante etc in terra Accumuli^ et proprie etc Nos Pamphilius Pasqualonus dictae terrae regitis index etC' Felix Laurus puhlicus notarius etc. doctor Tho- (i) 7 nostri quando scrivono col titolo semplice de dottore , intendono sempre dottore di ambe le leggi : l'epi- teto di Jisico aggiungono quando il laureato è medico. ' 3[;4 Letteratura mas Cnppellus » capitaneus Paulus Antonius Ma'- icatiLS , et Franciscus Antonius Diotcguardes omnes dictae terme testes etc. Notiun faclmus quod persona- l'iter conslituti ductor Pomponius Pasqualonus , Jo- sephus Jo . Bernrdìni , Baldaxar IlUonei et Mat- thaeiis Guidonus , priores de regimine universitatis dictae terrae Acitniuli Aprutii ultra , et nomine uni- versitatis praedictae sponte etc. omni nieliori modo feceiunt constituerunt etc- eorum et dictae universi- tatis et terrae sindicum , procuratorein , et nuncium generalem et specialem , ita ut general itas specia- litati non deroget , nec e cantra , D. Antonium Ca- racciolum neapolitanuni absentem , tamquam prac- sentem etc. ad , ryice , nomine , et proprie dictae terrae , et universitatis , et prò ea , et ipsius no- mine , interveniendwn in puhlico et generali col- loquio , Consilio , seu parlamento in S. Laurentio fidelissimae civitatis Neapolis , et in eo concluden- dum , et termiìiandum omne id totum quod dicto d. sindico et procuratori melius et expediens vi- sani fuerit prò servitio sacrae regiae , et cathohcae ma j estati s D. //. regis , et generaliter ovini a et sin- gula gerenda et concludenda in dieta puhlico , et generali colloquio , proponendum spectantia et per- tinentia od dictam terram , prout dieta D. sindico videhitur et placebit , cum ampia /acuitale et paté- state substìtuendi unum 'vel plures procuratores eie. promitientes suo nomine dictae universitatis , et ter- rae omnia et singula per dictum D. sindicum , seu ah ea substituendum gerenda hàbere ratum , gra- tum etc. sub hypotecha etc. dnittes etc relevantes etc juraverunt etc. fiat (i). (f) Vi sono due sigilli del comune l'uno , l'altro del notajo. Memorie di Accumoli $C)% Seconda procura. In Dei nomine amen' Anno a circumci sione domini nostri Icsu Christi millesimi^ sexcejitesitno trigesimo quinto. Die vero nndecimel plures procuralores etc revoc»ntes ■, et annullantes omnes alias, seu quemcumque alium pro- curalorein , aut procuratores prò dieta causa factos et constitutos , et prò cassi s et revocati s haberi vo~ liieruni et declaraverunt etc> promittentes etc. no- miìie dictae universitatis et terrae omnia et singu- la praedictae D. Sindicum et procuralorem , seu ab eo substftueiuhtm gerenda habere semper ratum •, gratum etc. sub hypotheca etc. dantes etc. relevau' t'es etc renunciaverunt etc. fiat etc. (i) Terza Procura. In Dei nomine amen. A cir- cumcisione domìni nostri lesa Cìiristi millesimo se- centesimo trigesimo quinto. Die vero vigesima tertìa metisis decembriis dicti anni. Indictione tertia. Re- gnante potentissimo , et catholico dentino D. Phi- lippo quarto etc. ht regia terra Accumuli Aprutii ultra , et proprie in palatio solitae residentiae curiae dictaa terrae juxta forum publicum , domum hae- redum quondam Ioannis Baptistae Valentini , vias publicas etc. Nos Joannes Petrus de Presbiteris 1. U. D. dictae terrae regius index etc. Felix Lau- rus dictae terrae publicus notarius etc. Doctor Bal- daisar Calcancus , doctor Licinius Camerarius de dieta terra Accumuli et lacobus Angelillus de Mon- tereali testes habiti etc. Notum facimus etc quod etc. personaliter constituti Magnifici Marcus Musca- tus, doctor Alexius Dioteguardes priores de regimine dictae universitatis , et injrascripti cives consiliarii videlicet magnifici doctor Pomponius Pasqualonus, (i) Vi sono gli stessi sigilli come sopra. Meviorh di Accu>ioli 39-7* doctor Astìiorres de Nardis , doctor Patritius Dio- te^uardes , doctor Thomas Cappelli tes universitatis praedictae mar jorem saniorem , et nobiliorem partem hominum ejus- dem itniversitatis , imo totani universitateni ipsam. representantes et facientes , ut dixcrunt , in dicto loco more solito vacati per puhlicum bajulum di- ctae terrae ad honorem Dei , fidelitatis regiae et catholicae majestatis serenissimi domini Ilispani re- gis prò utili et comuni beneficio justo et necessa- rio dictae universitatis^ et prò infrascripto actu per- ficiendo agentes et interveniente s ad infrascripta omnia nomine et prò parte dictae universitatis , et prò omnibus et sin gali s aliis hominihus ipsius., prò quibus qaìdem unii^ersitate , aliisque hominihus et particularibus ejusdem ac successorihas etc. Pno- res de regimine , et particulares homines , ac cive^ ipsius t ut supra descripti -^ et praenominati ^ et qui- 5fj8 LlTTERATUni Ubet ipsonim universUatis nomine, quo supra sem- per ^ et omni futuro tempore promiserunt de rato etc. et ad majorem cautelam , quatenus opus sit , et non eliter etc cum expressa licentia praesentia et aS' sistentia magnifici U. A doctoris D. Francisci de Jrmay hispanii , ad praesens regis capitanei univer- si tatis praedictas , ibidem praesentis et assi stenti s sponte asserucrunt coram nobis ad infrascripla va- care et personaliter interesse non posse , aliis eo- rum , et dictae universitatis magis ardui s negotiis occupati ^ ut dixerunt» Confisi igitur de fide , prii' iìentia , virtutibus , et legalitate illustrissimi D. Jo, Angeli Barila ducis Galvani secretar ii S. M. in iioc regno « dictum quidem dominum ducem licet obsentem, tamquam praesentem etc» sponte coram no- bis non vi , dolo etc» et in omni modo etc.fecernnt^ constituerunt etc- eorum nominibus , quibus supra ^ dictaeque universitatis , et hominum ipsius legiti- mum procuratorem etc» cum libera et omnimoda po- testate , ac procuratorio nomine , et prò parte ipsO" rum constituenfium , quibus supra nominibus di- ctae universitatis et hominum civium particularium ipsius , et prò eisdem etc. , comparendum in loco s"tito et consueto loco venerabilis monasterii S. Lau- t^ntii Majoris civitatis Ncapolis in generali col- loquio et parlamento ibi f adendo cum aliis baro- ìiibus , proceris , atque mngnatis , et procuratori- bus universitatum demanialium hujus fìdelissimi re- gni f et audiendam propositionem illustrissimi et excellentissimi domini comitis de Montetey hujus regni viceregis , et respondendum ac tractandum et concludendum cum praedictis aliis baronibus hujus pniedicti regni , aliisque personis supradictis omne , totnm , et quicquid sibi melius videbitur , et pla- sebit prò servitio praedictae regiae , et calholicaCt Memorie di Accumoli 399 mnjestatis domini nostri regis , dantes etC' conce- dentea etC' , dicto eornm procuratori circa praedi- cta eoruni dictis nominihus , et dictae unì ver si- tatis praedictoriim particìilarium vices et voces etc. promittentes quicquid in praedictis per praedictum eornm procurato rem circa pr aedi età actum et prò- cnratiinijìierit , ratuni setnper ac firmum, hahere etc. et proinde juraverunt etc. In cujus rei etc. er^ go etc. (i) Forte querela , di cui parleremo ( giusta a no- stro giudizio ) surla nella meta del secolo 18" del- le ville di Accumoli contro la citta, die' campo nel- le scritture de' cittadini di largheggiare sulla loro' antica padronanza, diritti, e numerosi privilegi, de* quali noi riportammo soltanto quelli originali , od offìcialmente registrati. In una di queste scritture ri- cordasi , che i due deputati accumolesi al general parlamento , uno avesse una sola voce come rap- presentante la signoria di Accumoli sopra il castello di Roccasalli , quarantotto fossero le rwci dell' altro deputato rappresentante l'universitk di Accumoli ; e ciò per antichissimo privilegio e convenzione con che diessi alla casa d'Angiò. E cosa certa che gli ac- cumolesi oligarchi , come abbiani detto al principio di queste memorie , crearono un supremo consiglio di 48 membri , che ne vediamo continuato il numero sempre in tutti i pubblici consigli : che anzi in al- cuna delle procure suddette dicesi tratto questo nu- mero dall' annuo general consiglio come la più no- bile , e miglior parte. Se non che in quest'ultima procura di trenta è il loro numero , e di due quel- (i) P^ì sono tre sigilli del comune , cioc del capitano , e del notajo. 4oa Letteratura Io del magistrato ; mentre di quattro fu mai sem- pre per lo innanzi formato , dalla dedizione cioè al- la corona di Napoli fino all'epoca, in cui fu redat- ta la seconda procura ora riportata. Potrebbe dun- que stare che 48 siano state le voci dell' accumo- lese rappresentante , in pensando ancora, che i sud- detti accuraolesi , difensori di soperchianti e pur trop- po sostenuti diritti contro i villaggi , videro certa- mente gli originali loro privilegi , dispersi in questo tempo nella maggiorità , o per malizia , o per caso dal marchese Carlo Mauri presidente di Sommaria , come air uopo si vedrà. Dubbioso tuttavia è il nostro divisaraento per la mancanza assoluta di originale «d autentico documento. {Sarà continuato) 4oi —miOijUM— tM— VARIETÀ' Notìzie sul ministero del card. Bartolomeo Pacca pro- segretario di stato detta S- M. di Papa Pio VII dal' li i8 giugno 180B alti 6 luglio 1809. - 8.™ Civitavec- chia 1829, ( Un voK di pag. 2o3. ) fietazcone dei due waggi fatti in Francia dal card» Bar- tolomeo Pacca negli anni 1809 e i8r3, e delta sua pri- gionia nel J'orte di j. Carlo in. Fenestrelle dal dì 6 agosto i8«f) /Ino al dì 5 Jhobraio i8i3. -8." Civitavec- cliia 1829. (Due volumi: il primo di pag. a66, il se™ coado di pag, 826. ) li nome dell* Eilio Pacca è uno tft quelli , che spesso sa» ranno ricordati nell' istoria che si scriverà sulle recenti qpui- Slioni fra il sacerdozio e l'impero. Mentre però molti gran- di del secolo tremano sul giudizio che di loro faranno i posteri , questo chiarissimo principe della Chiesa può già dire di aver presente tutta la posterità , la quale rade volte o noti mai s'inganna nel tribuire a chi merita il vitupe- rio e la lode. Oh sì , egli andrà glorioso con quel suo Pio VII di carat ed immortale memoria , il quale vera- mente fu grande, se la grandezza non iità solo nel ver- sare su* campi delle battaglie il sangue degli uomini , e nel correre co» la spada alla mano tante povere terre ! La maggior parte di queste memorie fu da lui composta nelle prigioni delle Fenestrelle , dov' egli stette tre anni e mezzo a pagar la pcoa dell' avere lealmente adempiuti i do- 4o2 Varietà' veri di ministro e di cardinale : e si dee saper grodo n" suoi amici , che finalmeule lo abbiano potuto indurre a pubblicar- le. Elle son cosa per ogni titolo importantissima : scritte con beli' ordine, vivicità, efficacia e chiarezza : e per tutto rendono fede non solo della gran pratica dell' illustre Tu- tore nelle cose politiche ed ecclesiastiche , ma anche di quel suo animo cortese, ingenuo, benefico, mansuetissimo, a cui potrebbe egregiamente appropriarsi ciò che a Vespa- siano diceva Plinio : IVec quidquain mutavìt in tei fortit- nae amplitudo , nìsi ut prodesse tantundem posses et velles. Di quest' opera si propone parlare a lungo ne' toUi- mi avvenire S. E. il sig. principe D. Pietro Odescalchi nostro amatissimo direttore. Salvatore Betti. Per un sacerdote novello i cldarissimì prof. Paolo Costa e conte Giovanni Marchetti hanno composto c/aesii sonetti. Sonetto del Costa. k^ìgnor , chi a te simile ? A te si volve Il ciel , eh' è quasi tua splendida vesta ; Te il fulmine precede e la tempesta , Che città selve monti urta e travolve . Tu passi , e l'alpe fuma e si dissolve : . Turge il mare ? alzi il dito , e il mar s' arresta ; Come cedro superbo erger la testa Vidi l'empio; guatasti, ed ei fu polve. Oh! quanto sei tremendo ! Ed or dal loco Santo ove reggi , e al suon d'umani accenti , Scendi spirto soave e dolce foto ? Varietà' 4**^ Somma forza d'amore ! Il capo altero Umiliate , o sofi delle genti , E tacendo adorate il gran mistero. Sonetto del Marchetti. Al suon d'armoniosi organi , al molto Splendor di sacre faci, agl'inni, al canto Della gente levilica , tra folto Popol diffuso di devoto pianto ; Dall' ara augusta , ove umilmente involto Starai noli' aureo veaerabll manto , Pronta sull" ale e con acceso volto Tua prece salirà de' santi al Santo. Egli di grazia a lei raggiando un riso , L'immensa luce e il folgorante strale Deposto che la terra i cieli e l'onde Scuote , e degli empi discolora il viso , A te verrà nume benigno , e quale Al chiamar d'innocenti alme risponde. Metodo d"" insegnare a leggere secondo alcune osserva- zioni deW auv. L. C. Ferrucci. Dalla tipografia No- bili ^ Pesaro 1829 (Sono pag. lU in 8° con una tavola). Il obile pensiero d' illustre scultore ( Lorenzo Bartoli- ni ) si fu a' giorni nostri simboleggiare la Carità in una bella giovane , la quale col destro braccio sostiene uti bambino dormiente , col manco viene mostrando le let- tere ad un fanciullo , sendo colla bocca in atto di chi suggerisce ai novelli il suono delle figurate parole , Im- perciocché quale più umana cosa , che dedicarsi ad alle- vale ed erudire i piccoli , sì che a poco a poco vengano 2G^ 4o4 V A n I E « a' uomini ? Del quale uficio , che il volgo stima si poco , noi crediamo anzi non poter essere altro più degno : e vorremmo che i genitori se ne occupassero pure da se snedesimi i co» che non verrebbero a procurarsi un fa- stidio dippiìi , ma aggìugnerebbero quasi una stilla a quel dolce , che gusta chi vede per le sue cure coraporsi a gentilezza i ben crescenti figliuoli . Che se ì metodi , an- tichi e nuovi > più conosciuti non ponno alla fine che in- fastidire maestri e discepoli : vuoisi sapere assai grado al nostro Ferrucci , il quale da alcuni luoghi di Cicerone { Nat. Deor. Il Z'] ) e di Quintiliano ( inst. i i ) e di Orazio ( Sat. I 7- E'pist^ i i ) e dello stesso S. Girola- mo {Epist, CVll\ ha preso conforto a studiare un me- todo d'insegnare a leggere, che sia quasi un giuoco, che presto e agevolmente conduca al fine desiderato^ Né la ha solamente studiato ; ma provato con buon successo, quasi per suo ricrearaeuto nella nostra Romagna r e già, mille e mille ricerche ne vengono fino da Palermo, non che da altri luoghi dì questa grande e bella penisola .. Il perchè non abbiamo voluto lasciare di dame qui alme- no un cenno eolle parole dell' egregia autore , che sono del seguente tenore „ . La suppellettile del nostro slu« ^K dieso non è che di venti dadi , ed una paginetta di „ quindici regole per la notizia delle lettere , per la sil- „ labazione » e per Tinterpunzione. Avendo poi avvertito „ come nei metodi ordinarli il fanciullo non giunge a capo „ dì apprendere la lunga serie delle lettere se non dopo- „ qualche mese , l'alibiamo divisa in tre partizioni . La „ prima è delle vocali » che sono cinque : la seconda delle „ consonanti liquide , che diciamo essere sei : la terza ,, delle consonanti mute e della semilellera h » che in tulio „ son nove . Abbiamo inoltre distinte le tre partizioni con „ tre differenti colori , onde riesca più facile ai fanciulli „ non pur la memoria delle diverse' lettere , ma mollo più „ la pratica delle regole che si dauuo per beu sillabare » V * R I E T l' 4o5 „ le quali si troveranno sicure ed utilissime anc!ie a scri- ,, vere ^ Abbiamo addottala la fignra cubica delle forme , ,, non unto perchè viene indicata dagli .antichi strìtton; „ quanto ancora perchè , riunendo in un pezzo solo ì v-'irji „ formnti delle lettere ^ imbarazza tanto meno il fancìnifo^ -,, Per essa inibendo capo dal carattere che nelle tipografie „ cliiamasi tondo-hasso , e aggirando le facce da destra „ verso {sinistra , si hanno successivamente le figure delle •y lettere hasse e majuscole dì tondo e corsivo ; ottenen- ,, dosi per questo che il fanciullo si addestri a leggere 'i, non meno lo stampato che Io scrìtto di qualunque for- „ ma. La fjiccìa verticale supcriore del cubo ofTre gli ac- ,, cidenti della lettura.- ciò 50uo le vocali accentate, l'a- ,) postrofo., il punto ^ la virgola., ì due pianti, il punto e „ virgola, la parentesi e sua chiusura, Yj e la v in cor- „ l'ìspondenza dell* i ed it vocali. Nella faccia verticale ìo- „ feriore si dà luogo ad una doppia serie di cifre nu- -,, meriche , onde potranno facilissimamente apprendere i, „ fanciulli non pure la cognizione delle quantità , ma colla. „ loro varia collocazione essere addestrati altresì nelle prì-; „ me operazioni del computo . A tal effetto sì aggiunge „ un"* altra paglietta colla così detta Tavola Pitagoiica - „ Chi gusterà ed avrà a mano il metodo si accorgerà dì „ leggieri , che con due alfabeti si ottengono tutte le com- „ binazioni più importanti delle lettere : e fatto che sia „ comune ad una scuola , il maestro potrà regolarne Tan- „ damentd quasi come di un giuoco ^ propotiendo nomi „ a comporre , e facendo praticare la sillabazione fino a „ che i fanciulli sieno a portata d» leggere sullo stam- „ palo e sullo scritto „ . Seguita il processo dell'insegnamento fatto già utilmen* te con questo metodo » ed unita è una tavola figurata , che presenta a varj colorì le forme de' caratteri da applicarsi a ciascuna faccia dei dadi , e porge pure come ia un (jua- dro le i5 regole, in cui tutto è ristretto riwsegnamento. 4c>G Varietà' Voglia il cielo , che di questo liellissimo trovato si val- gano eziandio i padri e le madri a bene de'cari figliuoli, a cui dopo aver data la vita , qual cosa più grande mai ponno fare , «he aprire ad essi nella tenera età il primo lume dell' umana letteratura ? Domenico Vaccqlini La Pinacoteca di Bologna , i8° Bologna 1829. ( Un voi. di pag. \'j\. ) j^ è autore il sig. Gaetano Giordani , il quale vogliamo qui ingenuamente lodare per aver fatto il piìx bel libro che in questo genere l'Italia possegga ; libro che proponia- mo ad esempio di chi voglia quind' innanzi illustrare le al- tre preziose pinacoteche italiane. L'abate Gioacchino , leggenda di Giuseppe Campagna. 8." Napoli 1829. (Sono cart. 25.) Il sig. Campagna è uno di que' poeti che prima di porsi a scrivere hanno bene appreso ad usare la lingua della na- zione : ed un saggio ce ne dà in questa leggenda , dove tulio è classico , comechè il titolo sembri prometter cosa romantica. E certo la maniera semplice ed armoniosa del verseggiare è tutta secondo la bella imitazione di Dante e de' nostri sommi del trecento e del cinquecento : ed i concetti nulla tengono alle stranezze settentrionali , ma sem- plici e gravi seguono le eterne ed immutabili leggi del bello , figlie dell' esperienza e dell' osservazione di tutti i se- coli , e son quali possono nascere in menti italiane. Ser- V A K I E X a' 4^7 vano ad esempio questi versi del canto IV", in che dicesi del perdono che l'abate Gioacchino ottenne dalla donna al penitente Ugone uccisor dello sposo. La pentita gridava al ciel mercede, E le sue voci alla Bontà divina Volavano suU' ali della Fede. Apparsa intanto fuor della marina Annunziava il Sol che fea ritorno Tremolando la stella mattutina. Ed i lìor , che schiudeano al nuovo giorno Il molle grembo , di soavi odori Vaporavan la selva intorno intorno. Il monte si vestìa degli splendori Antelucani , ed era ancor la valle Caliginosa per notturni orrori. Per clivo non segnato d'alcun calle Colei riedere alfine il vecchio scorse Con un che gli venia dopo le spalle. E tosto che quell' un di lei s'accorse , S'ai'restò , qual s'arresta il viandante Quando ri man di sua ventura ia forse. Pur dal tuo duca stimolato innante Trasse , mostrando come il cor facea Cammia contrario a quel che fean le piante. Vergognoso nel manto si chiudea , Talché la derelitta penitente Vederlo e non discernerlo potea. Giunto il vecchio sclamò : Se brama ardente Ti accende , o donna , del perdon di Dio , Tu pur perdona. E qui subitamente Il volto a queir ignoto discoprìo. Guardò la donna , e conoscendo Ugone » Gran contrasto d'afletti al cor sentio : 4^8 V A ft I E T à* Che sdegno e carità facea» tenzone. Kaggianda il vecchio allor dagli occhi sui Foca celeste,, a ragionar sì pone : Solvere il nodo invan de" falli tui Speri, o donna: che largo de mercede Il cìel non è con chi la nega altrui. Anzi ove l'odio mai spento non vede. Sfrena dall' arco suo quelle saette, Che ali' eterna giustizia acquistan fede, Alior quand' ebbe il santo labbro dette Queste gravi semenze paurose , La peccatrice tacita si stette : Ma m segno d'amistà subito pose Del nemico la man nella sua mano , E tacendo con l'opera rispose. Benedisse in mirar quell' alio umano Alla donna il severo anacoreta » Cominciando a parlar soave e piano ec. i bacTii da seta. Poema di Ì\L Girolamo Fida , ncato in. altrettanti versi italiani da Pietro Bernabò Silurata genovese, forlì dalla tipografia Casali 1829. Un yot. in, 8° di pag. 72, f X poeti del Lazio j innamorando delle loro bellezze i piit insigni uomini del 5«o , diedero all'Italia una mano d'imi- tatori : ì quali cont,ejuii ai secondi onori rinunziarono alla gloria ^ che avrebbono potuto cogliere facendosi originali, II Vida è il quel numero. Bello pei lumi poetici, e più pei precetti , è tra j poemi di Idi questo sui bachi da seta. Non vana opera «dunque ha fatto U giovine signor Pietro Bernabò Silorata pubblicando questa versione, che egli ha «oodouo fcIìccTOeftte la moÌQ d^ viusei-e quella di Bene- eletto del Bene : fa quale vmce pur di gt-Sh lunga qneir al- tra, che ci abbiamo, dì Tommaso Perroni, Uno scrittore , che ha varcato a pena il quarto lustro « ha potuto far tan- to ? ed è maraviglia ; molto più che volgarizzando si è stret- to a questa legge dì rendere tanti versi latini in tanti ita- liani. Legge durissima, a cui crediamo non vorrà sogget- tarsi più mai, quando non è necessario, né lo consente rìndole della lingua aostra , e buon successo non ebbero in tutto nò il Pallantieri , che così traslaiò la Buco Hca di Virgilio : né il Solari , che così ne diede l'Eneide , e la "Metamorfosi di Ovidio , e fino le opere di Orazio : né lo .stesso Monti , che così volse l'ultima satira di Persio. B; *• stì adunque al novello traduttore l'aver vinta con onore questa prova , né ad altra simile venga più mai ; se appo lui nulla possono non le sole nostre parole , ma quelle altresì del professore Giuseppe Ignazio Montanari , onorato nostro collega : del quale con melto piacere in una lette- ra , che è posta innanzi alla nuova versione , vediamo re- cato il giudizio conforme al nostro sulla fatica di tale , che si è Condotto alle fonti de' classici pe' buoni conforti di queir egregio. Ma perchè gustino alcun che della ver- sione eziandio coloro, ai quali non perverrà l'aureo li- bretto , vogliamo porne qui un brano del canto I.° n Cura pur vuoisi che il fogliame asciutto Sia sempre , e che dagli arbori non stilli Goccia di piova , o di rugiada. Spesso Ai bachi un lieve umor si fé veleno. Mai dunque , allor che l'ora bruna tace , Non si vada alle selve ; aspettar dessi Che dai gorghi eritrei sorgendo il sole Tre gradi in atto sia salito , e vinte I/umid' ombre notturne , il cielo imbianchi. Che se anco allor brina umettasse il bosco , Come puoi , tergi 1q rpranti foglie. ilo Varietà' Giova pur se il matlin colle sue stille Ghiacciò le molli frondi , al sol mostrarle In graticci, e domar co' rai la bruma. Se alfiii nembo minaccia , affretta , prendi I panier, sali i mori, al bosco aduna Le ancelle , che a due man sterpino foglie , N'empian grembo e canestri , e poste in serbo , La lauifìca gente il vitto usato Anche a torbido ciel goda secura. Ma se ti coglie non prevista piova , Per discacciar la fame rea dal gregge Forti agricoli invia , che ad ambe mani Crollin nel bosco i rigogliosi gelsi , E la grondante foglia in vaste corbe. Siccome vuol fato sinistro , poni. „ E quelli, a cui sarà dato di leggere l'intera versione, sappiano , come per errore furono ommessi «ella slampa questi due versi : p 25 dopo la prima lìnea t „ Mentre fervida in lor brama s'accende. pag. 37 dopo la quinta linea: „ Ed ai mortali la grand' arte apprese. Le correzioni sono quali ci vennero indicate dal tradut- tore : col quale rallegraudoci del molto amore , che ha posto alle lettere , faremo fine : così a lui cresca l'animo di non lasciare per cosa del mondo la bella carriera , la cui seguitando come ha cominciato potrà aggiungere alla lode : che è premio de' generosi ! DOMEKICO VaCGOLINI 4( I INDICE USGLI ARTICOLI CONTENUTI NEL TOM. XLIII DEL GIORNALE ARCADICO. SCIENZE Pirelli , Esame chimico del tasso bac- cato. P^ii' 3 — — Barlacci , Esposizione di alcune nuo- ve esperienze sul magnetismo della luce^ p. 12 — — Sorgoni , Storia di una lenta pneumo- nite yo.iG — — Peretti , Esame chimico del rabar- hnro. p. 25 — — Esercitazioni delV accademia agraria di Pesaro p. — 1 29 — Speranza , Della clorosi . . . p, — i4a — Latini , Preparazione delta pomata (Vidrojadato di potassa . . ' p- — *53 — Sisco , Instituto clinico romano di medicina esterna p- — i54 — Notizia intorno ad una donna erbi- vora jo. i58 — — Cappello , JSecessitct d'istituire una scuola di censura medica. . . p. — iCo — Maceroni , Osservazioni medico-legali sopra una mania ed uìul epilessia . riconosciute simulate. . . . p. — l'j^ — ■ Pianciani , Osservazioni sulla teoria della elettricità voltaica. . . p. — — 273 4 l'i Asdrahali » Caso di flebite. . . p,. — — 297 Grones .f Saggio di Jìlosofia teoretica, p. — — Sia Goldoni r Risposta al prof. Tomma- siili p. — — 321 Asdruhali , Caso di un vomito cro- nico .--.►. ^ ,, />, — — 33i L E T T E R A T U R x\. Sulla vita e sulle opere di Agostino Steiico, .-..*-.« p« 4* — — Martitcci , Sulle notizie e sulle rela- zioni della Cina. . . . , . y». 55» -»• — Massucco , Traduzione di L. Floro, p, Gj — — Zampredi , Lettera a Salvator Betti, p, ^4 — — Cappello , Memorie di Accumoli (con- tinuazione) . . . . , . » p, 86 — 381 lìondinetti , / bruchi . . , ^ p. — igo — Biblioteca scelta di orazioni sacre (art.'' IF) ^, -_ ,g3 _ Majus , Scriptorum, veterum nova col- iGcti'o ;?. — 202 33& Amati , J^asi etruschi o italo-greci recentemente scoperti (art.'* II) p. — 20f> — Nicolai , Sulla presidenza delle stra- de ed acque ec. . ..../?. — 235 — tampredi , Sulla versiojie del teatro greco intrapresa daW Oliva. . ;;. — — 3G3 Baldi , Opuscolo inedito sul fatto d'ar^ mi accaduto a Forlì ec. . . p. — — 371 Rossi , Catalogo de vescovi di Z'e- l^se p, ^ ^ Z^') 4i3 B E L L E - A R T r. Pungìieoni , Intorno ad alcune noti- zi^ appartenenti a liaffaello di Ur- ììino . • y .«,.*. /7. lOi -^ — Sebastiani f Viaggio a Tivoli . p» io5 •*• — magica , X^ discobolo dello scultore Finelli» m ». jp» «»o "** "^ k'*" Ti«i«ii 1 Siena '; 18 20 ■-■8 ';) 3o i Ore ma. ser. m. S' s. in. 'j ' s. m. S' s. m. s. in. d' s. m. i'* s. in. s- s. m. s- s. m. S- s. in. s. in. ■5 • s. in. s- s. III. 0' s. m. s- s. Bai omet. 'l'eini. Igro. a cap. 1 Vento Pioggia Evapor. St.del Ciclo „ 3 lì 3 0 12 20 i4 12 »9 i5 i5~ 20 i5 i5~ 20 i3 '9 i5 iT 16 i3 0 0 0 0 5 0 5 0 0 8 5 8 0 0 0 0 0 44 12 IV. ci. 0 0 S. ij, a jy. d. S.O, m. N.^f.O. d. S.ò.t. „ 0 0 'S. foriis' -, ./. 0 0 Zi. 2. 7 chiarissimo ) «» ser.nu, spa. nm'oLoso nu.bal.nord ser,uui>,spa. j nuvoloso ; chiarii^. ; ,1 5» i« 1 » 0 4 8 i 5 3 6 2 '9 0 3, 1 2 3 Un. 2 2 5 3, y r, ',' g 4 29 :^7 5, . 27 28 0 7 4 0 1 2 24 2 0 0, 2 caperlo -7 10 1 1 IO 0 0 2 11 5 8 3 E. N.B. d. E.S.E. d. •,) in, E s.sT.' S. d. 0 0 j'iug.cou l-Uo.iun. 1 , 2 1» ser.nui'.sjui. nui'oLosn 3 1 chiarissi;!!, nuvoloso •' 9 I i 6" 6 3 •4 i5 3 0 0 8 88 4, 4 28 ';'; 0 5 7 i3 '4 3 0 6 9 2 1 1 5o ruijiada ', 3 " 1 5 0 2 li 18 '4 0 i 3 16 3 IV. d. 0 0 11 •> iV. d. s. „ 5» I' '♦ 9 1» n 3 1 J. 5' 3 7 1 1 '9 1 5 0 5 6 25 3 rugiada -.. :. ciiiari>sii;i: 3 ■ser. i/«y3c'rc-jj ,1 ««i'. spa. a chiarissimo ì ser.im.spur- | nuvoloso caperlo •.1 i3 •9 14 0 0 4 i8 4 • 4 20 2V. „ •S. m. 0 0 E. d. ^' „ »» j' „ y. 0 0. d. 0 0 ruifiadu 2 i5 Itimp.ec. 2, 8 i> 1 0 8 9 .3 i8 '7 .3 0 5 0 3 25 1, 2 28 1 8 4 3 32 2, 7 1» 0 1 8 1 1 '7 >4 0 0 0 4 3^ 4 4f. ./. 0 0 0 N.IV.E. d. pio lain. 2 35 2, 0 i ser.uuv.spa.''- nui'uioso scr. i^upvro.l chiarissimo scr.n.in or- ,1 1 2 3 y 7 0 i5 20 i8 0 5 6 1 29 21 3, 0 •.»».» — .._■». .w»-r. .-.-.j:=-r«ii.™.— ."T '"-""~»«~' mnii OÈSTAT Abb. D. Paulus Delsignore Gens, TheoL NIHIL OBSTAT Petrus Lupi Med. CoUcg. NIHIL OBSTAT Petrus Odescalchi Gens. Philolog* IMPRIMATUR Fr. Dom. Buttaoni Ord. Praad. Uct. Mag. S. P, A. Socius. IMPRIMATUR Joseph Della Porta Patr* Constantinop'